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Bologna
La Curia sapeva del prete pedofilo e non fece nulla

La diocesi del card. Biffi prima e di Caffarra poi sempre pronti a condannare gay, divorziati e quant'altro non usa lo stesso metro verso quei preti che si macchiano di quello che il direttore della sala stampa vaticana ha definito "il peccato più grave". Due pesi e due misure.


Il caso
Prete pedofilo, la Curia sapeva da tempo 
Mons. Stagni: "Lo convocai e mi giurò che non era vero".
Poi toccò a mons Vecchi 
Un´insegnante: "Il vescovo disse: lei è quella che risolve i problemi? A me sembra che li crei" 
di MICHELE SMARGIASSI
Repubblica (Bologna) 10 marzo 2010

C´è in effetti un´inerzia che sorprende nel modo in cui la Chiesa bolognese ha affrontato fin dall´inizio il caso spinoso dei comportamenti del suo sacerdote poi condannato per pedofilia. A quanto affermano i legali della Curia, il vescovo vicario Ernesto Vecchi seppe delle accuse contro l´anziano parroco solo nel gennaio del 2005, a indagini dei carabinieri già avviate. Ma la Curia era stata informata di quelle voci molti mesi prima: eppure nessuno fece nulla per verificarne la veridicità. Erano state infatti le stesse insegnanti, nella primavera del 2004, dunque almeno otto mesi prima di rivolgersi esasperate ai carabinieri, a cercare le vie per far arrivare alle gerarchie i sospetti su quel che stava accadendo in quell´asilo di estrema provincia. Ne avevano parlato con il parroco di un paese vicino, che si era trincerato dietro un imbarazzato scaricabarile: «Non c´entro niente, sono fuori dal confine della parrocchia, quindi non posso intervenire in nessuna maniera, le cose riguardano il vescovo, le autorità nostre insomma». Poi ne avevano informato i dirigenti locali del Fism, l´associazione delle scuole cattoliche da cui dipendeva anche la loro, ricevendone segnali di irritazione e, secondo quanto riferisce a Repubblica un´altra maestra, perfino velate minacce di ritorsione: «Finché si scherza si scherza...».
Ma ad uno di questi colloqui assistette casualmente anche una coscienza eticamente un po´ più responsabile: una suora. Che, coinvolgendo un altro parroco, riuscì finalmente a far giungere le inquietudini delle insegnanti ai livelli gerarchici più alti: ovvero all´allora vicario generale della Curia, monsignor Claudio Stagni. Il quale convocò a Bologna il sacerdote chiacchierato, che poi raccontò così l´episodio al processo: «Mi è stato detto dal Vescovo Monsignor Stagni (...) ‘guarda, un confratello ha telefonato dicendomi che ci sono da parte tua degli atteggiamenti di pedofilia´. Io dissi al Vescovo: guarda, con tutta onestà e davanti a Dio ti dico che questo non è assolutamente vero». Il vicario si limitò a un paterno consiglio. «Il vescovo», riferì sempre a verbale il prete indagato, «mi ha consigliato ‘cerca di entrare nella scuola il meno possibile, cerca di stare attento perché sai che la gente è cattiva´». Nessuna delle maestre dell´asilo fu chiamata a spiegare, nessun genitore fu informato. «Gli credetti», ricorda oggi monsignor Stagni, «perché era un sacerdote che non aveva mai dato problemi di quel genere, e mi raccontò che c´erano dei dissapori con le maestre, per cui pensai che quelle voci fossero state gonfiate da un po´ di malevolenza. Non potevo prevedere… Se vuole sapere come la penso, forse avrà commesso qualche imprudenza, ma non riesco a credere a violenze sessuali».
Era una primavera di cambiamenti in via Altabella: nominato da poco, l´arcivescovo Caffarra stava rivoluzionando gli incarichi. A metà aprile Stagni lasciò Bologna per diventare vescovo di Modigliana, e al suo posto subentrò Vecchi. Possibile che non sia avvenuto tra loro uno scambio di consegne su un caso così delicato e appena emerso? Al processo, Vecchi lo negò risolutamente, e anche Stagni oggi conferma: «Non gliene parlai perché non ci fu un vero e proprio passaggio diretto di funzioni, comunque allora non mi parve fosse una cosa così grave».
Nel frattempo il sacerdote, ammonito, si era in effetti messo tranquillo per un po´, e le insegnanti si convinsero che forse il problema era superato. Purtroppo non fu così, e con la ripresa delle lezioni a settembre la nuova coordinatrice assistette ad altri squallidi comportamenti. Ma a quel punto mobilitare di nuovo la Curia sembrò un´impresa. La coordinatrice chiese appuntamenti che si infransero sulla scrivania del segretario di monsignor Vecchi. Solo quando, il 15 novembre, via fax, fece allusioni allarmate a «un problema che può portare, vista la gravità delle accuse, a estreme conseguenze: denunce alle autorità, stampa ecc.», venne finalmente convocata dal vicario, ma con toni che non promettevano molta disponibilità all´ascolto: «Ma lei non era quella che doveva risolvere i problemi? Mi sembra che ne stia creando!», si sentì apostrofare. Comunque ormai era troppo tardi, la denuncia era già partita, e allora fu la coordinatrice a rinviare: «non avevo più molto da attendermi dalla Curia che era stata così poco sensibile; soprattutto non volevo presentarmi da sola, come mi chiedevano, volevo ci fosse un testimone». L´incontro tra la coordinatrice, un genitore e il monsignore avverrà comunque l´8 gennaio 2005 e sarà tempestoso: Vecchi s´indignerà per non essere stato avvisato di una situazione di cui, abbiamo visto, la Curia in realtà era a conoscenza già da quasi un anno; e farà capire ai due visitatori di non avere intenzione di essere ulteriormente coinvolto: «Questo incontro non è mai avvenuto» è la frase con cui ricordano di essere stati congedati, che Vecchi smentisce ma che la coordinatrice conferma a Repubblica: «Ce lo scandì chiaro, sulla soglia dell´ascensore».
Sottovalutazioni, fastidio, imbarazzi, segreti, responsabilità negate: non è esattamente l´atteggiamento che le recentissime posizioni vaticane sembrano auspicare in questi casi, a meno che la svolta della trasparenza non valga solo per i vescovi irlandesi o tedeschi.


 



Mercoledì 10 Marzo,2010 Ore: 17:12
 
 
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La questione dei preti pedofili

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