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www.ildialogo.org Le donne dei preti,di Roberto Roveda

Relazioni
Le donne dei preti

Intervista a Stefania Salomone


di Roberto Roveda

Articolo pubblicato sulla rivista Ticinosette n. 12 del 23 marzo 2012 rubrica Agorà


 I sentimenti dei sacerdoti rappresentano ancora un argomento delicato e spesso taciuto nella Chiesa cattolica, che, nelle sue più alte cariche, si appella al principio della sacralità del celibato ecclesiastico. Cidònonostante, anche i preti si innamorano, come accade a tutti gli altri uomini, e hanno donne che li amano in silenzio, spesso soffrendo per l'impossibilita di vivere la relazione alla luce del sole

"Sono storie che si sviluppano attorno alle esigenze del prete, alle quali la donna riesce a opporsi molto di rado, pretendendo solo qualche giorno in estate da trascorrere insieme in luoghi dove nessuno dei due sia conosciuto, e un po' di tempo durante la settimana, ove possibile"

Non e facile parlare di sacerdoti e dei loro sentimenti. Anche il solo accenno alla possibilità che al prete, come a tutti gli uomini, possa accadere di innamorarsi e di desiderare di avere accanto una persona con cui condividere la quotidianità, provoca reazioni spesso esagitate, soprattutto in seno al mondo ecclesiastico e accuse di voler fare del sensazionalismo e di cercare lo scandalo a tutti i costi. Come se il celibato sacerdotale fosse un'imposizione celeste e non una norma dettata da uomini per altri uomini. Ancora più spinoso e provare a parlare di quelle donne che vivono la loro vita a fianco dei sacerdoti, di nascosto, accettando relazioni ambigue e mai del tutto soddisfacenti. Relazioni dominate dal silenzio che e l'elemento che contraddistingue questo genere di situazioni, in ogni loro forma.

Quando inizia il legame, si instaura tra il sacerdote e la donna un reciproco patto di silenzio. Per portare avanti la storia si promette e si pretende un'assoluta riservatezza. Spesso i superiori del sacerdote ne sono a conoscenza, ma tacciono purché tutti gli altri facciano altrettanto. Da qualche tempo, pero, grazie anche a Internet, alcuni veli si stanno sollevando e molte donne hanno trovato il coraggio di raccontare il loro disagio e la loro sofferenza. Lo fanno rivolgendosi al blog "Amore Negato", che tratta di celibato obbligatorio e delle "donne dei preti" (www.ildialogo.org/phpBB302) sul sito "II Dialogo". Sono donne che accettano di rompere il silenzio in preda a una profonda disperazione, spesso presentandosi con un nome di fantasia perché temono di tradire la fiducia del sacerdote e per questo motivo di compromettere il legame affettivo. Di loro ci ha parlato la coordinatrice del blog Stefania Salomone.

Signora Salomone, cosa si trovano ad affrontare le donne che vivono un coinvolgimento affettivo con un sacerdote?

"Innanzitutto, per quanto la persona possa essere convinta di quello che sta vivendo deve fare i conti con pregiudizi e ipocrisie. Prima di tutto i propri. La cultura cattolica in cui siamo cresciuti fa si che una donna che si innamora del suo parroco, per fare un esempio, si senta in qualche modo colpevole di aver tentato un uomo di Dio. Da sempre ci e stato insegnato che il prete è colui che compie la scelta suprema di dedicare tutta la sua vita al Signore e alla Chiesa e che quindi va trattato con particolare rispetto. Salvo poi che magari è proprio lui ad ammiccare quando si trattiene più a lungo a parlare con qualcuna... Comunque, una volta avviata la storia, di solito inizia la sconsolante danza del «vorrei ma non posso». E solitamente la donna, comprensiva di fronte ai doveri pastorali e morali cui lui starebbe mancando, gli lascia gestire tempi, modi, luoghi. Molto spesso il prete impone dei periodi di separazione, durante i quali tenta di eliminare il senso di colpa che lo opprime, per poi capitolare e tornare a illudersi e a illudere. Non e raro però che il sacerdote abbia superato la fase dei sensi di colpa, magari perché e già stato coinvolto in altre relazioni. Ciò non rende più facile la questione. Infatti e proprio in questi casi che ci si trova di fronte a un fenomeno altrettanto inquietante: il religioso diventa un collezionista, seminando trambusto e sofferenza tra le tante malcapitate che incrociano i suoi passi. Comunque il filo conduttore di tutto è non legarsi. Gli stessi superiori, quando vengono a sapere delle relazioni che coinvolgono i loro sottoposti, tendono a suggerire di non impegnarsi".

Già, quale atteggiamento tengono le autorità ecclesiastiche in questi casi?

"II problema per l'establishment non è, come si potrebbe pensare, la castità, il rispetto del celibato, ma la libertà del sacerdote da ogni legame. La storia

deve continuare in gran segreto. O meglio, possono anche esserne a conoscenza in tanti (vescovo compreso), ma l'essenziale è che non ci siano chiacchiere in giro, che i panni sporchi rimangano in famiglia. Se arrivassero voci alle orecchie sbagliate ai giornali, per esempio, allora bisognerebbe prendere provvedimenti. Ma anche qui, contrariamente a ciò che si pensa, difficilmente si va oltre la tirata d'orecchi. A quel punto si lascia che le acque si calmino e tutto può procedere come prima. La parola d'ordine, insomma, è discrezione. Con buona pace di tutti, specie di quelli che sanno e fanno finta di non sapere, magari riaffermando (lo ha fatto anche il pontefice in una lettera inviata nell'ottobre 2010 a tutti i seminaristi) la sacralità del vincolo celibatario".

Come viene portata avanti allora la relazione?

"Con la continua ricerca di una normalità irrealizzabile. Lei solitamente lamenta l'immaturità affettiva e il poco tempo che lui concede alla relazione: «tutto viene prima di me», mi scrivono sul blog. Lui lamenta il fatto che la donna non comprende quanto sia importante il ministero presbiterale, quella che per lui e una «scelta di vita». Conosco storie che vanno avanti da oltre vent'anni e hanno raggiunto una qualche stabilita. Sono storie che si sviluppano attorno alle esigenze del prete, alle quali la donna riesce a opporsi molto di rado, pretendendo solo qualche giorno in estate da trascorrere insieme in luoghi dove nessuno dei due sia conosciuto, e un po' di tempo durante la settimana, ove possibile. Ma non c'è traccia di una normalità accettabile. Lei praticamente vive da single (o meglio da vedova) pur non essendolo, nascondendo a tutti il fatto di avere un compagno. Ciclicamente poi avviene la crisi; a partire da un qualunque fatto, torna a galla l'insoddisfazione e spesso la delusione della donna che incomincia a reclamare e pretendere di più, ben sapendo quale sarà la risposta. Lui le ricorda di essere un prete, di avere dei doveri da anteporre a qualunque altra questione, di amare profondamente la propria missione. E, per finire, le promette che cercherà in futuro di creare degli spazi da dedicarle. Promessa quasi sempre disattesa, ovviamente".

Chi sono le donne che hanno legami sentimentali con sacerdoti?

"Per la mia esperienza personale e soprattutto di ascolto attraverso il blog, posso affermare che le donne coinvolte nelle storie appartengono alle più svariate categorie. Sono donne a volte molto giovani, a volte più mature, spesso in carriera. In massima parte frequentano la parrocchia e sono molto attive al suo interno, giungendo a divenire una sorta di braccio destro o consigliere particolare del parroco. Non di rado sono esperte catechiste o gestiscono alcuni settori dell'amministrazione parrocchiale. A ogni modo tutte le donne coinvolte in queste relazioni sono persone tendenzialmente insicure di se, del proprio valore, pronte a considerare il prete mille volte superiore o comunque ad accettare che lui si consideri tale. Certo la mentalità clericale non aiuta il processo di evoluzione, ma devo dire che la cosa per cui mi batto con maggiore frequenza e che esse arrivino a guardare alla storia con lucidità, come se riguardasse qualcun'altra".

E ci riescono?

"Mah, una delle domande che mi viene rivolta spesso e: «Vorrei allontanarlo, ma alla fine non ci riesco. Cosa posso fare?» Ecco, ammetto che di fronte a questa domanda resto sempre abbastanza sconcertata. Quando si arriva a voler allontanare chi ci fa soffrire si presuppone che la decisione sia presa, pur sapendo a quale dolore si va incontro. Viceversa e sufficiente un sms o una telefonata da parte di lui per far crollare i «buoni propositi». A quel punto propongo delle soluzioni semplici: cambia scheda telefonica e allontanati dalla parrocchia per tutto il tempo necessario. Non starò qui a dire quante e quali ragioni vengono addotte per spiegare l'impossibilità di dare seguito anche a uno solo dei suggerimenti! C'è però un caso in cui la donna riesce ad allontanarsi dal prete che la fa soffrire: quando scopre che il prete frequenta altre donne. In un sussulto di dignità molte si sono defilate, poiché la gelosia, la rabbia e la delusione hanno preso il sopravento sull'illusione. Anche qui, però, bisogna capire cosa fa scaturire la delusione. Spesso, infatti, la donna non resta delusa dal comportamento dell'uomo, ma da quello del prete. Cioè sente che lui ha tradito il suo ruolo, o meglio l'immagine che lei ne aveva, e non la sua compagna. Insomma l'ennesima vittoria di una certa mentalità clericale e maschilista che vige nella Chiesa cattolica".



Venerdì 30 Marzo,2012 Ore: 16:16
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Demetra Malacarni Lucca 01/4/2012 19.48
Titolo:Dissento
Dissento
Mi permetta di dissentire, questo articolo disegna le compagne dei preti come donne insicure e incapaci di scelte, da anni sono la compagna di un prete e mai mi sono sentita insicura o succube di chi che sia .
Ho avuto modo però di constatare come molti sacerdoti rimangono nella loro condizione solo per non perdere, la possibilità di vivere una vita dignitosa.
La laurea in telogia non è riconosciuta dallo stato, non è paragonata a nessuna laurea, se non ha un triennio universitario generico, a livello lavorativo i compiti che normalmente un sacerdote svolge come quello dell'amministratore, dell'educatore della comunità non sono riconosciuti perciò il prete non ha nessuna possibilità di inserimento rispetto alle proprie qualità ed esperienze, deve snaturare se stesso,per questo in molti casi è costretto a rimanere nel proprio status solo per poter vivere, perfino l'insegnamento gli è precluso segno evidente di un servilismo dello stato verso le gerarchie ecclesiali.
Certamente ci saranno anche situazione di donne da lei descritte ma in molte altre le compagne dei preti sono le uniche a dare conforto e sostegno a persone che non si sentono cittadini di nessuno stato che si sentono calpestate nei loro diritti in quanto persone e non solo ministri del culto.Ci si ricorda di loro solo nei casi in cui fanno notizia non c'è scoup gionalistico più ambito di un prete che dice alla propria cominità di aver deciso di lasciare la propria veste, tutti compresi gli alti dirigenti ecclesiali si prendono il diritto di giudicarlo ma nessuno cerca di capirlo e sono gli stessi che parlano di misericordia, comprensione, dialogo. Rimangono solo le compagne che insieme a loro cercano di costruire una vita dignitosa, è vergognoso parlare di doveri ma ci si dimentica dei diritti.
Il dissenso se mi permette è dovuto anche per amore di verità nei confronti di quelle donne che vivono in clandestinità un sentimento così bello.
Autore Città Giorno Ora
Stefania Salomone Roma 02/4/2012 17.08
Titolo:Rispondo
Gentile Demetra,
grazie innanzitutto per averci inviato il suo commento.
Mi fa davvero piacere che lei sia felice della sua scelta, infatti probabilmente lei non avrebbe mai contattato il blog né la sottoscritta perché ha ben chiari meccanismi, dinamiche, possibilità, dottrine e quant'altro. O magari perché ha incontrato un prete affettivamente maturo.
Ma si da il caso che tutte quelle che lo fanno è perché non sono affatto felici della situazione che vivono e sentono il bisogno di capire perché il prete si comporta così, perché dice questo o quello, perché il confratello ha fatto la tal cosa, perché il superiore fa finta di niente, ecc. Le mie affermazioni quindi non possono che basarsi su ciò che ho vissuto o ciò che mi viene riferito e che conosco.
Tra l'altro nell'articolo specifico chiaramente che si tratta della mia esperienza di ascolto e sostegno attraverso il blog ed è in qualità di coordinatrice del blog che sono stata contattata dal giornalista.

Ciò premesso aggiungo un paio di personalissime osservazioni su quanto afferma nel suo scritto.
il prete consegue un titolo di studio che non gli servirà all'esterno e questo è architettato proprio perché sia scoraggiato al massimo nel costruirsi una vita al di fuori dell'istituzione. E' precisamente questo il ricatto al quale il suo compagno ha accettato di sottostare. E lei con lui. Ritengo che un prete debba trovarsi un lavoro e non essere mai ricattabile. Per quella che è la mia conoscenza so però anche che un prete non accetterebbe mai un lavoro qualsiasi (infatti cerca di solito l'insegnamento, il coaching, la direzione di una comunità o scuola, ecc)
i superiori non hanno alcun interesse a considerare una revisione di questa norma. Quindi non intendono dialogare. La regola dice che il prete non può avere una donna perché ha fatto promessa di celibato. Punto e basta. E se è religioso ha fatto pure voto di castità. Questo è quanto. Rivedere questa norma non è una questione "morale", cioè stabilire che da oggi in poi il matrimonio sarà consentito perché non è più "peccato"; si tratta piuttosto di conservare intatto il patrimonio ecclesiastico e mantenere un potere assoluto su questioni fondamentali della persona umana come la nascita, la morte e la sessualità. In questo modo si possono schiacciare le coscienze. Mai nessun potere sarà più diabolico di questo.

Non mi resta che augurarle tutto il meglio e che la sua storia rappresenti sempre per entrambi una libera scelta d'amore.
Saluti

Stefania Salomone
Autore Città Giorno Ora
Andreas Morelli Caserta 29/4/2012 17.55
Titolo:E' una partita persa
Amare un prete è una partita persa in partenza. Anch 'io amo profondamente un ministro, un prescelto di Dio e ho capito che lui è il mio grande amore, ma ultimamente, seppur lo amo dal più profondo di me stessa e lo amerò anche oltre la morte, sto pensando di allontanarmi da lui. È una storia che non ha futuro, la sua vita va avanti con i suoi incontri settimanali, i suoi impegni come sacerdote, mentre la mia vita è ferma, aggrappata alla speranza che un giorno lascerà per stare con me. È solo un illusione! Il mio cuore è simile ad un sepolcro vuoto c 'è tanto amore ma nel contempo è vuoto. I nostri incontri si limitano a qualche volta al mese e solo quando vuole lui perché prima di me vengono gli altri, prima di me viene il suo amore divino, celestiale. A cosa serve un amore vissuto dietro le quinte? un amore che non può essere libero, un amore con il quale non puoi giocarci nelle limpide acque del mare, un amore che non può respirare l 'aria della montagna vivendo un pic nic, un amore che con il quale non puoi gustare, assaporare le stelle, l 'immensità del cielo e soprattutto l 'immensità dell 'amore. E non sto parlando di farci l 'amore, di avere dei figli, di costruire un futuro insieme per poi invecchiare l 'uno accanto l 'altro, parlo di vivere semplicemente le ore della giornata ma questo non è possibile. Mi sono chiesta un giorno che avrò bisogno di lui ci sarà? Potrà lasciare tutto e venire a soccorrermi? Potrà sostenermi nei momenti delle difficoltà, della malattia? No che non può perché il mio ruolo è dietro le quinte, il sipario viene chiuso quando gli attori principali sono ormai sul palco e i riflettori sono solo per loro e io rimarrò sempre indietro. Quali saranno i vantaggi di questi amori? Quali saranno i frutti? E soprattutto che ne sarà di noi donne dei preti? Anche se entrambi ci amiamo dal profondo del tempio che abbiamo dentro dobbiamo trovare il coraggio, per quanto possa essere difficile, di stare lontano l 'uno dall 'altro. La sua vita è di stare con Dio.
Autore Città Giorno Ora
Stefania Salomone Roma 02/5/2012 15.50
Titolo:
Gentile Sig.ra Andreas,
grazie innanzitutto per averci inviato questa sua appassionata testimonianza.
Amare un prete è una partita persa in partenza... Beh, dipende da quello che una donna si aspetta.
Se impara a stare al "suo posto"- cioè un posto che non c'è, perché non è previsto - che significa accettare di essere l'ultima ruota del carro, allora le cose potrebbero continuare anche per tutta la vita.
Se la donna immagina di poter avere un uomo al suo fianco, con cui condividere la quotidianità, al quale appoggiarsi di tanto in tanto, col quale riflettere sui macro e micro-sistemi dell'esistenza, allora non potrà che essere frustrata e delusa.
D'altronde sono le aspettative quelle che ingannano.
E se, come è accaduto a lei, ci si rende conto che la speranza è divenuta illusione, allora siamo un pezzo avanti.

Provo a rispondere alle domande che mi pone e a fare qualche personale osservazione.
Innanzitutto qualche volta al mese non mi sembra un tempo sufficiente per chiamarla "relazione". E il fatto che a lui basti qualche ora al mese è un sintomo di qualcosa che non va nel rapporto. E non possiamo giustificare sempre col fatto che lui è prete e ha da fare perché non renderemmo un buon servizio neanche al sentimento che proviamo.
Perché non può parlarmi di fare l'amore, di invecchiare insieme o altre cose normalissime? Non ci sarebbe nulla di più naturale. E torniamo a giustificare questa mancanza col fatto che è prete.
Potrà sostenerla nel bisogno o nella malattia? Sì, se non ci sono impegni parrocchiali urgenti o il vescovo non lo convocherà. Sembra cinico ma è esattamente così che funzionerà, purtroppo.
Quali sono i vantaggi di questi amori? Bah, non so cosa intende per "avere dei vantaggi". Forse, come ha aggiunto in seguito, possiamo parlare di frutti. Ma temo che in queste situazioni di frutti veri ce ne siano ben pochi. Più che altro perché non c'è relazione vera. E non c'è relazione vera perché non c'è parità. Uno decide, l'altro si adegua. Uno manovra, l'altro accetta se non vuole perderlo.

Ci sono dei preti che decidono di lasciare per onestà verso se stessi e l'amore che provano, e per rispetto della donna che hanno coinvolto magari per tanti anni. Ma anche lì non è una cosa facile. Anche dopo aver lasciato il ministero continuano spesso ad avere nostalgia del loro ruolo e a pretendere di restare su un piedistallo che l'istituzione ha concesso loro, ma che la vita per fortuna non riconosce loro.

Stare lontani?
Credo che come sempre l'unica che davvero possa prendere questa decisione è lei, signora cara.
Lui non ha alcun interesse a lasciarla andare, né a tenerla "con sé". Ci pensi. Lui non perde nulla, ha il suo ruolo, ha il rispetto dei confratelli e dei superiori, dei parrocchiani, della sua famiglia, la sua vita. E lei cosa perde?
La possibilità di un rapporto felice con una persona che la consideri e la tratti con il rispetto e l'amore che merita.
Sta a lei decidere. E' una donna adulta e può riprendersi in mano la sua vita. Lo amerà per sempre? Ma che amore è quello che si basa sul sacrificio di uno dei due?
Certo lui potrà dire che anche lui è dispiaciuto di non poter vivere con lei, ma è una balla colossale.
Mi creda.
Potrebbe ad esempio scegliere di cambiare confessione cristiana. Ce ne sono molte che hanno clero sposato. Ma vengono considerate di serie B, spesso anche dagli stessi preti ... Non le sembra curioso?

Nel suo caso lui sembra aver già scelto, ma anche lei signora ha scelto comunque di restare in questa situazione. Anzi aggiunge che "lo amerà oltre la morte".

Un'ultima cosa: che significa "stare con Dio"? Esiste per caso un luogo in cui si trova questo dio e il prete resta a fargli compagnia? Mi scusi se esagero o uso un tono scherzoso, ma è da tempo che non credo più a un dio-persona che si trova da qualche parte e tenta di manovrare le nostre esistenze. Il suo prete non sta con Dio, perché Dio è nel creato, nell'umanità, in nessun altro posto. Il suo prete, al contrario, sta con se stesso.

Io non posso che farle i miei migliori auguri dal profondo del cuore suggerendole, se vuole, di scrivere la sua storia sul blog (anche senza dettagli, nomi o particolari problematici) a vantaggio di tutte le altre donne.
Sappia comunque se avesse bisogno di me io sono qui.
Saluti

Stefania
Autore Città Giorno Ora
Stefania Salomone Roma 02/5/2012 16.00
Titolo:Le vittime e la carne

Riprendiamo uno scritto pubblicato sul numero a stampa di Ticinosette n° 16 20 aprile 2012 (e inviato dall’autore sia al “Corriere del Ticino” sia al “Giornale del Popolo”) a commento del presente articolo di Roberto Roveda.

«Su Ticinosette n. 21 (n 12, ndr ) è stata pubblicata una relazione su “le donne dei preti” della signora Stefania Salomone, coordinatrice del blog “Amore Negato” che tratta di celibato obbligatorio e delle “donne dei preti”. Si tratta, in sintesi, di una sorta di deplorazione dello stato lamentevole in cui verserebbero quelle donne che, loro malgrado, si lasciano coinvolgere in “legami sentimentali” con preti per venire incontro alle “esigenze” di questi ultimi. All’origine del disagio vi sarebbero i “pregiudizi” e le “ipocrisie” della cultura cattolica e “una certa mentalità clericale e maschilista che vige nella Chiesa Cattolica”. Le affermazioni della signora mi sembrano (...) piuttosto ardite e stupefacenti. Seppure da profano, mi permetto quindi di esprimere qualche appunto. Per quanta riguarda i doveri (e quindi gli obblighi) del prete (dello stato clericale), al presente (“de lege lata”, per dirla in termini giuridici), le cose sono affatto chiare. Se poi sia ancora opportuno mantenere l’obbligo del celibato (che costituirebbe, in fondo, l’origine di tutti i mali e che altro non sarebbe che “una norma dettata da uomini per altri uomini”) è un altro discorso. Per intanto e fin quando l’ordinamento in fatto di celibato non sarà stato cambiato, bisogna stare alle norme vigenti, giuste o sbagliate che siano. In base a queste norme il prete sa (...) come deve condursi con le singole categorie di persone per evitare di venir meno ai voti pronunciati. Se, nonostante la buona volontà e contrariamente alle apparenze, non vi si attiene (come talvolta accade e come è sempre accaduto) ciò dovrebbe essere imputabile non tanto a ipocrisia quanto, piuttosto, a inettitudine, più o meno responsabile, nell’adempiere impegni che esigono molti sacrifici e forza d’animo. A meno che non si tratti di un prete che, intimamente, ha abbandonato ogni scrupolo e deliberatamente si comporta in modo contrario al suo stato. Se si deve credere alla signora Salomone, nel caso di relazioni “affettive” la prima vittima sarebbe sempre rappresentata dalle donne: queste, “comprensive”, si lascerebbero facilmente irretire cedendo alla soggezione e al rispetto che un prete, per il fatto stesso di essere tale, induce ad avere. In questa affermazione è implicito, a me pare, un giudizio negativo, sfavorevole, sul conto delle donne in genere. È, in fondo, come dire che le donne sono, in certo senso, delle minorate, che a esse manca piena capacità di autodeterminazione (...) nel campo degli affetti. Come l’esperienza comune insegna, normalmente (eccettuati i casi di dolo o di inganno), in queste cose, trattandosi di persone maggiorenni e sane di mente, la responsabilità dovrebbe piùomeno essere equivalente (pari) o, per lo meno, non dovrebbe mai essere soltanto di una parte. Su chi, poi, maggiormente ricadano gli effetti negativi di siffatti legami clandestini (chi sia in realtà la vittima) si può evidentemente discutere. A me pare (...) che, almeno dal punto di vista morale e propriamente religioso, tutto sommato chi ne esce peggio è il sacerdote. Comunque sia, mi pare che, generalmente parlando, non si possa commiserare una parte più dell’altra. Certo è che, una volta cacciatisi nel vicolo cieco, per i protagonisti non sembra esistano soluzioni a buon mercato e indolori. L’esperta dice (...) che tante volte la donna resterebbe delusa perché “sente che lui ha tradito il suo ruolo”. Ma questo (...) dovrebbe sentirlo e intravederlo fin dall’inizio e quindi non prestarsi (...) a far si che lui tradisca il suo stato. Altrimenti, si rende complice. Perché, infine, in tutto ciò entrerebbe una mentalità “clericale e maschilista” mi riesce del tutto incomprensibile». F F (Airolo)


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