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www.ildialogo.org Coppie : separati, divorziati e l’Eucaristia.,di p. <i>Nadir Giuseppe Perin </i>

Coppie : separati, divorziati e l’Eucaristia.

di p. Nadir Giuseppe Perin

Ringraziamo di vero cuore il nostro carissimo amico p. Nadir Giuseppe Perin, prete-sposato dal 1968, per questo approfondimento che ha scritto per il nostro sito come contributo al dibattito sul tema dei preti sposati. p. Nadir Giuseppe Perin è dottore in Teologia dogmatica presso l'Università Pontificia dell'Angelicum in Roma; specializzato in Teologia Morale all'Università Lateranense - Accademia Alfonsiana di teologia Morale; Diplomato in Psychiatric Nursing presso la Mental Health Division di Toronto; specializzato in scienze psicopedagogiche presso l'Università di magistero dell'Aquila. ( Per contatti: nadirgiuseppe@alice.it )

Nel mese di giugno 2012, a Milano, con la presenza del Papa Benedetto XVI, la Comunità ecclesiale ha celebrato la giornata mondiale della famiglia: “ un Mondo – una Famiglia – un Amore”. Le famiglie presenti sono state numerosissime e provenienti da tutte le parti del mondo.

Ci saranno state anche “famiglie di preti sposati”? Sono convinto di sì.

Il Papa, rispondendo “a braccio” alle domande che gli venivano fatte, si è rivolto alla famiglia, non come categoria astratta, ma alle mamme, ai papà e ai figli, ricordando che “Dio ha creato l’essere umano maschio e femmina; che essi hanno pari dignità, ma caratteristiche proprie e complementari perché i due fossero dono l’uno per l’altro; si valorizzassero reciprocamente e realizzassero una comunità di amore e di vita”.

Il Papa, in modo sintetico e profondo, ha evidenziato che nel matrimonio tra un uomo ed una donna, la coppia realizza una “comunità” (koinonia) quando tra di loro, come cemento che li unisce, c’è l’amore e non perché hanno firmato un “contratto” di matrimonio.

Solo l’amore fa sì che la dualità tra due persone ( uomo e donna) diventi, si trasformi in “unità”, nel rispetto della libertà individuale.

Noi diciamo, infatti, che Dio è uno e trino, perché la natura, cioè l’essenza di Dio è AMORE che viene personificato nelle tre Persone Divine (Padre Figlio e Spirito Santo) che sono uguali e distinte.

Se l’AMORE venisse meno, non ci sarebbe più Dio, ma il nulla.

Così nel matrimonio tra l’uomo e la donna, l’unità è data dall’amore esistente tra i due. Se l’amore “muore”, anche l’unità matrimoniale viene distrutta e muore con essa la comunità di vita matrimoniale.

Il Papa ha parlato anche delle coppie separate e divorziate. E, nei confronti di queste persone ha ribadito la non possibilità per loro di accostarsi alla mensa eucaristica, pur partecipando alla celebrazione della Messa, aggiungendo, nello stesso tempo, che il Papa e la Chiesa li “sostengononella loro fatica (?).

Non so che cosa il Papa volesse significare con questa espressione, ma molte sono le domande che mi sono posto e che desidero condividere con voi.

Anzitutto, mi sono chiesto perché il Papa rispondendo alle domande sulle coppie separate e divorziate, in rapporto alla possibilità o meno di accostarsi alla mensa eucaristica nel giorno del Signore, lo ha fatto in maniera “discriminante” ? Quasi che l’Eucaristia nella celebrazione liturgica fosse il “pasto” finale, che viene offerto in premio, dopo l’ascolto della Parola di Dio, a tutti coloro che durante la settimana sono stati “buoni”, perchè hanno osservato la Legge, mentre “ i cattivi” che non hanno osservato la Legge, in questo caso perchè separati e divorziati, vengono privati della possibilità di ricevere l’Eucaristia.

Questo modo di considerare l’Eucaristia come “un sacramento” ha fatto si che il bambino la potesse ricevere quando, raggiunto l’uso della ragione, fosse in grado di capire cosa significasse “fare la comunione” e quindi, in seguito, fosse in grado di soddisfare a tutte quelle clausole imposte per “ricevere degnamente i sacramenti”.

Forse che la madre nutre il suo bambino al quale ha dato la vita, soltanto quando il bambino riesce a capire che in quel latte che sta succhiando dal seno materno, ci sono le proteine, le vitamine, i carboidrati, i sali minerali tanto necessari alla sua crescita e alla sua salute ? O forse lo nutre soltanto quando il bambino è sano, mentre quando è malato si rifiuta ?

E’ questo l’atteggiamento di Dio-Padre nei confronti dell’uomo?

Il vero volto di Dio che Gesù - l’ Unigenito Figlio di Dio - ci ha fatto conoscere, è quello di un Padre che “dona”, fin dalla nascita, a ciascuno dei suoi figli il suo AMORE, affinché tutti possano godere della pienezza di vita. E lo fa senza fare alcuna “distinzione” tra “buoni” e “cattivi”.

Egli, infatti, essendo Padre “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45).

Inoltre, proprio perché vuole che tutti i suoi figli, nonostante le loro debolezze e “marachelle”, possano vivere la vita in pienezza, non li abbandona a loro stessi, ma li chiama, li raduna, li convoca, li invita , attraverso il suo Spirito, a sedersi a tavola insieme - quale segno della riconciliazione reciproca tra i credenti - per mangiare “il pane della vita” , disceso dal cielo ed ascoltare la sua Parola.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” ( GV6,50-51). “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita” (Gv 6,53). “ Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui” ( Gv 6,56). “Colui che mangia me vivrà per mezzo di me... come io vivo per mezzo del Padre che ha la vita ed ha mandato me” ( Gv 6,57).

Ma questo pane non va mangiato da soli, ma “insieme” agli altri, perchè è “segno della riconciliazione reciproca tra i credenti”.

Lo mette in risalto S. Paolo “ Quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri” ( 1Cor 12,33). Questo significa che la koinonia ecclesiale deve tendere all’agape e per questo si esige dai membri della Chiesa il comportamento comunionale del fare le cose insieme, non gli uni senza gli altri, non qualcuno al di sopra degli altri, non gli uni contro gli altri, ma gli uni per gli altri, in solidarietà, in unione, in accordo, nella partecipazione reciproca.

Il legame, infatti, che dovrebbe esistere tra i membri di una stessa famiglia è soltanto quello dell’amore e se uno si ammala non viene “buttato fuori di casa”, ma aiutato a guarire.

Forse che un padre di famiglia, quando tutti i suoi figli sono seduti a tavola, al momento del pranzo, invita qualcuno dei figli, perché“malato”, ad alzarsi da tavola e ad allontanarsi senza mangiare ?

Non è forse vero che tutti dobbiamo nutrirci, per poter continuare a vivere ? Sia chi gode di ottima salute e sia chi è malato? Affinchè chi è sano, possa “mantenersi in salute” e chi è ammalato, possa guarire e “rimettersi in salute”.

In un passo della Didachè (XII, I) è scritto “ riunendovi (synaghein) ogni giorno del Signore, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati”.

Essere sano”, nello spirito, non significa non aver commesso dei “peccati”, ma vuol dire che dopo “aver peccato”, ci si pente e si chiede perdono al nostro fratello, riconciliandoci con lui.

Essere malato” significa aver commesso dei peccati, dei quali non ci siamo ancora pentiti e per i quali non abbiamo ancora chiesto perdono, e pertanto non siamo ancora “riconciliati” con il nostro fratello.

E, la Didascalia Apostolorum, specifica che “non possiamo essere chiamati fratelli finchè non c’è pace tra di noi” ( II,49,I)

Gesù stesso, ci dice qual è il suo atteggiamento nei confronti dell’uomo peccatore : “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” ( Mc 2,17). Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me, non lo respingerò ( Gv 6,32-38).

Trovandosi di fronte a situazioni di sofferenza e di disagio vissute dalle coppie che hanno ormai sperimentato nella loro vita la frantumazione della loro unità matrimoniale, perché l’amore che li teneva uniti è stato spento, definitivamente, separando così – in modo irreversibile – le loro esistenze che Dio aveva, invece, congiunto (Mc 10,9); dalle coppie ormai divise che non riescono a vedere alcuna possibilità di speranza o capacità per “ricominciare” ; dalle coppie alle quali non resta altro che separarsi legalmente, stabilire la modalità dell’affidamento dei figli ( qualora ci fossero) in attesa di arrivare alla sentenza di divorzio e quindi all’annullamento del “matrimonio civile”; dalle coppie che nella ricerca della verità attraverso processi... avvocati....sentenze di tribunali, per conoscere chi dei due sia il vero colpevole della “deflagrazione” del matrimonio e chi, di conseguenza, dovrà “pagare gli alimenti”... considerando che è sempre difficilissimo individuare le cause da attribuire ad un unico colpevole, perché anche se è stata l’ultima goccia che ha fatto “traboccare” il vaso, molte altre gocce, prima di quella, hanno contribuito ad avvelenare la vita dei due sposi e a rendere sempre più amaro il “calice della loro esistenza.

E’ chiaro che per queste persone la vita continua ad essere un campo di battaglia all’ultimo sangue, accompagnato spesso da una serie interminabile di vendette... dispetti... ricatti...quasi sempre a discapito dei figli...che, in queste situazioni, diventano spesso dei “trofei di guerra” o dei “pacchi postali” esplosivi, da spedire all’uno o all’altra, a secondo della convenienza o del danno, della sofferenza e del disagio che si pensa e si vuole causare all’altro o all’altra “ex”.

E qui tornano a proposito le parole di Paolo ai Galati “ Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” ( Gal 5,15).

Quale risposta dare alle coppie separate, divorziate che pur vivendo nelle condizioni di disagio psichico e morale, sopra descritte, desiderano in cuor loro, perché credenti, di accostarsi alla mensa eucaristica nel giorno del Signore ? Ma, chi può suggerire quando accostarsi alla mensa eucaristica ? E, intanto, quale atteggiamento deve avere la Comunità ecclesiale nei loro confronti ?

L’atteggiamento di quel ricco signore che, con molta generosità, invita ad entrare in casa : il povero, il sofferente e l’affamato che ha bussato alla sua porta al momento del pranzo, per poi aggiungere che – pur rendendosi conto della loro sofferenza e della loro fame - non può permettere loro di sedersi a tavola con gli altri commensali ?

Eppure, questo accade, ogni giorno, nella comunità ecclesiale, ogni volta che il popolo di Dio viene riunito in assemblea per il culto e per realizzare la comunione con i fratelli e le sorelle nella fede.

In queste assemblee riunite nel giorno del Signore ci sono “troppi ricchi epuloni” ( Lc16,19-30) che portando vestiti di porpora e di lino finissimo salgono al Tempio, come il fariseo, per pregare, dicendo : “ o Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini: ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo” ( Lc 18, 11-12).

Mentre, dall’altra ci sono “troppi poveri” “Lazzaro” che “stanno alla porta, coperti di piaghe, bramosi di sfamarsi con quello che cade dalla tavola del ricco” ( Lc16,19-30) e troppi “pubblicani, che salendo al Tempio a pregare, si “fermano a distanza, non osando nemmeno di alzare gli occhi al cielo e battendosi il petto, dicono : O Dio, abbi pietà di me peccatore” ( Lc 18,13).

Gesù disse queste parabole “per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”( Lc 18,9).

Se questa è “l’atmosfera” che si respira dentro le nostre chiese, allora, forse, è meglio anche per noi non partecipare all’eucaristia domenicale, piuttosto che farlo, nutrendo rancore o inimicizia verso un fratello. Perché significherebbe cadere nell’ipocrisia religiosa già condannata dai profeti nell’A.T. L’ipocrisia di chi unisce ingiustizia e solennità, odio e liturgia.

Mentre sarebbe necessario ricercare con sempre rinnovato vigore l’unità tra liturgia e vita, tra preghiera ed esistenza e far si che la “lex orandi” diventasse normativa ed ispiratrice della nostra vita di credenti.

Si sa che il tempo, come può acuire il dolore di una ferita, la può anche guarire, ridando equilibrio e serenità alle persone.

Quando, allora, per queste persone separate, divorziate, sarà possibile “accostarsi alla mensa eucaristica”, nell’assemblea del giorno del Signore ?

Solo la persona o le persone separate e divorziate possono essere in grado di rispondere personalmente a quel “quando....

Ma per poterlo fare devono “abitare” prima di tutto la propria coscienza e “mettersi in ascolto” di Dio, poggiando il capo sul suo cuore per sentirne i battiti di amore.

Soltanto dopo questa esperienza di Dio, in questo atteggiamento di ascolto, potranno maturare nel loro spirito delle certezze che serviranno da parametro per decidere sul “quando” ...

Di quali certezze si tratta ?

1) che Dio perchè è AMORE “ non respinge alcuno di coloro che vanno a Lui”(Gv 6,32-38)

2) che lo Spirito di Dio li aiuterà a capire che il “sedersi a tavola insieme”, per “mangiare dello stesso pane”, è “segno di riconciliazione con i fratelli con i quali formiamo “un cuor solo e un’anima sola” ( At 4,32)

3) che questa “riconciliazione” con i fratelli deve avvenire prima di sedersi a tavola.

Infatti, “se presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” ( Mt 5,23-24; Mc 11,25).

P. Giuseppe dall’Abruzzo.



Mercoledì 20 Giugno,2012 Ore: 16:54
 
 
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