- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (704) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Risposte al questionario per il Sinodo sulla famiglia,di Paola ed Ernesto Miragoli

Preti sposati
Risposte al questionario per il Sinodo sulla famiglia

di Paola ed Ernesto Miragoli

Alla cortese attenzione:
Mons. Lorenzo Baldisseri
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
Via della Conciliazione 34
00120 Città del Vaticano
Fax 06 69883392
Alla cortese attenzione
Mons. Diego Coletti
Vescovo di Como
Questionario su:
“LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE”.
Premessa.
Un’amica ha ricevuto il presente questionario e ce lo ha passato.
Siamo una coppia credente, praticante, ma un po’ anomala: il marito Ernesto è stato sacerdote della chiesa cattolica per sette anni, poi ha incontrato la moglie Paola. Si sono sposati ed hanno tre figli: Emmanuele, Elena, Elisabetta.
Non abbiamo capito perché a noi non sia stato fatto pervenire tale questionario (o forse l’abbiamo capito fin troppo!), ma comunque abbiamo visto nell’opportunità offertaci dall’amica un segno: forse anche noi possiamo dire qualcosa in merito, visto che Ernesto è stato attivo nel ministero, Paola è stata catechista ed entrambi viviamo una vita matrimoniale come credenti nel Dio di Cristo.
Le nostre risposte sono discorsive, poco teologiche, forse un po’ fuori dalle righe, ma sono dettate dalla preghiera e dal cuore.
Magari abbiamo perso tempo.
Però lo inviamo ugualmente: è il nostro contributo.
  1. Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della chiesa riguardante la famiglia.
  1. La reale conoscenza dei documenti del Magistero postconciliare e come i nostri fedeli vengono formati alla vita famigliare secondo l’insegnamento della chiesa.
    1. La reale conoscenza è pressochè nulla. Essa è molto circoscritta a laici che offrono la propria disponibilità alla preparazione dei fidanzati ed a gruppi ecclesiali che riflettono sul tema.
    2. I fedeli vengono formati alla vita famigliare secondo l’insegnamento della chiesa nei corsi di preparazione al matrimonio e nelle conferenze periodiche nei cosiddetti “tempi forti”.
  1. Dove l’insegnamento della chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà a metterlo in pratica? Quali?
    1. L’insegnamento della chiesa quasi mai è integralmente accettato.
    2. Le difficoltà che si verificano nel metterlo in pratica riguardano prevalentemente i cosiddetti problemi che scottano: contraccezione, aborto, separazione e divorzio.
c e d) La domanda ci pare ripetitiva. Interessante è la richiesta su come tale insegnamento viene valutato in ambienti extra ecclesiali e quali sono i fatti culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento ecclesiale.
Va detto che l’insegnamento della chiesa sulla famiglia in ambienti extraecclesiali viene valutato con noncuranza o sufficienza.
La noncuranza porta i non credenti a rispettare l’insegnamento stesso, ma a non prenderlo in considerazione in quanto viene reputato come serie di regole che possono andar bene per chi è credente e praticante.
La sufficienza porta il non credente a criticare tale insegnamento come obsoleto o comunque lontano dal sentire comune. A volte viene definito irrispettoso della stessa dignità della coppia, soprattutto per quanto riguarda il tema della pratica contraccettiva.
  1. Sul matrimonio secondo la legge naturale
  1. Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile a livello istituzionale, educativo, accademico e popolare? Quali visioni antropologiche sono sottese al dibattito sul fondamento naturale della famiglia?
    1. Il concetto di legge naturale ci pare piuttosto assente nella cultura civile e popolare. Potrebbe esserlo a livello istituzionale ed accademico e questo è un discorso interessante che potrebbe coinvolgere la valutazione del concetto di famiglia nei vari diritti di famiglia delle nazioni del mondo, ma ci sembra abbastanza accademico discuterne in un questionario come questo. In sintesi riteniamo che la lex naturalis in merito al diritto familiare sia abbastanza recepita come luogo a cui il diritto si deve ispirare per codificare la “normale” famiglia fondata sul matrimonio tra un maschio ed una femmina che unendosi carnalmente generano dei figli. Gli stessi legislatori evidenziano remore o comunque mancanze di approfondimento del diritto naturale quando si tratta di provvedere con norme a necessità contingenti quali le coppie di fatto, le adozioni, le coppie omosessuali.
    2. Le visioni antropologiche sottese sono le più disparate. Vi è l’antropologia occidentale (quella che ha orientato e orienta tuttora sia la morale, che il diritto, che la pastorale cattolica e –quindi- degli stati di area cattolica), vi sono poi altre antropologie di altra religione (es. musulmana, induista, buddista…) o laica (es. illuminista, razionalista, esistenzialista,). Infine vi sono antropologie “esistenziali” che non sono codificate in norme o trattati ma sono vissute dal contesto sociale in cui l’umanità si è trovata a vivere. Si potrebbero citare le visioni antropologiche esistenziali che i nostri missionari verificano ogni giorno in terra di missione, ma anche qui il discorso ci porterebbe lontano.
Vorremmo fermare l’attenzione sulla visione antropologica della nostra società cattolica. Avendo scritto più sopra che la legge naturale ci pare assente dalla sensibilità popolare della maggioranza degli italiani, diremmo che se possiamo definire visione antropologica della famiglia quella legata alla “contingenza”, alla “quotidianità”, allora oggi la lex naturalis è percepita così: la famiglia NON è più un momento di IMPEGNO comune e duraturo fra un maschio ed una femmina. Con la complicità di molti elementi che ogni giorno attraggono e distraggono l’uomo di oggi, la famiglia è spesso un “provare” a vivere assieme fino a quando le cose vanno. Da qui ad arrivare alla conclusione che il sentire ecclesiale è lontano dal sentire popolare, la strada è breve e si aprono una serie di interrogativi che rimangono senza risposta da parte dei Pastori. Citiamo, senza approfondire per amore di brevità:
  1. La lex naturalis prevede l’omosessualità fra gli animali. Perché la persona, solo perché definita razionale, non può vivere la propria sessualità appieno anche vivendo il proprio amore omosessuale benedetto da Dio?
  2. La lex naturalis prevede che il maschio e la femmina vivano la propria sessualità unendosi. Perché un uomo ed una donna che si sentono chiamati ad essere testimoni concreti del Vangelo predicando e celebrando l’Eucaristia non possono farlo se sono sposati, ma devono essere celibi o nubili e casti?
  3. La lex naturalis prevede la sessualità anche come piacere. Perché i Pastori decretano che ogni atto sessuale deve essere aperto alla vita e condannano il coitus interruptus, la contraccezione ecc.?
  1. Il concetto di legge naturale è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?
Vale la risposta di sopra.
  1. Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?
    1. Nella prassi : attraverso le unioni di fatto, le coppie omosessuali ecc. Nella teoria: sarà banale, ma crediamo che si teorizzi poco. Semplicemente non ci si cura di quella legge naturale che, ripetiamo, non si conosce.
    2. L’approfondimento della lex naturalis da parte degli organismi civili – come detto sopra – è abbastanza complesso. Per quanto riguarda gli organismi ecclesiali riteniamo che tale approfondimento sia limitato all’insegnamento della dottrina della chiesa.
Nei miei anni di ministero – pur avendo creato diversi gruppi familiari – ho constatato che c’è molta difficoltà ad approfondire la dottrina ecclesiale in materia. Quando uscì la Familiaris Consortio ne facemmo oggetto di studio e riflessione nei gruppi, ma tutto si fermò lì e solo pochi – e comunque a livello individuale – intesero approfondire il discorso con me.
  1. Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?
    1. Ben detto: molti battezzati non praticanti e non credenti chiedono comunque (anche se oggi sempre di meno) la celebrazione del matrimonio cristiano.
    2. La sfida pastorale è semplice da affrontare: si presenta la dottrina della chiesa, si chiede se ci stanno e, se la risposta è affermativa, si procede alla celebrazione. Se no, non si procede.
Sembra una risposta stupida, ma non lo è. Mi si consenta un riferimento personale. Una coppia molto conosciuta aveva già predisposto tutto per sposarsi e, fra gli ingredienti, c’era il matrimonio in chiesa. Naturalmente nella solita chiesetta bella, ben affrescata, con gli amici che suonavano il violino e cantavano l’Ave Maria di Schubert. Venne da me per l’esame degli sposi perché il parroco era impegnato. Quando venne il momento di capire come avrebbero vissuto il bene del matrimonio che dura tutta la vita, chiesi alla ragazza come si sarebbe comportata se avesse scoperto che suo marito, dopo il matrimonio, avrebbe fatto parte di un commando delle Brigate Rosse. La risposta fu netta:”Divorzio”. Chiusi il discorso ed il fascicolo dicendo loro di accomodarsi in comune. Non proseguo nella descrizione del fatto che mi umiliò abbastanza.
3 - La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione
  1. Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?
Le esperienze le conosciamo tutti e non ci pare che abbiano dato grandi frutti positivi. Pensiamo che per promuovere il concetto di famiglia come chiesa domestica si debba partire da concetto di chiesa non come lo intendiamo dal naso in su, ma dal mento in giù. A parole la chiesa è il popolo di Dio costituito da tutti i battezzati. Nei fatti la chiesa sono il papa, i vescovi, i preti, i diaconi, le suore e quei laici vicini al papa, al vescovo, al prete, alla suora che fanno quello che dicono loro. Se intendessimo e vivessimo nella comunità cristiana il vero concetto di chiesa come è stato vissuto nei primi secoli e come lo stesso Vaticano II ha ribadito, non ci sarebbe bisogno di parlare di famiglia come chiesa domestica perché la stessa famiglia cristiana si sentirebbe chiesa in quanto parte di una comunità di credenti che vive la propria fede a livello comunitario, personale, familiare.
La nostra famiglia è una comunità di credenti. Anche se i figli non vanno a messa tutte le domeniche, in famiglia si pratica la carità, l’ ascolto reciproco, si approfondiscono (anche dibattendo) i concetti del dogma cattolico, ci si confronta e ci si aiuta.
  1. Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?
Non sapremmo rispondere in quanto da anni siamo esclusi dalla comunità ecclesiale.
  1. Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?
Per quanto ci riguarda vale la risposta al punto “a”.
  1. In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare percorsi esemplari?
  1. Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?
  1. Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?
I punti “d” “e” “f” possono essere riassunti in una risposta comune. Le chiese locali NON hanno saputo rispondere alle gravi domande poste non solo da coppie in crisi, ma dal mondo in cui sono inserite.
Le chiese locali – intese come diocesi e parrocchie – si sono limitate ad essere realtà che gestiscono il sacro sacramentalizzando quando serve e rispondendo alle direttive che i vescovi impartiscono dopo aver ricevuto qualche disposizione da Roma o aver riunito quella somma fonte di logorree autogratificanti che si chiamano consigli pastorali, presbiterali, episcopali e via elencando.
Per essere concreti. Se il vescovo di Como, per iniziativa personale o su consiglio di qualche collaboratore, indicesse una tre giorni sulla famiglia in vista della preparazione del Sinodo, l’esito sarebbe sicuramente positivo perché ci sarebbe un pienone ai convegni e il tutto esaurito alla megacelebrazione in cattedrale.
E questa sarebbe l’ultima illusione in ordine di tempo perché tutti crederebbero che il messaggio è passato. Ma NON E’ VERO!
In quelle riunioni non parlano coppie di fatto, non testimoniano preti sposati, non parla una coppia che ha il problema di mantenere quattro figli perché ha rispettato il metodo Ogino-Knaus, non interviene una coppia che ha perso il lavoro perché l’imprenditore cattolico ha venduto tutto per realizzare il più possibile lasciando la gente sulla strada, non intervengono coppie omosessuali che vivono il dramma di non essere assolte in confessionale ecc.ecc. In quelle riunione parla il teologo, il biblista, la coppia che in genere non ha problemi economici e dedica il proprio tempo agli incontri per fidanzati…cioè parla SOLO una parte della comunità dei credenti, quella parte che conosce i problemi teoricamente, ma non li vive.
Non solo. In quei convegni non parlano i preti, le suore, i laici della strada, quelli che hanno a che fare con una madre che si prostituisce per mantenere i figli, un padre che fa un lavoro sporco (non nel senso che torna a casa unto e bisunto) perché non trova un altro mezzo per portare a casa il pane e sa di rischiare la galera, un figlio che se n’è andato di casa e vive di espedienti perché i suoi genitori cattolici osservanti non l’hanno mai ascoltato, ecc.ecc.
4 - Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficili
  1. La convivenza ad experimentum è una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?
La convivenza è un istituto ormai naturale. Basta essere attenti ai dati che ogni anno, anche in Italia, sforna l’Istat.
  1. Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?
Mi chiedo, con tutto il rispetto, chi abbia predisposto il questionario. Senza offesa alcuna: secondo gli estensori del questionario non sono attendibili i dati statistici che ogni anno vengono pubblicati? Basta guardare quelli. (Ernesto)
  1. I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?
Penso di sì. Non conosco la percentuale. I programmi pastorali adatti si debbono creare a livello locale con gente esperta che conosca la materia e con vescovi che abbiano il coraggio di sperimentare. Qui allargo la riflessione: il vescovo diocesano deve smetterla di essere un esecutore delle disposizioni della curia romana o della Cei. Con questo con dico che debba essere un anarchico e fare tutto di testa propria, ma deve avere il coraggio – se ha zelo pastorale – di individuare un problema e cercare una soluzione seria. Anche andando contro le disposizioni generali e magari rischiando la rimozione. Per rimanere nel tema (ma ce ne sarebbero di temi da affrontare!): il vescovo potrebbe delegare un prete (o anche un laico) alla pastorale dei divorziati risposati e questi deve conoscerli personalmente, individuarli, aiutarli a fare comunità. Capirebbe che il problema del ricevere o meno la comunione non è poi così importante, ma si renderebbe conto che il vero dramma esistenziale di tante persone è addirittura pensare di pregare senza essere ascoltati da Dio perché hanno divorziato, si sono risposati con una persona che davvero gratifica la vita familiare, ma Dio non li può benedire perché coloro che si sono arrogati il diritto di parlare e legiferare a nome di Dio non li accettano nella comunità dei credenti. E se il vescovo avesse il coraggio di lasciare andare avanti le cose, sempre vigilando con la prudenza dell’uomo che chiede allo Spirito di essere illuminato per capire la legge, si accorgerebbe che fra questa gente c’è gente seria, cristiani veri. (Scusate: come ci sono fra i preti sposati). (Ernesto)
  1. In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?
Penso che si dividano in:
  • Arrabbiati con i Pastori che li escludono
  • Menefreghisti della legge che comunque vanno a messa e fanno la comunione
  • Menefreghisti della legge che dicono alla chiesa quel che disse Renzo Tramaglino:”Sta’ lì, maledetto paese!” (Ernesto)
  1. Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?
Non so. Sono troppi gli anni da cui sono lontano nel ministero.
  1. Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?
NO! Non mi aspettavo proprio una domanda del genere! Ma scusate? Ne stiamo facendo un problema giuridico? Il problema è morale! Esistenziale! Ma crediamo davvero che annullando un matrimonio ob defectum discretionis iudicii, o ob exclusionem boni prolis e via elencando risolviamo il problema?
A parte il fatto che dovremmo anche considerare questo discorso che, in Italia, con il Concordato porta la sentenza del tribunale ecclesiastico ad avere anche effetto civile (delibazione), mi chiedo se valga la pena percorrere questa strada.
Mi stupii quando ne accennò papa Benedetto che considero una persona di assoluto livello in tutti i sensi.(Ernesto)
g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?
Nella nostra diocesi non crediamo, non ci pare.
5 - Sulle unioni di persone della stesso sesso
  1. Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?
NO. In Italia, è noto, “siamo tutti democristiani e moriremo democristiani” anche se un po’ votiamo Pd e un po’ Lega e un altro po’ Casini, Berlusconi, Vendola, Grillo ecc.ecc. Non solo. Diciamolo fuori dai denti: i vescovi ed i cardinali sono anche un po’ politici e i politici frequentano i vescovi ed i cardinali non sempre per confessarsi. Questo è un altro discorso da affrontare. Leggiamo che papa Francesco ha chiesto ai vescovi se desiderano eleggersi il presidente della CEI o se intendono ancora lasciare che lo nomini lui in quanto primate d’Italia. A noi andrebbe bene una cosa o l’altra, purchè il presidente sappia essere un uomo di chiesa “libero” da ogni compromesso col potere politico. (So che è fuori tema, ma colgo l’occasione per ricordare che mi piacerebbe che – di comune accordo – si abolisse il Concordato. – Ernesto).
  1. Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?
A me pare che le chiese locali italiane accettino quel che combinano fra di loro politici e uomini di chiesa che si accordano prima in segrete stanze.
Non è detto che i singoli credenti accettino quel che si decide a livello nazionale. In genere vi sono molti credenti, poco coinvolti a livello istituzionale ecclesiale perché la pensano diversamente dall’establishment, che non condividono che lo Stato dia una mano alla chiesa cattolica legiferando in tal senso. (ernesto)
  1. Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?
“Nessuno ti ha condannato? Neppure io ti condanno. Va’ in pace e non peccare più”. Ci sembra la risposta che, unita all’altra frase di Gesù :”Voglio la misericordia e non il sacrificio, non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”, sia la più adatta a questa domanda. Non dobbiamo giudicare, ma ascoltare e predicare il Vangelo. Non sappiamo che accadde dell’adultera che Gesù perdonò. Può darsi che abbia continuato ad essere adultera (nel qual caso si è esclusa da sola), però potrebbe anche darsi che non sia più caduta in adulterio.
Qui il discorso sarebbe lungo. Ci pare che si debba tenere conto di diversi valori:
  • Il disorientamento che atteggiamenti pastorali troppo disinvolti porterebbero nella comunità cristiana. Non dobbiamo dimenticare che vi sono credenti che hanno subito la tentazione di vivere con persone dello stesso sesso e non l’hanno fatto per tanti motivi, osservanza della legge canonica compreso.
  • Il valore del far sentire la coppia “diversa” comunque parte della comunità ecclesiale e quindi occorre capire se si intende intraprendere questa strada o meno. E’ un po’ come per i preti sposati o il sacerdozio femminile. Il discorso può essere affrontato se si riflette assieme, se si prega chiedendo allo Spirito di illuminarci. Non bisogna avere fretta, ma non bisogna neppure tagliar corto: Roma locuta, causa finita.
  1. Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?
Personalmente non abbiamo dubbi. Se la coppia è credente e desidera continuare la vita di fede con i bambini adottati, non dobbiamo essere noi a chiudere la porta. Neanche per quanto riguarda i sacramenti.
6 - Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari
  1. Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?
Non sappiamo. Riteniamo che si divida al 50%.
  1. Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?
Secondo me vi sono due tipi di genitori, quelli che chiedono i sacramenti perché la sacramentalizzazione fa parte di una serie di riti di passaggio che rientrano nelle feste familiari e sociali in genere e genitori che chiedono i sacramenti perché credono che sia importante continuare il cammino di fede con i propri figli.
Il matrimonio mio e di mia moglie, fino a quando non ci fu concessa la dispensa da parte di Giovanni Paolo II, fu un matrimonio irregolare perché ci sposammo solo civilmente e, quindi, il diritto canonico ci bollò come pubblici concubini. Nacquero i nostri figli e due di essi furono battezzati a porte chiuse. Noi, rispettosi delle disposizioni, non ci accostammo all’Eucaristia fino a quando non ricevemmo la dispensa. Questo per dire che noi fummo un caso di genitori considerati irregolari, ma che erano attenti alla vita di fede della propria famiglia. (Ernesto).
  1. Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?
Non abbiamo un’ idea. Forse dipende dai singoli sacerdoti e dalla loro sensibilità.
  1. Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?
Non sappiamo.
7 - Sull’apertura degli sposi alla vita
  1. Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?
    1. I cattolici conoscono l’HV solo come l’enciclica che nega la possibilità di avere rapporti matrimoniali che non siano aperti alla vita. Pochi sanno di come l’enciclica tratta gli aspetti “unitivo” e “procreativo”.
    2. Su questo punto la coscienza è abbastanza chiara: si sa che si fa peccato se si ricorre alla contraccezione tanto è vero che in genere, ricordando la mia esperienza in confessionale, è il primo peccato che un penitente accusa.
    3. Torno alle riflessioni di cui sopra:”Cosa vogliamo fare e dire dei preservativi, dello IUD, della legatura delle tube, ecce cc?” (Ernesto)
  1. È accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie?
La domanda è fatta apposta per far rispondere un NO secco. La maggioranza dei credenti NON accetta che si regoli la propria vita sessuale da persone esterne che, in particolare, sono celibi, non conoscono le dinamiche di coppia perché non le vivono e, posso dirla tutta?, quando si tratta di vivere la loro sessualità non si fanno scrupoli di usare i mezzi che condannano come illeciti.
Gli aspetti che rendono difficoltosa tale legge sono notissimi, anche ai moralisti e ai canonisti.
  1. Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?
Non sappiamo, ma crediamo che si continui ad esortare all’uso dei metodi naturali.
  1. Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e nella partecipazione all’eucaristia?
Bella domanda! Di cui sappiamo già la risposta.
Vi sono preti che assolvono senza stare a sottilizzare e preti che non assolvono se non dietro promessa che non si farà più perché così vuole la chiesa. I risultati? Beh…non mi pare il caso di elencarli. (Ernesto)
  1. Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?
Evidenti! Ci siamo accorti che spot pubblicitari su radio, tv, giornali ecc. esortano all’uso del preservativo? Lo sappiamo che nelle scuole si fanno i corsi di educazione sessuale omaggiando un preservativo?
  1. Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la crescita delle nascite?
    1. Consideriamo anzitutto il fatto che i giovani oggi considerano la sessualità come realtà da vivere liberamente. Vi sono mamme cattoliche, credenti, praticanti, frequentanti ed osservanti che, come la loro figliola ha il menarca, la portano dal ginecologo e la “catechizzano” sui rapporti sessuali protetti. Sì: non parlano di rispetto del proprio corpo, di non darsi al primo amoruccio, di andare controcorrente se a scuola le compagne si fanno belle perché (se è vero) hanno fatto l’amore con Tizio o Caio. No: parlano di preservativo e di terrore che si possa rimanere incinta.
    2. La mentalità corrente NON è aperta alla natalità perché un figlio è un ingombro che fa perdere la propria libertà. Non solo, con i tempi che corrono e le esigenze sociali che impongono un costoso consumismo, i figli sono un costo. Non solo, i figli sono anche una preoccupazione quando crescono e non si ha tempo per loro perché si deve lavorare tutti e due, si torna a casa stanchi, non si vuole rinunciare a mantenere relazioni sociali che possono promettere avanzi di carriera (e quindi: più soldi). Non dico che sia per tutti così, ma questa è una mentalità molto diffusa anche fra credenti e praticanti.
    3. Per favorire la crescita delle nascite la comunità dei credenti deve educare i giovani alla vita come dono di Dio. Un dono che va cercato come coppia che intende vivere una vita assieme, nella buona e nella cattiva salute.
Per far questo occorre che i giovani siano educati.
Perché siano educati occorre che ci siano educatori che li sappiano coinvolgere anche dopo la sacramentalizzazione. Anche qui: i nostri vescovi hanno creduto che posticipando la data della Cresima si sarebbe risolto il problema.
Meritano il rimprovero di Cristo:”Guide cieche!”. Mi fanno tenerezza quei vescovi che, a duomo pieno, davanti a un centinaio di cresimandi con parentele annesse e connesse, prima della predica fanno alzare in piedi i cresimandi e chiedono al fotografo di fotografare tutti coloro che saranno cresimati facendo loro promettere che l’anno venturo saranno ancora lì, granitici, compatti a continuare il cammino di fede! I primi a sapere che non sarà così sono loro, poi il parroco e poi i catechisti ed i ragazzi stessi. I genitori lo sapevano prima perché il catechismo obbligatorio ha fatto rinunciare loro alla gita fuori porta ed al week end sulla neve e quindi hanno detto al figlio che per quest’anno va così, ma dall’anno venturo non ci sarà più questa rottura di scatole. Se il discorso educativo cristiano continua, anche solo come “pusillus grex”, allora cresceranno le nascite anche nella comunità dei credenti. (Ernesto)
  1. Ma non basta. Come comunità cristiana dobbiamo favorire una vita familiare dignitosa. Mi trovo spesso a riflettere su questo fatto: in Italia – dall’unità d’Italia in poi – abbiamo sempre avuto governanti cattolici che non hanno mai fatto una politica secondo i principi della dottrina sociale della chiesa.
Non solo. Nelle parrocchie i parroci stanno bene: hanno una loro casa, non hanno problemi di lavoro e, se vengono trasferiti, non solo non hanno il problema di cercarsi la casa e di arredarla, ma addirittura se ne vanno con regali da parte della comunità. La stessa cosa si può dire dei vescovi che abitano in bei palazzi vescovili. Tutto questo non è una colpa, intendiamoci! Ma è un deterrente! I preti ed i vescovi sanno solo dire di pregare quando uno perde il lavoro o la casa. Sono pochi quelli che mettono a disposizione la canonica o l’episcopio e si occupano personalmente dei poveri! Perché tutto questo?
Mi scuso se sono crudo: il pesce puzza dalla testa! Alle feste parrocchiali non sono invitati i poveri, ma si organizzano cene o pranzi dietro contributo. Nella mia parrocchia si sono spesi soldi per creare cucine nei vari oratori, ma non certo per cucinare per chi ha bisogno. (Ernesto)
8 - Sul rapporto tra la famiglia e persona
  1. Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato perché questo avvenga?
Assolutamente, sì. A patto che nella famiglia si parli di Cristo e si cerchi di vivere quotidianamente il suo messaggio. E non è facile.
  1. Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?
    1. Tutto può essere ostacolo perché:” Egli venne in mezzo ai suoi, ma il mondo non lo riconobbe”.
    2. Un primo ostacolo: il consumismo.
    3. Un secondo ostacolo: la precarietà esistenziale
    4. Un terzo ostacolo: le crisi di coppia
    5. Un quarto ostacolo: l’assenza di dialogo fra genitori e figli e fra genitori stessi
Per questi ed altri motivi Cristo diventa un estraneo, un optional da considerare nel caso si raggiunga l’età dei sacramenti, poi tutto torna come prima.
  1. In quale misura le crisi di fede che le persone possono attraversare incidono nella vita familiare?
Anche questa mi sembra una domanda un po’ sciocca. Forse non la capisco, ma è naturale che una crisi di fede di uno dei genitori o di entrambi incida nella vita familiare.
9 - Altre sfide e proposte
Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come
urgenti o utili da parte dei destinatari?
Sì.
Nel questionario non si è accennato ai preti o suore che lasciano il ministero e formano una famiglia. Anch’essi sono credenti che spessissimo sono emarginati dalla vita ecclesiale. Non sono neppure coinvolti non dico per la pastorale, ma per le competenze che – dovendo ricostruirsi una vita – hanno acquisito in campi diversi.
Vorrei sfruttare questa opportunità per segnalare che molti sono disponibili ad un dialogo con i Pastori per trovare risposte anche a questo problema ecclesiale. Dialogo che più volte hanno cercato, ma che è sempre stato rifiutato.
Perché?
L’argomento scotta?
Il questionario ha trascurato persone che hanno fatto una famiglia, ma si sono trovati improvvisamente senza di essa. Mi riferisco ai vedovi ed alle vedove. Sono nuclei familiari monchi. Spesso soli perché anziani o soli a tirare avanti una realtà familiare in cui improvvisamente il partner con cui hanno scelto di vivere la vita è venuto a mancare. Magari non mancano i soldi. Ma mancano la serenità, la salute.
Grazie per l’attenzione.
Paola ed Ernesto Miragoli
Como



Giovedì 02 Gennaio,2014 Ore: 18:05
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Pretisposati si' grazie!

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info