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www.ildialogo.org Rassegna stampa del 16/03/2010,

Pedofilia clericale - Notizie
Rassegna stampa del 16/03/2010

Non solo Europa, ora anche notizie dal Brasile e Cile.Le interviste a Ruini e Fisichella, ciò che sta succedendo a Bolzano e in Germania, Olanda, Irlanda. Lo scandalo non si arresta e i fedeli chiedono le scuse del Papa. Ma la gerarchia non ci sta a farsi processare. Per loro è meglio stare dalla parte degli accusatori dei peccati altrui.


Esteri

La decisione sul religioso, Peter H, annunciata oggi dall'Arcivescovado. Il sacerdote
fu spostato di sede per i suoi abusi, la prima volta, quando Ratzinger era arcivescovo
Monaco, la Chiesa sospende
il prete pedofilo e recidivo
 
MONACO DI BAVIERA - L'arcivescovado di Monaco di Baviera e Freising ha sospeso Peter H., il prete con precedenti di abusi sessuali su minori di cui si è riparlato molto, negli ultimi tempi, all'interno del dibattito su Chiesa e pedofilia scoppiato in Germania. Ma questo è un caso particolarmente scottante, visto che coinvolge, indirettamente, anche Benedetto XVI, quando era arcivescovo della città.

Il provvedimento è stato annunciato con un comunicato ufficiale. Il religioso è stato sospeso per avere violato il divieto di occuparsi di bambini e adolescenti e il suo diretto superiore, Josef Obermaier, ha rassegnato le dimissioni.

Il prete, 62 anni, era stato trasferito nel 1980 dalla diocesi di Essen (Nord Reno-Westfalia), dove aveva commesso violenze su minori, a quella di Monaco di Baviera, quando il Papa era arcivescovo del capoluogo bavarese e di Freising. Il sacerdote era stato accolto, "al solo scopo di farlo curare", aveva precisato nei giorni scorsi una nota della diocesi, ma l'allora vicario generale della capitale bavarese, monsignor Gerhard Gruber, aveva deciso invece di affidare al religioso un ruolo pastorale in una parrocchia, senza avvertire il suo superiore. Così le violenze si erano ripetute. Fino alla condanna a 18 mesi di prigione che gli era stata inferta nel 1986.
La Repubblica del 16 marzo 2010
 
 
PEDOFILIA NELLA CHIESA
Abusi sessuali in un convento bolzanino negli anni Sessanta: parla una vittima
Al quotidiano Tageszeitung l'uomo racconta di essere stato costretto a 15 anni a prestazioni sessuali dai frati. La Diocesi: "Segnalateci altri episodi"
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BOLZANO. Anche in Alto Adige scoppia lo scandalo degli abusi sessuali in convento, che sta scuotendo la vicina Austria.
La vicenda di un ex allievo che ha subito abusi in un istituto religioso bolzanino negli anni Sessanta viene raccontata dal quotidiano in lingua tedesca "Tageszeitung": l'uomo, all'epoca quindicenne, racconta di essere stato costretto dai frati a prestazioni sessuali in cambio di piccole somme di denaro.
L'ex studente parla di ripetuti abusi, addirittura in sacrestia, da parte di cinque frati. L'uomo, che resta anonimo, descrive le violenze subite all'eta' di 13-14 anni durante un soggiorno estivo nel convento senza entrare nei dettagli.

Gli abusi - cosi' l'altoatesino - sarebbero avvenuti ''una volta nei vigneti, l'altra in cantina e poi in stanza''. Sarebbe anche stato portato da un frate in sacrestia, dopo averlo aiutato ad allestire la chiesa per un matrimonio. La presunta vittima spiega ''di non aver mai avuto il coraggio di denunciare i fatti''.

''Solo ora, che in mezza Europa si parla di violenze sessuali commesse da uomini di chiesa, oso uscire dalle tenebre'', scrive. L'uomo afferma di essere omosessuale. ''Chi sa - aggiunge - se senza gli abusi subiti da ragazzino avrei avuto una vita eterosessuale''.

E la Diocesi di Bolzano e Bressanone, sulla home page del suo sito internet, prende posizione dichiarando che "ogni abuso è uno di troppo" e rinnovando l'invito ai fedeli a segnalare via e-mail _ all'indirizzo molestie@bz-bx.net _ casi di molestie e violenze, per valutarli, aiutare le vittime e punire i responsabili.

"La Diocesi _ si legge nel sito _ è profondamente rammaricata e condanna ogni tipo di abuso. La Chiesa desidera chiarire in modo sincero questi fatti, poiché le vittime ne hanno il diritto. Per questo motivo la Diocesi intende tra l'altro creare sul sito internet diocesano un forum in cui vengano esaminate eventuali segnalazioni di abusi".

Un'iniziativa che ha provocato la reazione del procuratore di Bolzano Guido Rispoli: il magistrato, pur lodando l'iniziativa della Curia, ha invitato il vescovo a segnalare eventuali episodi di abusi di cui fosse a conoscenza alla magistratura perché vengano avviate le indagini penali.

Sulle pagine dell'Alto Adige e del Dolomiten intanto, i responsabili del convento di Novacella, dove un altro altoatesino dice di avere subito costrizioni fisiche, si dicono disponibili a prendere contatto con l'interessato ''per vedere assieme che cosa fare'' e chiedono scusa a tutti coloro che negli anni passati abbiano subito violenze.

La vicina diocesi di Innsbruck, infine, ha fatto sapere alla agenzia di stampa Apa che sono 33 i casi di abusi segnalati dal 1995, 15 di questi soltanto negli ultimi due giorni.
(12 marzo 2010)
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da: L'Alto Adige - http://altoadige.gelocal.it/dettaglio/abusi-sessuali-in-un-convento-bolzanino-negli-anni-sessanta:-parla-una-vittima/1886954
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Il comunicato nel sito della diocesi:

Ogni abuso è uno di troppo
La Diocesi è profondamente rammaricata e condanna ogni tipo di abuso.
La Chiesa desidera chiarire in modo sincero questi fatti, poiché le vittime ne hanno il diritto.
Per questo motivo la Diocesi intende tra l'altro creare sul sito internet diocesano un forum in cui vengano esaminate eventuali segnalazioni di abusi. In questo modo si vuole assicurare che ogni segnalazione venga subito presa in considerazione e verificata, perché la protezione delle eventuali vittime ha la massima priorità.
Eventuali abusi verranno immediatamente esaminati dal responsabile diocesano per presunte molestie, il Vicario Generale Josef Matzneller.
Allo stesso tempo la Diocesi s'impegna nel campo della prevenzione nelle Istituzioni diocesane a promuovere una cultura dell'attenzione e un'educazione in cui si ponga al centro il rafforzamento della personalità di ogni bambino e di ogni giovane.

Responsabile diocesano per presunte molestie
Il Vicario Generale Josef Matzneller come responsabile diocesano per presunte molestie ha il compito di esaminare tutti i presunti casi di molestie e di abusi sessuali all'interno della Chiesa Cattolica.
Inoltre, dopo aver chiarito le varie posizioni ha il compito di sostenere le vittime e di prendere provvedimenti contro i responsabili. Si devono chiarire le conseguenze legali e all'interno della Chiesa e si devono trarne quindi le giuste conseguenze.
E-Mail: molestie@bz-bx.net
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da:
http://www.bz-bx.net/pls/bolzano/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=23998&rifi=guest&rifp=guest
 
 
 
Foglio intervista a Ruini
Intervista a don Camillo
Ruini contro l'assedio etico al clero, critico sull'operazione Bonino
"II tentativo di demolizione morale del cristianesimo risale addirittura a Nietzsche". "Diffamazione strategica" "Irricevibili le lezioni libertine"
di Paolo Rodari Il foglio 16 marzo 2010
Roma. Accetta di parlare della pedofilia dei sacerdoti. Difende il Papa, accusa i media e tutti coloro che alimentano il vento della diffamazione contro la chiesa cattolica. Perché quando l'argine delle diffamazioni supera il limite occorre reagire e dire una parola che resti. Nella sua abitazione appena fuori le mura leonine che delimitano la Città del Vaticano, di ritorno dall'abbazia benedettina di Santa Scolastica a Subiaco dove ha ricevuto il Premio "San Benedetto 2010", il cardinale Camillo Ruini, 79 anni compiuti da poco, guarda sospettoso il risalto che i mezzi d'informazione - giornali, tv e Internet - danno ai reati di pedofilia nei quali sono coinvolti sacerdoti. Un'analisi oggi necessaria   perché "seppure il reato di pedofilia è abominevole", dice al Foglio il vicario generale emerito del Papa per la città di Roma, "alcune considerazioni è arrivato il momento di farle". Ruini non è per nulla sorpreso della campagna di stampa di questi giorni che arriva a chiamare in causa anche il Papa. "Davvero non lo sono" dice. E spiega: "I reati di pedofilia sono sempre infami, specialmente quando commessi da un sacerdote. Per questo è più che giusto denunciarli e reprimerli e, nella misura del possibile, aiutare le vittime a superarne le conseguenze. E', inoltre, assolutamente doveroso prendere tutti i provvedimenti che possono prevenire nuovi reati". Tuttavia? "Detto ciò non si può far finta di non vedere che l'attenzione di molti giornali e degli ambienti che si esprimono attraverso di essi si concentra sui casi di pedofilia dei sacerdoti cattolici, sicuramente non più frequenti di quelli di tante altre categorie di persone.  E non si può nemmeno ignorare il tentativo tenace e accanito di tirare in ballo la persona del Papa, nonostante tutti i puntuali chiarimenti della sala stampa vaticana e di altre fonti attendibili". Dall'America all'Europa Sono anni che Ruini segue l'eco che la stampa italiana e internazionale da ai vari casi di abusi su minori attribuiti a sacerdoti, dal primo scandalo che occupò i titoli dei quotidiani di tutto il mondo - quello scoppiato nel 2002 in seguito alla scoperta di abusi sessuali perpetrati da più sacerdoti nei confronti di minorenni nell'arcidiocesi di Boston - fino a quelli di questi giorni che a macchia di leopardo sembrano poter interessare diversi paesi europei: Germania, Austria, Olanda, Irlanda, Svizzera. Due termini ricorrono con frequenza nella sua conversazione: "Campagna diffamatoria" e "strategia". Cioè? "A mio avviso la campagna diffamatoria contro la chiesa cattolica e il Papa messa in campo dai media rientra in quella strategia che è in atto oramai da secoli e che già Friedrich Nietzsche teorizzava con il gusto dei dettagli. Secondo Nietzsche l'attacco decisivo al cristianesimo non può essere portato sul piano della verità ma su quello dell'etica cristiana, che sarebbe nemica della gioia di vivere. E allora vorrei domandare a chi scaglia gli scandali della pedofilia principalmente contro la chiesa cattolica, tirando in ballo magari il celibato dei preti: non sarebbe forse più onesto e realistico riconoscere che certamente queste e altre deviazioni legate alla sessualità accompagnano tutta la storia del genere umano ma anche che nel nostro tempo queste deviazioni sono ulteriormente stimolate dalla tanto conclamata 'liberazione sessuale'?". Una domanda non retorica, quella di Ruini. Una domanda che, probabilmente, molti vescovi e cardinali vorrebbero porre seppure spesso non riescano ad averne il coraggio o a trovare il contesto giusto in cui avanzarla. "Quando l'esaltazione della sessualità pervade ogni spazio della vita e quando si rivendica l'autonomia dell'istinto sessuale da ogni criterio morale diventa difficile far comprendere che determinati abusi sono assolutamente da condannare. In realtà la sessualità umana fin dal suo inizio non è semplicemente istintiva, non è identica a quella degli altri animali. E', come tutto l'uomo, una sessualità 'impastata' con la ragione e con la morale, che può essere vissuta umanamente, e rendere davvero felici, soltanto se viene vissuta in questo modo". La rivendicazione dell'autonomia dell'istinto sessuale da ogni criterio morale, un'impostazione narcisistica e dunque autoreferenziale della sessualità, è l'opposto di quanto propone la chiesa. E' un modello che vola sulle ali retoriche di altri pulpiti. Alcuni di questi radicalismi di tipo libertino hanno rappresentanza nelle prossime elezioni regionali. Argomento ghiotto. Che cosa ne pensa il predecessore del cardinale Angelo Bagnasco alla guida dei vescovi italiani e del cardinale Agostino Vallini alla guida operativa della diocesi di Roma? "Voglio dire - dice Ruini - che condivido pienamente nei contenuti e nello stile la nota uscita domenica su 'Roma sette'. Visti i candidati che sono in gara, particolarmente nel Lazio ma anche in alcune altre regioni, è indispensabile richiamare l'attenzione sui temi veramente fondamentali che la nota richiama con chiarezza e precisione. Tra questi la difesa della vita umana in ogni fase della sua esistenza, il sostegno della famiglia fondato sul matrimonio tra uomo e donna e più in generale il rifiuto di un permissivismo che mina le basi della società". Ruini, come tutti i sacerdoti e i suoi confratelli vescovi, si attiene alle disposizioni che vietano loro di dare indicazioni di voto. Ma nello stesso ha letto bene il passaggio della nota che dice che "non è possibile equiparare qualunquisticamente tutti i progetti politici, perché non tutti incarnano i valori in cui crediamo". E ancora: "Non si possono concedere deleghe di rappresentanza politica a chi persegue altro progetto politico, che ci è estraneo e che non condividiamo". Dice, infatti, Ruini: "I cittadini che fanno riferimento all'etica cristiana, ma anche tutti coloro che vogliono salvaguardare le strutture portanti della nostra civiltà hanno qui un preciso criterio per l'esercizio del diritto/dovere del voto. Dopo le tormentate vicende relative alla presentazione delle liste è tempo infatti di concentrare l'attenzione sulle questioni di sostanza, anzitutto quella della scelta delle persone che dovranno guidare le regioni italiane".
 
PEDOFILIA: RUINI, ABUSI RIENTRANO IN CAMPAGNA DIFFAMATORIA CONTRO CHIESA
(ASCA) - Roma, 16 mar - ''I reati di pedofilia sono sempre infami specialmente quando commessi da un sacerdote. Per
questo e' piu' che giusto denunciarli e reprimerli e, nella misura del possibile, aiutare le vittime a superarne le conseguenze. E', inoltre, assolutamente doveroso prendere tutti i provvedimenti che possono prevenire nuovi reati'' tuttavia ''non si puo' nemmeno ignorare il tentativo tenace e accanito di tirare in ballo la persona del Papa, nonostante tutti i puntuali chiarimenti della sala stampa vaticana e di altre fonti attendibili''. Lo afferma in una intervista a 'Il Foglio' il card. Camillo Ruini, vicario generale emerito del
Papa per la citta' di Roma. ''A mio avviso la campagna diffamatoria contro la chiesa cattolica e il Papa messa in campo dai media rientra in quella strategia che e' in atto oramai da secoli e che gia' Friedrich Nietzsche teorizzava con il gusto dei dettagli - sostiene Ruini - Secondo Nietzsche l'attacco decisivo al cristianesimo non puo' essere portato sul piano della verita' ma su quello dell'etica
cristiana, che sarebbe nemica della gioia di vivere''.    ''E allora - conclude - vorrei domandare a chi scaglia gli scandali della pedofilia principalmente contro la chiesa cattolica, tirando in ballo magari il celibato dei preti: non sarebbe forse piu' onesto e realistico riconoscere che certamente queste deviazioni legate alla sessualita' accompagnano tutta la storia del genere umano ma anche che nel nostro tempo queste deviazioni sono ulteriormente stimolate dalla tanto conclamata 'liberazione sessuale''?''.
asp/mcc/lv
161049 MAR 10
 
 
Il Resto del Carlino
«Ecco la verità sul parroco arrestato per le molestie»
Mons. Vecchi. «La Curia non era al corrente»
Il Resto del Carlino 16 marzo 2010
DOPO quasi due anni il silenzio continua e i risarcimenti non arrivano. E allora alle famiglie di dieci bimbi di un paese della provincia di Ferrara, assistite dall'avvocato Claudia Colombo, non è rimasto che scrivere alla Curia di Bologna e sollecitare le provvisionali. Lettera partita alcune settimane fa. Motivo? Quei bambini, ha stabilito nell'aprile 2008 il tribunale, sono stati molestati dal prete che gestiva il loro asilo. Baci e palpeggiamenti sono costati una condanna a sei anni e dieci mesi e il pagamento esecutivo di 28mila euro: al momento è pendente il processo d'appello fissato per il 20 gennaio 2012. Dalle righe di Avvenire, intanto, arriva la «ricostruzione puntuale degli incontri presso la Curia di Bologna» con rappresentanti delle famiglie dei minori, tratta dagli appunti del vescovo ausiliare mons. Ernesto Vecchi, redatti all'epoca dei fatti. Al momento in cui quest'ultimo è stato nominato vicario generale (28 maggio 2004) i vertici della chiesa bolognese «non erano al corrente dei fatti attribuiti a un sacerdote diocesano, poi condannato». Si parte dal 21 luglio 2004. Vecchi riceve, su loro richiesta, il personale della scuola ferrarese, «una decina di persone». Emergono «critiche» al parroco sulla conduzione della parrocchia, sulla gestione della scuola e soprattutto sulla minaccia di licenziamento delle insegnanti per presunte irregolarità amministrative e carenze didattiche. Ma nessuno «ha fatto cenno alle accuse che hanno portato ai provvedimenti restrittivi nei confronti di quel sacerdote». 27 luglio: monsignor Vecchi informa il parroco di quell'incontro e gli ordina espressamente di «ritirare le lettere di licenziamento, come poi è avvenuto». 23 agosto: il sacerdote lo richiama per avvisarlo che sta esaminando l'archivio della Materna dove ha riscontrato molte irregolarità amministrative. Per questo manifesta l'intenzione di denunciare le responsabili, ma il vicario generale non lo autorizza. Si arriva al 22 settembre con le insistenze del parroco sulle responsabilità di alcune dipendenti della scuola per spese personali addebitate all'amministrazione dell'asilo. Il prete del ferrarese informa di aver contattato un avvocato perché «è sua intenzione procedere anche sul piano penale». Ma Vecchi stoppa tutto, il sacerdote ubbisce. Due mesi dopo, 15 novembre: alle 11.35 mons. Vecchi riceve un fax da una psicologa. La donna chiede con urgenza un incontro per trattare un argomento riguardante certe gravi accuse mosse contro il parroco. L'appuntamento è fissato sette giorni dopo ma slitta per un problema della psicologa. 5 gennaio 2005, in Curia arriva la notizia che il parroco è stato denunciato (poco dopo verrà arrestato). E solo in questo momento il vicario generale viene a conoscenza delle accuse che coinvolgono il suo sottoposto. n.b.
 
 
Germania, la rivolta dei fedeli "Via il pedofilo dalla parrocchia" 
La protesta in Baviera. I vescovi: "Ripensiamo al celibato"   
 È allarme anche in Olanda dove ben 137 religiosi sono coinvolti in casi di violenze in passato  ANDREA TARQUINI
La Repubblica 16 marzo 2010
dal nostro corrispondente
BERLINO - Contestazione aperta durante la Santa Messa contro il prete pedofilo in Baviera, crescente pressing dei politici cattolici tedeschi e dei media sulla Santa Sede, con una richiesta gridata: che il Santo Padre rompa il silenzio. Dai vescovi e dal mondo cattolico di Germania, un crescendo di appelli al Vaticano perché riveda l´obbligo del celibato. Poi la sospensione, annunciata ieri sera, dello stesso sacerdote, e le dimissioni del suo superiore, Josef Obermaier. Infine, dalla vicina Olanda, il grido di dolore di monsignor Jos Punt, vescovo di Amsterdam: «Non possiamo scusare i nostri torti, provo un forte shock e una profonda vergogna». Lo scandalo degli abusi pedofili in Germania, Austria, Olanda, e in altri paesi sta gettando la Chiesa guidata dal Pontefice tedesco «nella sua più grave crisi d´identità dal ‘45», ha detto il presidente della Gioventù cattolica germanica Dirk Taenzler.
La contestazione in chiesa è avvenuta a Bad Toelz, dove fino a poco fa l´abate H (cioè il prete pregiudicato per violenze pedofili a Essen, trasferito in Baviera col benestare della diocesi quando l´allora cardinale Ratzinger ne era vescovo, poi reo di nuovi abusi) officiava. Domenica, racconta la Sueddeutsche Zeitung, ha celebrato la Messa padre Rupert Frania. Nell´omelia ha parlato di atteggiamento "unilaterale" contro la Chiesa. Dalla nona fila della platea un giovane lo ha interrotto: «Basta, dovete parlare chiaro, non posso più ascoltare. Io sto per sposarmi, quel sacerdote doveva ufficiare il mio matrimonio, e solo dai media ho saputo del suo passato». Alcuni lo hanno applaudito, altri hanno gridato «chiudi il becco», molti fedeli hanno lasciato la funzione.
Questo è il clima sempre più difficile e pesante nella Chiesa tedesca. «Il Santo Padre deve parlare», afferma Taenzler. Aggiunge Wolfgang Thierse, un leader Spd dirigente dell´associazione dei cattolici laici: «La credibilità della Chiesa è stata intaccata, la Chiesa deve essere più onesta, ciò riguarda anche il Papa». L´associazione di base Ikvu chiede addirittura le dimissioni del Pontefice.
Sempre più vescovi - prima quello di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, poi quello di Salisburgo in Austria, Alois Kothgasser - chiedono di ripensare il celibato, di «riflettere se sia un´istituzione da cambiare» o se «accettare preti sposati e non più solo celibi», perché «l´essere umano deve avere esperienze anche nella sessualità, e il celibato può attirare persone dalla sessualità patologica».
Così parla, in rivolta, la Germania dei fedeli. In Olanda intanto si è appreso che ben 137 sacerdoti, frati e suore sono coinvolti in casi di abusi nel passato, e le denunce delle vittime sono almeno 350.
 
Le vittime accusano il cardinal Brady: non denunciò alla polizia le violenze dei religiosi 
"Tacque sugli abusi dei preti si dimetta il primate d´Irlanda"   
Ascoltò le confessioni nel tribunale canonico ma non ne parlò agli inquirenti 
ENRICO FRANCESCHINI
La Repubblica 16 marzo 2010
dal nostro corrispondente
LONDRA - Lo scandalo dei preti pedofili arriva al vertice della chiesa cattolica irlandese. La denuncia di una ex-vittima ha smascherato il ruolo avuto dal cardinale Sean Brady, massima autorità cattolica d´Irlanda, nelle sedute di un segreto tribunale canonico davanti al quale le vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti o suore venivano chiamate a testimoniare dalle alte gerarchie ecclesiastiche di Dublino, con l´obbligo di fare un "giuramento del silenzio" che li impegnasse a non rivelare mai a nessuno le violenze subite. Pur avendo redatto personalmente il contenuto di quelle sedute ed avendo condotto di persona parte degli interrogatori, il cardinale non riportò mai alla polizia, alla magistratura o ad altre autorità gli abusi subiti dalle due vittime, un bambino di 10 anni e una bambina di 14, né prese iniziative per rimuovere da incarichi religiosi l´autore degli abusi, padre Brendan Smyth, un prete notoriamente pedofilo, che continuò indisturbato a violentare e sconvolgere centinaia di bambini per anni. Il comportamento del cardinale non sarebbe venuto alla luce se non fosse che, a molti anni di distanza dai fatti, una delle due vittime ha deciso di denunciarlo alla magistratura.
La gravissima accusa segue lo shock provocato in Irlanda e in tutto il mondo cattolico dalla pubblicazione di due rapporti governativi lo scorso anno, che da un lato hanno rivelato migliaia di abusi sessuali compiuti da preti e suore irlandesi per decenni, e dall´altro sollevato un velo sul silenzio di governo, polizia e chiesa d´Irlanda davanti a quegli atti ignobili, silenzio talvolta diventato vera e propria complicità per coprire i misfatti e nascondere i colpevoli. Le rivelazioni hanno finora provocato le dimissioni o l´anticipato pensionamento di mezza dozzina di vescovi irlandesi. Ma adesso lo scandalo lambisce il cardinale, e la protesta diventa ancora più aspra. Amnesty International e le associazioni delle vittime degli abusi sessuali chiedono le dimissioni immediate di Brady. «La sua permanenza alla guida della chiesa cattolica di Irlanda è a questo punto diventata impossibile», dice Colm O´Gorman, direttore della sezione irlandese di Amnesty.
Ma il cardinale, che all´epoca dei fatti, avvenuti nel 1975, era un giovane sacerdote, per il momento rifiuta di dimettersi, sostenendo che si limitò ad "obbedire agli ordini" svolgendo un ruolo secondario nell´ambito del tribunale canonico; e che comunque il prete imputato dei fatti venne allontanato dall´incarico che svolgeva. In realtà padre Smyth fu semplicemente spostato da una parrocchia all´altra, e continuò ad abusare sessualmente giovani vittime fino al ‘93, quando venne finalmente arrestato.
 
Irlanda non si dimette il cardinale Brady.
Olanda, un nuovo scandalo
Il Messaggero 16 marzo 2010
BRUXELLES - Un totale di 137 tra preti, frati e suore sarebbero coinvolti nello scandalo su presunti casi di abusi nei confronti di minori nelle scuole cattoliche olandesi negli anni 50-60-70, secondo l’inchiesta condotta da Radio Netherlands. L’emittente radiofonica ha raccolto almeno 128 testimonianze di ex studenti di varie scuole cattoliche abusati sessualmente dagli insegnanti religiosi. Tra queste, anche quelle di nove emigranti. Secondo un rapporto condotto dalla radio, il picco degli abusi ha avuto luogo nel 1950 (43 denunce) e poi negli anni Sessanta (62). Tutte le testimonianze descrivono l’ambiente di omertà e paura che impediva alle vittime degli abusi di denunciare pubblicamente gli abusi. Secondo la Commissione consultiva episcopale «Aiuto e diritto», che sta conducendo un’inchiesta indipendente, le denunce sono almeno 350. L’ex ministro dell’educazione Wim Deetman sta preparando una relazione per l’inchiesta della Commissione.
Per quanto riguarda i casi emersi in Irlanda, il cardinale Sean Brady, ha detto domenica sera che non ha nessuna intenzione di dimettersi per la sua partecipazione ad alcuni incontri nei quali, a metà degli anni Settanta, sarebbe stato chiesto il silenzio ad alcune vittime di abusi sessuali imputati a esponenti del clero.
«Confermo di avere preso parte a questi incontri ma solo per acquisire eventuali prove nei confronti di padre Brendan Smyth», ha detto il prelato in una dichiarazione diffusa dalla Rte, la tv pubblica irlandese. «Non vi è stato nessun tentativo di occultare i fatti, anzi io ho creduto ai racconti delle vittime e ne ho informato l’allora arcivescovo McKinnan, francamente non vedo perché dovrei dimettermi», ha affermato. Alcune associazioni irlandesi per la difesa delle vittime di abusi sessuali domenica avevano chiesto al cardinale Brady di lasciare il suo incarico.
In Germania, intanto non si placano le polemiche. Il vice presidente del parlamento tedesco, Wolfgang Thierse, membro del comitato centrale dei cattolici tedeschi, ha dichiarato che «la credibilità della Chiesta sta traballando in modo molto grave» per i casi di pedofilia emersi in Germania e ha chiesto al papa «maggiore onestà». «La costernazione dei credenti è enorme», ha affermato Thierse alla tv pubblica Zdf, dicendosi favorevole a rilanciare il dibattito sul celibato dei preti. Secondo lui inoltre «la Chiesa deve essere più onesta e più severa con se stessa e questo vale anche per il Papa», chiamato in causa nei giorni scorsi per aver dato ospitalità nel 1980, quando era arcivescovo di Monaco, a un prete sospettato di pedofilia.
 
I racconti-appello dopo l'iniziativa del vescovo Karl Golser.  
Una vittima: abusi prima su di me, dopo su mio fratello e su  altri ragazzini
«Quel prete e le molestie durate tredici anni»  
Bolzano, le segnalazioni e-mail alla Curia
Di Giuseppe Sarcina  Corriere della Sera 16 marzo 2010
DAL NOSTRO INVIATO  BOLZANO — Le prime e-mail «anti-pedofilia» sono arrivate sabato  scorso, nella casella di posta elettronica appena aperta dalla  Curia di Bolzano («molestie@bz.net»). Un lungo messaggio scritto  da un professionista, ora in pensione. Più che una denuncia  è un racconto-appello al vescovo Karl Golser e al suo vicario  Josef Matzneller, incaricato di seguire questo particolare dossier.  La vicenda risale molto indietro, agli anni della guerra, e  ripercorre la storia di un ragazzine sfollato con la sua famiglia  a Nova Ponente, un paese a 30 chilometri dalle bombe di Bolzano.  Il protagonista di allora vive ancora in città e accetta di parlarne,  ma a condizione di mantenere l'anonimato. «Ho raccontato nei  dettagli le molestie che ho subito tanti anni fa da parte di  un giovane sacerdote, sulla trentina, biondo e molto dinamico.  Mi toccava sui pantaloncini, cercava di baciarmi, mi chiedeva  di accarezzarlo. Insomma un classico. Non era violento, ma  il suo comportamento era chiaramente inaccettabile. Ne sono  disgustato ancora adesso. So con certezza che ha continuato  a insidiare i ragazzini, specie gli studenti della scuola media:  c'è passato anche mio fratello, tredici anni dopo di me. Ma oggi, dopo tanto tempo, quello che mi interessa è cogliere  l'opportunità offerta dal vescovo e offrire un contributo per  un'operazione trasparenza che è arrivata con grande ritardo,  ma che comunque, finalmente, è arrivata». Per il momento Matzneller  non ha ancora risposto alle e-mail. In questi giorni fa sapere di essere molto impegnato e di confermare le dichiarazioni  rilasciate nei giorni scorsi al Corriere. Nelle palazzine della  Curia, alle spalle del Duomo, c'è solo il presidio del portavoce  Martin Pezzei. Risponde a scatti, anzi farebbe volentieri a meno delle domande suscitate da un'iniziativa che non ha  precedenti, a sentire gli esperti, nella storia recente della Chiesa cattolica in Italia. Tra l'altro la gestione un po'  approssimativa della comunicazione ha già provocato un mezzo  pasticcio in città. Domenica scorsa un quotidiano locale aveva titolato: «Molestie, molte segnalazioni alla Curia», e ora  il portavoce è costretto a inseguire, a precisare che «nessuno  ha detto che sono molte», che lui non può e non vuole «dare  numeri», perché «ogni abuso è di troppo», come recita lo slogan  diffuso via Internet. In realtà i vertici della Diocesi vogliono misurare i passi con grande cautela. L'invito a denunciare  molestie sessuali e comportamenti scorretti esisteva già da  qualche anno sul sito della Curia. Ma era praticamente invisibile, relegato nelle ultime schermate, quasi nei titoli di coda.  È stato il vescovo Golser a ordinare di collocarlo, con grande  rilievo grafico, nella prima pagina del sito. L'iniziativa  anti-pedofilia fa parte di una più ampia campagna di apertura  in una Diocesi (Bolzano-Bressano-ne) di 400 mila abitanti solcata  dal bilinguismo italo-tedesco, ma ora disorientata soprattutto  dall'impatto dell'immigrazione (nord-africani e molti cinesi).  Golser, da neanche un anno al vertice della Curia, segue con  grande attenzione tutto ciò che si muove in Austria e Germania  (qualcosa di più che buoni vicini di casa), dove da anni il  tema della pedofilia nella Chiesa viene dibattuto apertamente  sui siti di parrocchie e vescovadi. Naturalmente sono state   fondamentali anche le raccomandazioni del Papa (tedesco) Joseph  Ratzinger rivolte a tutte le Comunità ecclesiali. Nei prossimi  giorni la Curia si muoverà su due piani, il vescovo terrà alto  il profilo, perché ormai Bolzano può diventare un modello per  le altre diocesi italiane. Monsignor Golser insisterà, dunque,  sull'aspetto «pastorale», riassorbendo l'azione di contrasto  agli abusi sessuali nel grande capitolo della «riconciliazione  tra gli uomini e con Dio». Domenica scorsa, 14 marzo, ha già  colto l'occasione della «Giornata del seminario» a Bressanone  per mettere in guardia seminaristi e studenti, citando apertamente  l'insidia delle molestie sessuali. Matzneller, invece, agirà  con la massima discrezione, ma senza cestinare alcuna e-mail,  alcuna telefonata. In una prima fase il vicario ricostruirà  i fatti denunciati, accertandosi che non vi siano gli estremi  per una denuncia penale. Poi contatterà le «vittime», confronterà le loro versioni con i dati raccolti e, infine, se sarà il  caso, interverrà con un provvedimento disciplinare a carico  dei preti colpevoli. «Io spero che facciano sul serio - dice  ancora il firmatario della prima denuncia - ho scritto al vescovo  che non basta trasferire un sacerdote da una parrocchia all'altra.  Lo dico sulla base della mia esperienza: significherebbe solo  spostare un grave problema da una comunità all'altra».
 
Pedofilia
II primate d'Irlanda: non mi dimetto
Il primate d'Irlanda,  cardinale Sean Brady, ha detto di non  aver alcuna intenzione di dimettersi per la sua partecipazione  a incontri nei quali, alla metà degli anni '70, sarebbe stato  chiesto il silenzio ad alcune vittime di abusi sessuali compiuti  da religiosi «Non vi è stato alcun tentativo di occultare i  fatti — ha chiarito il primate — anzi io ho creduto nel racconto  delle vittime e ne ho informato l'allora arcivescovo McKinnan».  
Le misure
La lettera: più potere ai vescovi
CITTA DEL VATICANO  — La riflessione sulla crisi di fede come «fattore decisivo»,  la riorganizzazione della Chiesa con maggiori poteri ai vescovi.  L'ampia lettera del Papa agli irlandesi, in fase di traduzione, uscirà a fine settimana o all'inizio della prossima: linea  dura (trasparenza, denunce) e «soluzioni concrete». Come per  gli ordini religiosi: sono autonomi, ma gli scandali pedofilia  nelle loro scuole o istituzioni, spiegano Oltretevere, coinvolgono  tutta la Chiesa: «Sono indipendenti, però il vescovo deve occuparsi  di tutto il bene della diocesi». Niente più isole: per prevenire  «insieme» d dovrà essere un «collegamento» o una «collaborazione»  col vescovo.     
 
PEDOFILIA, NUOVI CASI DI ABUSI DAL BRASILE ALL'IRLANDA
Monaco,  si dimette il prete dello scandalo
Fedeli tedeschi: "II Papa  chieda scusa"
di ALESSANDRO ALVIANI GIACOMO GALEAZZI 
La Stampa 16 marzo 2010
Lo scandalo  pedofilia travolge la Chiesa mondiale. In Brasile due vescovi  e un sacerdote sono nella bufera per un video che documenta  i loro abusi sessuali su minori. Il primate d'Irlanda Brady,  accusato di aver indotto al silenzio le vittime delle violenze,  è pronto a lasciare su richiesta di Benedetto XVI. E in Germania  padre Hullermann è stato sospeso con effetto immediato. L'arcidiocesi  di Monaco, infatti, ha tolto tutti gli incarichi pastorali  al sacerdote che ha fatto si che lo scandalo pedofilia arrivasse  a sfiorare anche il Papa. Col consenso dell'allora arcivescovo  Ratzinger, padre Hullermann venne accolto nel 1980 a Monaco  per sottoporsi a una terapia (era stato accusato di abusi su  un undicenne a Essen); pochi anni dopo, però, fu denunciato  nuovamente per pedofilia e condannato. Hullermann «non si è  attenuto alle condizioni che gli erano state imposte», comunica  l'arcidiocesi: nel 2008 gli era stato vietato di lavorare a  contatto diretto coi minorenni; la scorsa estate era invece  in un campeggio per ragazzi a celebrare messa da solo. Comunque,  ha precisato l'arcidiocesi, non ci sono indizi che facciano  pensare che il sacerdote abbia commesso nuovi abusi da quando, nel 2008, era stato trasferito a Bad Tolz, nel Sud della Baviera.  Sempre ieri il superiore di Hullermann, il prelato Josef Obermaier,  ha deciso di rassegnare le dimissioni, prontamente accolte. È la seconda volta in 62 anni di vita che padre Hullermann  viene sospeso dall'arcidiocesi di Monaco. Dopo che nel 1980  l'allora vicario generale, Gerhard Gruber, decise autonomamente  di riaffidargli degli incarichi pastorali, il sacerdote rimase  dapprima a Monaco, poi venne spostato nella vicina Grafing.  Lì lavorò anche come insegnante di religione nel liceo locale.  Sei ore a settimana per tre mesi, dal 18 settembre 1984 all'inizio  delle ferie natalizie, il 21 dicembre. Poi, d'un tratto, fece  perdere le sue tracce. «Mi spiace dover rinunciare al mio incarico,  ma sono stato improvvisamente   trasferito», scrisse 1'8 gennaio  1985 in una breve lettera all'allora direttore. Pochi giorni  dopo, il 29 gennaio, veniva sospeso a causa di nuove accuse di pedofilia e l'anno dopo veniva condannato a 18 mesi con  la condizionale. «Nella scuola non è successo nulla; dev'essere quindi successo qualcosa in parrocchia, coi chierichetti»,  spiega l'attuale direttore del liceo di Grafing, Haraid Parigger.  Nel frattempo in Germania si allarga il fronte di quanti chiedono  a gran voce una chiara presa di posizione del Pontefice. Ieri  la stampa bavarese lamentava «il silenzio del Papa» e la Abendzeitung  arrivava persino a chiedergli «delle scuse ufficiali». Anche  la Gioventù cattolica ha auspicato un suo intervento e l'associazione  «Iniziativa Chiesa dal basso» (Ikvu) è arrivata persino a chiedere provocatoriamente le sue dimissioni. E, mentre il ministro  della Giustizia tedesco Sabine Leu-theusser-Schnarrenberger annunciava che incontrerà il 15 aprile il presidente della  Conferenza episcopale tedesca Robert Zollitsch, si è inserita  nel dibattito anche Angela Merkel. «La cancelliera accoglie  con favore il fatto che il Santo Padre abbia sottolineato espressamente  la necessità di far piena luce su questi fatti ripugnanti», ha detto un suo portavoce.
 
 
PEDOFILIA: BRASILE; VATICANO, NESSUN VESCOVO COINVOLTO

   (ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 16 MAR - Nessun vescovo brasiliano e' coinvolto nell'episodio di pedofilia emerso nei
giorni scorsi in Brasile, nel nordest del Paese. Lo ha precisato il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico
Lombardi, dopo la diffusione, da fonti brasiliane, della notizia dell'allontanamento di due vescovi e un sacerdote della Chiesa
cattolica brasiliana.(Sentite le autorita' della diocesi, padre Lombardi ha riferito che ''e' stato confermato che nessuna delle tre persone coinvolte e' un vescovo. Due di loro hanno il titolo di 'monsignore'. Uno di questi e' stato gia' dimesso da parroco ed e' sotto processo penale da parte della autorita' civili''.  Sarebbe quest'ultimo, a quanto si e' appreso, il protagonista di un video diffuso ad
Araparica.
   ''Le altre persone coinvolte - ha aggiunto il portavoce vaticano - sono un altro 'monsignore' e un sacerdote, sospesi dai loro compiti ecclesiastici e al centro di un procedimento canonico per sospetta pedofilia, ma - ha precisato - fino a questo momento hanno negato ogni addebito''.     Il titolo di 'monsignore' viene normalmente attribuito ai vescovi, ma puo' essere conferito a titolo onirifico anche a semplici sacerdoti con particolari funzioni.(ANSA).

     CNT

Apc-* Pedofilia/ Cile, arrestato religioso spagnolo In possesso di foto, indagato anche da magistratura spagnola

Roma, 16 mar. (Apcom) - José Angel Arregui Erana, insegnante e religioso spagnolo, è stato arrestato in Cile per possesso di immagini di pornografia infantile, ma è sotto inchiesta anche da
parte della magistratura spagnola che lo accusa di pedofilia. 

Sembra infatti che il 53enne religioso abbia girato delle immagini in alcune scuole di Madrid e Bilbao nelle quali ha insegnato: nei video verrebbero ripresi dei presunti abusi sessuali su minori. Come riporta il quotidiano spagnolo El Pais i Sacerdoti Viatoriani, la congregazione alla quale appartiene Arregui, si sono detti "costernati", precisando di non essere a conoscenza dell attività del religioso e che non risulta che nei suoi confronti sia stata presentata alcuna denuncia.

Arregui si trovava in Cile dal 2008, e insegnava in un istituto religioso di Santiago: la polizia cilena gli ha sequestrato migliaia di foto, materiale definito dagli inqurenti cileni "assai crudo".

Mgi

161123 mar 10GMT
 
 
«Lettera del Papa sulla pedofilia»
intervista a mons. Rino Fisichella, a cura di Gian Guido Vecchi
Corriere della Sera 15 marzo 2010
Sugli scandali dei casi di pedofilia nella Chiesa «tra poco uscirà la lettera del Papa agli irlandesi e
credo sarà un ulteriore esempio della sua voce chiara e decisa, senza alcuna dissimulazione», dice al
Corriere l’Arcivescovo Rino Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita. E
aggiunge: «Ci fosse anche un solo caso in Europa, e ahimè non è così, sarebbe troppo. Questi fatti
gettano ombre e dubbi su tutta la Chiesa: la tolleranza zero per noi non è un optional, è un obbligo
morale».
Eccellenza, in piena tempesta pedofilia c’è chi descrive il Papa come perso tra i suoi libri,
ignaro, in preda a un’angoscia paralizzante...
«Ma figuriamoci! Papa Benedetto XVI è una persona chiara, netta, determinata ed estremamente
lucida nella sua analisi. Una lucidità che lo porta, primo, a saper distinguere le cose e, secondo, a
prendere i provvedimenti necessari...».
L’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della pontifica Accademia per la vita nonché consultore
della Congregazione per la dottrina della fede, non è tipo da sopire o eludere. Tre anni fa, quando la
Rai trasmise il documentario della Bbc Sex, crimes and the Vatican, fu lui a metterci la faccia e
andare in studio a rappresentare la Chiesa. L’anno scorso intervenne sulla vicenda d’una bimba
brasiliana di 9 anni stuprata dal patrigno e rimasta incinta di due gemelli: pesava 30 chili, i medici
la fecero abortire, e mentre il vescovo locale annunciava scomuniche lui ricordò che la piccola
andava anzitutto «difesa e abbracciata con dolcezza», attirandosi strali integralisti. Ora premette: «A
costo d’essere frainteso, come nel caso di quella bimba, sui casi di pedofilia voglio essere molto
chiaro: io starò sempre dalla parte delle vittime. Sempre, e in ogni caso. Perché una simile violenza
grida vendetta al cospetto di Dio».
Contro i pedofili, il Papa ha evocato le parole di Gesù, «sarebbe meglio per lui che gli
mettessero al collo una mola e lo buttassero in mare»...
«Certo. Tra poco uscirà la lettera del Papa agli irlandesi e credo sarà un ulteriore esempio della sua
voce chiara e decisa, senza alcuna dissimulazione. Ci fosse anche un solo caso in Europa, e ahimè
non è così, sarebbe troppo. Questi fatti gettano ombre su tutta la Chiesa, soprattutto noi vescovi
dobbiamo considerarli con la massima serietà: la tolleranza zero voluta da Benedetto XVI non è un
optional, è un obbligo morale».
Parlava dei provvedimenti necessari. Ad esempio?
«Ora mi trovo negli Usa, per tre giorni sono stato in uno dei seminari più importanti del Paese e
posso dire che dieci anni dalle vicende di abusi su minori non sono passati invano: considerato ciò
che accade ora in Europa, l’esperienza americana può insegnare parecchio».
E cioè?
«Ho visto discernimento molto più attento nella selezione dei candidati, e un impegno nella
formazione accademica e spirituale senza precedenti, 130 seminaristi che fanno pensare a una
generazione nuova di sacerdoti seriamente impegnati».
Cos’è accaduto, prima?
«Paghiamo anni nei quali per diversi preti e religiosi è venuta meno l’identità sacerdotale: si è persa
per strada la spiritualità. Almeno dagli Anni Sessanta si è diffusa una cultura che ritiene tutto sia
ammissibile e ha compreso tutti, non solo la Chiesa».
E il celibato?
«Noi non siamo dei repressi: siamo persone che hanno fatto una scelta libera di dedizione e amore
per la Chiesa e coloro che ci vengono affidati. I pochi che vi attentano creano un danno enorme alla
stragrande maggioranza di preti che vive questa dimensione con gioia e serietà».
Non solo la Chiesa?
«Basta vedere le cronache, purtroppo. Se pensiamo che in Olanda c’è un partito che sostiene la
pedofilia... Ognuno deve fare i conti in casa propria, ma qui c’è un fenomeno generalizzato e la
società nel suo complesso è chiamata a risolverlo. L’essenziale è saper distinguere. Ed essere
onesti».
In che senso?
«Coinvolgere il Papa e l’intera Chiesa è una violenza ulteriore e un segno di inciviltà.
L’accanimento contro il pontefice, in particolare, è insensato: parlano per lui tutta la sua storia, la
sua vita, i suoi scritti. Ciò che disse negli Usa, due anni fa, è stato di una chiarezza cristallina come
ciò che dirà all’Irlanda».
E l’abolizione della prescrizione per i pedofili?
«Da mesi si stanno studiando queste cose: la Chiesa non agisce sotto pressione degli eventi ma per
il bene di tutti».
C’è una «cultura del silenzio» in Italia?
«I rari casi che si sono verificati sono diventati pubblici. La nostra cultura mi sembra ci allontani da
tutto ciò. E non penso né vedo che i vescovi in Italia vogliano usare il silenzio come
nascondimento: piuttosto, bisogna avere il tempo di valutare per non rischiare di rovinare un
innocente».
L’«accanimento» contro il Papa che effetto ha?
«Il Santo Padre non si fa intimorire. Proprio perché ha una visione profonda della vita e del servizio
che deve rendere a tutta la Chiesa e al mondo, saprà ancora una volta farci compiere un balzo in
avanti. Attentare all’autorità morale del pontefice e della Chiesa è una strategia tendenziosa che può
creare un danno permanente alla società. Ma non ci riusciranno».
 
Il tormento dello scrittore: violentato nel convitto a dodici anni
di Danilo Taino
Corriere della Sera 15 marzo 2010
Nella sua casa di Francoforte, a Sud del Meno, Bodo Kirchhoff sta scrivendo il suo nuovo romanzo.
È concentrato su quello. Nei giorni scorsi, però, ha trovato il tempo di scrivere un articolo, uscito
ieri sul settimanale Der Spiegel, nel quale racconta la sua esperienza di ragazzo dodicenne abusato
sessualmente, durante lunghe notti, nel convitto della sua scuola, sul Lago di Costanza. «Certo —
dice al telefono al Corriere della Sera — per la mia vita quella è stata una storia molto importante,
dolorosa. Ha anche avuto influsso sulla mia scrittura, anche se non ho mai trovato le parole per
raccontarla». È un nuovo caso, una nuova testimonianza nell’ormai lunga lista di denunce che nelle
scorse settimane sono state fatte contro i collegi tedeschi. Racconti di violenze sessuali, di punizioni
corporali, di meschinità e soprusi condotti dai tutori contro gli allievi. Un mondo buio che, mentre
viene alla luce, lascia allibita la Germania. Il lato interessante della confessione-denuncia di
Kirchhoff, 61 anni, uno degli scrittori di lingua tedesca più brillanti, sta nel fatto che la scuola dove
nel 1960 avvennero i fatti, a Gainehofen, non era un’istituzione cattolica ma protestante. Gran parte
degli abusi denunciati nei giorni scorsi ha coinvolto sacerdoti e insegnanti cattolici e questo ha
acceso un faro nella loro direzione. Il caso che ha riguardato Kirchhoff allarga ora lo spettro. Le
scuole cattoliche erano probabilmente all’avanguardia nelle oscure attività, ma non erano le sole:
nei decenni finali del secolo scorso, pochi collegi tedeschi (e non solo tedeschi) erano
probabilmente del tutto immuni da violenze e tensioni sessuali.
«Sì, credo che ci siano differenze tra la Chiesa cattolica e quella evangelica quando si parla del loro
rapporto con il sesso, anche se il problema esiste in ambedue — dice Kirchhoff —. I cattolici
tendono a nascondere di più, a parlarne meno. Soprattutto, hanno l’obbligo del celibato, che non
vale per i protestanti, e un certo peso lo ha sicuramente. L’internato creava ambienti favorevoli a
certi comportamenti». Kirchhoff — in Italia conosciuto come l’autore di «Romanzo da quattro
soldi» e di «Parlando», oltre per il fatto che nella Penisola passa parte della sua vita, a Torri del
Benaco, sul Lago di Garda — ha scritto che ad abusare di lui fu il responsabile dell’istituto e
Kantor, cioè direttore del coro. «No, non era sposato — dice al Corriere — e non era nemmeno un
pastore. Però era il mio insegnante di religione». Così lo descrive sullo Spiegel: «Un tipo sulla
trentina, con i capelli lunghi (già nel 1960), gran fumatore, proprietario di una spider. Una sera mi
portò in camera perché avevo il mal di testa. Mi tolse il pigiama, mi baciò con la bocca che sapeva
di tabacco, una cosa indimenticabile». Poi lo accarezzò fino a fargli raggiungere l’orgasmo. «Era un
grande Kantor e un maledetto pederasta», commenta. La pratica andò avanti per un certo periodo:
«Era il pastore delle mie voglie, non mi faceva mancare niente», scrive Kirchhoff.

“Io, bimbo schiavo nell’Australia dei buoni inglesi”
di Stefano Gulmanelli
La Stampa 15 marzo 2010
«Se non altro ora non si dirà che non è successo. Tutt’al più si potrà dire: grazie a Dio, non è
successo a me». Così David Hill ha accolto le parole del Primo Ministro inglese Gordon Brown,
che ha definito «deportazione d’innocenti» la politica d’emigrazione forzata con cui, fra il 1920 e il
1967, 150 mila bambini vennero spediti nelle colonie.
Hill, oggi sessantenne, è stato uno di loro. Più precisamente, è stato uno dei mille finiti negli anni
nella Fairbridge Farm School a Molong, una fattoria creata a 300 km a Nord di Sydney dalla
charity inglese Fairbridge per dare a bambini inglesi poveri e senza prospettive in patria
l’opportunità di un’istruzione e di una vita migliore, pur se lontani dalla famiglia. Ma Hill è anche
colui che, prima in un libro e poi in un documentario trasmesso dalla tv pubblica australiana Abc, ha
svelato come in realtà quelle strutture fossero spesso vere e proprie fabbriche di abusi d’ogni tipo,
anche sessuali.
«A livello ufficiale il silenzio è stato assordante - sottolinea Hill, diventato un alto funzionario della
Abc -. Per quanto riguarda chi è stato vittima, beh, non sono cose che si rivelano volentieri». «Molti
di noi non l’hanno detto neppure ai familiari più stretti - conferma Ian Bayliff, giunto a Molong nel
1959 -. Semplicemente non ne hanno mai trovato il coraggio».
Ancora pochi anni fa il programma Fairbridge era additato come uno dei migliori nel suo genere:
«Una forma imperiale di filantropia per l’infanzia in difficoltà» l’aveva definita Geoffrey
Sherington, preside della Facoltà di Pedagogia all’Università di Sydney. D’altronde, quando era
stato avanzato qualche dubbio circa i metodi usati nelle sue farm, la Fairbridge aveva sostenuto,
davanti a commissioni parlamentari ad hoc - inglese nel 1998 e australiana nel 2002 - di non sapere
di «abusi o trattamenti impropri».
Ma quello che Hill si è poi trovato di fronte durante la ricerca per il libro, che inizialmente doveva
essere celebrativo, racconta tutta un’altra storia. Nei documenti sui «forgotten australians», gli
australiani dimenticati, trovati nella conservatoria del New South Wales, si racconta di bambini
picchiati con frustini da cavallo, puniti per un nonnulla infilandone la testa dentro la tazza del cesso,
nutriti con cibo infestato dai vermi. Ma soprattutto si rivela come spesso fosse loro impedito di
finire la scuola, cosicché non avessero altra alternativa che restare a lavorare in fattoria - l’esatto
opposto di quanto promesso agli ignari genitori in patria. «E’ proprio assicurando che avremmo
avuto quell’istruzione che lei, vedova e povera, mai avrebbe potuto darci, che convinsero mia
madre ad affidare alla Fairbridge tre dei suoi quattro figli», ricorda Hill. Il quale poi arrivò
all’Università, ma solo perché tre anni dopo sua madre riuscì a emigrare in Australia e a riunirsi con
i figli: «Solo dieci dei mille ragazzi transitati nella Farm School di Molong sono arrivati a laurearsi:
tutti e dieci sono bambini che i genitori riuscirono a riprendersi».
Le prime rivelazioni su quanto avveniva nelle farm della Fairbridge si ebbero già negli Anni 50,
tanto che nel 1956 il governo inglese mise il programma della Fondazione sulla lista nera. Dalla
quale però uscì subito: bastò che la sede londinese della Fairbridge esercitasse le giuste pressioni,
minacciando l’intervento del proprio presidente, il Duca di Gloucester. Peraltro la charity aveva
sempre avuto il sostegno dell’aristocrazia inglese: la stessa regina Elisabetta II nel 1948 aveva
donato alla Fairbrdige duemila sterline della sua dote nuziale.
Le spedizioni di bambini nelle sedi della Fairbridge quindi ripresero e nel 1959, poco dopo il ritiro
del bando, toccò a Hill e ai suoi due fratellini partire per Molong. La dimensione del dolore e della
sofferenza inflitti nella Fairbridge Farm School è stata rivelata dal documentario prodotto da Hill,
che ha lasciato costernata l’opinione pubblica australiana. Nel programma, realizzato riunendo
proprio a Molong i superstiti fra i mille approdati nel corso degli anni, gli ex ragazzi della Farm
School hanno raccontato - molti per la prima volta - le angherie fisiche e psicologiche subite e
perfino gli abusi sessuali, come nel caso di quelli inflitti durante una visita ufficiale dall’allora
Governatore Generale d’Australia, Lord William Slim - un vero e proprio eroe e un mito nazionale.
Un dolore e una sofferenza che il tempo non ha certo lenito, anzi. «Man mano che invecchi - ha
detto alle telecamere con il groppo in gola Maggie Mac Lauchlan, deportata a Molong nel lontano
1939 - quei ricordi, che da giovane adulto eri riuscito a sospingere negli angoli più reconditi della
mente, riemergono. E sono più atroci che mai».
 
 


Martedì 16 Marzo,2010 Ore: 12:39
 
 
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La questione dei preti pedofili

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