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www.ildialogo.org “Evangelizzazione e Fede”,di P. Nadir Giuseppe Perin

“Evangelizzazione e Fede”

di P. Nadir Giuseppe Perin

In questo mese di ottobre, la Comunità ecclesiale è chiamata a riflettere su due avvenimenti molto importanti che dovrebbero essere di stimolo per una sua conversione (metanoia) radicale : essere Chiesa che “vive il Vangelo”, che si “interroga” sulla sua fedeltà al Vangelo, che prima di “parlare”,“ascolta” la voce di Cristo.

1) La XII Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema “ La Nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede che si terrà a Roma dal 7 al 28 ottobre 2012.

2) La celebrazione di un “anno della fede”, che il Papa Benedetto XVI aveva annunciato con la lettera apostolica “ Porta fidei” dell’11 ottobre 2011 e che avrà inizio l’11 ottobre 2012, giorno dell’ anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e terminerà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re.

Premesso che :

- Evangelizzare significa : trasmettere, annunciare una BUONA NOTIZIA ed è uno stato d’animo, un modo coraggioso di agire. Si tratta di un’azione pastorale di tutta la Chiesa, animata da spirito missionario e dal desiderio di donare Cristo a quanti non lo conoscono o lo hanno dimenticato. Significa avere il coraggio di osare sentieri nuovi di fronte alle mutate condizioni dentro le quali la Comunità Ecclesiale è chiamata oggi a vivere e a testimoniare con atti concreti di amore ( Charitas) l’annuncio del Vangelo.

- “Trasmettere la fede” non è un’impresa individualistica e solitaria, ma un evento comunitario che riguarda tutta la Chiesa che comprende, quindi, sia i Chierici che i Laici, nella loro capacità configurarsi come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come fossero una macchina o un’azienda. La fede non si riduce all’apprendimento di un pacchetto di verità, ma deve condurre all’accoglienza di Dio nella propria vita. Fare catechesi non significa presentare i capitoli di un libro, ma guidare all’incontro con Cristo vivente nella Comunità ecclesiale che vive di Lui e di Lui dà testimonianza.

Evangelizzare” e trasmettere la Fede, significa iniziare prima di tutto a trasformare tante comunità parrocchiali urbane, ormai imborghesite e gelose custodi di un modesto o grande “ben-essere”, diventate ormai stazioni di servizi sacri, uffici di assistenza, luoghi di culto frequentati da soli anziani o gente di media età, in altrettante comunità ecclesiali, capaci di condividere “ le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, soprattutto dei poveri e di tutti coloro che soffrono”.

E di povertà e sofferenza è pieno il mondo !

Poveri e sofferenti sono coloro che “hanno fame”, che vivono le conseguenze della disoccupazione, che sono costretti a lasciare la loro patria e percorre le dolorose vie dell’emigrazione; i milioni di oppressi, di emarginati, di famiglie costrette a vivere nei quartieri di periferia delle nostre città, sotto le tende o in rifugi di fortuna; i barboni e i clochard; i “malati nello spirito”, coloro che pur ostentando il lusso, nascondono dentro al loro cuore una profonda inquietudine; coloro che sono “avidi” di sesso, di denaro, di potere; l’intera società, dove il tanto decantato progresso ha permesso a pochissimi di vivere in un lusso scandaloso, mentre la grande maggioranza è costretta a vivere nel bisogno o in condizioni indegne di “uomini” e “donne” liberi; dove la democrazia è diventata una lotta continua tra gruppi per “arrivare al potere” da usare non tanto a servizio del bene comune della collettività, ma per poter condurre meglio gli intrighi dei loro loschi affari, incapaci di porre rimedio ai guasti prodotti da un capitalismo globalizzato, egemonizzato da anonimi gruppi finanziari che manovrano le borse nell’interesse di pochi e condannano popoli interi alla miseria.

Tutta la Comunità ecclesiale è chiamata ad “evangelizzare” e a trasmettere la fede a questa umanità dolente e prigioniera dei “miti” che lo stesso uomo si è costruito, ma uccidono l’anima e il corpo dei popoli.

Ma, La Chiesa per poter assolvere al suo compito di “evangelizzare” il mondo intero, affidatole da Gesù , deve cominciare, prima di tutto, ad evangelizzare se stessa per diventare Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità di amore fraterno. Per questo ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, vivendo e testimoniando con atti concreti quotidiani il comandamento nuovo dell’Amore (Charitas)” ( EV 5,1605). Tutti dobbiamo riprendere in mano il Vangelo e vivere come è vissuto Gesù, che volle essere povero e visse con i poveri.

La fede, infatti, non è un “fatto ovvio”, ma va situata nel vissuto degli uomini e delle donne di oggi affinché essi possano aprire i loro cuori alla speranza e sappiano viverla in una carità operosa.

La fede non è una scelta di classe, ma è un impegno di umanizzazione dell’essere umano in Cristo che costringe in primo luogo i “chierici” ad uscire dalle enunciazioni verbali, dalle ammonizioni, dalle condanne, per farsi – assieme al “gregge” - poveri tra i poveri.

Capite quello che ho fatto per voi ? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore e dite bene perché lo sono. Se, dunque, io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni e gli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. ( Gv 13, 12-15).

Coloro che fanno parte dello “stato clericale” possono dare una testimonianza vissuta di povertà evangelica, rinunciando al fasto esteriore, ai titoli onorifici, scegliendo la vita semplice e senza lusso, la condivisione della povertà di tante persone. Invece, in questa parte di Chiesa si nota ancora troppo carrierismo, troppa alterigia e voglia di occupare “ posti di potere” o “ di prestigio” personale, troppa smania di “amministrare il denaro”... rimanendo spesso invischiati nel sistema di una finanza che rasenta i limiti dell’illegalità.

La cupidigia delle ricchezze, il vano onore del mondo e la superbia, sono i passi che conducono ad accettare la logica di Satana” ( S. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n.142). Il quale, attraverso il tintinnio delle monete fa entrare nella casa di Dio “ il fumo di Satana” ( Paolo VI), per lanciare poi delle “zampate” laceranti sulla veste dell’intera Chiesa.

Tuttavia, se “l’intera Comunità ecclesiale è chiamata ad annunciare la Buona Notizia al mondo – ciascuno è chiamato a farlo secondo i carismi ricevuti - attraverso la testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, di santità”.

Ed Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero allo scopo di edificare il corpo di Cristo, perché arrivino tutti all’unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza” ( Efesini 4,11-13)

Riscoprire e vivere la povertà evangelica, significa non solo “essere Chiesa”, ma “farsi Chiesa”, cioè Charitas (dono, condivisione) nell’oggi della “città dell’uomo”. Questo comporta lo sforzo giornaliero di liberarsi dalla pesante ipoteca che il “capitalismo globalizzato” ha imposto all’intera umanità, avvolgendola nelle spire di un avido possesso, tante volte frutto di speculazioni e raggiri.

Allora, di fronte a contesto di povertà materiale e spirituale dell’uomo, è necessario che il Popolo di Dio, frammentato in tante piccole o grandi comunità parrocchiali e partecipe della missione profetica, sacerdotale e regale di Cristo, prenda coscienza della sua dignità e della sua missione nel mondo di oggi, senza chiusure, senza paure e con una sola certezza: che Cristo vuole la liberazione dell’umanità.

Per questo il Figlio di Dio si è fatto uomo ed ha affidato ai suoi discepoli che formano la Chiesa, la missione di continuare la sua opera. E l’Eucaristia che si celebra in tutte le comunità parrocchiali, non deve essere la “celebrazione liturgica di un rito ”, ma diventare il cuore di una comunità che ama, che si dona e che si mette al servizio.

Solo così si può superare la situazione di chiusura, di isolamento e di rifiuto degli altri che caratterizza, purtroppo, tante comunità parrocchiali, che si sono adagiate ed impigrite in un culto trasformato in una “semplice devozione”, perché incapaci di farsi canto di esultanza e spinta trasformatrice di tante realtà ingiuste ed oppressive.

Ma come fare ? E’ necessario formare delle piccole comunità ecclesiali che siano presenti nei vari ambienti di vita e di lavoro. Non bastano le visite occasionali del “parroco”, né i gruppi di preghiera o gli incontri di riflessione. Ci vogliono “piccole chiese”, costituite da gruppi di famiglie, di condominio, di ambiente che abbiano al centro l’Eucaristia, la lode di Dio, lo studio della Parola di Dio, che siano seguite da un “presbitero” e aiutate a fare una progressiva esperienza di fede. Queste comunità, però, non si devono chiudere in uno sterile isolamento, ma devono comunicare la loro esperienza ai vicini, agli amici, a quanti incontrano nella vita quotidiana.

Qualcuno dirà : “ Dove trovare tanti presbiteri”? Soprattutto per le parrocchie rurali, di montagna, dei piccoli paesi, ormai condannate a non avere più la presenza stabile di un presbitero.

Torna all’attenzione il problema dell’ordinazione presbiterale di “Probati viri uxorati”, cioè di uomini sposati che per maturità umana e spirituale siano ritenuti idonei ad assumere i compiti di “anziano” in una comunità che abbia al centro l’Eucaristia”.

Un compito che potrebbe essere assunto anche da quei “presbiteri-sposati” che negli anni di vita matrimoniale, abbiano dato prova che la promessa di amore e di fedeltà alla propria sposa è ancora salda, attingendo da una solida vita di preghiera, nell’assidua meditazione della Parola e nella partecipazione alla vita liturgica della Chiesa, lo stile e la forza per essere dei veri testimoni del Vangelo. Invito a rileggere quanto ho già scritto su questo sito “il dialogo” la riflessione che ha per titolo : “La proprietà commutativa nel servizio presbiterale” del 09/05/2012.

Si devono comunicare “esperienze”, non fare discorsi. La testimonianza di vita, infatti, è il veicolo migliore per l’evangelizzazione e la trasmissione della fede, nell’oggi della storia dell’uomo.

“ Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni e gli altri. Come io ho amato voi, amatevi anche voi gli uni e gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore ( Charitas) gli uni per gli altri” ( Gv13,34-35)

Come possiamo proclamarci “anima del mondo” se lasciamo ancora i “poveri” fuori la porta delle nostre Chiese, se non ridoniamo ad essi la dignità calpestata, se non seguiamo il Cristo povero che ha amato i poveri, che ha condiviso la loro vita, che ha donato loro una speranza che inizia in questo nostro tempo e si compirà nel tempo di Dio?

Spero che attraverso il “Sinodo dei Vescovi” e nell’anno della fede, la chiesa istituzionale – sotto la guida dello Spirito Santo – ritrovi il coraggio di dare una “risposta adeguata”.

Nel suo ultimo libro “L’infanzia di Gesù” Benedetto XVI, afferma che Gesù, Colui che ha indicato se stesso come il vero pane disceso dal cielo, giace nella “mangiatoia” – interpretata da S. Agostino come il luogo dove gli animali trovano il loro nutrimento – per indicare che è LUI il vero nutrimento di cui l’uomo ha bisogno per il suo essere persona umana.

In questo modo, la mangiatoia diventa un rimando alla mensa di Dio a cui l’uomo è invitato per ricevere il pane di Dio.

Allora, di fronte alla mancanza di presbiteri, che da Dio sono stati scelti e chiamati per mettere sulla mensa il Pane di Dio, vero nutrimento necessario all’uomo per il suo “essere persona” – come afferma il Papa Benedetto XVI - perché la Chiesa gerarchica, continua a perdere il suo tempo nell’inutile discussione “se il presbitero debba essere “celibe” o “sposato”, soprattutto, se si considera che “il celibato dei presbiteri” è un celibato imposto per legge canonica ed ha perduto, quindi, la sua caratteristica di “essere un dono dello Spirito” ?

P. Giuseppe dall’Abruzzo.




Mercoledě 10 Ottobre,2012 Ore: 21:41
 
 
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