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www.ildialogo.org “La corsa a farsi suora”....,di p. <i>Nadir Giuseppe Perin </i>

“La corsa a farsi suora”....

di p. Nadir Giuseppe Perin

Ringraziamo di vero cuore il nostro carissimo amico p. Nadir Giuseppe Perin, prete-sposato dal 1968, per questo approfondimento che ha scritto per il nostro sito come contributo al dibattito sul tema dei preti sposati. p. Nadir Giuseppe Perin è dottore in Teologia dogmatica presso l'Università Pontificia dell'Angelicum in Roma; specializzato in Teologia Morale all'Università Lateranense - Accademia Alfonsiana di teologia Morale; Diplomato in Psychiatric Nursing presso la Mental Health Division di Toronto; specializzato in scienze psicopedagogiche presso l'Università di magistero dell'Aquila. Per contatti: nadirgiuseppe@alice.it )

Dopo “la corsa a farsi prete”, un altro articolo a firma di Alessandro Carlini, sul quotidiano “Libero” di Martedì 15/05/2012 - “Alla ricerca di un lavoro sicuro. Boom di suore in Inghilterra”- mi offre l’occasione per riflettere sulle motivazioni alla risposta vocazionale.

Ecco il testo.

La crisi economica può anche avvicinare a Dio. Ne sanno qualcosa nel Regno Unito, Paese che negli ultimi decenni ha visto scendere ai minimi storici il numero di vocazioni religiose. Ma la mancanza di sicurezza derivata dai tempi bui della finanza mondiale spinge decine di donne ad andare in convento, dove possono dedicarsi alla fede e alla spiritualità e trovare un modo per sopravvivere, anche se con molte rinunce.

Come racconta la stampa britannica, suor Francis, una carmelitana in convento a Darlington, Inghilterra nord-orientale, ha spiegato così il fenomeno : “ Forse la gente cerca di sfuggire dai tempi duri in cui si trova. E’ accaduto già in passato”.

Nel Medioevo, infatti, i conventi tendevano a riempirsi in concomitanza di carestie, calamità, epidemie. Secondo il Sunday Mirror, c’è stato un aumento del 60% nel numero di donne che hanno fatto richiesta per diventare novizie. Quest’anno in tutto il Regno sono in 40, contro le 24 dell’anno precedente.

Suor Gemma Simmonds, una delle 18 suore del Bar Convent di York, ha le idee molto chiare in proposito: “ La recessione spinge le persone a chiedersi, “ che cosa è davvero importante nella mia vita?”. Alcune quando iniziano a porsi queste domande, arrivano alla conclusione che ciò che importa davvero è Dio. Cerchiamo di proposito di vivere una vita che non ha nulla di consumista.. E questo piace alla gente”.

Le suore di oggi sono però molto diverse da quelle di un tempo. Il loro identikit è molto cambiato.

Non entrano più in convento da giovani, ma sui 30-40 anni, di solito dopo una serie di delusioni, spesso sentimentali, che hanno cambiato per sempre la loro vita.

Uno degli esempi che vengono spesso citati nelle ultime settimane è quello di Laura Adshead, ex ragazza del premier britannico, David Cameron. I due si sono frequentati in un anno “indimenticabile”, quando erano ancora all’Università di Oxford. Però ad un certo punto si sono lasciati. Lei non si è più ripresa e così è entrata in un tunnel di droga e alcol, dalla quale è uscita, come si narra in un documentario, grazie all’aiuto di Dio. Si è rifugiata in un convento benedettino del Connecticut e lì ha preso i voti, diventando Sister John Mary, e trovando finalmente pace.

Come spiegano gli esperti, sono soprattutto i movimenti cattolici a spingere i britannici verso la carriera ecclesiastica. Fra i 5 milioni di cattolici del Regno, circa il 10% sono entrati in contatto con questi gruppi, ma fra quelli che hanno scelto la via del Monastero, la percentuale sale al 50%”.

Nell’articolo, il giornalista rileva che, per arrivare a Dio, molto spesso l’uomo e la donna partono da un’esigenza fondamentale che è quella di avere una “sicurezza economica” legata ad un lavoro sicuro, in modo da poter, almeno, “sopravvivere” in questo momento di “profonda crisi economica”.

Se la crisi economica spinge la comunità verso la recessione economica che significa: diminuzione della produzione di beni di consumo e quindi dell’offerta; diminuzione della domanda e di conseguenza dei consumi, a causa della diminuzione delle disponibilità finanziarie sia dei singoli che delle famiglie; diminuzione del lavoro con conseguente aumento della disoccupazione specialmente per la fascia giovanile; diminuzione non solo della quantità dei servizi offerti alla comunità , ma anche della loro “qualità” ...

Se un piatto della bilancia, simbolo di equilibrio e di equità della vita sociale, si “svuota” per la mancanza di.... mentre l’altro si riempie : per l’aumento dei prezzi al consumo; per l’aumento delle tasse e dei tassi di interesse, fino quasi a raggiungere, se non a superare quelli “cravattari”; per l’aumento del debito pubblico dovuto, non solo, all’aumento della spesa pubblica, ma soprattutto agli innumerevoli sprechi di denaro pubblico, versato ai partiti politici per le spese elettorali, ma usato, invece, senza pudore né vergogna per “affari personali” degli “associati” o sprechi di denaro, da parte degli Amministratori dello Stato, che “spendono e spandono” per costruire, ma senza mai finire, le cosiddette “cattedrali nel deserto” che poi diventano inutilizzabili per l’incuria e l’abbandono in cui sono state lasciate... e... “intanto io pago” – come diceva Totò;....

Se chi amministra il “bene pubblico” dimostra di non avere alcuna volontà o intenzione a diminuire la spesa pubblica, né di tagliare, in modo consistente e ad ogni livello, gli innumerevoli privilegi di cui godono le “caste” o le lobby politiche e finanziarie, non ci si può meravigliare dei gravi effetti negativi, spesso anche violenti, che la comunità deve subire.

La prima sensazione negativa è il senso di “disorientamento”, la paura e l’ansia che ti prende dentro per la mancanza di sicurezza, non solo, per il proprio presente, ma soprattutto per il futuro delle persone che amiamo.

Quando l’essere umano si sente “strappare di dosso la sua dignità” perché non riesce a trovare un lavoro per mantenersi, né per mantenere la sua famiglia, diventa naturale, almeno per “chi è celibe “ cercare la propria salvezza altrove, fuggendo dai tempi duri in cui si trova.

In questo contesto di recessione e di crisi, non solo economica, ma anche etica e morale, le persone cercano un modo per sopravvivere e la risposta alla domanda che con insistenza martella la loro mente : “che cosa è davvero importante nella mia vita ?”. Capiscono che devono fare una scelta tra il loro “essere o l’ avere ” .

E, dal momento che “avere” qualcosa o qualcuno, in questa situazione sociale di “bailamme”, è difficile, per non dire impossibile, a meno che non si vada a rubare, molti uomini e donne scelgono di rifugiarsi in quei luoghi e in quegli spazi dove sperano di trovare “l’amore” e quindi Dio.

Decidono così di “ritirarsi” in convento per cercare di migliorare, almeno, il proprio “essere”, dedicandosi alla fede e alla spiritualità, ben consapevoli delle rinunce che dovranno fare perché la vita nel convento non ha alcun aspetto che si possa definire “consumista”.

Dentro al convento si potrà migliorare i propri sentimenti ed appagare la propria affettività perché la persona da incontrare e da amare, in questo contesto, non sarà più l’uomo o la donna che possono “deludere” le nostre aspettative, ma Dio che ci ama e ci amerà, come ci ha sempre amato, di un “amore fedele e misericordioso, a prescindere dal nostro comportamento, spesso deludente.

E, quando era ancora lontano, suo padre lo vide e, commosso, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” ( Lc 15,20 ). Trovando, finalmente, in lui la pace che cercavamo.

Nell’articolo, viene sottolineato, inoltre, che la scelta di fare il prete o di fare la suora o la monaca potrebbe essere motivata anche dalla possibilità di fare “ carriera”.

Se la motivazione della scelta vocazionale fosse quella di fare la “carriera ecclesiastica”, credo che, nell’attuale contesto ecclesiale, questa motivazione potrebbe riguardare più gli uomini che le donne. Ma c’è poco da consolarsi, ugualmente, perché i presbiteri che cercano, in tutti i modi, di “fare carriera” all’interno della Chiesa, spinti dall’ambizione a ricoprire posti di comando (vescovo, cardinale, papa) hanno creato alla comunità ecclesiale, più problemi e guai che benefici, perché il loro operato non è guidato dallo Spirito di Cristo che è spirito di amore e di servizio.

Nacque poi una discussione tra di loro, chi di essi fosse più grande. Allora Gesù, avvertendo ciò di cui discutevano, prese un bambino, se lo mise vicino e disse “.... Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande” ( Lc 9,46-48). “ Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni e gli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13,14-15). “ Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni e gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni e gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” ( Gv 13, 34-35). “Io ( che sono Dio) non sono venuto per essere servito, ma per servire”.

Le altre motivazioni, invece, che portano una persona ad “avvicinarsi a Dio”, e decidere di farsi prete o di entrare in convento per farsi suora o monaca, meritano rispetto perché Dio è capace di “scrivere” la vita di ciascuno, anche, su delle righe storte, cioè quando il nostro “avvicinarsi a Lui” poggia su delle motivazioni considerate “ storte” e non condivise da “alcuni che hanno l’intima presunzione di essere giusti e per questo disprezzano gli altri “ ( Lc 18,9). “ I farisei che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui. Egli disse: “ Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa detestabile” ( Lc 16, 14-15 .

“ Le vie di Dio, quasi sempre, sono diverse dalle nostre e il pensare di Dio non è il nostro pensare”.

Gesù, non ci chiede di abbandonare il mondo, ma di essere nel mondo, per cambiarlo, senza essere del mondo.

Rivolgendosi al Padre disse: “ Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” ( Gv 17,15-19).

Se il “mondo”, in questo nostro momento storico, significa : “carestia”, crisi economica, crisi dei valori, povertà, sofferenza e fame per molti, Gesù ci indica la strada per superare questa situazione difficile di crisi : è la strada dell’amore ( Charitas – ¢g£ph) condiviso, vissuto e testimoniato con atti concreti nella quotidianità della vita.

E, Gesù ci ha dato un segno di come fare nel racconto “teologico” della distribuzione (e non della moltiplicazione) dei 5 pani e 2 pesci, riportato da tutti e quattro i Vangeli ( Mt 14,15-21; Mc 6,32-44; Lc 9,12-17; Gv 6,1-13). Ci ha insegnato che noi riusciremo a “sfamare” la folla non facendo dei miracoli, ma condividendo nell’amore quel poco che abbiamo.

Gesù disse ai Dodici che gli avevano chiesto di congedare la folla perché le persone potessero andare nei villaggi e nelle campagne dei dintorni per alloggiare e trovare cibo, di dare loro stessi da mangiare. Come ? Non andando loro a comperare viveri per tutta quella gente, ma “distribuendo”, cioè “condividendo” con la folla quel poco che avevano, cioè quei cinque pani e due pesci.

E, “condividendo” quel poco “cibo” con molte persone, tutti mangiarono a sazietà, non solo, ma dei pezzi avanzati furono portate via 12 ceste.

Questo significa che dalla “povertà” e dalla “fame” è possibile passare all’ “abbondanza” e “alla “sazietà”, se i discepoli del Signore accolgono l’invito di Gesù di vivere l’amore - ricevuto in dono dal Padre - praticandolo e testimoniandolo con atti concreti, nella vita di ogni giorno, condividendo con gli altri quel poco di cui dispongono.

E tante sono le “povertà” di cui l’uomo soffre, non solo quella del pane, come la “fame” e “sete” di.....

Gesù ci ricorda di “tenerci lontano da ogni cupidigia perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni “ ( Lc 12,15). E, nella parabola del ricco “epulone” e del “povero” Lazzaro, il ricco viene condannato non perché possedeva dei beni, ma perché, nel suo egoismo, ha ignorato “Lazzaro” che gli chiedeva soltanto un pò di attenzione, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco” ( Lc 16, 19-30).

Perché molte nazioni stanno precipitando in questo abisso di disperazione e di povertà d’ogni genere ?

Sono convinto che nella “Buona Notizia” annunciata da Gesù e riportata dai Vangeli possiamo trovare la spiegazione della crisi economica così grave che il mondo sta attraversando; dell’ insicurezza e della paura per il proprio futuro che alberga nell’animo della gente; del profondo senso di disorientamento delle famiglie e di disagio dei giovani alla ricerca di un posto di lavoro per poter, almeno, sopravvivere.

Nel nostro mondo attuale quello che conta non è più il “servizio”, che fa parte del “regno di Dio” e attraverso il quale l’uomo acquista la sua dignità di “essere” e diventa “signore”, ma è il “potere” attraverso il quale l’uomo “sviluppa l’avere” diventandone servo e schiavo....del denaro, della finanza ( del modo di amministrare ed usare il denaro) non più a servizio del bene comune, ma a servizio del proprio egoismo, legato agli interessi personali e al guadagno facile e senza scrupoli. La nostra società, come quella mondiale è diventata “il regno” di pochi “ricchi epuloni”, vestiti di porpora e di lino finissimo e che ogni giorno si danno a “lauti banchetti”, “ignorando” la dignità dei tantissimi “ mendicanti”, che come “Lazzaro”, stanno alla loro porta, coperti di piaghe, bramosi di sfamarsi, almeno, con quello che cade dalla loro tavola”.

Ma, Gesù ci indica anche la via per poter superare questa situazione di crisi economica, morale ed etica : è quella di vivere l’Amore ( Charitas – ¢g£ph ) che il Padre ci ha dato in dono, condividendo con gli altri, nella vita di ogni giorno, tutto quello che abbiamo. E, in questo servizio di amore condiviso, ognuno ritroverà la dignità perduta e ci potrà essere “abbondanza” e “sazietà” per tutti.

P. Giuseppe dall’Abruzzo



Lunedì 21 Maggio,2012 Ore: 15:14
 
 
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