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www.ildialogo.org Celibato imposto : “silenzio tombale” dell’Istituzione chiesa.,di p. <i>Nadir Giuseppe Perin </i>

Celibato imposto : “silenzio tombale” dell’Istituzione chiesa.

di p. Nadir Giuseppe Perin

Ringraziamo di vero cuore il nostro carissimo amico p. Nadir Giuseppe Perin, prete-sposato dal 1968, per questo approfondimento che ha scritto per il nostro sito come contributo al dibattito sul tema dei preti sposati. p. Nadir Giuseppe Perin è dottore in Teologia dogmatica presso l'Università Pontificia dell'Angelicum in Roma; specializzato in Teologia Morale all'Università Lateranense - Accademia Alfonsiana di teologia Morale; Diplomato in Psychiatric Nursing presso la Mental Health Division di Toronto; specializzato in scienze psicopedagogiche presso l'Università di magistero dell'Aquila. Per contatti: nadirgiuseppe@alice.it )

Sono numerosissimi gli studi e gli approfondimenti sul ministero presbiterale e la figura del presbitero; sui cambiamenti circa l’esercizio del ministero e la persona del ministro, apportati nel corso della storia della Chiesa, da coloro che, nella Chiesa, hanno l’autorità e la responsabilità del ministero per la comunità ecclesiale; come pure, sulle problematiche del presbitero nell’esercizio del ministero, in modo particolare legate al celibato “imposto” per legge canonica, ai preti della Chiesa Cattolica Occidentale.

Si è parlato e scritto molto sulla formazione e maturità umana, affettiva, relazionale ( anche con il “gentil sesso”) che il seminarista dovrebbe raggiungere prima di esercitare il ministero, per poi continuare la sua maturazione nel ministero stesso; sulla diminuzione del numero di giovani che accolgono la chiamata; sull’aumento del numero dei presbiteri che si “innamorano” ; e, tra questi, sui numerosi che, per la paura delle difficoltà economiche e lavorative, la paura di “perdere la propria reputazione e il prestigio clericale” raggiunto, non hanno il coraggio di uscire allo scoperto e decidere da che parte stare; mentre altri, pur consapevoli delle difficoltà che ci sono “oltre la siepe” e fuori dal “recinto”, “lasciano l’esercizio del ministero” e si sposano; la devastazione umana, cristiana, morale e psicologica alla quale, molto spesso, le donne “innamorate “dei preti e da essi “amate”, vanno incontro, a causa dell’incoerenza, dell’immaturità, della codardia e della falsità, sia nelle parole che nel comportamento, del loro amato uomo-prete.

Tuttavia, ciò che suscita meraviglia nel popolo di Dio, non è tanto il fatto che un presbitero s’innamori e sposi la donna che ama perché si tratta di situazioni umane ed affettive che fanno parte della vita di ogni uomo. E meno male che esiste la possibilità che tra l’uomo e la donna si accenda questa luce fatta di rispettoso e tenero amore che ti permette di vivere la tua vita nel modo migliore! Nonostante che, anche nella vita matrimoniale, non sia tutto “rose e fiori”....

Invece, ciò che fa meraviglia, nel Popolo di Dio, è il “silenzio tombaledell’Istituzione-centrale della chiesa, di fronte alle problematiche esistenti in tante comunità ecclesiali sparse nel mondo.

In modo particolare di fronte ad un “celibato imposto per legge canonica” ai presbiteri della Chiesa Cattolica Occidentale.

E’ il rumore ed il frastuono del “silenzio tombale”, quello che amareggia e rattrista il cuore, perchè, nonostante le numerosissime e pressanti richieste d’intervento che arrivano da ogni parte del mondo, i continui suggerimenti, i consigli e le proposte , per superare questa situazione di stallo e di malessere generale che si protrae, ormai, da centinaia di anni....non c’è alcuna risposta!

Non voglio entrare in merito alle ragioni o ai torti di chi è ottimista o pessimista circa la soluzione del problema legato ad “un celibato imposto”, perché penso che la speranza di poter vivere in una comunità ecclesiale che “ama a somiglianza del Padre” sia, in ogni caso, legata alla riscoperta di Cristo, nel concreto della vita quotidiana.

Un generico sperare potrebbe nascondere pericolose illusioni, perché le “ipotesi catastrofiche” sul numero dei presbiteri in servizio e delle comunità abbandonate a loro stesse, del numero dei giovani che risponderanno alla chiamata al “servizio presbiterale”, saranno forse esagerate, ma certe preoccupazioni, però, non sono gratuite e sarebbe negativo liquidarle con superficialità.

Infatti, la speranza per chiamarsi tale e per avere solide basi di appoggio, deve confrontarsi con tutto quello che tende a contrastarla. Anche se, in ogni caso, è sempre consigliabile guardare attentamente dove si mettono i piedi.

La struttura della Chiesa è ormai in piena crisi, perché le verità garantite non interessano più, le deleghe di coscienza hanno fatto il loro tempo e l’autoritarismo ha le armi spuntate.

L’istituzione ecclesiastica dovrà necessariamente trasformarsi, altrimenti si ridurrà ad uno sparuto manipolo di “integralisti o di “politici”, cioè, persone che vorrebbero utilizzare la Chiesa a fini strumentali, oppure, come schieramento per opporsi e contrastare altri schieramenti religiosi o politici. Se il cristianesimo si riducesse a “bastione difensivo”, varrebbe ancora la pena di essere cristiani ?

Se Gesù dice di aver vinto il mondo - e io credo sia proprio vero – significa che le tragedie sociali, presenti o passate, sono tutte dimostrazioni della sconfitta di una società sia civile che religiosa e se dicente cristiana, basata su dominio e denaro, cioè sull’esatto contrario di quello che ha detto Gesù, cioè sul “servizio” e la “condivisione”.

Oggi è la stessa umanità, sia nella sua dimensione personale che planetaria, che non viene più riconosciuta da chi, per sete di potere e di prestigio personale, pretende di dettare le leggi del gioco nazionale ed internazionale, degli interessi vitali delle persone e della stessa sopravvivenza del genere umano. I segnali di tale violenta sopraffazione sono evidenti. E, i più deboli, persone o interi popoli, ne soffrono le drammatiche conseguenze perché l’uomo viene annullato di fronte al sacro valore del denaro e del potere.

Ancora una volta ci si trova nel bel mezzo, non tanto del “cammin di nostra vita”, ma di un “passaggio” da compiere, di una pasqua da vivere e realizzare, nella consapevole e responsabile accettazione di una lotta in cui si può perdere il potere e la ricchezza, ma non si può rinunciare a quella libertà dello spirito che è denuncia dell’ingiustizia e difesa dell’ultimo.

Al “potente” o ai “potenti di turno”, che vivono nella chiesa istituzionale e della chiesa istituzionale, possiamo far loro conoscere che non ci interessano i loro macchinosi e spettacolari enunciati di bene, quando sono viziati dall’interesse di parte, perché ancora più chiaro diventa nell’uomo il desiderio di libertà da quelle strettoie che hanno anche il sapore ideologico di servirsi di categorie religiose, per affermare una presunta verità - come quella di un celibato, sic et simpliciter, “sommamente confacente con la vita sacerdotale” – quando manca la spirituale propensione alla misericordia, all’ascolto e al dialogo.

Viviamo ancora nel tempo di pasqua che vuole anche essere respiro di luce e di semplice ricerca di ciò che, in ogni tempo, ci può avvicinare alla dimensione dell’eterno, come vittoria su ogni ristrettezza che ha sapore di morte.

La persona di Gesù, pieno di attenzione verso i più sofferenti, non si può confondere con gli apparati e con le cerimonie che distraggono dall’immediata esperienza di un amore condiviso proprio con chi non può offrirti che il suo dolore ed il suo desiderio di liberazione.

La sete di risurrezione ce la portiamo dentro, come vittoria su un modo di vivere che nega l’amore e che ci vorrebbe divisi ed in conflitto. E’ quello Spirito ( Charitas), patrimonio di ciascuno, che Gesù ci ha donato affinché potessimo “ comprendere” la “buona notizia” che Lui ci ha rivelato, e che si afferma da solo, essendo principio e fine del nostro stesso essere e della nostra felicità da lui donata e voluta.

P. Giuseppe dall’Abruzzo.



Venerdì 27 Aprile,2012 Ore: 19:56
 
 
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