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www.ildialogo.org “Misericordes sicut Pater” : 20 novembre 2016 (Chiusura dell’Anno Santo),di Perin Nadir Giuseppe (prete sposato)

“Misericordes sicut Pater” : 20 novembre 2016 (Chiusura dell’Anno Santo)

di Perin Nadir Giuseppe (prete sposato)

Per tutta la vita ho cercato, assieme alla mia famiglia, il “vero volto di Dio”, ma soprattutto in questo anno santo, nel quale tutti abbiamo avuto la possibilità di fare esperienza di Dio, in quanto “nostro Padre : ricco di misericordia, di tenerezza, di grazia e perdono.
Invece, mi sono sentito profondamente ferito nella mia sensibilità di uomo, di cristiano e di prete, dalla frase pronunciata da un teologo Domenicano nella sua trasmissione a “Radio Maria”, che affermava “il terremoto come una punizione di Dio agli uomini a causa dei loro peccati….”
Anch’io da giovane prete ho studiato teologia dogmatica all’Università dell’Angelicum , dei PP. Domenicani, in Roma, ma non è stato questo il vero “ volto di Dio” che i PP Domenicani mi hanno insegnato e che ho conosciuto, studiando e meditando la Parola di Dio.
Nel Vangelo, Gesù dichiara che la sua missione consiste nel manifestare ad ogni uomo l’amore di Dio, immergendo (“battezzando”) ogni individuo nello Spirito, che è la forza creatrice del Padre ( Gv 1.33).
Questa missione di Gesù (manifestare ad ogni uomo l’amore del Padre, immergendolo nello Spirito Santo) è rivolta a tutti e non solo ad alcuni.
Gesù, come il Padre, non ama l’uomo grazie ai suoi meriti, cioè perché l’uomo è “buono”, ma l’uomo ha la possibilità di diventare buono perché è stato fatto oggetto di un amore incondizionato da parte di Dio.
Gesù dirige questo amore anche che con il loro comportamento si mostrano “ingrati e malvagi” (Lc 6,35), smentendo così la visione di un dio giustiziere.
Infatti, il Padre non ha incaricato Gesù di “distruggere”, ma di vivificare: “Dio non ha mandato il Figlio suo nel mondo per giudicarlo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” ( Gv 3,17).
L’attività di Gesù non è consistita nel “tagliare e bruciare ogni albero che non porta frutto” ( Lc 3,9), ma nello “zappare attorno e mettere il concime” ( Lc 13,8) favorendo le condizioni vitali necessarie per produrre frutto.
Quando Gesù incontra qualcuno, gli evangelisti scrivono che “Gesù lo “vide” (Mc 1,16) adoperando lo stesso verbo usato nel libro della Genesi, per sette volte, nel racconto della creazione: “E Dio vide che era buona” ( Gen 1,3.10.12.18.21.25.31).
Quando Gesù, l’uomo-Dio, incontra qualcuno, lo “vede” con lo stesso sguardo del Dio della creazione, uno sguardo che comunica amore ( “fissò lo sguardo in lui e lo amò” Mc 10,21).
Il Creatore guarda la terra “informe e deserta” e la vede già bella ( Gen 1,2.10) e il suo sguardo la trasforma, le comunica vita animandola : “ mandi il tuo spirito e sono creati e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104,30).
Gesù fissa il suo sguardo creatore al caos della persona per ricrearla con il suo amore, come canta il profeta Sofonia: “ti rinnoverà con il suo amore” (Sof 3,17).
Inoltre, l’uomo quando incontra il Signore non viene mai umiliato dalla penosa visione delle proprie miserie, ma inebriato dall’inesauribile ricchezza dell’amore di Dio ( Lc 15).
In sintonia con il Dio che “non guarda l’apparenza, ma guarda il cuore” dell’uomo ( 1Sam 16,7), i vangeli insegnano che occorre incontrare Gesù per imparare a guardare le persone, avvenimenti e cose con lo sguardo stesso del Creatore… lo stesso con il quale Gesù guardava perfino i suoi assassini: “ Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno “ ( Lc23.34).
Al pio fariseo che vede con orrore la sua casa insudiciata dalla presenza di una “peccatrice” ( Lc 7,36.50) Gesù corregge lo sguardo e lo invita a vedere un essere umano: “Vedi questa donna?”.
Ugualmente, mentre l’occhio del fariseo “vede” un “peccatore e pubblicano”, quello di Gesù “vede un uomo seduto al banco delle imposte” ( Mt9,9) e anziché evitare colui che veniva considerato la personificazione del peccato, lo invita a pranzo a casa sua.
L’amore scandalosamente elargito su chi non lo merita, provoca, in ogni tempo, le proteste di quanti regolano la propria condotta in base alla fedele osservanza della Legge.
Alla loro protesta, Gesù replica “Siete invidiosi ( cioè avete l’occhio cattivo) perché io sono buono ?” ( Mt 20,15).
Per avere lo stesso sguardo di Gesù è necessario sostituire il proprio occhio cattivo con quello “buono” ( Mt 6,22-23): espressioni figurate che indicano rispettivamente avarizia (occhio cattivo) e generosità (occhio buono)( Dt 15,9-11) e sintonizzare la capacità di amore su quella di un Dio generoso, capace di “usare a tutti misericordia” (Rm 11.32).
Questa nuova visione di Dio, di Gesù, dell’altro…compresi i “peccatori” … è frutto della fede degli individui, che è l’ unico collirio capace di “ ungere gli occhi e recuperare la vita” ( Ap 3,18).
Gesù “tocca” gli occhi dei ciechi, ma questi si aprono nella misura della loro fede: “sia fatto a voi secondo la vostra fede” (Mt 9,29).
Come accadde allo zelante fariseo Saulo di Tarso (S. Paolo) che, “pur tenendo gli occhi aperti non vedeva nulla”, se prima non cadevano dai suoi occhi “le scaglie” che gli impedivano di vedere ( At 9,8.18), recuperando così la vista e poter riconoscere Dio ( At 9,5).
Essere amato da Gesù ed essergli amico non sono prerogative di un personaggio particolare del Vangelo, ma ogni membro della comunità può essere amico di Gesù.
Voi siete miei amici” assicura Gesù ( Gv 15,14) e questa amicizia è basata sull’accettazione del comune ideale di manifestare visibilmente l’amore del Padre e la sua tenerezza, nella propria esistenza 1.
Non so se - nonostante il “terremoto”- ritenuto dal padre Domenicano un castigo di Dio per punire i peccati dell’uomo - il 4-5-6 Novembre ad Ascoli Piceno, con il beneplacito del Vescovo della Diocesi : Mons. Giovanni D’Ercole, abbia avuto luogo il “convegno” dei preti sposati, organizzato da Vocatio” e che aveva come obiettivo, anche quello di celebrare “il giubileo dei preti sposati”.
Ma come sarebbe stato bello e conforme alla Parola di Dio, se ogni Vescovo diocesano, durante quest’anno santo giubilare, si fosse impegnato per migliorare il suo rapporto fatto di dialogo, stima, disponibilità all’ascolto, nei confronti di tutti i preti della sua Diocesi anche dei preti sposati che i vari Vescovi conoscono vivere, con le loro famiglie, sul territorio delle varie parrocchie che formano la diocesi, ed avere nei loro confronti lo stesso amore misericordioso e la tenerezza che ha il Padre nei confronti di ognuno dei suoi figli e che Gesù ci ha “rivelato” con il suo comportamento: “Voi siete miei amici”.
Quanti Vescovi diocesani – almeno in quest’ anno dedicato alla misericordia e alla tenerezza del Padre - hanno detto o meglio fatto comprendere, attraverso gesti quotidiani della vita - ai propri preti , compresi quelli sposati che gravitano sul loro territorio : “Voi siete miei amici”? Basando questa amicizia sull’accettazione del comune ideale di manifestare visibilmente l’amore del Padre e la sua tenerezza nella propria esistenza ?
Penso che sarebbe veramente un “miracolo” se alla fine di questo anno Giubilare della misericordia “ Misericordes sicut Pater”, ci fosse almeno 1 vescovo diocesano che, alla fine del Pontificale di chiusura dell’Anno Santo, prima di suggerire alla gente di “andare in pace perchè la Messa è finita”, avesse il coraggio di rivolgersi a tutta l’assemblea dicendo:
“ Ho portato con me un amico che vi benedirà al posto mio.
Quest’uomo, in abiti normali, con la fede al dito, è un sacerdote dell’Altissimo. Non ha le mani delicate come le ha di solito un prete.
Le sue sono callose perché lavora, ma sono colme di benedizioni accumulate nell’arco di decenni.
Non avevamo capito che le sue benedizioni sono preziose e le abbiamo lasciate dormire.
Oggi è qui a rappresentare tutti coloro che abbiamo dimenticato.
Non si tratta di un uomo che - pentito ha chiesto di tornare a fare il prete, piegandosi alla disciplina vigente - ma di uno che, contento di aver lasciato, ha saputo scandire i momenti della vita quotidiana sui ritmi della fede, nonostante la mano ruvida della Chiesa.
Chiniamo la testa, io per primo, e lodiamo il Signore per questo momento di grazia, destinato a purificare la Chiesa, come poche volte, e a renderla libera di credere solamente in LUI2.
 

NOTE
1 Cfr. P. Alberto Maggi, Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede), Cittadella Editrice, p. 17-18
2 Cfr. LINO TONTI, I cinque figli del vescovo, Gabrielli Editori, Verona 1999, p. 128



Martedì 08 Novembre,2016 Ore: 19:42
 
 
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