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www.ildialogo.org Il popolo dell’Esodo nel Nuovo Testamento,di Perin Nadir Giuseppe

Il popolo dell’Esodo nel Nuovo Testamento

di Perin Nadir Giuseppe

Santo Padre Francesco,
non so se qualcuno dei suoi collaboratori Le ha fatto sapere che nei giorni 24-25-26 Marzo 2017, proprio a Roma, in Via Monte del Gallo 113, nell’Hotel “Casa tra noi” (che dista 5 minuti a piedi da S. Pietro) è stato organizzato dall’Associazione “Vocatio”, un convegno nel quale molti preti sposati che hanno la possibilità di intervenire assieme alle loro famiglie, rifletteranno su alcuni temi di grande ed attuale interesse per l’intera Comunità Ecclesiale:
-“Donna e prete: un amore irrisolto”;
-“La riscoperta della bellezza e della santità del matrimonio e della famiglia nella Chiesa di papa Francesco”;
-La situazione attuale dei presbiteri che hanno lasciato il ministero… la crisi del presbitero innamorato, ancora nel ministero… la crisi della donna che ama un prete;
-Per un presbiterato “ a due polmoni”: preti celibi e preti sposati”.
Per anni i preti sposati hanno cercato e cercano ancora oggi, un dialogo con i propri Pastori ( i Vescovi diocesani), ma con modi diplomaticamente corretti, sono stati lasciati, quasi sempre, sull’altra sponda e costretti a mandare i loro “messaggi in bottiglia”, nella speranza che qualche navigante, nel mare burrascoso della vita, riuscisse a “pescarla”.
So che molti di loro Le hanno personalmente scritto, tra i quali anche il sottoscritto, ma quelle lettere non sono mai arrivate sulla sua scrivania, perché non hanno avuto la possibilità di superare la rigorosa “rete di controllo” che circonda il Suo ministero di Vescovo di Roma e di Pastore della Chiesa Universale.
Tutti sappiamo come all’interno della Comunità Ecclesiale, ci siano dei “gruppi conservatori che pretendono un ritorno al modello di Chiesa del passato, concepita come una fortezza chiusa piuttosto che come “un ospedale da campo con le porte aperte per accogliere qualsiasi persona che bussi”, perché “con le porte chiuse, la Chiesa tradirebbe se stessa e la sua missione e, invece di essere un ponte, diventerebbe una barriera”.
Dal momento che il tipo di Chiesa che Lei propone, Santo Padre Francesco, nei suoi atteggiamenti pastorali, nei suoi discorsi e nei suoi gesti simbolici, si caratterizza per l’amore caldo, per l’incontro vivo tra le persone e il Cristo presente tra noi, per la misericordia senza limiti, per la rivoluzione della tenerezza” e per la conversione pastorale che implica che il pastore abbia “odore di pecora”; considerando che l’argomento “preti sposati” è annotato nella sua “Agenda” – come Lei stesso ha affermato - e che, prima della fine del Giubileo della Misericordia, Lei si è recato al Quartiere romano di Ponte di Nona per incontrare sette famiglie di preti sposati; e che mai – prima di Lei - un pontefice si era recato a casa di un prete sposato….
Tutti noi, preti sposati, riteniamo che la Sua presenza, anche se per un breve saluto, a quel convegno del 24-25-26 Marzo 2017, proprio a Roma, in Via Monte del Gallo 113, nell’Hotel “Casa tra noi”, non solo sarebbe una gradita sorpresa, ma un gesto esemplare significativo per tutti i vescovi diocesani che nelle varie parrocchie della loro Diocesi hanno preti che hanno lasciato il ministero e contratto matrimonio, perché i preti sposati non sono un problema o una vergogna da nascondere, ma un dono ed una opportunità da valorizzare.
E’ vero che molti di questi preti si sono sentiti soli nello svolgimento del loro ministero, e avendo trovato una donna da amare e dalla quale essere amati, hanno messo in crisi la loro scelta celibataria e si sono sposati.
Ma, ci sono molti altri preti sposati che avrebbero continuato volentieri il loro ministero pur avendo famiglia e che tuttora pensano che sia possibile il “ministero presbiterale uxorato”.
Il problema di fondo di questi convegni sui preti sposati, organizzato dalle varie Associazioni nazionali o internazionali, è costituito dal fatto che, quasi sempre, i grandi assenti sono i Vescovi diocesani con i quali poter dialogare sui vari temi riguardanti i “preti sposati” per trovare insieme delle soluzioni utili al bene comune e, nello stesso tempo, rispettose della dignità e della libertà delle persone…
Lei, Santo Padre Francesco “conosce” molto bene, sia con il cuore che con la mente, che i preti sposati non sono dei “delinquenti”, né persone senza alcuna regola morale.
Si tratta di persone che, nell’entusiasmo della loro giovinezza, seguirono con convinzione e retta coscienza la chiamata di Dio al servizio presbiterale, al quale si sono ”formati” con anni di studio, di preghiera e di meditazione della Parola di Dio.
Si tratta di preti che in virtù del sacramento dell’Ordine ricevuto, sono stati mandati a predicare Il Vangelo, per insegnare ciò in cui credono, per vivere e testimoniare ciò che insegnano, pascendo “il gregge” a loro affidato, celebrando l’Eucaristia e raccogliendo la famiglia di Dio, quale insieme di fratelli animati dal reciproco amore (LG n.28).
Ma, si tratta, anche di preti che in seguito, essendosi innamorati di una donna che hanno voluto sposare per formare insieme a lei la propria famiglia, di conseguenza - in forza del Diritto Canonico - hanno dovuto rinunciare a tutto quello che, fino a quel momento, aveva costituito la loro vita ed era stato il fondamento della loro certezza per il futuro.
Proprio per questo motivo, ognuno di loro, anche se per strade e in modi diversi, ha dovuto prendere una decisione rischiosa, dolorosa e impegnativa per risolvere un profondo disagio esistenziale : da una parte sentivano di “amare il proprio ministero presbiterale, scelto liberamente, con convinzione e di viverlo con assoluta dedizione, ma nello stesso tempo, incontrato l’amore di una donna, non solo non hanno sentito venire meno il loro impegno ministeriale, ma hanno avuto la sensazione che il loro ministero avrebbe potuto avere la possibilità di acquistare un dinamismo nuovo e positivo, proprio per aver incontrato l’amore di una donna con la quale condividere, nell’amore sponsale, la propria vita di presbitero a servizio del Popolo di Dio.
L’aver chiesto e lasciato “spontaneamente” l’esercizio del ministero presbiterale - e non perché costretti, quale pena per un delitto o per uno scandalo commesso - ha certamente significato per tutti, una profonda sofferenza interiore.
Inoltre il passaggio repentino da responsabilità e competenze che “fino ad ieri” erano state riconosciute e stimate da tutti, ad un “ostracismo” quasi totale da ogni tipo di collaborazione all’interno della comunità ecclesiale, ha causato nel loro animo una sensazione di abbandono e di isolamento, difficile da descrivere.
Si sono trovati di fronte ad un “black-out” totale ed improvviso, quasi che la scelta di sposare la donna che amano, avesse annullato di fronte al popolo di Dio, tutte le loro buone qualità e competenze possedute fino al giorno prima.
Solo Dio, può conoscere le lacerazioni interiori di chi, in quei difficili momenti, per essere sincero, coerente e trasparente di fronte a Dio e alla comunità ecclesiale, ha dovuto scegliere – secondo quanto disposto dal Diritto Canonico - tra due vocazioni verso le quali si sentiva fortemente ed ugualmente chiamato: quella presbiterale e quella matrimoniale, prendendo alla fine, quella decisione che ha cambiato radicalmente la sua vita.
Sarebbe troppo semplicistico e superficiale se questi preti fossero giudicati solo in funzione del loro lasciare e catalogati esclusivamente secondo le categorie dell’immaturità, della patologia o dell’infedeltà, escludendoli per sempre da ogni possibilità d’intervento attivo nella comunità del Popolo di Dio – come purtroppo sta avvenendo ancora oggi - solo perché considerati “indegni” in quanto persone che “dopo aver messo mano all’aratro si sono voltate indietro”( Lc 9,62)1 .
La vita di ogni persona, pur essendo piena di sorprese, resta sempre una pagina di storia che ognuno di noi scrive personalmente e vive alla presenza di Dio. Per cui ogni decisione presa, responsabilmente davanti a LUI, nel silenzio della propria anima e con retta coscienza, più che un giudizio affrettato di condanna, merita sempre rispetto, attenzione, benevolenza e misericordia da parte di tutti.
La conoscenza dei problemi oltre a contribuire a formare in tutti i membri della Chiesa una coscienza matura, porta anche ad astenersi da ogni affrettato giudizio di condanna nei confronti di coloro che nel corso della loro vita dovettero fare, per forza maggiore, delle scelte vocazionali diverse da quelle fatte inizialmente.
Spetta, infatti, alla loro coscienza, convenientemente formata, di inserire la legge divina nella vita della città terrena… Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che orienterà il cristiano, in certe circostanze, verso una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli, altrettanto sinceramente, potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, e se le soluzioni proposte da un lato o dall’altro vengono da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l’autorità della Chiesa. Cerchino, invece, di illuminarsi vicendevolmente… Una coscienza matura non si scandalizza di fronte alla possibilità di conferire l’ordine sacro e di affidare il sacro ministero anche a uomini sposati (Gs n.43).
Questi sono i preti - di ogni nazione, lingua e razza – che formano il popolo dell’Esodo nel Nuovo Testamento.
Si tratta di persone che “forse stanche di trasportare mattoni per le piramidi del faraone, hanno deciso di attraversare le acque del Mar Rosso e si sono trovati nel deserto alla ricerca del vero volto di Dio nel roveto ardente della vita, sognando una terra promessa in cui abiti la giustizia e sia permesso a loro, come ad ogni altro essere umano, di vivere come sono: né angeli, né bestie, ma semplicemente come “persone umane” credenti in Dio come Gesù ce l’ha rivelato attraverso la sua vita e nel racconto delle parabole”.
L’immagine del Padre che Gesù ci ha trasmesso nel Vangelo, con il suo comportamento verso tutte le persone bisognose ed in difficoltà, non ci è stata data in definizioni che incatenano lo spirito in un’epoca storica determinata, ma in meravigliose parabole che mai perdono la freschezza con cui sono uscite dalle sue labbra.
Nella vita e negli insegnamenti di Gesù, noi troviamo l’immagine di Dio nella pioggia che bagna i campi di quelli che pregano, come di quelli che bestemmiano; nel sole che sorge per i buoni e per i cattivi; negli uccelli del cielo, nei gigli del campo; nello sguardo limpido di un bambino, nel cuore tormentato di una donna che soffre.
La caratteristica fondamentale del Dio di Gesù, “Abbà” è la sua misericordia illimitata ( Lc 6,36) ed il suo amore preferenziale per i poveri, per gli ammalati ed i peccatori (Lc 5,32;6,21). Più che fondare una nuova religione con fedeli devoti, Gesù è venuto per insegnarci a vivere ed a realizzare il messaggio centrale del Regno di Dio, i cui beni sono : l’amore, la compassione, il perdono, la solidarietà, la fame e la sete di giustizia e il farci sentire tutti figli e figlie amati/e da Dio.
Troppi, ancora, dimenticano che “ a nessuno è lecito incatenare l’anima di un altro essere umano, neanche per farne un santo”.
Scrivo queste cose con una profonda tristezza nel cuore, perché mi dà pena vedere la potenza, la sapienza e la misericordia di Dio, come ci sono state manifestate nel Vangelo, sequestrate dentro a dei concetti essenzialisti, atemporali o in utopie extraterrestri, perché disumanizzate, che impediscono al cristiano di vivere la sua fede in modo corrispondente al suo tempo.
Questi preti che si sono sposati perché innamorati della donna che amano, hanno avuto la fortuna immensa di incontrare un tesoro che non ha prezzo su questa terra: il cuore di una donna che li ama, che condivide la loro vita e unita a loro, la trasmette con grande amore e bellezza.
In un certo senso, questi preti sposati dovrebbero essere considerati dei pionieri di un mondo più umano, più illuminato dalla luce del Vangelo. Luce, oggi, un po’ nascosta sotto la polvere di antiche tradizioni che opprimono gravemente la libertà dei figli di Dio.
La questione del “celibato” imposto per legge canonica come conseguenza del fatto che a tutti i “chierici” è stata fatto obbligo di osservare la perfetta e perpetua castità per il Regno dei cieli” (can. 277 §1) è la punta di un grande iceberg che galleggia da molti secoli sul mare della nostra storia.
Tuttavia, molti del Popolo di Dio, restano sempre in attesa che avvenga il disgelo, cioè che la legge possa essere cambiata, per cui anche nella Chiesa Occidentale ci possa essere un presbiterato a due polmoni: quello celibe e quello sposato, in modo che questo iceberg si possa tramutare in cascata di acqua limpida che “farà rifiorire i nostri campi”.
Se la vita è così sacra, perché negare a noi preti di trasmetterla anche “biologicamente”, nel contesto della vita matrimoniale assieme alla donna che amiamo?
Se la Chiesa vuole essere “portabandiera dei diritti umani” perché continua ad opporsi ad un diritto umano così fondamentale ed inalienabile come quello di fondare un focolare in compagnia della donna che amiamo, per trasmettere, con amore e bellezza, il dono sacro della vita ?
Se Dio è amore, come non incontrarlo nel più grande degli amori, quello che dà la vita e le ragioni per lottare per essa ?
Se la pietra di paragone della nostra fede è l’amore per il prossimo, nella linea del buon samaritano, opposta a quella dei sacerdoti del tempio, perché continuiamo a camminare in ginocchio davanti al simbolo, dimenticando la realtà e calpestando, spesso e volentieri, la persona umana che è il tempio più santo di Dio sulla terra?
Molte sono le domande che necessitano di una risposta:
-Perché il prete che si sposa non può più esercitare il suo ministero presbiterale a servizio della comunità ?
-Perché gli uomini del potere della Chiesa istituzionale continuano ad imporre la castità perfetta e perpetua a tutti i chierici (indistintamente) dal momento che : a) non tutti i chierici sono religiosi, né tutti i religiosi sono chierici;
b) la scelta di vivere in “castità perfetta e perpetua” è il “frutto” di un carisma, cioè di un dono gratuito dello Spirito Santo e fa parte dei tre consigli evangelici che sono la caratteristica della “vita religiosa” (can.654) ?
-Perché il prete che si sposa e ridotto allo stato laicale, gli viene proibito di svolgere tutti quei “ministeri”, uffici, mansioni che i laici a ciò preparati, possono essere chiamati a svolgere ? ( can. 228 §1,§2; 229 §1,§2,§3…)
Forse mai nessun Vescovo avrà il coraggio di rispondere a questi interrogativi, ma non bisogna scoraggiarsi perché altri raccoglieranno la nostra fiaccola per continuare a portarla in questa olimpiade della verità che ci farà liberi.
L’uomo che vive e muore lottando per la sua libertà, vive e muore da uomo.
Quello che è certo è che : “Non c’è nessuna legge umana che possa porre così bene al sicuro la personale dignità e la libertà dell’uomo, quanto il Vangelo di Gesù Cristo affidato alla Chiesa. Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato; onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione” ( G.1,n.41).
Se Gesù ci avesse rivelato soltanto che “Dio è amore” ( 1Gv 4,8) questo sarebbe bastato per riempirci di pace e di speranza. Infatti, anche se noi non potremmo mai essere sicuri di amare Dio come Egli merita, siamo però certi che Dio ci ama come noi non meritiamo.
Infatti è “la misericordia che ci rinnova e ci redime perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana; il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne ( cfr. Ez 36,26), capace di amare nonostante i propri limiti.
Facendo esperienza della misericordia si percepisce di essere una nuova creatura (cfr. Gal 6,15): sono amato, quindi esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento strumento di misericordia 2.
Perin Nadir Giuseppe
1 Paolo VI, Lettera al Card. Villot, 2 febbraio 1970).
2 cfr. Papa Francesco, misericordia et misera, Lettera Apostolica a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, n. 16, Libreria Editrice Vaticana, 2016)



Sabato 28 Gennaio,2017 Ore: 17:25
 
 
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