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www.ildialogo.org Crisi delle idee e delle convinzioni,di P. Nadir Giuseppe Perin

Crisi delle idee e delle convinzioni

di P. Nadir Giuseppe Perin

In un momento in cui, il mondo sembra andare alla deriva e di fronte alle sofferenze di molte comunità ecclesiali per la mancanza di presbiteri che mettano sulla mensa il “Pane di Dio”, vero nutrimento necessario all’uomo per il suo “essere persona” e constatare, nello stesso tempo, che si continua a perdere tempo nel discutere se il presbitero debba essere “celibe” o “sposato”, non può che causare all’intera Chiesa di Dio, un senso di sconforto e di amarezza.

Siamo in piena crisi delle idee e delle convinzioni.

Il termine “crisi” usato per indicare delle situazioni di difficoltà è diventato così abituale che ne abbiamo fatta l’abitudine.

C’è la crisi del “celibato imposto”...la crisi delle vocazioni... della società....del matrimonio....la crisi dei consumi...del lavoro... della spesa... la crisi della produzione...dei valori...della politica....la crisi della religione....del clero....della fede....della famiglia.... e chi più ne ha, più ne metta.

Il mondo è sempre stato in crisi e la “storia”, in fondo, non è altro che il racconto di queste crisi che, inevitabilmente si ripetono sotto forme diverse.

Lo stesso Concilio Ecumenico Vaticano II è stato indetto da Giovanni XXIII per superare un contesto di crisi profonda che aveva attaccato l’intero globo terrestre e la stessa Chiesa e per dare agli uomini la speranza di una ripresa morale, sociale, civile e religiosa, in un contesto di pace e di collaborazione reciproca, imparando a guardare nell’altro più a quello “ che ci unisce che a quello che ci divide”.

Ma, le crisi di oggi differiscono da quelle precedenti, non tanto per l’intensità quanto piuttosto per la loro natura.

Le crisi narrate dalla storia che si sono sempre concluse con la vittoria o con la sconfitta di qualcuno, anche se poi iniziavano da qualche altra parte, sotto il nome di differenti “cartelli rivoluzionari”, si potrebbero considerare degli incidenti di percorso.

Ma la crisi che l’intera umanità sta attraversando nell’oggi della sua storia, a me sembra molto più profonda perché obbliga l’umanità a fare una scelta decisiva tra la sua scomparsa oppure l’ inizio di un nuova era.

Si tratta della crisi delle “idee” e delle convinzioni che si hanno a riguardo di ciò che è fondamentale nella vita di qualsiasi persona. Idee e convinzioni che costituiscono il tessuto della civiltà, sono alla base della vita pratica e la giustificano.

Quando l’essere umano si trova di fronte a questa tipologia di crisi, il suo cuore entra in fibrillazione, quasi sempre accompagnata da una profonda angoscia e sofferenza che “stagnano” nel suo inconscio per lungo tempo, perché causate dalla paura di affrontare tutto ciò che lo contraria, paralizzando ogni suo tentativo di realizzazione dei suoi “bisogni primari”, dei quali il primo è l’amore.

Freud affermò che “coscienza e rimozione” sono legate tra di loro per due motivi : per l’igiene del cervello e per un buon adattamento dell’essere umano al dovere quotidiano.

Per questo, in questa nostra ricerca di “ben-essere”, noi – per rimuovere ciò che ci fa paura - preferiamo molto spesso, metterci nella situazione di “voler non sapere” ed ogni “disinformazione” assume un carattere di complicità.

Domandarsi, allora, quale dovrebbe essere il movente dell’agire per un “discepolo del Signore” e rispondere a questo interrogativo, mi sembra di vitale importanza.

Il movente dell’agire del cristiano è l’etica del bisogno o l’etica del dovere ?

Certamente l’adempimento silenzioso del proprio dovere di tutti i giorni, per molti è un indice di persona compita e onesta. Dedicarsi, invece, a rendere felici gli altri o almeno a rendere la loro vita più sopportabile è, per altri, motivo di scandalo, o motivo di timore che sia una “trappola”, un ostacolo ( skandalon) o un motivo di rovina, in senso figurato.

Di conseguenza, la cosa più normale, per la nostra società, è che ciascuno pensi ai fatti suoi, ai propri interessi, mentre diventa strano e preoccupante che qualcuno si dedichi agli altri, soprattutto a rendere felici i più sfortunati.

Eppure ci è sempre stato detto che ● per un cristiano, il comandamento supremo che condensa e riassume tutti gli altri è il comandamento dell’amore che ci ha lasciato Gesù ( Gv 13,33-35); ● i discepoli di Cristo si distinguono proprio per questo : “ se avete amore –agάpen- gli uni per gli altri” ( Gv 13,35). E, S. Paolo lo afferma con la formula : “ la pienezza della Legge, infatti, è l’amore (agάpe/ Charitas) perché l’amore non procura del male al prossimo (Rm 13,10).

Da qui scaturisce la convinzione di molti che “ l’amore sia un bisogno, prima che un dovere”! Un bisogno specifico dell’essere umano in quanto tale.

Noi, come gli animali, abbiamo bisogno di aria per respirare, di cibo per mangiare, di acqua per bere. Chi non respira, non mangia e non beve, finisce per intossicarsi, debilitarsi e quindi di morire.

Certamente anche gli animali hanno bisogno di affetto, ma l’amore è la necessità più specificatamente umana, un bisogno pressante e vitale. Così vitale che chi non lo soddisfa in modo debito diventa un pazzo, un ammalato, un essere deforme che deforma tutto ciò che lo circonda.

Ne consegue che se l’amore è prima di tutto un bisogno e l’etica cristiana si fonda sull’amore, anche l’etica cristiana si deve fondare prima di tutto sul bisogno.

E, tutti noi abbiamo bisogno di dare amore e di ricevere amore! L’amore che gioisce e che sopporta, l’amore che è capace di amare l’altro, chiunque esso sia. L’amore che rispetta sia chi la pensa come me, come chi non la pensa come me. L’amore che è sempre delicatezza, attenzione, disponibilità e tenerezza. L’amore che si dà, soprattutto, a chi è privo di amore.

Dove sta, allora, il problema ? Nel fatto che la nostra cultura Occidentale ed anche la Chiesa ci hanno educato a compiere prima di tutto il nostro dovere e poi a soddisfare i nostri bisogni e quelli degli altri.

Uno dei primi doveri che ci è stato inculcato, specialmente negli ambienti religiosi e di seminario, è stato quello di disciplinare, dominare e addomesticare i pericoli che comporta la passione dell’amore, l’attrazione dell’amore e la seduzione dell’amore.

Certamente questo aspetto educativo contiene una sua verità, perché un “amore licenzioso” diventa facilmente aggressione e violenza; cessa di essere amore per diventare un rozzo egoismo. Questo pensiero è compreso da tutti ! Ma, quello che non si riesce a capire è : perché la religione ci educa a reprimere e dominare la forza più grande e nobile che Dio, definito Amore (Agape/Charitas - Gv 4,8), ha posto come componente essenziale della nostra vita ?

Questo vale anche per noi presbiteri, sia che siamo “celibi” o “sposati”.

Soltanto conoscendo e sperimentando la bellezza e la vitalità dell’amore, si può apprezzare e sperimentare altrettanta bellezza e vitalità che c’è nel “celibatoaccolto liberamente e vissuto con gioia perchè “dono” dello Spirito Santo. Un dono che viene “regalato” dallo Spirito solo ad alcuni e non a tutti.

Il celibato “imposto”, invece, perde la sua caratteristica essenziale di “essere un dono “ dello Spirito, per diventare “una concessione di Dio Padre” a condizione che .. ma, sempre dopo che alcuni uomini, che nella Chiesa esercitano il loro potere ed autorità, l’hanno imposto per legge canonica, ad altri uomini, chiamati da Dio a svolgere, nella comunità ecclesiale, il ministero del “presbiterato”, adducendo come motivazione i “molteplici rapporti di convenienza” del celibato con il sacerdozio .

Il celibato... che certamente non è richiesto dalla natura stessa del sacerdozio... ma che ha molteplici rapporti di convenienza con il sacerdozio... e che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa Latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli Ordini Sacri” (Presbyterorum Ordinis, 16)

Di fronte alle sofferenze della Comunità ecclesiale per la mancanza di presbiteri e alle sofferenze degli stessi presbiteri costretti a vivere una vita solitaria, le tante richieste e suppliche, provenienti da tutte le parti del mondo – affinchè il Papa che ne ha il potere ( can. 291) abbia il coraggio di togliere, finalmente, dal celibato il marchio della obbligatorietà per legge per ridargli il suo marchio DOC di “dono dello Spirito” - restano ancora oggi “metodicamente e volutamente” inascoltate.

Perchè non domandarci allora se questa sia l’etica insegnata dal Vangelo ?

I quattro vangeli sono costruiti su racconti nei quali - per motivi diversi e in diverse occasioni, più di una volta - si mette in evidenza come Gesù non abbia mai agito per motivi di convenienza ma unicamente per alleviare o risolvere i bisogni degli altri, non esitando, per questo, a mancare ai propri doveri imposti dalla Legge e dalla religione ebraica.

Per Gesù l’etica del bisogno veniva prima dell’etica del dovere ed aveva escluso dal suo comportamento – senza se e senza ma - l’etica basata sulla convenienza dai “molteplici rapportiesistenti tra....

Gesù organizzò la sua vita unicamente in funzione delle necessità dei più bisognosi di questo mondo e non in funzione dei propri doveri, persino quando erano in gioco i suoi stessi doveri religiosi.

Tanto è vero che, all’inizio della sua vita pubblica, quando i familiari più prossimi di Gesù si accorsero dell’entusiasmo che suscitava nella gente [ochlos = una parola che indica gli ultimi della società, non soltanto per la loro infima condizione socio-economica, ma anche per la loro situazione culturale e persino religiosa; di quel genere di persone i capi religiosi pensavano che fosse gente “che non conosce la Legge” e che era maledetta ( cfr. Gv 7,49)] andarono in cerca di Gesù perché dicevano che aveva perduto la testa, ossia era diventato pazzo( Mc 3,21).

Questo è il motivo per cui la religione del suo popolo e del suo tempo vide in Gesù una minaccia e un pericolo che non riuscì a tollerare e per cui lo uccisero.

“...E, i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui (Gesù), in che modo farlo morire” ( Mc 3, 6).“Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perchè non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” ( Gv. 5,18).

Mancavano due giorni alla festa della Pasqua e degli Azzimi e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con un inganno per farlo morire... ma non durante la festa, perché non vi sia una rivolta nel popolo. ( Mc 14, 1-2).

Ci sono numerosi racconti in cui Gesù, per porre rimedio al bisogno di qualcuno, non esitò ad infrangere il proprio dovere di adempiere a questo o a quel precetto religioso.

Violazioni del riposo del sabato ( Mc 2,23-28); guarigione di un uomo dalla mano paralizzata, in piena sinagoga e durante la celebrazione del sabato ( Mc 3,1-5); guarigione del malato di idropisia ( Lc 14,1-6); guarigione del paralitico della piscina ( Gv 5,18); guarigione del cieco dalla nascita ( Gv 9,1).

Gesù si giocò il suo prestigio, la sua credibilità, la sua immagine pubblica pur di rimediare alle necessità evidenti. Risolse, subito, “le necessità” della “povera gente” (ochlos) senza aspettare il giorno seguente o il tramonto, quando non era più obbligatorio il riposo del sabato che la religione giudaica di allora imponeva.

Qualsiasi istituzione che contiene in sé profonde patologie e contraddizioni, per quanto forte sia, è consapevole che il pericolo maggiore che la minaccia è la disobbedienza dei suoi adepti o dei suoi funzionari, soprattutto se tale disobbedienza significa disaccordo e protesta proprio nei confronti delle contraddizioni e delle patologie che l’istituzione contiene e consente.

In tal caso però la disobbedienza non solo è “legittimata” e ben giustificata, ma è soprattutto assolutamente necessaria per chi voglia vivere con dignità e rispetto per se stesso e per gli altri.

Qualsiasi sistema sopporta le proteste, le denunce, l’impopolarità, ma ciò che non tollera è la disobbedienza di coloro che antepongono i bisogni di quanti soffrono ( per qualsiasi motivo) ai doveri che il sistema stesso impone a loro.

Ogni sistema si sostiene sulla sottomissione di quanti fanno della mistica della sottomissione il proprio codice di moralità e progetto di vita.

D’altra parte il dovere è l’espressione concreta della nostra relazione di dipendenza con chi è sopra di noi, poiché è la risposta obbediente e sottomessa all’autorità, al potere che determina come bisogna comportarsi e decide che cosa bisogna fare e non fare.

Al contrario, il bisogno è l’espressione concreta della nostra relazione di parità con chi è accanto a noi, poiché è la risposta libera e liberatrice alla carenza, alla debolezza di chi, proprio perché è carente e si sente debole, soffre e si ritiene incapace di uscire da solo dalla propria situazione.

E’ evidente che Gesù fu un uomo dotato di una sensibilità che non sopportava la sofferenza di quanti potevano cessare di soffrire, senza dover aspettare che fossero prima compiuti i doveri della religione. Basta rileggere il racconto della guarigione della donna curva ( Lc 13,10-17).

Per Gesù era più importante e più urgente rimediare a pene e a sofferenze piuttosto che cercare di conquistare le simpatie dei farisei o di convertire i capi della religione ebraica.

La genialità del Vangelo affonda le sue radici, proprio, nella genialità di Gesù, in modo particolare nella sua sensibilità, come afferma Josè Maria Castillo nel suo libro “Vittime del peccato”.

Gesù si rese perfettamente conto che “ è nella felicità o nella sofferenza degli esseri umani che si mette in gioco il problema del nostro incontro o del nostro allontanamento da Dio e non tanto nel fatto di essere delle persone o dei presbiteri “celibi” o “sposati”.

La preoccupazione di tutti, sia dei chierici che dei laici, celibi o sposati che siano, dovrebbe essere quella che “questo mondo e questa vita fossero più sopportabili e che ci fosse più felicità e più speranza per tutti”.

Ma, affinché questo si possa avverare nel tempo, è necessario che, nell’oggi della nostra storia, ciascuno di noi abbia il coraggio di organizzare la sua vita in funzione della felicità degli altri, proprio come fece Gesù.

P. Nadir Giuseppe Perin




Mercoledì 17 Ottobre,2012 Ore: 15:30
 
 
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