- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (277) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org La rassegna stampa del 7/04/2010,

Pedofilia clericale
La rassegna stampa del 7/04/2010


I misteri irrisolti dell’era Sodano
di Marco Politi Il Fatto Quotidiano 7 aprile 2010

Il Vaticano fa quadrato intorno a Benedetto XVI. Dice “basta” il cardinale Bertone, affermando che “è un Papa forte, il Papa del Terzo millennio, lo sostiene tutta la Chiesa”. Mentre il cardinal Sodano considera il Papa “perseguitato come Pio XII”. Ma gli insabbiamenti sono provati e il mondo attende risposte.
WATERGATE. In America il Washington Post giudica la crisi un Watergate per la Santa Sede. In Francia Libération chiede: “Bisogna cambiare Papa?”. Non c’è bisogno di scoop per documentare che negli ultimi decenni del secolo scorso in Vaticano certi crimini non si sono voluti vedere. Un caso di insabbiamento da manuale è sotto gli occhi di tutti. Riguarda il fondatore dei Legionari di Cristo: Marcial Maciel Degollado. Le vicende del pedofilo Maciel Il Fatto le ha già riportate. Ma ci sono interrogativi che riguardano direttamente il cardinale Sodano e la gestione del potere in Curia durante il pontificato di Giovanni Paolo II e le informazioni che venivano trasmesse allo stesso papa Wojtyla. Le date sono importanti. Maciel si trascina delle accuse già dal 1948. Nel 1978 lo accusa di abusi con una lettera a Giovanni Paolo II l’ex presidente dei Legionari di Cristo negli Usa: Juan Vaca. Non succede niente. Nel 1989 Vaca ritenta. Invano.
Finché nel 1997 viene lanciata sui mass media una denuncia pubblica di abusi firmata da otto ex legionari di rilievo. All’epoca papa Wojtyla è già malato, si occupa delle strategia geo-politiche e lascia ai suoi fedelissimi l’“amministrazione”. Al vertice del potere curiale ci sono tre personalità: il Segretario di Stato Sodano, il segretario personale del pontefice Dziwisz, il cardinale Ratzinger per quanto riguarda l’ortodossia della Dottrina.
Il 17 ottobre 1998 due degli accusatori, Arturo Jurado Guzman e José Barba Martin, vanno direttamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dal cardinale Ratzinger. Incontrano il sottosegretario padre Gianfranco Girotti, domandano formale apertura di un processo canonico nei confronti di Maciel. Li accompagna l’avvocato Martha Wegan, giurista serissima, ben nota in Vaticano e a Ratzinger. Aver potuto presentare l’accusa appare incoraggiante agli otto firmatari. Ma il 24 dicembre 1999 l’avvocato Wegan scrive ai suoi assistiti: “ Diciassette mesi sono passati e l’unica notizia, comunicata dal vostro legale, è che il caso è estremamente delicato e ci sono altre denunce correlate”. Il 31 luglio 2000 Barba Martin incontra nuovamente in Vaticano padre Girotti. Niente. L’avvocato Wegan informa per lettera i suoi assistiti che “per il momento il caso è chiuso”.
SILENZIO. Ancora nel 2002 – a proposito del documento ratzingeriano De delictis gravioribus scritto per sottoporre a veloce e rigoroso processo nel Sant’Uffizio i sacerdoti che abbiano commesso abusi sessuali su minori di 18 anni, anche approfittando della confessione e persino assolvendoli – un esperto di cose vaticane come Sandro Magister scriverà: “Intanto, però, il Vaticano tiene bloccata da due anni una causa canonica contro un prete famosissimo e potentissimo, pluriaccusato proprio di questi ultimi peccati”. Solo nel 2004 a pochi mesi dalla morte di papa Wojtyla il cardinale Ratzinger riuscirà ad aprire l’inchiesta sul fondatore dei Legionari. Lui sa chi e che cosa lo hanno frenato fino a quel momento. E il cardinal Sodano potrebbe spiegare per quali motivazioni in Curia le accuse contro Maciel non furono prese in considerazione. Ciò che è successo per anni e le domande odierne della stampa internazionale sono tutto fuorché un “chiacchiericcio”, come si è espresso a Pasqua davanti al Papa lo stesso Sodano, oggi decano del collegio cardinalizio. Fondamentali nel creare una “cultura dell’omertà”, portando in un modo o nell’altro a degli insabbiamenti sono state le norme ecclesiastiche fino al 2001. A rileggerle si capisce quanto hanno contribuito a creare il “muro del silenzio” dietro il quale tutto poteva continuare ad accadere.
Il Crimen sollicitationis (rielaborazione del 1962 di un testo del 1922) tratta proprio dell’ “adescamento” di un penitente prima, dopo o con il pretesto della confessione. Punto debole basilare: l’ordine ai vescovi del mondo che il testo sia da “archiviare diligentemente negli archivi segreti della curia come strettamente confidenziale. Non deve essere reso pubblico né corredato da commenti”. Tutti gli attori processuali sono obbligati al “silenzio perpetuo” sotto pena di scomunica automatica. Il voto di segretezza deve essere dato anche dagli accusatori, da chi denuncia e da chi testimonia. (E’ chiaro che un conto è la segretezza dell’istruttoria per non esporre al ludibrio sia la vittima sia l’accusato, che può anche rivelarsi innocente, e un conto è il “silenzio perpetuo” che in pratica ha favorito i predatori seriali). La gamma delle pene è ampia. Si va dalle “salutari penitenze” alle “ammonizioni” e “correzioni”. Solo per ultimo è prevista la rimozione dall’incarico, “se il caso lo richiede”. (Un’elasticità fatale, che ha danneggiato le vittime). Deleteria per gli effetti provocati è la disposizione che i vescovi “potranno pure trasferire (ad altro incarico)” il prete, definito “inadempiente”. Anche il codice di diritto canonico, canone 1395, prevede “giuste pene” per chi abusa di un minore di sedici anni “fino alla dimissione dallo stato clericale”. (Ancora una volta è l’ultima ratio. I vescovi americani dopo l’esplosione degli scandali potranno varare la tolleranza zero solo con il nuovo millennio).
Con il documento del 2001 De delictis gravioribus, voluto dal cardinale Ratzinger si avverte che il clima è cambiato. Ratzinger vuole che tutto passi al Sant’Uffizio. Fra i delitti “più gravi” vengono elencati la sollecitazione sessuale del penitente con il pretesto della confessione e specialmente il “delitto contro il sesto comandamento commesso da un chierico con un minore di diciotto anni”. La prescrizione di dieci anni parte solo dopo il compimento dei diciotto anni della vittima. I vescovi devono segnalare subito i casi al Sant’Uffizio, appena appurato che la notizia del delitto sia “verosimile”. Resta però il precetto che “le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio” e soprattutto non appare ancora nel documento la centralità dell’ascolto e della cura da riservarsi alla vittima. C’è un passato che pesa. Non basterà che sull’Osservatore Romano il cardinale Sodano evochi un secolo di attacchi alla Chiesa.
 

7/4/2010
Chiesa e pedofilia - l'autocritica di Lehmann
FRANCO GARELLI
--------
Non c'è solo una chiesa che gioca in difesa sulla questione della pedofilia del clero che rimbalza di nazione in nazione e che crea grande sconcerto sia fuori che dentro il popolo di Dio. A Roma e dintorni molti reagiscono con fermezza alle critiche rivolte al Papa per il suo silenzio su questi temi in tutti i discorsi pronunciati nella Settimana santa. Perché, si chiede la stampa vaticana, si è prodotta questa «ignobile operazione diffamatoria» nei confronti della chiesa? Come mai gli attacchi colpiscono un Papa, come Benedetto XVI, che ha fatto della denuncia delle sporcizie nella chiesa un punto qualificante del suo pontificato? Perché le mancanze e gli errori di sacerdoti sono usate come armi contro la chiesa? Ancora ieri il cardinal Sodano, già «ministro degli Esteri» della Santa Sede, rilanciava la tesi di una chiesa che vive uno stato di assedio, come quelli a suo tempo sperimentati da Pio XII per il silenzio sulla Shoah o da Paolo VI per l'Humanae Vitae. L'invito è a non fare di ogni erba un fascio, per una chiesa che soffre le colpe e le infedeltà di alcuni suoi membri: «Non è colpa di Cristo se Giuda ha tradito», così come non è colpa di un Vescovo se un suo sacerdote si è macchiato di gravi reati. Molti in Vaticano denunciano un vento anti-romano che soffia con sempre maggior forza, per ridurre il peso della chiesa cattolica nella società e ammorbidire le sue verità religiose e morali.

Allontanandosi da Roma, le reazioni di vari uomini di chiesa ad un fenomeno infamante risultano nel complesso meno risentite e più propositive. In Austria, ad esempio, il cardinale Schonborn ha detto nella liturgia della Settimana Santa che «se le vittime parlano, Dio parla a noi»; mentre un suo confratello, il Vescovo di Salisburgo, ha ricordato nella messa di Pasqua che la chiesa è attesa da un «nuovo inizio» e che la risurrezione passa per la via del rimorso, del pentimento, della riconciliazione e della giustizia. Ma forse la riflessione più profonda e attenta sul dramma che la chiesa oggi sta vivendo è contenuta in un ampio articolo del cardinal Karl Lehmann (già arcivescovo di Magonza e per molti anni presidente della Conferenza episcopale tedesca) pubblicato qualche giorno fa da «Frankfurther Allgemeine Zeitung», uno dei più prestigiosi quotidiani tedeschi.

L'analisi di Lehmann non manca di prudenza, anche se è improntata al riconoscimento della verità. Non si deve dar credito a tutte le denunce, come non si può passar sopra alla presunzione di innocenza di un sospettato; o ancora non è accettabile che in luogo di chiamare in causa le responsabilità dei singoli o di situazioni particolari si colpevolizzi un intero sistema, disconoscendo il molto bene che nella chiesa si produce. Tuttavia nella chiesa vi è stato troppo silenzio e per troppo tempo su simili delitti. Anche se si tratta di una scoperta dolorosa e lacerante, si può esprimere sollievo per il fatto che attualmente molti casi vengano allo scoperto.

La chiesa che il prelato tedesco auspica è anzitutto quella che non punta il dito prima sugli altri, dicendo che la pedofilia è un male diffuso e che tocca il clero meno di altre categorie sociali. La gente ha diritto a giudicare severamente gli uomini del sacro e una chiesa che esprime in modo netto le sue convinzioni morali e religiose. Oltre a ciò, in questo lavoro di chiarificazione la chiesa è chiamata a cambiare atteggiamento, preoccupandosi più delle vittime degli abusi che degli autori, più dei minori che hanno vissuto uno scandalo che delle sorti dell'istituzione. Un altro «mea culpa» ecclesiale chiama in causa una cognizione della pedofilia come una malattia curabile, mentre molti professionisti non la ritengono tale. Di qui il trattare i casi affidandosi alla «buona volontà», spostando i soggetti da un luogo all'altro, più che mettere in atto scelte ecclesiali più drastiche.

L'analisi del cardinal Lehmann è molto ricca e articolata, densa di richiami sull'educazione cattolica, sulla formazione del clero, sulla necessità di collaborare con la giustizia, sugli sforzi che devono fare le chiese locali per seguire le indicazioni del Papa in questo campo. Un manifesto, da cui emerge non soltanto un dramma che la chiesa oggi sta vivendo, ma anche le potenzialità che essa ha per superarlo.
----
su La Stampa
http://www.lastampa.it/

 

La Verità di Benedetto XVI
di Ida Dominijanni
in "il manifesto" del 6 aprile 2010
--------
Non si può parlare di un vero e proprio complotto contro la Chiesa, sostiene su «La Stampa» di domenica George Weigel, biografo di Giovanni Paolo II e esponente di spicco del cattolicesimo americano, ma, si deduce leggendolo, poco ci manca. Ad attaccare il pontificato di Benedetto XVI sarebbero, in ordine sparso, «politici e opinionisti che vogliono distruggere la credibilità della Chiesa, avvocati che puntano a causare danni finanziari al Vaticano, laici anti-cattolici che colgono ogni occasione per colpire la Chiesa e cattolici che perseguono la rivoluzione mai realizzata: fine del celibato, ordinazione delle donne e diminuzione dell'autorità dei vescovi».
La questione della pedofilia sarebbe stata affrontata e risolta già dopo la crisi del 2002, e oggi non sarebbe altro che un pretesto per agitare le acque di quella «guerra culturale» che si combatte in Occidente e che vede schierate da una parte i depositari sempiterni del Vero, dall'altra le armate postmoderne del relativo: «La Chiesa cattolica è l'ultimo difensore istituzionale dell'idea che vi sono delle verità morali nel mondo e negli uomini. Vi sono forze potenti in Occidente che ne negano l'esistenza, che ci spingono a credere che l'umanità è plastica e malleabile, che il matrimonio può essere definito dalle leggi, che il sesso è una forma di sport, che gli esseri umani non nati, gravemente malati o handicappati non contano, e che i poteri coercitivi dello Stato possono e devono imporre quello che il cardinale Ratzinger definì 'la dittatura del relativismo'».
Lasciamo perdere la rappresentazione grottesca del nemico, che non merita nemmeno di essere contestata, nonché la solita strategia del diversivo che passa per gli anatemi sull'aborto e la sessualità (degli altri e soprattutto delle altre), e veniamo ai punti che contano.
Primo: conviene alla Chiesa di Benedetto XVI, di fronte alla questione della pedofilia, impugnare come una corazza il teorema antirelativistico di Joseph Ratzinger? Secondo, e correlato: conviene a papa Benedetto XVI comportarsi come se fosse ancora il cardinal Ratzinger?
Per una serie di ragioni queste sì culturali, che andrebbero sondate criticamente, la perversione pedofila sta diventando nelle società occidentali la figura del Male Assoluto. È probabile che questo avvenga sulla base non solo dei dati di realtà ma anche di fattori fantasmatici e proiezioni fobiche, ma tutto si può dire tranne che si tratti di una trincea del relativismo o di un effetto della concezione «sportiva» della sessualità: casomai si tratta, all'esatto contrario, di una sacrosanta istanza di
moralizzazione che corre qualche rischio di fondamentalismo. La parte relativista, in questa situazione, non la recita chi chiede alla Chiesa giustizia, risarcimento e riforma, bensì proprio la Chiesa, che non fa che «relativizzare», appunto, il problema, annaspando fra teoremi complottisti e teoria delle mele marce: la «guerra culturale» che i ratzingeriani evocano si gioca a parti invertite. E dunque, sarebbe meglio non evocarla.
La Chiesa invece la evoca e la combatte, con le implicazioni e le conseguenze che si sono viste in questi giorni. La prima delle quali è una sorta di blindatura e di secretazione della Verità in una zona così inaccessibile da diventare incomprensibile. Juliàn Carròn, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, sostiene ad esempio, su «Repubblica» di domenica, che il Papa sta salvando la «vera» esigenza di giustizia che emerge dagli scandali nell'unico modo possibile: riconoscendo l'incommensurabilità del male patito dalle vittime con qualunque forma di risarcimento terreno («niente è sufficiente per riparare il male fatto») e appellandosi alla giustizia oltre-terrena del Cristo, ma di un Cristo inseparabile dalla Chiesa.
Dunque siamo da capo: la Chiesa, «questa» Chiesa, resta la depositaria del Vero e del Giusto, malgrado le mele marce e quello che Angelo Sodano chiama «il chiacchiericcio». Il Papa sa quello che fa: bisogna solo credere nella Verità sua e dell'Istituzione, senza sindacare ulteriormente.
Ora non c'è niente di peggio, in qualunque crisi che intacchi un principio d'autorità, che blindare l'autorità stessa sulla sua verità, non facendo così altro che acuirla. Sarà anche vero che Benedetto XVI, e prima di lui Joseph Ratzinger, ha fatto più di chiunque altro contro il tarlo della pedofilia: ma se Benedetto XVI, che dovrebbe trascendere il cardinal Ratzinger, non offre queste sue azioni al vento chiarificatore della parola, se non apre la Verità alla critica e la Chiesa all'autocoscienza e all'autoriforma, quel tarlo continuerà ineluttabilmente a minare la sua autorità.
Non si sconfigge uno scandalo tacendone, non si tacita un'esigenza di trasparenza liquidandola come «chiacchiericcio»: la Chiesa non può comportarsi come Berlusconi davanti alle dieci domande su Noemi. Né si risolve un problema della sessualità maschile continuando a «crocefiggere le donne» e a criminalizzare la sessualità femminile, come ha scritto su queste pagine Enzo Mazzi indicando in questa prassi una «causa non secondaria» della pedofilia del clero. «Solo un'aperta discussione può ridare autorevolezza alla Chiesa, portare alla correzione dei fallimenti e rafforzare il suo servizio nei confronti degli uomini», ha dichiarato pochi giorni fa il cardinal Martini, e ha aggiunto che la Chiesa deve cercare «nuove strade» mettendo in discussione il celibato e riaprendo tutto il capitolo della sessualità. Altra verità stavolta non c'è.
-------
dalla rassegna stampa di Incontri di fine settimana
http://www.finesettimana.org/

 

Bolzano. Violenza sessuale sui ragazzini: il responsabile dei chierichetti confessa
Ha ammesso di aver toccato le loro parti intime e di averli fotografati. Poi ha chiesto di essere aiutato da uno psicologo
coordinate: http://www.ilgazzettino.it/

BOLZANO (6 aprile) - Ha confessato Klaus Moosburger, il responsabile dei chierichetti di Varna arrestato una settimana fa con l'accusa di pedofilia. Davanti al pm bolzanino Donatella Marchesini il laico, di 28 anni, ha ammesso di aver toccato i ragazzini nelle parti intime e di averli fotografati nudi. Ha poi chiesto l'aiuto di uno psicologo. L'uomo è accusato di aver molestato almeno quattro ragazzini tra gli 11 e i 14 anni e di averli fotografati e filmati.

Moosburger, che si occupava anche delle attività giovanili della sezione locale del club alpino sudtirolese Alpenverein e dei vigili del fuoco volontari, aveva cancellato i file dal suo computer, venuto a conoscenza della denuncia di una madre contro di lui. I periti informatici della procura di Bolzano hanno però recuperato le immagini e le riprese video.

Davanti al pm l'uomo ha detto di essersi reso conto di fare qualcosa di sbagliato, ma di non essere riuscito a controllare questo impulso. Il suo legale, l'avvocato Nicola Nettis, ha annunciato che chiederà il trasferimento in una struttura alternativa al carcere.
-----------

 

Norvegia, vescovo confessa e si dimette
"Ho abusato di un ragazzo minorenne"

Un vescovo cattolico norvegese, Georg Mueller, ha confessato di aver abusato sessualmente di un ragazzo minorenne. La notizia viene riferita dalla tv di stato norvegese, Nrk. In seguito alla confessione il prelato ha dato le dimissioni nel giugno dello scorso anno. E' il primo caso di pedofilia legato alla Chiesa cattolica riportato in Norvegia e il caso è stato confermato dalle autorità ecclesiastiche.

(07 aprile 2010) su Repubblica
http://www.repubblica.it/


 
 

Vaticano-ebrei, nuove tensioni
di Giacomo Galeazzi La Stampa 7 aprile 2010
«Gli attacchi a Ratzinger come quelli a Pio XII». Sull’Osservatore Romano il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano difende Benedetto XVI paragonando le critiche che gli vengono rivolte per gli abusi sessuali del clero a quelle che da decenni investono Pacelli per il silenzio sulla Shoah. «Benedetto XVI incarna verità morali non accettate - sostiene il cardinale Sodano -. Gli errori di sacerdoti sono usati come armi contro la Chiesa». E il segretario di Stato Tarcisio Bertone esulta per piazza San Pietro «piena di giovani» a Pasqua: «E’ un Papa forte, sostenuto da tutta la Chiesa. E’ il Papa del terzo millennio».
La scelta di tirare in ballo Pio XII riapre il fronte con l’ebraismo. «E’ un’autodifesa scomposta e fuori bersaglio - protesta il rabbino Giuseppe Laras, presidente onorario dell’Assemblea rabbinica italiana -. Il paragone tra Ratzinger e Pacelli fa riesplodere una polemica mai spenta. E’ una mossa sbagliata, disperata, che nasce da una drammatica confusione ai vertici della Chiesa». Segno di una «strategia difensiva impulsiva e tutt’altro che ragionata». Secondo il rabbino Laras, «chiamare in causa Pio XII lascia intendere che dietro la bufera sui preti pedofili ci siamo noi ebrei che mobilitiamo l’opinione pubblica contro il Vaticano servendoci dello scandalo degli abusi». La Santa Sede «deve fare molta attenzione a come usa le parole e agli argomenti che mette in circolazione per tentare di difendersi». La «foga scomposta è pericolosa», avverte Laras, e «danneggia il lavoro di tanti, non solo ebrei, che si impegnano per scongiurare l’antisemitismo». Esternazioni «come quelle di Sodano alimentano istinti antisemiti e accrescono i rischi di infiammare gli esagitati». A «sconcertare e allarmare» i rabbini è «la scelta di mescolare questioni da tenere rigorosamente distinte come la disputa storiografica sul ruolo di Pio XII durante l’Olocausto e le violenze dei sacerdoti pedofili». Dunque, ammonisce Laras: «La Chiesa perde credibilità se non usa argomentazioni serie e aumenta il pericolo dell’antisemitismo». Secondo Sodano, «dietro gli ingiusti attacchi al Papa ci sono visioni della famiglia e della vita contrarie al Vangelo». Cioè, «è un contrasto culturale». Prima ci sono state «le battaglie del modernismo contro Pio X, poi l’offensiva contro Pio XII per il suo comportamento durante la Seconda guerra mondiale e infine quella contro Paolo VI per l’Humanae Vitae». Perciò «la comunità cristiana si sente giustamente ferita quando si tenta di coinvolgerla in blocco nelle vicende tanto gravi quanto dolorose di qualche sacerdote, trasformando colpe e responsabilità individuali in colpa collettiva con una forzatura veramente incomprensibile». Se «qualche ministro è stato infedele, non si può e non si deve generalizzare.
Certo ne soffriamo, e Benedetto XVI ha chiesto scusa più volte. Ma non è colpa di Cristo se Giuda ha tradito. Non è colpa di un vescovo se un suo sacerdote si è macchiato di colpe gravi. E certo non è responsabile il Pontefice», precisa Sodano che riafferma «i profondi vincoli di unità che stringono tutti i membri della Chiesa intorno a colui che lo Spirito Santo ha posto a guidare la comunità dei credenti». Sodano sente «un dovere di riconoscenza a Benedetto XVI per la dedizione apostolica con cui presta il suo quotidiano servizio alla Chiesa». La «critica non è aggressione», ribatte Amos Luzzatto, ex presidente Ucei: «La Chiesa generalizza unificando papi diversi come perseguitati». Intanto Bertone replica alle accuse contenute nei documenti del settimanale tedesco «Die Zeit» che gli imputano di aver bloccato nel 1998 il caso del prete americano Lawrence Murphy. «Non ho bloccato nulla. Abbiamo documentato il contrario sulla mia azione e quella dell’allora cardinale Ratzinger». Nel frattempo dopo padre Joseph Jeyapual accusato di una serie di abusi, un altro sacerdote, il reverendo Francis Nelson, s’è trasferito in India dopo aver scontato quattro mesi di carcere per aver molestato una ragazzina nell’appartamento della nonna a Brooklyn. Negli episcopati in Belgio e in Austria sono al lavoro commissioni di indagini sugli abusi, mentre la Radio Vaticana teme che «la campagna mediatica di odio anticattolico possa degenerare» e stigmatizza le scritte su una chiesa a Viterbo e l’aggressione del vescovo di Münster, Genn, durante la messa.



Mercoledì 07 Aprile,2010 Ore: 16:25
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La questione dei preti pedofili

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info