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www.ildialogo.org Chiesa Madre,di <strong>Romano Baraglia</strong>

Preti sposati
Chiesa Madre

di Romano Baraglia

E' tradizione che quando un prete si sposa, la chiesa - Madre - gli stacchi la luce, l'acqua e il gas, l'insegnamento ecc... Direbbe don Milani che questa nostra madre è una gran fdp. Ti proibisce anche di respirare e tu dovresti baciarle la mano.

Il sublime viene raggiunto nel finale del documento quando si dice che il superiore religioso "certiorem faciat" l'Ordinario... peractae executionis - sì, un bel lapsus freudiano - dell'esecuzione avvenuta.

Naturalmente questa materia non tocca le conquiste della nostra comunità, che è decisamente più avanti, ma non fa male dare un'occhiata ai nostri amici d'oltre mare.

Romano Baraglia

Appendice N°1.

È parecchio tempo, dai primi anni 60 ai nostri giorni, che centinaia e centinaia di preti celibatari promuovono un processo in Vaticano, molto prima di sposarsi. Si licenziano attraverso un documento papale intitolato Rescritto Papale. In questo rescritto, l’autorità massima detta le condizioni perché tutto ciò avvenga. Una di queste condizioni è l’allontanamento dagli atti propri di un sacerdote di rito occidentale, nel caso che si sposi e per tutto il tempo che sarà sposato.

Tale meccanismo è fatto per funzionare davanti alla semplice possibilità di un matrimonio futuro. I preti brasiliani sposati sono attualmente, sento dire, più di 6000. Con le loro mogli i lorofigli, costituiscono l’MPC, il Movimento dos Padres Casados, Nel momento in cui scrivo, il movimento sta al suo 19º incontro a Fortaleza, nel Ceará. Le conferenze e dibattiti e il resto della programmazione sono trasmessi in tutto il mondo attraverso Internet. Basta fare un clic su www.padrescasadoscearà.blogspot.com.br

Il popolo e i mezzi di comunicazione fino ad oggi si riferiscono ai preti sposati usando un linguaggio che rivela chiaramente la mancanza generalizzata di una tecnica di base quanto riguarda gli argomenti teologici e, a volte, con una connotazione libertinaquando si dice «lasciare la gonna, la sottana», per significare lasciare la tonaca oppure attaccare la tonaca, termini, come si sa, inadeguati. Lo stesso succede con «lasciare la Chiesa», «uscire per sposarsi», «lasciare il sacerdozio», «lasciare il ministero», «farla finita con i preti» tutte espressioni molto ricorrenti anche nei nostri «formatori di opinione», che vanno dall’onnisciente Jô Soares sino ai più giovani reporters o direttori di pubblicità dei canali televisivi.

Interviste e reportage di diversi canali, con un approccio che non riesce a oltrepassare il livello folcloristico senza approfondire seriamente l’essenza dell’argomento non hanno aiutato il movimento di questi preti. Viene loro chiesto quello che normalmente già si sa in modi assolutamente non rispettosi a volte. Tutti concordano - pare - in un punto: il potere sacro è volato via quando hanno «buttato la veste talare». Senza la veste talare, non solo il potere che stava dentro di essa se ne è andato ma sono sparite anche cultura e competenza. Ormai né sanno né possono far niente.

Su queste questioni è bene saperne un po’ di più. Alla fine è stata chiamata ‘tonaca’ la veste talare che gli ecclesiastici mantennero al tempo delle invasioni barbariche: i barbari usavano vesti corte, costume che imposero a tutta l’Europa. Ma gli appartenenti al clero, di stampo più conservatore, reagirono e conservarono la veste dei nobili romani lunga fino al calcagno. Rimasero loro soli e col tempo divennero impopolari e estranei al punto che di sentirsi spinti inventare meccanismi di giustificazione tra cui quello che la veste sarebbe stata simbolo sacro. La cosa funzionò e la veste talare passò ad essere segno di distinzione e di consacrazione di una certa persona. Segno di dignità e sacralità attinta dasolenni atti liturgici e con il tempo indispensabile a questi atti e alla fine, finendo per identificare persone istruite e colte, e legate al potere.

La veste talare passò essere segno di cultura di sacralità di alta distinzione. E tutto questo rimase legato al potere. Molti preti sposati attualmente sono usciti dal sistema religioso cattolico per divergenze di dottrina oppure per divergenze di atteggiamentidavanti al problema della libertà o della mancanza della stessa. Non pensavano a sposarsi. Naturalmente abbracciarono il matrimonio in seguito. "Post hoc, non propter hoc", ("Dopo questo in una causa di questo" dicevano gli scolastici). Pensare la stessa cosa indistintamente di tutti non fa molta giustizia a nessuno.

Che per uno o l’altro sia stata la possibilità di sposarsi la causa principale e forse unica, questo può essere vero. Ogni caso, un caso. Generalizzare è sbagliato: per lasciare diessere socio, uscire da un’associazione, lasciare un’istituzione è semplice. Basta manifestare l’intenzione di stare allontanandosi e firmare le dimissioni dopo aver saldato spese eventuali.

Ma, ontologicamente, non è avvenuto niente. Uscire dalla Chiesa è molto differente. E anche lasciare il ministero. Stare dentro o stare fuori dipende da qualche cosa che avviene ontologicamente, cioè, per il battesimo. Così crede un cristiano. Uscire dalla chiesa, una volta battezzato, pare impossibile. Sarebbe necessario compiere un atto personale e notorio che contenesse una dichiarazione forte di rifiuto dei principi che reggono l’istituzione. Qualcuno può anche dichiarare solennemente che non pratica più una determinata religione e non si interessa più a cose del genere.

Non mi risulta che tra i preti sposati qualcuno abbia fatto una cosa del genere. Nessuno ha lasciato la Chiesa. Quasi tutti preti sposati continuano a frequentare la chiesa matrice, o la cappella o un luogo di culto della comunità ricevendo i sacramenti e glialtri atti praticati in una parrocchia. E’ contro la verità e la realtà ripetere che «lasciano la Chiesa» solo perché non visti più celebrare la messa, o ascoltare le confessioni ecc... Non fanno più queste cose perché sono stati obbligati ad astenersi da tali atti in forza del Rescritto Papale, dato che la celebrazione del matrimonio è stata autorizzata a questa condizione.

Anche all'epoca della Dittatura Militare tutti erano obbligati ad amare il Brasile o a lasciarlo. Chi comandava era la TINA,There Is No Alternative, o lo ami o lo lasci. Ma sappiamo di molti brasiliani che dovettero andare in esilio e vivere all'estero. In seguito sono tornati e oggi sono brasiliani nel pieno uso dei loro diritti. E nessuno può dubitare del loro amore per il Brasile che sempre hanno amato. Quella situazione appartiene interamente alpassato.

Per i preti sposati, la Chiesa fino ad oggi non ha mai pensato ad una amnistia. Ciò nonostante quello che succede a questi preti è proprio il contrario: diventano seguaci con molta più convinzione e libertà del progetto del Regno, predicato e proposto da Gesù Cristo. Diventano agenti di cambiamento che cominciano a realizzare sul serio nelle circostanze reali delle persone comuni nel ‘mondo’. Cominciano a credere che un mondo migliore è possibile e che una Chiesa Migliore lo è pure e per questo lavorano. Tale atteggiamento è tanto più meritorio quanto più sono lasciati abbandonati dalla grande struttura, dalla cupola che li ignora e non raramente li perseguita. In questo c’è poca differenza tra la cupola e coloro che parlano di massoneria che pure non tollera desistenze o almeno non le tollerava anticamente. Il peggio è che nella loro grande maggioranza anche quelli che un giorno hannopartecipato alla stessa cultura, stessa mensa, stessi principi ora ignorano i loro colleghi; preti che un giorno si sono sposati e hanno optato per un altro cammino, che, anche da solo servirebbe da contro testimonianza per far vedere che amore, carità e amicizia non sono abitualmente praticati all'interno di seminari, conventi e monasteri, come uno si aspetterebbe.

Molti di questi preti sposati e rispettive famiglie diventano, dopo, profondamente cristiani profondamente solidali con tutti coloro che lottano contro qualsiasi tipo d’esclusione sociale sviluppando i migliori progetti sociali nei quali si impegnano. Finalmente, visto che ci siamo imposti di dire tutto, è bene considerare che studi attuali di teologia additano come illeciti e invalidi tali comandamenti dell’autorità massima quando, mediante il cosiddetto Rescritto Papale, s’impone una serie di proibizioni riguardo al ministero sacerdotale: non possono celebrare battesimi, matrimoni, messe; non possono ascoltare le confessioni, né distribuire le comunioni, né amministrare l’unzione degli infermi. Tutti compiti sacramentali propri di un prete. E non possono nemmeno predicare.

Siamo tentati di pensare che il Rescritto Papale chiuda le orecchie al progetto iniziato dal divino Maestro, come si legge in Matteo 28,18: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra. Andate pertanto fate miei discepoli tutti gli uomini della terra, battezzandoli nel nome del padre del figlio dello Spirito Santo e insegnando loro a osservare tutto quanto io ho ordinato. Ecco, io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”.

Questo, incredibile auditu, finché il Rescritto non facesse marcia indietro e desse ordini contrari: “Se vi sposate, non potete fare questo, quello e quell'altra cosa ancora… ecc...” Perché? Sarebbe forse perché il sesso praticato dallo sposato è qualcosa di immondo, peccaminoso, contrario al Regno predicato dal Maestro?

C’è stata, nel secondo secolo, molta gente che pensava così. Per esempio, una setta chiamata encratismo e gli adepti ‘encratisti’. Questi erano persone che predicavano il rigore e il dominio di sé. Professavano l’astinenza dalla carne e dal vino e condannavano l’unione sessuale e il matrimonio. Erano detti anche “severiani” dal nome di un tal Severo, accettavano la legge i profeti e i vangeli, ma rigettavano gli Atti degli apostoli.

Chi volesse saperne di più, legga “Piacere e sofferenza nella storia del cristianesimo” di Edoardo Hoonaert, em Rumos: revista de cultura. v.2- (n.1) 1991. Per farla breve con questa lunga storia degli encratisti, basti dire che in un editto dell’imperatore Teodosio, nel 382, si comminava la sentenza di morte per tutti coloro che prendessero il nome di encratisti e acquariani e ordinò che Florus, il magister officio rum, realizzasse ricerche capillari di questi eretici considerati manichei camuffati. Dice Edoardo Hoonaert: “Il principio ascetico, introdotto dall’encratismo e da altre correnti, è sempre stato pregno di ambiguità, dato che le fonti referenziali di questo principio non erano i Vangeli o la tradizione biblica, ma storicismo, neoplatonismo pitagorismo e, più tardi, manicheismo. I resti di questa tendenza non cristiana non concordano col Vangelo, ma sono con certezza ancora influenti in molti ecclesiastici e comandanoancora oggi le ingiunzioni del Rescritto Papale imposte ai preti quando si sposano”.

Tirando le conclusioni: il matrimonio è un sacramento minore, sporco e capace di contaminare, perché il sesso non è una cosa santa e di Dio, e tale pensiero rimane prigioniero delle tendenze pagane dello stoicismo. La costituzione della famiglia è appena tollerabile e fa parte delle cose perverse peccaminose. È questo il pensiero passato attraverso le autorità massime della Chiesa attuale. E tale pensiero, rimasto prigioniero nelle tendenze pagane nello stoicismo, del neoplatonismo, del pitagorismo del manicheismo ed alla fine dell’encratismo.

Così i preti sposati, quelli già convinti di questi dati, possono assumere la pratica degli atti tipicamente sacerdotali per conto proprio, quando ci sia necessità manifestata da qualche comunità di fedeli, grande o piccola che sia. Possibilità in questo senso è ammessa dal canone 1752 dell’attuale Codice di Diritto Canonico. A misura che i laici smetteranno di essere semplicemente passivi e diventeranno attivi possono far scoppiare un rinnovamento e una rivitalizzazione della chiesa di Dio e del Regno mettendo la parola ‘fine’ su millesettecento anni di storia (facendo i conti dal secolo IV, l’era dell’imperatore Costantino).

È una ribellione? Disobbedienza? Ribellione contro che cosa? Disobbedienza a chi? Pietro e Giovanni si trovarono in circostanze difficili davanti alla gerarchia giudaica. Come ne uscirono? C’era o non c’era un’alternativa? Leggendo gli Atti (At 4,1-20) vedremo che c’era un’alternativa. Vale la pena di leggere con molta attenzione e conservare la lezione perché non possiamo tralasciare di parlare delle cose che abbiamo visto e udito. No alla TINA, ma sì alla TIA:

NO

a

There Is No Alternative

a

There

Is

Alternative

L’alternativa dell’obbedienza a Dio. Questa è l’alternativa evangelica.

Fonte, inviata dall’autore per e-mail: rmcmps@gmail.com

Traduzione di Romano Baraglia

 


 



Venerdì 04 Gennaio,2013 Ore: 17:08
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Ernesto Miragoli Como 06/1/2013 18.59
Titolo:Bellissimo
Articolo bellissimo, documentato, condivisibile in toto. Da far girare in rete
Autore Città Giorno Ora
elio cassano bari 09/1/2013 07.46
Titolo:Ma la straordinaria incoerenza resta ...
Mi ha sempre stupito, lasciandomio basito, lo straordinario sopravvivere del termine "celibato": cioè si possono (come è arcinoto) chiudere tutti e due gli occhi se va a donne, se ha l'amante segreta, se molesta minori e non, ma ... non deve sposarsi, non deve figurare nulla di "ufficiale", non può riconoscere figli. La Madre Chiesa ufficialmente non deve sapere nulla, deve poter sempre dire - ma solo se la cosa diventa pubblica - che si tratta di una mela marcia. Boh, continuo a non capire se si tratta di buona fede o che. Sono, e resto, credente nonostante certe enormità. Ma a tutti noi che la pensiamo diversamente o vengono propinate inintellegibili spiegazioni che non chiariscono le cose più semplici, o veniamo compatiti, o tacciati, di ignoranza e/o malafede. Ma questa è la Mamma che ci ritroviamo.
Autore Città Giorno Ora
Giuseppe Zanon Cottolengo-Brescia 11/1/2013 18.23
Titolo:I tempi cambiano
I tempi cambiano. Per fortuna. E per i preti sposati cambiano in meglio.Un esempio?
Sul JESUS, il mensile dei Paolini, sono usciti due interessanti articoli sui preti sposati, con aperture che vanno ben oltre le posizioni ufficiali del Vaticano.
Sul numero di Dicembre 2012, a pagina 8-9 c'è l'articolo:"Preti sposati:rivoluzione necessaria?" con apertura di un blog che invita i lettori ad esprimere la propria opinione. Sul numero di Gennaio 2013, a pagina 7-8,il periodico ritorna sull'argomento con l'articolo "Il nodo dei preti sposati e la pastorale del futuro'.
Da leggere, per convincerci che i tempi cambiano.
Giuseppe Zanon

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