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www.ildialogo.org IL PAPA DA SETTE PRETI SPOSATI,di Ernesto Miragoli

IL PAPA DA SETTE PRETI SPOSATI

di Ernesto Miragoli

(12-11-16)
Quando ho letto la notizia che papa Francesco si è recato al quartiere romano di Ponte di Nona e ha incontrato sette famiglie di preti sposati ho subito pensato che è un buon segno, è un passo avanti, è un segno di Dio e del suo Spirito che guida la comunità dei figli di Dio.
Mai un pontefice si è recato a casa di un prete sposato.
I suoi predecessori (so di Paolo VI, ma credo che papa Montini non sia stato il solo) hanno incontrato preti sposati, ma in Vaticano, occasionalmente, sempre riservatamente e comunque per il rapporto personale che esisteva fra i due che si erano conosciuti in seminario o in attività pastorali.
Anche papa Francesco ha incontrato a santa Marta un gruppo di preti sposati.
Fu lo scorso anno quando, in occasione del 50esimo di sacerdozio dei preti della diocesi di Roma, il papa – nella celebrazione della messa mattutina – accettò che partecipassero anche preti sposati della sua diocesi che ricevettero l’ordinazione cinquant’anni fa. Fra questi vi era anche Gianni Gennari con sua moglie Annamaria.
Il gesto di uscire dalle mura e recarsi a casa di un prete sposato è profetico, pastorale e parenetico.
Profetico perché rompe gli schemi, pastorale perché indicativo del senso di una missione, parenetico perché esorta i vescovi del mondo ad uscire dal palazzo per incontrare la gente che cammina per le strade dove si può trovare anche qualche prete sposato.
E’ stato l’ultimo gesto che papa Francesco ha voluto compiere nei “venerdì della misericordia”: l’ha lasciato apposta per ultimo o si tratta di casualità? 
Chi dirà “dulcis in fundo” e chi “in cauda venenum”. Preferisco dire che “tutti i salmi finiscono in gloria” perché la profezia è un sogno spesso incompreso, la pastoralità una missione da sentire dentro, la parenesi una catechesi fatta prima con la vita che con le prediche.
Ciò scritto, rifletto a freddo sul gesto di papa Francesco.
Non conosco nessuno di quei preti sposati.
Strano? Un po’, sì; ma anche un po’, no perché in questi trent’anni ho sempre cercato di contattare chi ha lasciato o sono stato contattato da chi stava per lasciare o era in crisi.
E mi chiedo: come il papa ha saputo di loro? Si sono fatti avanti loro o qualcuno della cerchia pontificia ha suggerito questo gesto?
Se si sono fatti avanti loro: perché il papa ha scelto di rispondere a loro e non alle altre centinaia di richieste che gli sono certamente pervenute da tutte le parti del mondo? A moltissimi di noi è noto che Giovanni Monteasi, presidente di Vocatio (associazione che raggruppa un po’ di preti sposati in Italia e che ha organizzato ad Ascoli Piceno con il benestare del vescovo Giovanni D’Ercole un incontro il 4-5-6 novembre scorso, incontro che poi è stato differito per il terremoto) ha scritto due lettere a papa Francesco che sono rimaste senza risposta.
Se la cosa gli è stata segnalata perché i segnalatori non hanno considerato movimenti di preti sposati che esistono nel mondo ed anche in Italia?
Domande che rimarranno senza risposta ufficiale, ma che possono avere qualche risposta congetturale o ipotetica.
Il papa può aver scelto questa strada per significare a tutti i vescovi che in ogni loro diocesi hanno preti che hanno lasciato il ministero e contratto matrimonio e lui, come vescovo di Roma, ha dato l’esempio. Si muovano anche loro. I preti sposati non sono un problema o una vergogna da nascondere, ma un’opportunità. Oserei dire: un dono.
Al papa forse non interessano o non piacciono i movimenti organizzati che spesso hanno avuto in passato sapori rivendicativi e sindacali, ma preferisce accostarsi a casi singoli.
O forse ha scelto proprio casi singoli e non di dialogare con movimenti organizzati per non ufficializzare una cosa che, basta leggere i commenti a caldo alla notizia, lascia sconcertati molti fedeli.
Rifletto anche sul fatto che la notizia è stata data dalla sala stampa vaticana poco prima che il papa si recasse a Ponte di Nona e non dopo che la visita è stata compiuta.
Un po’ di dietrologia vaticana fa bene: si voleva che la cosa si sapesse e sono certo che l’ha voluto il papa. Questo è un altro segnale positivo.
C’è una sola cosa che non mi piace nella notizia: si argomenta che questi preti si sono sentiti soli nello svolgimento del ministero e, trovando una donna, hanno messo in crisi la loro scelta celibataria e si sono sposati.
Questa cosa non mi piace perché vi sono preti sposati che avrebbero continuato il loro ministero pur avendo famiglia e che tuttora pensano che sia possibile il sacerdozio ministeriale uxorato.
Non capisco questa precisazione: si vuole comunicare che il papa capisce, comprende ed è vicino ai preti che hanno lasciato il ministero e si sono sposati, ma il celibato obbligatorio è fuori discussione?
Un’autorevole fonte mi ha detto qualche mese fa che il papa attende che siano i vescovi a muoversi nelle singole diocesi su questo argomento, dopodiché lui si potrà fare avanti. Ho preso la notizia per buona e l’ho interpretata positivamente e mi chiedo se papa Francesco, vista la titubanza episcopale, non abbia preso l’iniziativa.
Come che sia Ponte di Nona rimarrà un riferimento nella nostra piccola storia di preti sposati e forse una pietra miliare nel cammino ecclesiale.
Non mi piace fare del simbolico romanticismo a buon mercato, ma un po’ di simboli ci sono.
Anzitutto nel nome: Ponte di Nona.
Il quartiere ha questo nome perché in epoca romana vi era un ponte composto da sette archi.
Bella l’immagine del ponte: evoca la possibilità di comunicare fra due sponde opposte.
Per anni i preti sposati che hanno cercato un dialogo con i Pastori sono stati rispettosamente e gentilmente lasciati sull’altra sponda a mandare i loro messaggi in bottiglia.
Adesso il ponte è stato varcato. E non è stato varcato da un quidam de populo (o de Ecclesia), ma dal capo della chiesa cattolica.
Bello il simbolo del numero sette.
Sette sono i colori dell’arcobaleno, i Colli di Roma, i mari che gli antichi greci citavano, e sette sono le virtù (tre teologali e quattro cardinali), i doni dello Spirito santo e sette le chiese asiatiche che san Giovanni ammonisce nell’Apocalisse.
E se è vero che sette sono anche i vizi capitali (fra cui vi è la lussuria, di cui sono accusati i preti sposati che chissà che cosa facevano con la loro moglie quando erano ancora nel ministero, secondo i codini perbenisti e benpensanti!), sette sono anche i sacramenti che i preti ricevono e celebrano, come sette sono gli archi del vecchio ponte di Nona e sette sono le famiglie dei preti sposati che il papa ha incontrato.
Chissà se fra sette giorni…sette mesi…sette…
Dio solo lo sa. A papa Francesco, ai vescovi della chiesa cattolica, a tutti i membri del popolo di Dio compete il dovere di ascoltare lo Spirito di Sapienza e di Intelletto, di Consiglio e di Fortezza, di Scienza e di Pietà nel Timor di Dio.
Ernesto Miragoli
e-mail miragoli@hotmail.it



Sabato 12 Novembre,2016 Ore: 19:55
 
 
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