Interessante lettera del 1059 del vescovo di Imola al Papa, sulla questione celibato.

Alla tua santità, Niccolò II, per grazia di Dio, Papa di Roma
Sebbene io non sia che un vescovo, mi permetto di scrivere alla tua santità, poichè come episcopo hai ben lontana, ormai, la moderazione. (...) Non poco hai deviato ( dalla santa tradizione, ndr) nel momento che volevi costringere con autoritaria violenza i chierici ad abbandonare il matrimonio, quando invece avresti dovuto solamente esortarli. Forse che difatti non è violenza quella che costringe ad obbedire a queste decisioni arbitrarie, prese contro la regola evangelica e l’ammaestramento dello Spirito Santo? (…) Per evitare che il contagio di questa malattia ( la dissolutezza, ndr) diventasse una pestilenza devastatrice della struttura della Chiesa, (l’Apostolo) disse: “Per evitare ogni dissolutezza un uomo abbia moglie” (1Cor. 7,2) e che ciò riguardi esclusivamente i laici è una menzogna degli ipocriti presenti in ogni grado del sacerdozio i quali invece non esitano ad abusare delle mogli altrui e pure, lo diciamo piangendo, si degradano nelle suddette scelleratezze ( la sodomia e i peccati contro natura, ndr). (...)
In Cristo, filialmente
Ulrico di Imola, vescovo, nell'anno del Signore 1059