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www.ildialogo.org Intervista ad AUSILIA RIGGI PIGNATA,(A cura di Carlo Castellini)

Intervista ad AUSILIA RIGGI PIGNATA

(A cura di Carlo Castellini)

TESTIMONI DEL NOSTRO TEMPO.
CHI E' AUSILIA RIGGI PIGNATA?
BREVE CURRICULUM VITAE.

E' nata in Sicilia. E' entrata in convento ancora in giovane età, dove ha emesso i voti. Con un gruppo di religiose si trasferì a Torino nella casa della Congregazione religiosa e qui conobbe un sacerdote, GIACOMO PIGNATA, che divenne poi suo marito.
Dopo un breve periodo di convivenza AUSILIA E GIACOMO contrassero matrimonio religioso. Come coppia da subito si impegnarono nella vivace chiesa torinese del Card. PELLEGRINO e Card. BALLESTRERO, sensibilizzando la comunità cattolica locale e nazionale sul tema del celibato.
AUSILIA RIGGI E GIACOMO PIGNATA aderirono al Movimento di VOCATIO,e ad altri movimenti del “dissenso cattolico”. AUSILIA ebbe modo di approfondire gli studi di teologia, filosofia e psicologia e s'impose presto nel panorama nazionale per conferenze, articoli, libri sul tema della donna, dentro la Chiesa.
La sua attività subì un breve rallentamento nel periodo in cui il marito GIACOMO fu colto da malattia che lo condusse poi alla morte. Ausilia dopo la morte di Giacomo, riprese freneticamente la propria attività coinvolgendo molte persone in iniziative varie.
Con l'Università di Torino – dipartimento di Neuroscienza – si organizzò un dibattito sul tema vocazionale in cui intervennero professori dell'Università, Ausilia stessa, Paola Casartelli ed Ernesto Miragoli, (Ernesto e Paola sono marito e moglie), e il compianto Camellini, fondatore di OrMa (Ordine e Matrimonio).
A Torino, con il compianto Umberto Lenzi, e molti volontari tra cui GIUSEPPE ZANON, e l'amico Ceroni,  diede vita a  un'associazione che aveva lo scopo di aiutare i preti in crisi o che lasciano il ministero. Le cose poi andarono però in altra direzione.
Per ragioni di salute Ausilia Riggi dovette tornare in Sicilia, a Messina, presso parenti che si presero cura di lei.
Qui non ostante la malattia, diede vita ad un sito: DONNE CO-SI' (donne contro il silenzio), che fu animato da diverse persone che seppe coinvolgere.
Stimolata e supportata dall'amicizia solidale di Angela Volpini, entro' poi in rapporto con la Comunità di Nuova Cana, a Staffora di Pavia, dove ha trascorso giornate di vita di relazione, di preghiera, di meditazione e di studio.
Ultimamente con l'aiuto di amiche si è ritirata a Grugliasco, in provincia di Torino, dove ha ridimensionato la propria vita attiva e favorito una riflessione spirituale e poetica, che comunica volentieri ai suoi amici di viaggio e ad altri che la leggono e l'ascoltano volentieri.
(A cura di Carlo Castellini).

1 .Come vivi questo periodo della tua seconda navigazione? Come ti prepari ad abbandonare gli ormeggi ultimi alle tue spalle?

La prima cosa che sento di dire è questa: vivo esperienze interiori di trasformazione, il che è cosa stupenda, ma inspiegabile a chi non è giunto a questa tappa ‘penultima’, inaspettatamente ricca di novità. Le novità di un tempo erano diverse. Oggi il panorama si ingigantisce e svela quanto era povero il quadro di riferimento di prima, e cioè, senza che me n’avvedessi, il mio io. Anche gli ideali più alti, compreso l’amore per Dio nonché la lotta di liberazione contro le strettoie del malefico e pervasivo formalismo clericale e contro quelle di costume, altrettanto rigorose, ora li vedo compromessi dal mio egoismo. Quindi mi preparo ad “abbandonare gli ormeggi”, accettando il dono della mia trasformazione.

2. Hai inviato i tuoi auguri poetici: noto, attraverso di essi, un tuo insistente attaccamento alla vita ed ai tuoi amici: è così?

Ecco, hai toccato un punto interessante. Il mio atteggiamento di distacco non è in contrasto

col bisogno di comunicare con le persone che hanno inciso nella mia vita in modi anche temporanei o poco significativi: il panorama è tanto vasto da non poter vedere, per mia fortuna, il più o il meno. Ma non è un panorama amorfo, bensì ricco di particolari del tutto consoni al mio stare bene nei limiti dell’umano. Potrei fare un romanzo da migliaia di pagine su ogni particolare evento incontro rapporto: cosa del tutto inutile ormai che ho il tempo ‘misurato’. Gli amici che posso riavvicinare anche solo una volta attraverso uno scritto o una semplice telefonata, sono parte di me stessa. No, non è attaccamento alla vita terrena, il mio, ma desiderio di morire INTERA, senza disperdere in frammenti tutto ciò che ha attraversato la mia vita: frammenti a cui ho dato sempre tanto senso.

3. I tuoi acciacchi fisici e le solitudini ansiose della terza età che cosa hanno affinato in te?

Tutta la vita ne è stata segnata. Perciò ora sono più allenata e soprattutto disponibile a cogliere dei tesori inestimabili dentro la loro cornice. Soprattutto è un grosso sacrificio, e certamente niente affatto inutile, il non potermi servire del mio corpo per raggiungere i luoghi dove la convivenza si fa palpabile, ma resisto alla tentazione di sperdermi nelle lande della solitudine e cerco di rendermi disponibile ad amare sempre più. Oh quanto lavorio si richiede per amare senza egoismo!

4. Quali sono i pensieri ed i ricordi emergenti nella tua memoria di persona “anziana”?

Tutto mi è presente in maniera vivissima. Ma che cosa è la vecchiaia in una mente e in un cuore limpidi, liberati almeno in parte dalle parzialità e piccolezze della gioventù? E’ bello coniugare, armonizzare vicino e lontano, positivo e negativo. Per farti contento citerò: in primis la mia famiglia, certi amici, tra cui tu, G. Zanon, Armando e Lucia, Francesco e Giovanna, Anna Petraroja, Leah, la badessa del monastero che mi ha ospitato per un certo periodo di vacanza, tantissimi altri…; le giornate di studio-e-di-svago nelle più grandi assise a livello internazionale e locali; la mia vita con Giacomo nella gioia e nel dolore. E’ attutito lo strascico delle frustrazioni subite nella vita da religiosa, tanto più che sono rimasti intatti, anzi fortificati i miei ideali.

5.Hai formulato pensieri di approfondimento ed osservazioni acute su Chiesa, Fedeli, Preti sposati, Donne attorno ai preti, Suore ed ex-suore, Gerarchia: che cosa ti rimane di tutto questo?

Sono rimasti particolari concreti, frutto di confidenze-confessioni di persone che mi hanno consegnato in segreto. Farli giungere a chi dirige le sorti della Chiesa implicherebbe l’essere presa sul serio dalle alte sfere, mentre queste agiscono con un maschilismo aristocratico e arrogante (che voglio ritenere inconsapevole perché abituale e in buona fede). Da loro potrei aspettarmi solo risposte formali e correrei il pericolo di uscirne inquadrata tra i cristiani del dissenso, catalogata in maniera amorfa, non rispondente a quello che sono e che mi propongo. Rifiuto, d’altra parte, una divulgazione insulsa che non farebbe bene a nessuno e farebbe male alle persone che si leggerebbero. E’ certo che ogni confidenza ha destato in me tenerezza infinita nei riguardi dei preti smarriti nello scetticismo e talvolta nel cinismo che li ha fatto divenire, da vittime, carcerieri ed oppressori di donne impigliate nelle reti delle loro frustrazioni: parlo di non pochi casi gravi, da non mettere alla berlina: NO e NO. Alla seconda parte della domanda risponderò tra poco.

6. Nella vita di ogni uomo, come in quella di ogni donna, rimane sempre qualcosa di incompiuto: cosa ti sarebbe piaciuto portare a termine?

Preferisco riassumere qui, per chi volesse leggermi con serietà, i punti cardine delle mie vere aspirazioni: 1) aiutare le donne a liberarsi da sé…; 2) Aiutarci vicendevolmente, ma in maniera organizzata e propositiva (sarebbe questa la vera risposta adeguata a denunziare la chiusura della gerarchia); 3) avere progetti ecclesiali comuni (la chiesa non vuole che i preti si sposino? Ebbene loro non si inventino un’altra chiesa, come di fatto si fa in alcuni casi; piuttosto occupino, compatti, luoghi concreti di aiuto vicendevole e di spiritualità non evanescente.

Io ci ho provato, ma sono stata divorata dall’ingenuo e malcelato protagonismo maschile, che riserva alla donna onorificenze di vario genere e le tiene a bada, al loro posto. Io sono stata massacrata nelle mie iniziative e nell’espressione del mio pensiero. Nessuno potrebbe immaginare quanto sia stato vera questa mia affermazione, ma loro non sapevano quello che facevano, soprattutto nel mettermi contro le ‘proprie’ donne.

7. Quali sono le cose che non vorresti avere fatto?

Tante, mi dico di primo acchito. Ma ormai sono magnanima con me stessa e mi perdono i piccoli rancori, il senso di scacco nell’essere fraintesa, il male che avrò potuto fare a qualcuno.

8. La famiglia è la prima comunità che ci forma: qual è stato il rapporto coni tuoi genitori e familiari?

Molto conflittuale in tutte le mie scelte. Sono stata amata troppo e male, e la prova è che si è arrivati al punto di negarmi, per un non-breve tempo, l’accesso a casa. Eppure la famiglia mi manca. Sono rimasta sola perché figlia ultima di una famiglia patriarcale, la quale però mi ha dato un DNA ricchissimo… Sono grata a loro per avermi comunicato il senso della fede, nonostante un certo modo di viverla da me superato.

9. Come è maturata la tua vocazione religiosa ad una scelta più esclusiva?

Da sempre ho voluto la stessa cosa. Gesù, dice il Vangelo, faceva del bene a tutti. Il mio proposito di SEGUIRLO è rimasto uguale nella diversità delle scelte.

Eppure non riporto vittorie! Tuttora mi fa soffrire il non aver potuto abbattere la barriera del silenzio di chi mi affidava importantissimi segreti, imponendomi il silenzio. Così pure l’altra barriera: quella di tutti coloro che credono di avere risolto o di poter risolvere i problemi - “nostri, di categoria” – con la denunzia o agendo da singoli nel fare questo e quell’altro, non sapendo che i piccoli risultati conseguiti isolatamente, anche se con la benevolenza di qualche ‘gerarca’, non raggiungono l’essenza della questione. Mi danno ancora fastidio tutti i ragionamenti, le diatribe teologiche che battono sempre sullo stesso chiodo. Quando era ragazza volevo farmi santa, ora ritengo che la soluzione di ciò che ci sta a cuore è nel sapersi reinventare alla luce di una rinnovata spiritualità. Mi dispiace che questo possa sembrare ad alcuni un’abdicazione: NON E’ VERO!!!!! Per spiritualità intendo la cosa più concreta: agire non solo con retta intenzione, di cui è bene dubitare sempre, ma irrobustendo la fede e abbandonandomi alla grazia che lo Spirito elargisce soprattutto se trova il terreno fertilizzata dalla preghiera radicata nell’interiorità.

10. Quali sono stati i tuoi maestri o educatori, almeno quelli che tu ritieni tali e che hanno maggiormente inciso sulla tua formazione di donna? E su quella di religiosa?

Il fatto di scoprire il formalismo ed il dottrinarismo di quelli che mi dovevano avviare alla maturità ha creato attorno a me il deserto. Però in convento ho incontrato un confessore carmelitano scalzo che ha incoraggiato il mio innato senso mistico della visione di tutto e per ben tre anni mi ha fornito di nascosto i libri adatti a tale formazione. E’ stato lui il più grande. In seguito ad Assisi ho incontrato il superiore generale dei camaldolesi: altra comunicazione rilevantissima. Ho sempre trovato qua e là delle persone sinceramente buone, e da loro ho appreso molto. Con la maturità imparo da tutti; e questo costituisce un passo decisivo in avanti.

11. Nella tua breve comparsa televisiva sei stata troppo morbida con il tuo interlocutore ed hai parlato poco delle donne che hanno avuto o che hanno problemi affettivi o relazioni clandestine con i preti: come mai? Hai avuto troppa paura di esporti?

Nessuna paura. Erano gli altri “della categoria” che si aspettavano la ribelle. Io ho avuto nella mia vita dei gesti e ho lasciato degli scritti severamente critici soprattutto contro i formalismi che uccidono il meglio delle persone. La piaga degli amori clandestini andrebbe curata in seno ad un presbiterio che maturasse nella direzione di rinunziare ad ogni tipo di privilegio, materiale e morale, e in seno alle associazioni dei preti che hanno fatto il salto, ma sotto-sotto rimpiangono la perdita di un ruolo di prestigio. Quel che si va a dire in televisione è pericolosamente esposto ad un utilizzo da gossip, da scoop: poveri noi che ad illuderci che le Autorità si impauriscano delle denunzie gridate, come pure di quelle argomentate. Nemmeno preti santi ci sono riusciti. Io pretendo di avere una mia linea che è stata danneggiata proprio per l’accanimento di ‘maschi’ desiderosi di mettere a nudo le piaghe della chiesa, scivolando sul terreno più gradito a tutti: ciò che fa scandalo. Quante altre cose ci sarebbero da dire a riguardo, soprattutto in riguardo alle donne doppiamente imprigionate! L’unico modo per non ottenere risultati ancor più dannosi del silenzio è il dire poco ed in modo oculato; Dobbiamo imparare a non spenderci ed a non sperderci nei luoghi comuni….

12. Sei stata suora ed educatrice di persone; ti sono state affidate persone da educare e da

orientare nella vita; ora come stanno e dove si trovano? Chi sono?

Se ho fatto qualcosa di buono è l’aver aiutato chi ‘soffocava’ in seno all’istituto: suore giovanissime che hanno voluto seguirmi a tutti i costi a Torino presso il card. Pellegrino, inaspettatamente oggi – in buona parte - mi ringraziano. Ma quanti scogli ho incontrato… In un primo momento sono stata al centro della mischia dei mass media, anche se non capivano che cercavamo la giusta via per salvare il meglio della vita religiosa. Quando ho parlato assieme ad altre due con le massime Autorità a Roma, sono rimasta di ghiaccio. A loro interessava salvare l’Istituto in cui eravamo e non sentirsi dire che credevamo nella vocazione e volevano rinnovarla dal di dentro. Ho scritto in “Oltre il nulla” la scenetta di questo incontro di sapore kafkiano.

b) Sono contenta di avere contribuito con i miei scritti sulle incongruenze che si realizzano dentro gli Istituti soprattutto nell’aiutare male i poveri, a che si prendessero i provvedimenti civili per la chiusura degli orfanotrofi.

c) Ho capito che, per emanare un soffio di laicità autentica a favore di una chiesa popolo di Dio, bisogna liberarsi dal clericalismo ed agire nel mondo civile per conquiste di carattere civile, evitando di sentirsi appartenenti ad una chiesa prima che all’umanità (da qui la mia ammirazione per Giovanni XXII). Ma questo non si deve ottenerlo dall’Alto.

13. Cosa pensi e quale bilancio tracci di questa singolarissima esperienza?

La mia vita si è via via arricchita in tutti gli aspetti. Non si può dare un senso esclusivamente ideale alla propria vita; e bisogna battersi, non per ottenere risultati immediati, ma per liberare le coscienze. Ma il bilancio attuale non è a mio favore, vorrei che un qualche semino dei miei tentativi sia stato accolto in qualche terreno, in attesa di germogliare, anche tra mille anni… Perciò cerco ‘avidamente’ i veri amici, per affidare loro ciò che dentro di me si è ingigantito: capire che per sentirci chiesa dobbiamo aiutarla a far emergere la verità evangelica, liberandola dalle scorie (che ormai vedo inevitabili in tutte le strutture): ma è mai possibile che tra i cosiddetti cattolici progressisti si sappia solo criticare, e che l’alternativa sia solo l’acquiescenza servile al potere? E poi la rovina del dividersi in tutto, residuo di inesorabile maschilismo clericale! Certamente io ho avuto e continuo ad avere la speranza in un impegno che che trovi l’unità al di là degli estremismi. Non mi piace l’identificazione indiretta con una posizione tipica della cosiddetta cultura di sinistra perfino nella lettura dei sacri testi e nelle relative proposte (esclusive) di una fede purificata dal sacro, identificato con l’idolatria. Naturalmente non mi piace neanche l’opposta passività. E detesto neutralismi di sorta.

14. Che cosa ha significato per te l'amicizia prima e l'amore poi per Giacomo? Che cosa resta in te di Giacomo? In che cosa è cambiata la tua vita di donna e di religiosa?

La vita con Giacomo è stata molto bella e non ha segnato nessuno iato nei mi ideali di fondo, bensì uno sviluppo continuo. La mia tenerezza verso Giacomo è indescrivibile, e i suoi travagli mi hanno fatto capire in profondità quello che caratterizza l’ESSERE prete in una chiesa che modifica la sua intima essenza….. Perciò estendo, come nessuno può immaginare, la mia tenerezza verso gli altri preti che hanno avuto un’esperienza analoga alla sua. Vorrei chiedere perdono a tutti per le mie durezze, usate a volte a fin di bene, ma intese diversamente… A Giacomo debbo riconoscenza eterna per avermi insegnato il perdono (io, con la mia tempra siciliana, sono rancorosa) e la costanza a non demordere dal tentativo di lottare per evitare tante inutili sofferenze inflitte in nome della legge canonica. Debbo la dolcezza di tanti giorni indimenticabili. Lui si identificava in me ed io in lui, nonostante le differenze. Ma come si può raccontare l’amore vero?

15. Si parla tanto di preti sposati ma poche parole si spendono per le suore che hanno lasciato: per quali motivi?

Non so trovare una risposta se non quella che accomuna le suore a tutte le donne, colpite dalla costrizione, subdolamente insinuata nella loro mentalità, ad un silenzio, rotto solo dalla ribellione sorda o gridata, che paralizza le loro energie (anche attraverso l’esaltazione e gli apprezzamenti!). Io ce l’ho messa tutta ad aiutarle, ma sempre sotto banco, rispettando il silenzio, conditio-sine-qua-non delle loro confidenze. Oh le sofferenze di tante suore!!!!! Per questo ho osato scrivere parte delle mie e di alcune altre nel libro “Oltre il nulla”.

16. Hai accennato, alcune volte, ad alcuni piccoli segreti che ti porti dentro di te, limitandoti nelle informazioni; forse pensi di portarti tali segreti fino alla tomba? Potresti essere più chiara e più esplicita?

Altro che “piccoli”: ho dentro lo stomaco macigni: la schiavitù nel cuore delle donne connessa alla schiavitù degli appariscenti dominatori maschili, produce efferati delitti (detto alla lettera) negli ambienti dove il collettivo predomina e uccide la personalità nella sua singolarità. Che dire di altro? “Intelligenti pauca” ( = per chi capisce poche parole).

17. Non credi che la tua amicizia con uomini di curia ti abbia tenuta troppo ancorata alla Chiesa del Potere, che fatica a dialogare con il mondo di oggi, piuttosto che alla “ecclesia del vangelo”? Cosa pensi?

Il tuo dubbio offende la verità. E se qualcuno pensa questo di me, non conosce nemmeno la superficie di me. Una chiesa non può essere gerarchica, se la sua sostanza è il Popolo di Dio: dentro il quale si svolgano diverse ministeri (funzioni). Tanto meno non può avere una gerarchica esclusivamente maschile. So che questa è l’unica asserzione che non mi fa accettare dalle autorità ecclesiastiche; ma continuerò a dirlo sempre. Dal lato opposto rifiuto quella che si auto-definisce ‘chiesa del vangelo’. Il Vangelo non appartiene ai progressisti!

18. Qual è stato il tuo rapporto di cristiana e di religiosa con il Cardinal Pellegrino? In quali condizioni vi siete conosciuti? Come ha inciso questa particolare relazione nella tua esperienza di educazione formativa?

Il card. Pellegrino apparteneva, nel campo della Patristica, alla stessa scuola di pensiero di mio fratello (il quale ne ha fondato un’altra parallela nell’Universtà salesiana a Roma). Un gruppetto di giovani suore ci siamo rivolte al cardinale per poter realizzare la vita religiosa come ‘esperienza’ nella Chiesa, nello spirito del Vaticano II. Lui accolse la nostra richiesta e ci accolse a Torino, aiutandoci anche materialmente. Ma lo stile religioso che ci proponeva non aveva il soffio di novità che era nelle nostre aspirazioni. Ho passato momenti bruttissimi per via del trovarmi tra due fuochi: il primo consisteva nel tentare a qualsiasi costo di mediare tra il vecchio stile e quello a cui si doveva dar forma. Quando ho incontrato membri qualificati negli Istituti secolari quali modelli del rinnovamento conciliare, sono rimasta delusissima. Quanta ipocrisia ho trovata! Davvero questo mondo non è quello della verità, e il mondo cattolico è impregnato di spirito mondano fino all’inverosimile. Ho preferito che ciascuna mia compagna di ventura seguisse la sua strada, cosa che si è verificata tra mille difficoltà. Il passaggio è stato lungo e la mia via crucis è stata più dolorosa di quella in istituto perché io, uscita per realizzare il nuovo, ormai agli occhi delle giovanissime-issime, rappresentavo la voglia di mettere un punto fermo sui veri valori di una vita di donazione.

19. Da come scrivi e parli fa specie vedere come tu difenda un tipo di sacerdozio come quello uxorato: a tuo parere, quali problemi potrebbe risolvere? E quali potrebbe lasciare ancora aperti o non risolti?

Sei poco e male informato. Ho sempre difeso la dignità di persone considerate ree di una loro scelta esistenziale giustificabilissima, ed ho analizzato il regime di formazione ad un sacerdozio ‘necessariamente’ celibe. E’ il concetto di gerarchia che grava pesantemente sul servizio pastorale voluto da Gesù; il “Tu sei Pietro…” non significa conferimento di potere nel senso umano. Ma è chiaro che invocare una spiritualità del ministero di cui si parla a profusione nei documenti pontifici, abbinandola ad una STRUTTURA forte-in-nome-di-Dio, finisce col conferire a termini come servizio-umiltà-dedizione et cetera, un travestimento virtuoso a potere-orgoglio-egoismi (al plurale).

20. La tua esperienza d'amore con Giacomo, che cosa ti ha fatto vedere con maggiore chiarezza nella chiesa e nella gerarchia, che prima non avevi visto?

Mi ha confermato che la formazione ad essere sostanzialmente (ontologicamente) (!!!) diversi (“tu es sacerdos in aeternum”) in quanto Mediatori ufficiali del divino è radicata anche nei preti più coraggiosi e più ‘bravi’; danneggia l’identità personale, confondendola con la dignità del ruolo. E non si salva nessuno!

Sono tuttora stizzita che i preti ‘usciti’ con caratteristica di eccellenza reale, soprattutto nel campo della cultura, siano pavidi e guardinghi nel tenersi lontani dai loro compagni di percorso, per non rovinarsi la carriera e la stima in campo civile. Io ho cercato in Giacomo la sincerità nel volere per sé e per gli altri la liberazione e, nel nostro piccolo, assieme ci sentivamo forti.

21. Che cosa ha significato per te la gestione di un sito al femminile? Come giudichi a distanza di tempo questa esperienza che ti ha coinvolto anima e corpo?

Il sito ha dato adito ad uno spazio che poteva permettere l’uscita dall’isolamento delle donne. Ma molte fraintendevano questa uscita come accesso ad un luogo in grado di opporsi alla legge del celibato, giudicata cattiveria della chiesa-del-non-ascolto. Io avrei voluto imprimere un segno specifico: trovarsi insieme in maniera costruttiva in ordine alla liberazione personale e ad un riconoscimento dei diritti umani, ma nell’irrobustimento della personalità, come novità o non pietra di inciampo nella chiesa. Da qui una certa mia rigidità nel vedere che tanti e tante mettevano nello stesso calderone tutti, tutte e tutto.

22. Ma anche qui dobbiamo registrare una frattura: tu hai preso la tua strada ma la tua collaboratrice Stefania Salomone ne ha presa un'altra: superata tu? O troppo esposta lei? O due visioni contrapposte e inconciliabili?

Tutto mi aspettavo di sentirmi dire, tranne che Stefania potesse starmi al fianco nella mia prospettiva. I preti “usciti” si entusiasmano quando credono di trovare donne in grado di rappresentare nella chiesa esseri pensanti al femminile che lottano con loro; donne-leader per prestigio, che abbiano un tocco di eccezionalità, soprattutto tali di cui potersi decorare, et cetera. Non vedo davvero nulla in comune tra me e Stefania, che si dichiara al di fuori dei problemi di carattere religioso e soprattutto ecclesiale.

23. Tu sei considerata donna acuta e intelligente, ma anche autoritaria e selettiva nelle tue amicizie; che cosa ha significato la tua amicizia con Angela Volpini?

Credo nel messaggio mariano di cui Angela è stata investita. Avrei voluto aiutarla, gradualmente, a svestirsi del suo habitus di veggente, per sviluppare assieme a me (quanto all’uso di un linguaggio idoneo), il senso mistico di ciò che lei custodisce in cuore. Mi dispiace che molti prendano le sue parole come (o al posto del) vangelo, e restino a respirare l’atmosfera dello straordinario. Il mio vero ostacolo a collaborare con lei è l’alone di cui l’avvolgono le attese di tanti, contando sul suo carisma, ricco di un’originalità che accarezza la speranze di scorciatoie allettanti nella via al seguito di Cristo.

24. Ci sono delle domande che avresti voluto sentirti fare? O delle risposte che avresti voluto dare?

Può bastare quanto ho detto. Sicura che, come sempre, non sarò capita. Per molti farsi capire significa sentirsi dire ciò che loro pensano e che amano ripetere ad iosa. E allora meno si parla, meglio è. Non per paura di condanne dall’Alto: sono sicura che qualcuna la merito proprio a riguardo il modo di concepire il presbiterio, che attraverso il celibato acquista un significato simbolico molto utile a sottolineare la diversità ontologica…..

25. C'è ancora qualche piccolo segreto che vuoi portarti dietro?

Non voglio accodarmi ai miei compagni chi vogliono il sacerdozio uxorato, perché bisognerebbe capire bene che è in gioco il sacerdozio in sé. Tutto ciò che si è scritto ad iosa sull’argomento sorvola sul fatto che il matrimonio dei preti rafforzerebbe il loro potere maschile, per avere accanto una donna che sia o una perpetua o una badessa o tutto ciò che non favorisce una diversità maschile e una diversità femminile poste realmente, anche strutturalmente, nello stesso piano. Quanto mi sarebbe piaciuto usare il sito con una prospettiva di ricerca profonda in tale direzione! Questo è un mio fallimento.

Il mio segreto più segreto è l’amore per la verità, tanto che aspiro a lasciare presto questo mondo d’ipocrisia. Oh verità dell’amore di Dio e del prossimo, diventa sostanza della coscienza degli esseri umani! Oh mia chiesa, svestiti dei paludamenti interni ed esterni, e rivestiti della croce di Cristo! (Intanto chiedo perdono a Dio della mia impazienza).

Grazie delle tue risposte e della tua disponibilità.

Grazie a te, Ausilia



Marted́ 17 Maggio,2011 Ore: 16:45
 
 
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