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www.ildialogo.org La lucida e amara testimonianza di Marie Collins a Roma, abusata e non creduta,

Pedofilia clericale
La lucida e amara testimonianza di Marie Collins a Roma, abusata e non creduta

Dal sito di Noi Siamo Chiesa http://www.noisiamochiesa.org/?p=1989

Marie Collins

Simposio internazionale “Verso la guarigione e il rinnovamento”

Roma, Università Gregoriana 6-9 febbraio 2012

“Sanare una ferita al cuore della Chiesa e della società”«La verità vi farà liberi»: ascoltare, comprendere ed agire per guarire e riabilitare le vittime

Marie Collins and Sheila Hollins

Sheila

Introduzione

Ci è stato chiesto di parlare delle sfide affrontate dalle vittime nella loro esperienza e guarigione dagli abusi sessuali da parte del clero. Presenterò me stessa, come la Sig.ra Collins presenterà se stessa brevemente. Entrambe desideriamo ringraziarvi perché vi siete aperti a prestare ascolto alle nostre esperienze delle vittime.

Parlo nella mia veste di psichiatra con oltre 35 anni di esperienza clinica, all’inizio come psichiatra di bambini e famiglie, ed in seguito da psicoterapeuta e ricercatrice con un interesse nel trauma e negli abusi sessuali, e da psichiatra specialista che ha lavorato con persone affette da infermità intellettuali e da autismo. Parlo anche in quanto madre di due figli adulti disabili. La mia esperienza famigliare permea le mie opinioni sulle sfide affrontate dalle vittime e dalle loro famiglie, includendovi il trattamento di seri traumi ed aggressioni. Nel 2011 il Cardinale Cormac Murphy-O’Connor mi invitò ad assisterlo nella Visita Apostolica alla diocesi di Armagh in Irlanda. Ho partecipato a tutti gli incontri, privati e pubblici, avuti durante la Visita, per un periodo di due settimane e mezzo nel 2011. È stato innanzitutto un esercizio di ascolto, quello di sentire le vittime e le loro famiglie, i parrocchiani i preti, i religiosi ed altri sugli abusi sessuali da parte del clero.

Il mio contributo alla nostra presentazione comune fa abbondante ricorso alla mia esperienza sia personale che professionale.

Ciò che proverò ad illustrarvi nei prossimi pochi minuti è quanto il non essere creduti o ancora peggio, essere incolpati per l’abuso, contribuisce moltissimo alla sofferenza causata dall’abuso sessuale, e come la mancata ammissione della propria colpevolezza da parte di un autore di abusi o l’omissione da parte dei suoi superiori nell’intraprendere un’azione appropriata, possano aggravare ulteriormente il danno. Esploreremo inoltre l’ulteriore dimensione dell’abuso di potere spirituale.

Cominciamo col dare una definizione di abuso. Stiamo parlando di una qualsiasi violazione della sfera dell’intimità, includendo toccamenti inappropriati a scopo sessuale, fino alla violenza carnale. La frase «aggressione sessuale» può esprimere questa terribile realtà meglio di limitarsi a parlare semplicemente di abuso. Non c’è dubbio sulla serietà della infrazione di questa sfera. Ogni intrusione in uno spazio corporeo privato può essere traumatico come una ferita fisica. Non si può scusare semplicemente come un eccesso di famigliarità.

Allora cosa rende qualcuno vulnerabile all’abuso?

Ci sono alcune cose che sono specifiche dei bambini ed altre dei loro genitori o assistenti [

caregiver

]. L’ignoranza riguardo ai loro corpi ed in particolare sui loro 2genitali è certamente ritenuto un fattore di rischio. Una donna vittima di abuso quando era bambina parlava come se non avesse termini per quella parte del suo corpo, fino al raggiungimento dell’età adulta. Riteneva che se avesse conosciuto certi termini anatomici, sarebbe stato più facile per lei parlarne a sua madre.

Le esortazioni ad evitare le persone estranee, ma non accompagnate da spiegazioni su quello che l’estraneo possa fare, non sono generalmente di aiuto, non da ultimo perché gli abusi e le violenze carnali da parte di estranei sono molto rari. La maggioranza degli abusi viene commessa da qualcuno già presente nella famiglia e nel circolo delle amicizie. Questo è generalmente un adulto: talvolta più grosso, più forte od in una posizione di autorità come un genitore, un fratello o, più di raro, un insegnante o un prete. Nel caso di un prete vi è un’ulteriore stratificazione di fiducia e deferenza, che rende ancora più difficile la rivelazione dell’abuso.

Imparare a mantenersi in sicurezza include l’apprendimento della valorizzazione della preziosità del proprio corpo e la coscienza che si tratta di una cosa personale e privata. Ai bambini viene insegnato come mantenersi sani fisicamente: fa’ attenzione, puoi cadere e ferirti, guarda a destra e a sinistra prima di attraversare la strada, poiché potrebbe investirti una macchina. Imparare a mantenersi sani sessualmente richiede una simile apertura e precisione riguardo i rischi: di’ a mamma se qualcuno prova a guardare o a toccare le tue parti intime, anche se ti dice che è un segreto. Dare un nome ai rischi prepara meglio il bambino.

Nel mio lavoro con i bambini e gli adulti con infermità intellettive, ho visto quanto sia difficile prepararli con la conoscenza e competenza necessaria per mantenerli sicuri da un predatore sessuale. Tale ignoranza non è limitata a persone di abilità cognitive ristrette né solo ad alcune culture.

Anche l’ignoranza da parte dei loro genitori ed assistenti sui rischi che alcuni adulti pongono – sia amici che estranei – fornisce un contributo significativo. E molti genitori ed insegnanti non riconoscono i sintomi e i segni di abuso. Ad esempio possono sgridare un figlio perché si masturba, ma non gli chiedono se qualcuno ha toccato o fatto del male ai suoi genitali.

Alcuni genitori sono particolarmente sprovveduti, come quella madre con difficoltà di apprendimento o sociali, forse con un sostegno familiare non esteso, che cercando di cavarsela, può essere avvicinata da un pedofilo che vede i figli di lei come un facile obiettivo. Per taluni bambini un altro fattore è la negligenza o la trascuratezza da parte di un genitore. La maggioranza dei genitori saranno poco sospettosi nel caso di una figura autorevole e rispettata, come un prete, e il potere spirituale di cui è investito un prete li conduce ad avere assoluta fiducia – o almeno ha portato ad una tale fiducia in passato, quando non si aveva assolutamente coscienza dell’esistenza degli abusi sessuali del clero.

Ora invito Marie a condividere parte della sua storia con voi.

Marie

 

Sono una vittima di abusi sessuali su bambini da parte del clero. Avevo appena compiuto tredici anni, ed ero nella posizione più vulnerabile di bambina malata in ospedale, quando un prete abusò sessualmente di me. Sebbene sia avvenuto oltre 3

cinquant’anni fa, è impossibile da dimenticare e non posso mai sfuggire ai suoi effetti.

Come era comune per i bambini dell’epoca, non avevo conoscenze in materia di sesso, e questa innocenza si aggiunse alla mia vulnerabilità. Prendevo molto sul serio la mia religione cattolica ed avevo appena fatto la cresima. Ero malata, ansiosa e per la prima volta lontana da casa e dalla famiglia. Mi sentii molto sicura quando il cappellano cattolico dell’ospedale mi si fece amico: mi visitava e mi leggeva qualcosa la sera. Sfortunatamente queste visite serali alla mia stanza avrebbero cambiato la mia vita.

Questo cappellano era uscito solo da un paio di anni dal seminario, ma era già un provetto molestatore di bambini. Ma questo non potevo saperlo. Avevo imparato che un prete era il rappresentante di Dio sulla terra e così automaticamente aveva la mia fiducia e rispetto. Quando cominciò ad armeggiare sessualmente con me, affermando all’inizio che era per gioco, fui scioccata e resistetti, dicendogli di fermarsi. Ma lui non si fermò. Aggredendomi, avrebbe risposto alla mia resistenza dicendomi che era un prete e che non poteva fare qualcosa di male. Fece delle fotografie delle parti più intime del mio corpo e mi disse che ero una stupida se pensavo che fosse un male. Egli aveva potere su di me. Ero disgustata. Sentivo che tutto quello che stava facendo era male, ma non riuscivo a fermare la cosa; non chiamai aiuto, non ne parlai a nessuno. Non sapevo come parlarne a qualcuno. Semplicemente pregavo che non lo facesse più… Ma lo fece.

Il fatto che colui che abusava di me fosse un prete, aumentò la grande confusione che avevo in testa.

Quelle dita che volevano abusare del mio corpo la notte precedente erano le stesse che il mattino successivo tenevano e mi offrivano la sacra ostia. Le mani che tenevano la macchina fotografica per riprendere il mio corpo denudato, alla luce del giorno reggevano un libro di preghiere quando veniva ad ascoltare la mia confessione. L’affermazione fatta da chi abusava di me di essere un prete e che quindi non poteva fare nulla di male mi sembrava vera, poiché mi avevano insegnato che i preti erano al di sopra degli uomini normali. Questo non faceva che aumentare il mio senso di colpa e la convinzione che quanto era avvenuto era colpa mia, non sua. Quando lasciai l’ospedale non ero più la stessa bambina che vi era entrata. Non ero più una bambina fiduciosa, spensierata e felice. Ora mi ero convinta di essere una persona cattiva e di aver bisogno di nasconderlo a tutti.

Non mi rivoltai contro la mia religione, ma contro me stessa.

Le parole usate da quel prete per trasferire la sua colpa su di me, mi tolsero ogni senso di adeguatezza. Mi ritirai in me stessa, allontanandomi dalla mia famiglia e dai miei amici, e evitai il contatto con gli altri. Gli anni della mia giovinezza passarono da sola, mantenendo tutti a distanza per evitare che scoprissero che persona cattiva e sporca fossi. Questo costante senso di colpa e di inadeguatezza, mi portarono ad una profonda depressione e problemi di ansietà che divennero abbastanza seri tanto da richiedere un trattamento medico quando avevo diciassette anni. Seguirono lunghi ricoveri in ospedale con depressione e ciò mi rese inadatta a seguire una carriera.

A ventinove anni incontrai un uomo meraviglioso, mi sposai ed ebbi un figlio. Ma non riuscivo ancora a fronteggiare la vita: la depressione, un’ansia profonda e i 4

sensi di inadeguatezza continuarono. Sviluppai l’agorafobia, vale a dire che non potevo lasciare casa senza soffrire di forti attacchi di panico. Ero incapace di dare a mio figlio tutte le attenzioni richieste ad una madre e non potetti godere appieno della sua fanciullezza. Sentivo di essere un fallimento di moglie e madre. Sentivo che mio marito e mio figlio sarebbero stati molto più felici se li avessi lasciati o fossi morta.

Sheila

Marie aveva mantenuto il suo segreto doloroso per se stessa.

Perché le vittime non parlano per porre fine al loro calvario?

Le vittime degli abusi spesso si sentono sporche ed hanno vergogna, pensando che sia colpa loro, come infatti possono dire coloro che abusano di loro, secondo l’esperienza di Marie. Si può aver detto loro che accadrà loro qualcosa di male se parlano a qualcuno di cosa è avvenuto, o che l’autore degli abusi li metterà nei guai. Questo è un particolare problema se chi abusa è un padre o fratello, quando il bambino desidera che l’abuso abbia termine, ma non vuole che la famiglia si rompa. D’altra parte colui che abusa può dire loro che si tratta di una speciale relazione d’amore e che si tratta del loro segreto comune, e che se diranno qualcosa a qualcuno lo rovineranno, oppure che la loro sorella o madre o un altro alunno o chierichetto sarà geloso. Molte vittime dicono che non potevano parlare ai loro genitori dell’abuso da parte di un prete, perché era una persona tanto rispettata da non poter fare nulla di male agli occhi dei loro genitori. La paura di non essere creduti o di essere puniti per aver detto delle bugie disgustose è il motivo più probabile per cui un bambino tiene per sé il suo terribile segreto, piuttosto di rivelarlo ad un adulto di fiducia.

Alcune ragazze sono confuse dalla loro reazione all’intimità sessuale con un uomo. Una giovane ragazza, blandita della attenzioni di un uomo, gli permise di fare sesso con lei per molti mesi, ma lui la rimproverò per quanto era accaduto. Immaginate se l’uomo fosse stato anche il suo prete e confessore, e avesse usato della sua autorità spirituale per assicurarsi che il suo crimine sessuale rimanesse segreto.

Le vittime giustamente hanno paura di non essere credute. Talvolta, oltre a non essere creduto, un bambino può fare accuse infondate e più elaborate, accuse che possono essere confutate, facendoli così apparire come dei bugiardi e testimoni inaffidabili. Un brutto esito, se il bambino ha presentato una lamentela vera a cui non si è prestato ascolto.

Peter fu ripetutamente vittima di abusi fisici, emozionali e sessuali quando era un bambino affetto da un’infermità mentale, per poi ammesso alle cure residenziali a causa di problemi comportamentali. In seguito da adulto, Peter accusò lo staff ed altri residenti di abusi, ma non fu mai creduto. Solo quando fu sottoposto seriamente a psicoterapia, i

flashback

della sua fanciullezza cominciarono a calmarsi e le sue accuse di abusi attuali cessarono. Essere creduto fu il primo passo sulla via della guarigione.Allora come reagiscono agli abusi i bambini e gli adulti vulnerabili da un punto di vista emozionale e comportamentale? In genere le ragazze diventano più chiuse e i ragazzi più aggressivi, e questo dovrebbe essere un segnale di allarme per 5

vigilare sulla possibilità di abuso. Ora sappiamo che gli adulti abusati da bambini sperimentano uno stato di maggiore infermità mentale, che include la depressione, l’ansia e disordini della personalità. Quando non sono stati creduti possono semplicemente passare come inaffidabili e disturbati.

Sentendo quanto avete fatto in preparazione per questa settimana, avrete incontrato persone di cui avete messo in questione la credibilità. Potete pensare di essere dei buoni giudici del carattere e dell’affidabilità di un testimone, ma è facile sbagliare quando qualcuno è stato vittima di abusi nel passato. La nostra capacità emotiva di ascoltare quanto è veramente avvenuto loro può essere una barriera che rende troppo difficile alle vittime rivelarvi le loro esperienze di abuso. Se voi stessi siete stati maltrattati o traumatizzati, anche questo può costituire una barriera per l’ascolto del racconto che qualcun altro fa della propria aggressione.

Una minoranza di bambini avrà così tanta difficoltà a riappropriarsi del proprio senso di identità da abusare delle proprie posizioni di potere su bambini più piccoli o più vulnerabili, nel tentativo di assumere il controllo della propria esperienza di trauma. Partendo dalla posizione ed esperienza di impotenza e terrore, diventano potenti e assumono il controllo, lo stesso meccanismo ben noto come risposta psicologica ai soprusi.

Vi darò due esempi di ragazzi che hanno cercato di trasformare la propria esperienza di vittime in qualcosa che desse loro il senso di avere il controllo. È possibile immaginare che qualcosa di simile accade ad un ragazzo abusato da un prete quando era chierichetto, e che poi ha abusato di altri ragazzi quando è divenuto prete.

Billy fu abusato da bambino e cominciò ad abusare di ragazzi più piccoli da adolescente. Non riusciva a provare empatia per le sue vittime, fino a quando la terapia affrontò la sua esperienza emotiva di vittima impotente. Come poteva empatizzare con qualcun altro se nessuno gli aveva mai creduto o empatizzato col suo terrore di vittima? O Brendan, il cui padre era morto quando aveva 6 anni, e che era stato poi abusato dal compagno di sua madre, un uomo che regolarmente gli faceva da

babysitter dall’età di 7 o 8 anni. Purtroppo Brendan faceva parte di quella minoranza di bambini abusati che sono arrivati ad abusare di altri. Aveva “dimenticato” il suo proprio abuso, fino a quando non fu arrestato con accuse di pornografia ed in seguito per il grooming

di un’adolescente su internet ed averla incontrata per sesso. Sua madre ricordava che il suo ex-compagno era stato accusato di aver abusato di altri bambini, ma non aveva fatto un collegamento al rischi cui aveva sottoposto suo figlio.Quali sono gli effetti a lungo termine degli abusi?

Molte delle persone che ho incontrato in Irlanda con +Cormac, hanno portato gli effetti della CSA per molti anni. Ho sentito che molti ha provato a dirlo ai genitori al tempo in cui l’abuso era in corso, ma che i loro genitori si sono rifiutati di accettare l’accusa. Nell’incontro con i Visitatori cercavano di essere ascoltati, forse, si può dire, per la prima volta da quando la cosa era avvenuta.

Quando una persona abusata si avvicina, chiunque ne sia stato l’autore, riesco quasi a vedere l’alone che li circonda. Che siano single o sposati, laici o religiosi, 6

quasi tutti hanno una profonda vulnerabilità personale. Rispetto alla CSA, penso che molti mantengano il loro segreto fino a quando la copertura dei media li porta ad essere tanto ossessionati della loro storia, da crollare e finalmente trovare il coraggio di parlare. Tali persone sono arrabbiate, arrabbiate perché anche ora solo poche persone credono loro veramente, arrabbiate per la loro innocenza perduta, arrabbiate per l’effetto sulla loro vita di ogni giorno, come gli incubi, l’incapacità di godere di una relazione sessuale, la riluttanza ad avere loro stessi dei figli per paura di finire loro stessi per abusarne o che i loro figli possano essere abusati. Le vittime trovano difficile fidarsi di altre persone, e questo ha un impatto devastante sulla loro capacità di creare delle amicizie e delle relazioni intime, come anche sulle loro relazioni lavorative. Influisce anche sulle loro scelte di carriera e porta molti a voltare le spalle alla Chiesa e a perdere la loro fede.

Gli abusi hanno riguardato anche molti preti. Molti preti hanno parlato pubblicamente di come la loro esperienza di vittime di un predatore sessuale, abbia contribuito sia alla loro incapacità di comprendere la propria sessualità, che alla loro decisione di essere celibi da preti. Un prete, in terapia con me, mi diceva di essere stato vittima di abusi da giovane seminarista in Irlanda, credendo di averlo meritato poiché sua madre era morta nel parto. Era ignorante in materia di sesso e non aveva avuto contatti con le ragazze nella sua adolescenza. Aveva trovato il suo primo incarico da vicario in una parrocchia estremamente difficile e anni dopo si sentiva arrabbiato per aver preso un voto di celibato senza avere nessuna comprensione della sessualità umana. Aveva deciso di rimanere prete, ma poi aveva avuto un crollo quando il suo superiore aveva abbandonato per sposarsi.

Marie ci parlerà ora dell’effetto avuto sulla sua fede da una cattiva gestione da parte delle autorità della Chiesa.

Marie

Avevo quarantasette anni quando parlai del mio abuso per la prima volta; si trattava di un medico che mi aveva in cura. Mi consigliò di mettere in guardia la Chiesa su questo prete. Fissai un incontro con un vicario nella mia parrocchia. Ero molto nervosa. Sarebbe stata solo la seconda volta che parlavo a qualcuno di quanto mi era accaduto. Questo prete rifiutò di prendere il nome di colui che aveva abusato di me e disse di non vedere la necessità di segnalare il cappellano. Mi disse che quanto era avvenuto era probabilmente colpa mia. Questa risposta mi distrusse.

Grazie all’aiuto del mio medico, avevo appena iniziato ad accettare il fatto che non avevo fatto niente per causare il mio abuso. Ora, sentirmi dire dal mio prete che era «probabilmente colpa mia», fece riaffiorare tutti i miei vecchi sensi di colpa e vergogna. Non potevo sopportare di parlarne di nuovo, così smisi di vedere il mio medico. Questa risposta del vicario servì a tenermi in silenzio per altri dieci anni, il più passati in ospedale, cure mediche e disperazione. In seguito lui disse alla polizia di non aver preso il nome di chi aveva abusato di me, perché era quello che gli avevano insegnato in seminario.

Dieci anni dopo, la nostra stampa aveva dato ampia risonanza alla faccenda degli abusi sessuali abituali da parte di un prete cattolico. Per la prima volta cominciai a 7

comprendere che l’uomo che aveva abusato di me poteva averlo fatto ad altri. Pensando che in qualche modo ero stata io a causare quello che mi era avvenuto, non avevo mai considerato il fatto che il mio aggressore poteva aver fatto del male anche ad altri. Ora, quanto più venivo a sapere, tanto più comprendevo di avere il dovere di tentare nuovamente di fare sapere alla gente quello che era avvenuto, perché altri bambini potessero essere protetti. Questa volta decisi di rivolgermi ai vertici, con la certezza interiore che, una volta che i suoi superiori avessero saputo del possibile pericolo per i bambini rappresentato da questo prete, la sicurezza di questi sarebbe venuta per prima e che sarebbe stato intrapreso ogni passo per assicurarsi che non sarebbe stato fatto del male ad altri.

Scrissi al mio Arcivescovo, dando poi dettagli del mio abuso al suo cancelliere, un monsignore e avvocato canonico. Così ebbero inizio i due anni più difficili della mia vita. I superiori del prete che mi aveva aggredito sessualmente lo protessero dall’incriminazione. Venne lasciato per mesi nel suo ministero parrocchiale, nel quale tra l’altro faceva da guida ai bambini che si preparavano per la cresima: la sicurezza di quei bambini fu ignorata dai suoi superiori. Tutto ciò andava contro le linee guida dell’epoca della Chiesa cattolica irlandese sulla protezione dei bambini, le quali furono ignorate. Successivamente è venuto alla luce che queste linee guida furono messe in dubbio dall’opinione del Vaticano, secondo cui potevano non essere conformi alla legge canonica

1

. Il mio Arcivescovo mi disse di non averle seguite, nonostante fosse stato detto alla gente che erano state seguite alla lettera.Fui trattata come se avessi architettato un piano contro la Chiesa, l’investigazione della polizia fu intralciata e il laicato ingannato. Ero disperata.

Non riuscivo a credere che i capi della mia Chiesa ritenessero moralmente giusto lasciare nel rischio i bambini.

Il prete accusato aveva ammesso la sua colpa alla diocesi, ma durante un incontro col mio Arcivescovo appresi che la sua priorità era la protezione del buon nome del mio aggressore. Gli chiesi come poteva lasciare una persona nota per i suoi abusi in una posizione di fiducia con dei bambini. Invece di rispondere alla domanda mi ammonì a non riferirmi a questo prete definendolo “un autore di abusi”, insistendo sul fatto che era passato tanto tempo e che quindi non potevo chiamarlo così. L’Arcivescovo considerava il mio abuso “storico” così che ora sarebbe stato scorretto infangare il “buon nome” del prete. Ho sentito questo argomento anche da altri ai vertici della Chiesa cattolica, che così manifestavano di non vedere il rischio attuale che i bambini corrono da parte di questi uomini. Perché?

Quando rivelai il mio abuso alle autorità dell’ospedale dove aveva avuto luogo, ricevetti una risposta ben diversa. Erano interessati al mio benessere, mi offrirono accompagnamento e cure, riferendo immediatamente il fatto alla polizia e cooperando con le loro indagini.

Dopo una lunga battaglia, il mio aggressore fu assicurato alla giustizia ed imprigionato per i suoi crimini contro di me. Il mio caso è un esempio di come i cosiddetti resoconti “storici” devono essere trattati in modo serio, esattamente

1

Para 7.13/7.14 Commission of Investigation – Dublin Archdiocese Report.

8come quelli attuali. Il mio assalitore è stato imprigionato nuovamente l’anno scorso per ripetute aggressioni sessuali ai danni di un’altra ragazza. Queste aggressioni ebbero luogo un quarto di secolo dopo aver abusato di me e mentre era ancora un prete di fiducia nella parrocchia di lei. Minacciava la sua vittima dicendole che la sua famiglia cattolica sarebbe stata cacciata dalla Chiesa, se avesse detto a qualcuno quello che le stava facendo.

2

Molti anni dopo (13 aprile 2002), l’Arcivescovo pubblicò una dichiarazione di scuse per la mancanza di collaborazione con la polizia.

Questi uomini possono commettere abusi per tutta la loro vita, lasciando dietro di loro una scia di vite distrutte.

La cattiva gestione del mio caso da parte dei vertici della Chiesa ha portato ad un crollo totale della mia fiducia e rispetto per loro e per la mia Chiesa, che fino ad allora erano sopravissuti intatti, nonostante le azioni del mio aggressore. Quello che avevano fatto era contrario a tutto ciò che avevo di caro. Avevo creduto che la giustizia e la centralità della legge morale fossero incarnate nella mia Chiesa cattolica.

La morte finale di ogni rispetto verso i miei capi religiosi che poteva essere sopravissuto in me venne dopo la sentenza di condanna del mio aggressore. Appresi che la diocesi aveva scoperto, alcuni mesi dopo il mio abuso, che questo prete commetteva abusi sui bambini dell’ospedale, ma non aveva fatto altro che spostarlo in una nuova parrocchia. Questo era sulla sua scheda d’archivio quando feci la mia relazione, ma nonostante ne fossero a conoscenza avevano continuato a proteggerlo.

Dopo il processo, l’Arcivescovo diffuse un comunicato stampa per rassicurare il laicato che la «diocesi aveva cooperato con le autorità civili» nel mio caso. Messo alle strette su questa evidente menzogna

2

, il rappresentante della diocesi ammise che l’affermazione era esatta, in quanto il comunicato non diceva di aver cooperato “pienamente”. Come avrei potuto credere in ciò che i capi della mia Chiesa potevano dire nel futuro, sapendo che erano capaci di questo tipo di ginnastica mentale (altrimenti conosciuta nella Chiesa come “riserva mentale”)?

Sheila

Come Marie ha così eloquentemente spiegato, il trauma degli abusi peggiora quando c’è una carenza di cure per i bambini da parte di persone fidate e un difetto, da parte delle istituzioni ecclesiastiche, nell’adozione di solide procedure per la protezione dei bambini. Non è sufficiente avere delle linee guida appropriate, se poi non vengono seguite lealmente e rigorosamente.

In Irlanda si dice che pochissime vittime hanno avuto una qualche assistenza o terapia. Si crede che pochissime abbiano ricevuto delle scuse e ancora meno abbiano ricevuto una compensazione. Ma nella mia esperienza, la mancanza di un’ammissione di colpa e di scuse è di solito il principale ostacolo al risanamento ed alla guarigione.

Da persona di fede, credo molto nel potere del perdono come agente di guarigione. Ma il perdono raramente viene raggiunto senza la confessione e la riparazione. Da psichiatra e psicoterapeuta, credo anche nell’efficacia della 9

terapia. Da terapeuta però ho trovato che mia opera non può propriamente avere inizio fino a quando non si è fatta giustizia e così ho chiamato il mio approccio professionale psicoterapia forense [

advocacy psychotherapy

]. Sono cosciente che l’assistenza e la psicoterapia sono delle risorse insufficienti in molti paesi.Ad esempio, Mary, una ragazza con la sindrome di Down, è diventata chiusa e muta dopo essere stata violentata nel suo centro di cura. L’uomo che l’aveva violentata era a sua volta stato vittima di abusi da piccolo. A Mary furono rifiutati ulteriori soggiorni nel centro, e le fu chiesto di evitare anche il centro giornaliero che frequentava. Il suo aggressore continuava ad usufruire di questi servizi. I suoi genitori pensavano che fosse scorretto, ma Mary fu costretta ad andare via e non si lamentò. Prima di tentare di intraprendere la terapia con Mary, era importante ripristinare il suo accesso ai servizi di assistenza giornalieri. So di un caso simile di un ragazzo autistico, violentato da un membro dello staff in un collegio cattolico, e che è stato escluso quando la sua famiglia ha lanciato delle accuse contro quel membro.

La giustizia è dunque una necessità per le vittime degli abusi sessuali del clero.

Vogliamo terminare ripetendo i punti chiave con cui abbiamo iniziato: l’essere creduti ha di per stesso un potere di guarigione, specialmente se associato con un’ammissione di colpa o responsabilità ed ancora di più se c’è un tentativo di riparazione. Ma questo tipo di giustizia è solo l’inizio. La guarigione è un processo lento ed alcuni non guariranno mai del tutto per un abuso così profondo di potere e fiducia subìto quando erano più vulnerabili, specialmente se chi ha commesso l’abuso era un prete. Un’assistenza continua, l’amicizia e la disponibilità ad ascoltare ripetutamente la rabbia e la fragilità rimaste richiederanno una considerevole pazienza, poiché la guarigione per alcuni è una speranza molto lontana.

Marie farà il punto finale sulla sua guarigione e su come la chiave sia stata l’ammissione di colpa da parte del suo aggressore.

Marie

Per oltre trent’anni ho vissuto una vita in cui era una battaglia la semplice sopravvivenza da un giorno all’altro. Sentivo che questi erano anni sprecati, una vita sprecata. Ho fatto molte cure per i miei problemi di salute mentale, alcune delle quali sono state utili, ma nessuna ha risolto i miei problemi. L’inizio della guarigione per me è stato il giorno in cui il mio aggressore in tribunale ha riconosciuto la propria responsabilità per le sue azioni ed ha ammesso la sua colpa.

Questa ammissione ha prodotto un effetto profondo su di me. Il tempo mi ha permesso di perdonare ciò che aveva fatto e di non sentire più lui come una presenza nella mia vita. Ho seguito una terapia per quasi due anni e per suo mezzo sono arrivato a comprendere come costui abbia distorto la visione di me stesso. La mia ansia profonda ha portato alla depressione. La maggiore comprensione di tutte queste zone mi ha aiutato a credere che le cose potevano cambiare. Potevo prendere il controllo della mia vita, senza che il mio passato avesse il controllo di me. Ero capace di lasciarmi alle spalle gli anni sprecati. Da allora non sono più stata ricoverata in ospedale per motivi di salute mentale. 10

Il mio unico dispiacere è che raramente riesco a praticare la mia religione cattolica. La mia fede in Dio non è stata intaccata. Posso perdonare al mio aggressore le sue azioni, lui ha ammesso la sua colpa. Ma come posso riprendere ad avere rispetto per i vertici della mia Chiesa? Chiedere scusa per le azioni dei preti autori di abusi non è sufficiente. Ci deve essere il riconoscimento e l’ammissione di responsabilità per il male e la distruzione che è stata fatta nella vita delle vittime e le loro famiglie a causa della copertura spesso deliberata e per la cattiva gestione dei casi da parte dei loro superiori. E prima che io o altre vittime possiamo trovare una vera pace e guarigione.

Il tentativo di salvare l’istituzione dallo scandalo ha prodotto il maggiore di tutti gli scandali, ha perpetuato il male degli abusi e distrutto la fede di molte vittime.

Sento che il meglio della mia vita è iniziato quindici anni fa, quando il mio aggressore fu assicurato alla giustizia. Durante questi anni ho lavorato con la mia diocesi e più in generale con la Chiesa cattolica irlandese per migliorare le loro politiche di protezione dei bambini. La mia vita non è più una terra sterile. Sento che ciò ha significato e valore.

È questo il motivo per cui oggi parlo insieme alla baronessa Hollins.

Spero che quanto abbiamo detto vi sia di aiuto nella comprensione delle vittime di questo orrendo crimine. Grazie per aver prestato sincero ascolto alla nostra presentazione di oggi.

Sheila

Invita a porre delle domande…..

Nota di cui è introvabile il riferimento:

1 Para 13.12 Commission of Investigation – Dublin Archdiocese Report 



Giovedì 09 Febbraio,2012 Ore: 16:22
 
 
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