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www.ildialogo.org LA TESTIMONIANZA DI UN UOMO ABUSATO DA BAMBINO.,di Maria Teresa D’Antea.

Preti pedofili
LA TESTIMONIANZA DI UN UOMO ABUSATO DA BAMBINO.

di Maria Teresa D’Antea.

Ringraziamo Maria Teresa D’Antea per questo articoloche uscirà sull’inserto diocesano di Toscana Oggi, la prossima settimana.
E’ appena uscito per i tipi della Piemme un libro che fa luce sul mondo oscuro e perverso della pedofilia, ha come titolo “La perdono, padre” ed è arricchito da una lucida e coraggiosa prefazione di papa Francesco. L’autore, Daniel Pittet, è un uomo che nell’età prepubere, dai nove ai quattordici anni, fu abusato, in Francia, da un cappuccino, macchiatosi di numerosi altri crimini su preadolescenti, circa duecento, e mai condannato. Il racconto autobiografico non fa usare all’autore nessun filtro e nessuno schermo, tanto è il desiderio di denunciare la violenza subita e la sofferenza patita. Si leggono pagine di un realismo sconcertante, in cui alla brutale reificazione dell’infanzia si associa il disprezzo per la condizione di estrema povertà del bambino. Negli abusi da parte di uomini di Chiesa si riscontra quasi sempre questa aggravante: le vittime appartengono alle fasce sociali più povere e più indifese. Papa Bergoglio scrive: “Si tratta di una mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna”. Si potrebbe anche aggiungere che è contrario alla cosiddetta morale comune, che offende ogni umana convivenza dove i bambini dovrebbero essere protetti amati educati e non usati come docili attrezzi per un piacere sadico e perverso, da annoverare solo tra le patologie. Purtroppo la pedofilia è antica, nella nostra cultura affonda le sue radici nel mondo greco e ogni liceale un po’ sveglio prima o poi capisce che il celebrato filosofo Socrate, padre della filosofia, fu costretto a bere la cicuta perché abusava dei suoi giovanissimi allievi. E siccome l’accusa era vergognosa anche per quei tempi non cristiani, si preferì dire, per una consolidata ipocrisia maschile, che fu condannato a morte “perché offendeva gli dei”, in quanto si asteneva dal culto per Giove, Giunone e gli altri. Certo è che nessun crimine offende tanto la divinità quanto abusare dei minori, sia prima che dopo di Cristo. Ma solo in tempi recenti la pedofilia si è configurata come reato grave, anche se rare sono le condanne dei tribunali, perché c’è spesso una rete di omertà da parte degli adulti che preferiscono coprire il pedofilo anziché salvare il bambino. Questo è forse l’aspetto più avvilente di tutto il problema della pedofilia: adulti, familiari, confratelli che vedono, sanno e non denunciano. Daniel Pittet si è salvato da solo e, pur avendo ricevuto violenza da parte di un religioso, non ha perduto la fede, avendo avuto occasione di conoscere nel corso della sua vita un’altra Chiesa, genuinamente aderente ai valori evangelici. Questa fede gli ha dato anzitutto la forza di perdonare il suo aguzzino. E solo sulla fecondità del perdono ha potuto formarsi una famiglia, avere ben sei figli, di cui una adottata, scrivere un libro verità sui traumi subiti da bambino e far pervenire il libro nelle mani del papa. Francesco non si è tirato indietro come molti cortigiani gli consigliavano di fare, ma si è esposto in prima persona per sanare le ferite di una Chiesa degradata dal vizio più turpe. Papa Francesco, con la mitezza e l’energia che lo contraddistinguono, ha risposto così a tutti i cortigiani del mondo: “Non dobbiamo nascondere, non dobbiamo negare, non dobbiamo minimizzare”. Gesù potrebbe aggiungere: “Chi ha orecchi da intendere, intenda!”.
Maria Teresa D’Antea.



Venerdì 24 Marzo,2017 Ore: 18:17
 
 
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La questione dei preti pedofili

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