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www.ildialogo.org Lettera brandmueller: un commento,di Ernesto Miragoli

Celibato ecclesiastico
Lettera brandmueller: un commento

di Ernesto Miragoli

Il Card. Brandmüller: risponde a Eugenio Scalfari sul celibato:"Noi sacerdoti, celibi come Cristo"
MI PERMETTO DI CHIOSARE LE SUE ARGOMENTAZIONI SCRIVENDO IN MAIUSCOLO
Ill.mo dott. Scalfari,
anche se non godo del privilegio di conoscerla di persona, vorrei tornare alle Sue affermazioni riguardo il celibato contenute nel resoconto del Suo colloquio con Papa Francesco, pubblicate il 13 luglio 2014 e immediatamente smentite nella loro autenticità da parte del direttore della sala stampa vaticana. In quanto “vecchio professore” che per trent’anni ha insegnato Storia della chiesa all’università, desidero portare a Sua conoscenza lo stato attuale della ricerca in questo campo.
In particolare, deve essere sottolineato innanzitutto che il celibato non risale per niente a una legge inventata novecento anni dopo la morte di Cristo. Sono piuttosto i Vangeli secondo Matteo, Marco e Luca che riportano le parole di Gesù al riguardo.
Matteo scrive (19,29): “… Chiunque abbia lasciato in mio nome case o fratelli, sorelle, padre, madre, figli o campi, otterrà cento volte di più e la vita eterna”.
Molto simile è anche quanto scrive Marco (10,29): “In verità, vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia che non riceva cento volte tanto…”.
Ancora più preciso è Luca (18,29 ss.): “In verità, io vi dico: chiunque abbia abbandonato per il Regno di Dio casa o moglie, fratelli, genitori o figli, riceverà già ora, in cambio molto di più, e nel mondo futuro la vita eterna”.
Gesù non rivolge queste parole alle grandi masse, bensì a coloro che manda in giro, affinché diffondano il suo Vangelo e annuncino l’avvento del Regno di Dio.
IL CARDINALE AFFERMA CHE L’ESORTAZIONE DI CRISTO IN MT 19,29 E LC 18,29 NON SIA RIVOLTA ALLE GRANDI MASSE, MA A COLORO CHE EGLI HA SCELTO COME APOSTOLI.
DUE OSSERVAZIONI.
  1. NEL DICHIARARE CHE LASCIARE FRATELLI, SORELLE, PADRE, MADRE, FIGLI O CAMPI O MOGLIE NEL SUO NOME RICEVERA’ CENTO VOLTE TANTO E IN PIU’ LA VITA ETERNA NON COMPORTA UN’AMMISSIONE DIRETTA DI GESU’ ALLA SCELTA CELIBATARIA. LA FRASE DI GESU’ SI COLLOCA IN UN CONTESTO IN CUI SI PARLA DI DIVORZIO. SUBITO DOPO GESU’ PRECISA CHE VI SONO EUNUCHI RESI TALI DAGLI UOMINI, ALTRI CHE LO SONO DALLA NASCITA, ALTRI CHE SCELGONO DI ESSERLO PER IL REGNO DEI CIELI. ANCHE QUI: CHI SCEGLIE DI ESSERE EUNUCO PER IL REGNO DEI CIELI LO FA LIBERAMENTE E NON PER IMPOSIZIONE DI UNA LEGGE. LA RIPROVA CHE EGLI HA SCELTO DI ESSERE EUNUCO PER IL REGNO DEI CIELI, MA AL SUO SEGUITO AVEVA PERSONE CHE TENEVANO FAMIGLIA.
  2. IN MOLTI SI SONO CHIESTI SE GESU’ NON SIA STATO DURO E RADICALE QUANDO AFFERMA CHE CHIUNQUE HA ABBANDONATO FIGLI, MOGLIE, PADRE ECC. PER IL REGNO DI DIO RICEVERA’ CENTO VOLTE TANTO. LA DOMANDA E’: “MA GESU’ ESORTA AD ABBANDONARE LA FAMIGLIA UN MINUTO DOPO AVER DETTO CHE MOSE’ HA CONSENTITO IL DIVORZIO PER LA SCLEROCARDIA UMANA”?
LA RISPOSTA E’: NO. GESU’ NON PUO’ ESORTARE A FARE UNA COSA DEL GENERE. NON SI ABBANDONA LA FAMIGLIA CHE PUO’ AVER BISOGNO PER ANDARE A PREDICARE IL REGNO DEI CIELI. ALLORA LA DOMANDA DIVENTA PIU’ PROFONDA E CI PORTA A RIFLETTERE SUL SIGNIFICATO DEL VERBO ABBANDONARE. COSA INTENDVA GESU’ CON QUESTO VERBO? E’ OPINIONE COMUNE IN TUTTI GLI ESEGETI CHE IL VERBO ABBANDONARE NON SIGNIFICASSE MOLLARE MATERIALMENTE TUTTO, MA ABBANDONARE NEL PROPRIO CUORE, CIOE’ NON ESSERE LEGATI PIU’ ALLE PROPRIO COSE MATERIALI CHE AL REGNO DEI CIELI.
E QUI…VIENE SPONTANEO RIFLETTERE SU UNA CHIESA TEMPORALE CHE E’ MOLTO LEGATA ALLE PROPRIE COSE, AI PROPRI CAMPI, ALLE PROPRIETA’, AI SOLDI CHE AL REGNO DEI CIELI. CERTI PRETI, VESCOVI, ABATI E CARDINALI SARANNO PERFETTAMENTE CELIBI PER QUANTO RIGUARDA IL SESSO, MA PER IL RESTO…
Per adempiere a questa missione è necessario liberarsi da qualsiasi legame terreno e umano. E visto che questa separazione significa la perdita di ciò che è scontato, Gesù promette una “ricompensa” più che appropriata.
A questo punto viene spesso rilevato che il “lasciare tutto” si riferiva solo alla durata del viaggio di annuncio del suo Vangelo, e che una volta terminato il compito, i discepoli sarebbero tornati alle loro famiglie. Ma di questo non c’è traccia. Il testo dei Vangeli, accennando alla vita eterna, parla peraltro di qualcosa di definitivo.
Ora, visto che i Vangeli sono stati scritti tra il 40 e il 70 d. C., i suoi redattori si sarebbero messi in cattiva luce se avessero attribuito a Gesù parole alle quali poi non corrispondeva la loro condotta di vita. Gesù, infatti, pretende che quanti sono resi partecipi della sua missione adottino anche il suo stile di vita.
Ma cosa vuol dire allora Paolo, quando nella prima Lettera ai Corinzi (9,5) scrive: “Non sono libero? Non sono un apostolo? … Non abbiamo il diritto di mangiare e bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, esattamente come gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? Dovremmo essere solo io e Barnaba a dover rinunciare al diritto di non lavorare?”.
Queste domande e affermazioni non danno per scontato che gli apostoli fossero accompagnati dalle rispettive mogli? Qui bisogna procedere con cautela. Le domande retoriche dell’apostolo si riferiscono al diritto che ha colui che annuncia il Vangelo di vivere a spese della comunità, e questo vale anche per chi lo accompagna.
E qui si pone ovviamente la domanda su chi sia questo accompagnatore. L’espressione greca “adelphén gynaìka” necessita di una spiegazione. “Adelphe” significa sorella. E qui per sorella nella fede si intende una cristiana, mentre “Gyne” indica – più genericamente – una donna, vergine, moglie o sposa che sia. Insomma un essere femminile. Ciò rende però impossibile dimostrare che gli apostoli fossero accompagnati dalle mogli. Perché, se invece così fosse, non si capirebbe perché si parli distintamente di una adelphe come sorella, dunque cristiana. Per quel che riguarda la moglie, bisogna sapere che l’apostolo l’ha lasciata nel momento in cui è entrato a far parte della cerchia dei discepoli.
  1. PARTO DALL’ULTIMA AFFERMAZIONE. IL CARDINALE SA CON CERTEZZA CHE PIETRO HA LASCIATO LA MOGLIE NEL MOMENTO IN CUI E’ ENTRATO A FAR PARTE DELLA CERCHIA DEI DISCEPOLI. A ME, DAI DOCUMENTI STORICI, NON RISULTA. MA CREDO AL CARDINALE CHE SI DEFINISCE UN VECCHIO PROFESSORE. E ALLORA VORREI CHIEDERGLI SE GLI RISULTA CHE ANCHE GLI ALTRI APOSTOLI HANNO LASCIATO MOGLIE E FIGLI PER SEGUIRE IL SIGNORE. DAI VANGELI NON RISULTA. DA ALTRI SCRITTI CONTEMPORANEI NEPPURE. ANZI. RISULTEREBBE IL CONTRARIO: GLI APOSTOLI ERANO A PESCA E SI LAMENTAVANO CHE NON PIGLIAVANO PESCI. PERCHE’ GLI APOSTOLI ANDAVANO A PESCARE? PER SPORT O PER PESCARE PESCE DA RIVENDERE AL MERCATO PER POI MANTENERE LA FAMIGLIA? CHI CI GARANTISCE CHE ESSI ,TUTTI INSIEME, PER TRE ANNI DI FILA, SENZA MAI INTERROMPERE PER UN GIORNO ABBIANO SEGUITO GESU’ LUNGO LE STRADE DELLA PALESTINA? SE COSI’ FOSSE, COME MAI, ALLORA, GESU’ TORNA A CASA DI PIETRO QUANDO GLI GUARISCE LA SUOCERA? NON POTEVA ESSERE CHE PIETRO FOSSE TORNATO DALLA FAMIGLIA PER ARARE IL CAMPO, PESCARE, PROVVEDERE ALLE NECESSITA’ FAMILIARI?
  2. LE DISQUISIZIONI DI PAOLO IN PRIMA CORINZI 9,5 SONO LE CLASSICHE DISQUISIZIONI DI QUESTO GRANDE AGIT PROP DEL VANGELO. E’ MIA OPINIONE MOLTO PERSONALE CHE SE NON CI FOSSE STATO SAN PAOLO, L’ITER DEL MESSAGGIO CRISTIANO AVREBBE PRESO PIEGHE E STRADE DIVERSE. FORSE PIU’ AUTENTICHE. IL TIPO DOVEVA AVERE UN BEL CARATTERACCIO E, FORTE DELLA SUA CULTURA, SEPPE IMPORSI BENE NELLA CHIESA NASCENTE.
  3. NON MI CONVINCONO LE DISQUISIZIONI DEL CARDINALE SUI SOSTANTIVI GRECI ADELFHEN E GYNAIKA. CHE GESU’ E GLI APOSTOLI FOSSERO ACCOMPAGNATI DA DONNE, QUESTO E’ CERTO. NON SAPPIAMO SE QUESTE DONNE FOSSERO LE MOGLI DEGLI APOSTOLI E NON SAPPIAMO SE, DOPO LA RISURREZIONE, QUANDO GLI APOSTOLI SI RECAVANO PER EVANGELIZZARE, QUESTE DONNE O MOGLI LI ACCOMPAGNASSERO. MA CHI CI PUO’ ASSICURARE CHE ESSI NON FACESSERO RITORNO ALLE LORO FAMIGLIE DOPO ESSERE STATI IN GIRO PER EVANGELIZZARE?
Il capitolo 8 del Vangelo di Luca aiuta a fare più chiarezza. Li si legge: “(Gesù) venne accompagnato dai dodici e da alcune donne che aveva guarito da spiriti maligni e malattie: Maria Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni. Giovanna, la moglie di Cuza, un funzionario di Erode. Susanna, e molte altre. Tutte loro servivano Gesù e i discepoli con quel che possedevano”. Da questa descrizione pare logico dedurre che gli apostoli avrebbero seguito l’esempio di Gesù.
A ME SEMBRA UNA “LOGICA” CONCLUSIONE MOLTO AZZARDATA E POCO LOGICA.
E’ LOGICO DEDURRE CHE GLI APOSTOLI AVREBBERO SEGUITO L’ESEMPIO DI GESU’?
BENE. ALLORA SI SONO PORTATI APPRESSO LE DONNE. QUALI DONNE? LE MOGLI? POTREBBE ESSERE. LE SORELLE? POTREBBE ESSERE. NE’ MOGLI, NE’ SORELLE, MA DONNE CHE FACESSERO DA DOMESTICHE? POTREBBE ESSERE. NESSUNO CE LO PUO’ DIRE CON SICUREZZA.
NON SOLO. NESSUNO CI PUO’ NEPPURE DIRE CHE NE SIA STATO DELLE FAMIGLIE DEGLI APOSTOLI.
PERCHE’?
PERCHE’ ALLE COMUNITA’ CRISTIANE A CUI ERANO INDIRIZZATI I VANGELI NON INTERESSAVNO I PETTEGOLEZZI DELLA VITA FAMIGLIARE DEGLI APOSTOLI, MA IL MESSAGGIO DI CRISTO. E NON CREDO DI ESSERE AZZARDATO SE AFFERMO CHE ALLE COMUNITA’ CRISTIANE POCO IMPORTAVA SE GLI APOSTOLI ARRIVASSERO CON AL SEGUITO MOGLIE E FIGLI.
Inoltre va richiamata l’attenzione sull’appello empatico al celibato o all’astinenza coniugale fatto dall’apostolo Paolo (1. Cor. 7,29 ss): “Perché io vi dico, fratelli: il tempo è breve. Per questo, chi ha una moglie deve in futuro comportarsi come se non ne avesse una…”. E ancora: “Il celibe si preoccupa delle questioni del Signore: vuole piacere al Signore. L’ammogliato si preoccupa delle cose del mondo: vuole piacere a sua moglie. Così finisce per essere diviso in due”. È chiaro che Paolo con queste parole si rivolge in primo luogo a vescovi e sacerdoti. E lui stesso si sarebbe attenuto a tale ideale.
PAOLO VUOLE GIUSTIFICARE LE SUE SCELTE. FORSE – SCUSATE SE POSSO APPARIRE DISSACRATORE – GLI E’ SUCCESSO QUEL CHE SUCCESSE ALLA PERPETUA DEL MANZONI CHE “…NON SI TROVAVA UN CANE CHE LA VOLESSE” E HA COMPIUTO FORZATAMENTE LA SCELTA CELIBATARIA. E GLI E’ ANDATA BENE PERCHE’ IMMAGINO CHE SE AVESSE TROVATO UNA DONNA, QUESTA NON AVREBBE TROVATO UN MARITO, MA UN MARTIRIO.
PRENDERE QUESTA FRASE DI PAOLO COME GIUSTIFICAZIONE DELL’IMPOSIZIONE CELIBATARIA PER LEGGE A PERSONE DI SESSO MASCHILE CHE VOGLIONO ESSERE AL SERVIZIO DEL VANGELO, MI SEMBRA MOLTO FUORI LUOGO.
Per provare che Paolo o lo Chiesa dei tempi apostolici non avessero conosciuto il celibato vengono tirate in ballo, a volte, le lettere a Timoteo e Tito, le cosiddette lettere pastorali. E in effetti, nella prima lettera di Timoteo (3,2) si parla di un vescovo sposato. E ripetutamente si traduce il testo originale greco nel seguente modo: “Il vescovo sia il marito di una femmina”, il che viene inteso come precetto. E sì, basterebbe una conoscenze rudimentale del greco, per tradurre correttamente: “Per questo il vescovo sia irreprensibile, sia sposato una volta sola (e deve essere marito di una femmina!!), essere sobrio e assennato…”. E anche nel libro a Tito si legge: “Un anziano (cioè un sacerdote, vescovo) deve essere integerrimo e sposato una volta sola…”.
Sono indicazioni che tendono a escludere la possibilità che venga ordinato sacerdote-vescovo chi, dopo la morte della moglie, si è risposato (bigamia successiva). Perché, a parte il fatto che a quei tempi non si vedeva di buon occhio un vedovo che si risposava, per la chiesa si aggiungeva poi la considerazione che un uomo così non poteva dare alcuna garanzia di rispettare l’astinenza, alla quale un vescovo o sacerdote doveva votarsi.
CONCORDO. ESPLICITO SOLO QUEL CHE SCRIVE IL CARDINALE: A QUEI TEMPI NON SI VEDEVA DI BUON OCCHIO CHI SI RISPOSAVA.
PERCHE’?
I MOTIVI SONO MOLTI. C’ERA CHI SI RISPOSAVA CON UNA MOGLIE RICCA E COSI’ ACCUMULAVA PATRIMONIO SU PATRIMONIO, MA POI TRADIVA LA MOGLIE CON PROSTITUTE O GIOVANI FANCIULLE. C’ERA CHI SI RISPOSAVA CACCIANDO I FIGLI DA CASA PERCHE’ LA NUOVA MOGLIE NON VOLEVA I FIGLI DI PRIMO LETTO. COME CHE SIA, IL CARDINALE HA RAGIONE: NON SI VEDEVA DI BUON OCCHIO IL MATRIMONIO DI UN VEDOVO O DI UNA VEDOVA. MA POI LE COSE SONO CAMBIATE. NELLA NOSTRA CHIESA CATTOLICA SI PUO’ SPOSARSI SE SI E’ VEDOVI O VEDOVE. NON SOLO: IL DIRITTO CANONICO CONSENSTE ANCHE IL SOLO MATRIMONIO RELIGIOSO, SENZA CHE ESSO SIA TRASCRITTO NEI REGISTRI CIVILI. E QUESTO PERCHE’? PERCHE’ ALLA VEDOVA INTERESSA CONTINUARE A PRENDERE LA PENSIONE DEL MARITO MORTO!
MI ASTENGO DA OGNI CONSIDERAZIONE NEL MERITO.
La pratica della Chiesa post-apostolica
La forma originaria del celibato prevedeva dunque che il sacerdote o il vescovo continuassero la vita familiare, ma non quella coniugale. Anche per questo si preferiva ordinare uomini in età più avanzata.
Il fatto che tutto ciò sia riconducibile ad antiche e consacrate tradizioni apostoliche, lo testimoniano le opere di scrittori ecclesiastici come Clemente di Alessandria e il nordafricano Tertulliano, vissuti nel Duecento dopo Cristo. Inoltre, sono testimoni dell’alta considerazione di cui godeva l’astinenza tra i cristiani una serie di edificanti romanzi sugli apostoli: si tratta dei cosiddetti atti degli apostoli apocrifi, composti ancora nel II secolo e molto diffusi.
Nel successivo III secolo si moltiplicano e diventano sempre più espliciti – soprattutto in oriente – i documenti letterari sull’astinenza dei chierici. Ecco per esempio un passaggio tratto dalla cosiddetta didascalia siriaca: “Il vescovo, prima di essere ordinato, deve essere messo alla prova, per stabilire se è casto e se ha educato i suoi figli nel timore di Dio”. Anche il grande teologo Origene di Alessandria (+ 253/’54) conosce un celibato di astinenza vincolante; un celibato che spiega e approfondisce teologicamente in diverse opere. E ci sarebbero ovviamente altri documenti da portare a sostegno, cosa che ovviamente qui non è possibile.
La prima legge sul celibato
Fu il Concilio di Elvira del 305/’06 a dare a questa pratica di origine apostolica una forma di legge. Con il Canone 33, il Concilio vieta ai vescovi, sacerdoti, diaconi e a tutti gli altri chierici rapporti coniugali con la moglie e vieta loro altresì di avere figli. Ai tempi si pensava dunque che astinenza coniugale e vita familiare fossero conciliabili. Così, anche il Santo Padre Leone I, detto Leone Magno, attorno al 450 scriveva che i consacrati non dovevano ripudiare le loro mogli. Dovevano restare insieme alle stesse, ma come se “non le avessero” scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (7,29).
TUTTO CORRETTO. MA, SI NOTI: SI PARLA DI PRASSI, NON DI LEGGE. SI NOTI ANCHE CHE IL CONCILIO DI ELVIRA E’ UN CONCILIO LOCALE E QUINDI CON VALORE NORMATIVO LOCALE. SI NOTI, INFINE, CHE SE ERA PRASSI ESORTARE A NON AVERE MOGLIE, ERA ANCHE PRASSI CHE SI AVESSE MOGLIE SENZA CHE NESSUNO AVESSE DA OBIETTARE QUALCOSA.
Con il passar del tempo, si tenderà vieppiù ad accordare i sacramenti solo a uomini celibi. La codificazione arriverà nel medioevo, epoca in cui si dava per scontato che il sacerdote e il vescovo fossero celibi. Altra cosa è il fatto che la disciplina canonica non venisse sempre vissuta alla lettera, ma questo non deve stupire. E, com’è nella natura delle cose, anche l’osservanza del celibato ha conosciuto nel corso dei secoli alti e bassi.
Famosa è per esempio la disputa molto accesa che si ebbe nell’XI secolo, ai tempi della cosiddetta riforma gregoriana. In quel frangente si assistette a una spaccatura così netta – soprattutto nella chiesa tedesca e francese – da portare i prelati tedeschi contrari al celibato a cacciare con la forza dalla sua diocesi il vescovo Altmann di Passau. In Francia, gli emissari del Papa incaricati di insistere sulla disciplina del celibato venivano minacciati di morte, e il santo abate Walter di Pontoise venne picchiato, durante un sinodo tenutosi a Parigi, dai vescovi contrari al celibato e sbattuto in prigione. Ciò nonostante, la riforma riuscì a imporsi, e si assistette a una rinnovata primavera religiosa.
È interessante notare che la contestazione del precetto del celibato si è sempre avuta in concomitanza con segnali di decadenza nella Chiesa, mentre in tempi di rinnovata fede e di fioritura culturale si notava una rafforzata osservanza del celibato.
E non è certo difficile trarre da queste osservazioni storiche paralleli con l’attuale crisi.
IL CARDINALE PORTA QUESTI ESEMPI STORICI CHE CI SONO ABBASTANZA NOTI A SOSTEGNO DELLA SUA TESI CELIBATARIA. MA POTREBBERO ESSERE ADDOTTI ANCHE A SOSTEGNO DELLA TESI CONTRARIA: IL FATTO CHE EMISSARI PAPALI CHE ERANO STRENUI PROPUGNATORI DEL CELIBATO FOSSERO ESTROMESSI, MINACCIATI DI MORTE E NON CONSIDERATI PUO’ ESSERE ANCHE INDIZIO DI UN SENTIRE ECCLESIALE CHE RITENEVA ASSURDO IMPORRE IL CELIBATO PER LEGGE E CHE L’AVREBBE ACCETTATO SOLO SE FOSSE STATO FACOLTATIVO.
I problemi della Chiesa d’oriente
Restano aperte ancora due domande che vengono poste frequentemente. C’è quella che riguarda la pratica del celibato da parte della chiesa cattolica del regno bizantino e del rito orientale: questa che non ammette il matrimonio per vescovi e monaci, ma lo accorda ai sacerdoti, a patto che si siano sposati prima di prendere i sacramenti. E prendendo proprio ad esempio questa pratica, c’è chi si chiede se non potrebbe essere adottata anche dall’occidente latino. A questo proposito va innanzitutto sottolineato che proprio a oriente la pratica del celibato astinente è stata ritenuta vincolante. Ed è solo durante il Concilio del 691, il cosiddetto Quinisextum o Trullanum, quando risultava evidente la decadenza religiosa e culturale del regno bizantino, che si giunge alla rottura con l’eredità apostolica. Questo Concilio, influenzato in massima parte dall’imperatore, che con una nuova legislazione voleva rimettere ordine nelle relazioni, non fu però mai riconosciuto dai papi. È proprio ad allora che risale la pratica adottata dalla Chiesa d’oriente. Quando poi, a partire dal XVI e XVII secolo, e successivamente, diverse chiese ortodosse tornarono alla chiesa d’occidente, a Roma si pose il problema su come comportarsi con il clero sposato di quelle chiese. I vari papi che si susseguirono decisero, per il bene e l’unità della Chiesa, di non pretendere dai sacerdoti tornati alla Chiesa madre alcuna modifica del loro modo di vivere.
QUANTO DICE IL CARDINALE IN MERITO AL CONCILIO QUINISESTO E’ ASSOLUTAMENTE VERO. E’ SORPRENDENTE LA UNIVOCITA’ DEGLI STORICI ECCLESIASTICI NEL COMMENTARE COSI’ QUESTA DECISIONE DEL CONCILIO TRULLANO.
MA A ME, QUANDO TROVO TROPPA UNIVOCITA’, LA COSA PUZZA.
SI SA CHE LA STORIA E’ SCRITTA DAI VINCITORI. E LA CHIESA PAPALE, ROMANA, CELIBATARIA (IN DIRITTO, QUANTO AI FATTI…) ERA VINCENTE SU TUTTI I FRONTI. NON SOLO. AVEVA I SUOI BUONI MOTIVI PER SMARCARSI DALL’IMPERATORE.
L’eccezione nel nostro tempo
Su una simile motivazione si fonda anche la dispensa papale dal celibato concessa – a partire da Pio XII – ai pastori protestanti che si convertono alla Chiesa cattolica e che desiderano essere ordinati sacerdoti. Questa regola è stata recentemente applicata anche da Benedetto XVI ai numerosi prelati anglicani che desideravano unirsi, in conformità alla constitutio apostolica Anglicanorum coetibus, alla Chiesa madre cattolica. Con questa straordinaria concessione, la chiesa riconosce a questi uomini di fede il loro lungo e a volte doloroso cammino religioso, giunto con la con-versione alla meta. Una meta che in nome della verità porta i diretti interessati a rinunciare anche al sostentamento economico fino a quel momento percepito. E l’unità della Chiesa, bene di immenso valore, che giustifica queste eccezioni.
QUI NON RIESCO PROPRIO A SEGUIRE IL CARDINALE. A ME PARE CHE LE CONCESSIONI PAPALI (COMPRESA QUELLA DI BENEDETTO XVI) SIANO UNA MOSTRUOSITA’ GIURIDICA, DOGMATICA E PASTORALE.
GIURIDICA PERCHE’ IL DIRITTO CANONICO (CHE E’ LEGGE ECCLESIALE E NON DIVINA) CREA UN “BIS IN IDEM” CHE E’ DIFFICILE DA GIUSTIFICARE IN TERMINI GIURIDICI.
DOGMATICA PERCHE’ IL SACERDOZIO CATTOLICO NON E’ ONTOLOGICAMENTE FONDATO SUL CELIBATO, MA SUL CRISTO E SUL SUO MANDATO EVANGELICO E SACRAMENTALE E, COSI’ OPERANDO, SI DEVONO GIUSTIFICARE TEOLOGICAMENTE DUE MODUS OPERANDI DIVERSI.
PASTORALE PERCHE’ OBIETTIVAMENTE E’ SCONCERTANTE PER IL POPOLO DI DIO CHE NELLA STESSA CITTA’ VI SIANO DUE PRETI IN CURA D’ANIME, ENTRAMBI CATTOLICI, UNO CON MOGLIE (PERCHE’ HA ABIURATO LA FEDE PROTESTANTE O ANGLICANA) E UNO SENZA.
Eredità vincolante?
Ma a parte queste eccezioni, si pone l’altra domanda fondamentale, e cioè: la Chiesa può essere autorizzata a rinunciare a una evidente eredità apostolica?
È un’opzione che viene continuamente presa in considerazione. Alcuni pensano che questa decisione non possa essere presa solo da una parte della chiesa, ma da un Concilio generale. In questo modo, si pensa che pur non coinvolgendo tutti gli ambiti ecclesiastici, almeno per alcuni si potrebbe allentare l’obbligo del celibato, se non addirittura abolirlo. E ciò che oggi appare ancora inopportuno, potrebbe essere realtà domani. Ma se cosi si volesse fare, si dovrebbe riproporre in primo piano l’elemento vincolante delle tradizioni apostoliche. E ancora ci si potrebbe chiedere se, con una decisione presa in sede di Concilio, sarebbe possibile abolire la festa della domenica che, a voler essere pignoli, ha meno fondamenti biblici del celibato.
QUI IL PRINCIPE DELLA CHIESA CHE DEVE DIFENDERE LA CHIESA STESSA SI ARRAMPICA UN PO’ SUI VETRI E ARGOMENTA UN PO’ SPECIOSAMENTE.
AFFERMARE CHE LA DOMENICA ABBIA MENO FONDAMENTI BIBLICI DEL CELIBATO, E’ VERO.
E’ TRADIZIONE CHE SI CELEBRI L’EUCARISTIA DI DOMENICA PERCHE’ E’ NEL GIORNO DOPO IL SABATO CHE CRISTO E’ RISORTO DA MORTE. SE UN CONCILIO STABILISSE CHE SI DEVE CELEBRARE IL VENERDI’ ANDREBBE BENE, ANCHE SE NON VEDO IL PROBLEMA PERCHE’ NESSUN CATTOLICO SI PONE IL PROBLEMA DI SPOSTARE IL GIORNO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA SETTIMANALE.
MA QUELLO DEL CELIBATO, SI’.
DURANTE IL CONCILIO VATICANO II NESSUNO DEI PADRI CONCILIARI SI POSE IL PROBLEMA SE CELEBRARE LA DOMENICA L’EUCARISTIA. AL MASSIMO SI CONSIDERO’ (NON DURANTE IL CONCILIO, MA SUBITO DOPO) IL FATTO CHE LA DOMENICA MOLTI POTEVANO PERDERE MESSA PER IL LAVORO O PER ALTRI IMPEGNI E SI ARRIVO’ A GIUSTIFICARE LA MESSA PREFESTIVA DEL SABATO CHE VA CELEBRATA DOPO LE 17, MA CHE MOLTI CELEBRANO ALLE 16, MOLTI ALTRI FANNO VALERE LA PARTECIPAZIONE AD UN FUNERALE…
DURANTE IL CONCILIO, INVECE, SI POSE IL PROBLEMA DEL CELIBATO! ECCOME SI SI POSE! UN VESCOVO SUPPLICO’ ACCORATAMENTE L’ASSEMBLEA DI CONSIDERARE LA COSE DICENDO CHE TALE PROBLEMA E’ COME UN BAOBAB CHE OSCURA VALORI MOLTO PIU’ IMPORTANTI. E SI SA CHE PAOLO VI, SU PRESSIONE DEL CARD. SIRI, TRONCO’ LA COSA AVOCANDOLA A SE’ E, POCO DOPO, USCI’ LA SACOERDOTALIS COELIBATUS.
Infine, per concludere, mi si permetta di avanzare un considerazione proiettata nel futuro: se continua a essere valida la constatazione che ogni riforma ecclesiastica che merita questa definizione scaturisce da una profonda conoscenza della fede ecclesiastica, allora anche l’attuale disputa sul celibato verrà superata da una approfondita conoscenza di ciò che significa essere sacerdote. E se si comprenderà e insegnerà che il sacerdozio non è una funzione di servizio, esercitata in nome della comunità, ma che il sacerdote – in forza dei sacramenti ricevuti – insegna, guida e santifica in persona Christi, tanto più si comprenderà che proprio per questo egli assume anche la forma di vita di Cristo. E un sacerdozio così compreso e vissuto tornerà di nuovo a esercitare una forza di attrazione sull’élite dei giovani.
Per il resto, bisogna prendere atto che il celibato, così come la verginità in nome del Regno dei Cieli, resteranno per chi ha una concezione secolarizzata della vita, sempre qualcosa di irritante. Ma già Gesù a tal proposito diceva: “Chi può capire, capisca”.
SONO DUE VISIONI TEOLOGICHE DIVERSE. RISPETTABILISSIME.
LA VISIONE TEOLOGICA DEL CARDINALE E’ QUELLA DEL POTERE: IL PRESBITERO AGISCE IN PERSONA CHRISTI. DA QUI NE DERIVA CHE IL SACRAMENTO CHE CELEBRA VALE EX OPERE OPERATO (CIOE’ ANCHE SE E’ UN INDEGNO PECCATORE), CHE HA IL POTERE DI ASSOLVERE O NON ASSOLVERE DAI PECCATI, CHE HA IL POTERE DI INVOCARE LA GRAZIA DI DIO SU TANTE REALTA’ DELLA VITA CRISTIANA, ECC. ECC IN TALE VISIONE TEOLOGICA – RIPETO: RISPETTABILE – SI PREVEDE UN PRETE MASCHIO E CELIBE.
PERCHE’ NON PROVARE A RIFLETTERE SU UN’ALTRA VISIONE TEOLOGICA?
PER ESEMPIO COMINCIANDO A PENSARE ALLA PERSONA DEL PRESIBITERO. CHE, PROPRIO PERCHE’ PERSONA, PUO’ ESSERE MASCHIO O FEMMINA.
PER ESEMPIO COMINCIANDO A PENSARE CHE IL MUNUS SANTIFICANDI E DOCENDI DERIVI DA UN’INVOCAZIONE DELLO SPIRITO SU UNA PERSONA CHE HA LA VOCAZIONE ALL’EVANGELIZZAZIONE, MA NON ALLA VERGINITA’.
PER ESEMPIO COMINCIANDO A RIFLETTERE SUL FATTO CHE LA PARROCCHIA PUO’ – A VOLTE – ESSERE UN ENTE SUPERATO O DA SUPERARE E CHE LA PERSONA CONSACRATA NON DEBBA ESSERE MANTENUTA DA UN’OLIATA MACCHINA ECCLESIALE CHE GLI FA TROVARE LA CASA DOVE VA, IL LAVORO ED UNO STIPENDIO ASSICURATO E VIA DICENDO, MA CHE TALE PERSONA VOCATA ALL’EVANGELIZZAZIONE ED ALLA SACRAMENTALIZZAZIONE POSSA ESSERE ECONOMICAMENTE INDIPENDENTE, CON UNA PROPRIA FAMIGLIA ECC.ECC.



Venerdì 29 Agosto,2014 Ore: 09:16
 
 
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