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www.ildialogo.org UN VESCOVO ALLA GOGNA,di Ernesto Miragoli

L'opinione
UN VESCOVO ALLA GOGNA

di Ernesto Miragoli

(02-09-14)

L’applicazione change.org ci sollecita ad apporre una firma affinché il vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi, sia dimesso dallo stato clericale per le vicende che l’hanno visto coinvolto in prima persona per il comportamento reticente ed omertoso che ha mantenuto verso due preti pedofili della sua diocesi, quando era vescovo di Savona.
Firmo pochi appelli che mi pervengono dalla rete e, in questo caso, non firmerò l’appello.
Conosco mons. Lafranconi perché è un prete della diocesi di Como ed è stato mio insegnante di Patrologia, Morale e Storia della Chiesa nel corso teologico. A me personalmente non era simpaticissimo e non mi sembrava neppure un insegnante di gran livello, però il suo dovere lo faceva bene, si aggiornava ed era abbastanza chiaro nell’esposizione.
Quando seppi che era stato nominato vescovo di Savona mi stupii un poco: non mi sembrava la persona che avesse le caratteristiche per guidare una comunità, ma in quel periodo la diocesi di Como, retta da mons. Maggiolini che era amico del card. Re – allora Prefetto della Congregazione dei Vescovi – in pochi anni propose tre sacerdoti della diocesi come vescovi: mons. Festorazzi (Ancona), mons. Lafranconi (Savona), mons. Cantoni (Crema) e, al riguardo di mons. Lafranconi, pensai che, delle due, l’una: o come vicario episcopale non si era rivelato un granchè ed allora l’episcopato era un promoveatur ut admoveatur (come si dice in gergo ecclesiale), oppure che era ritenuto una persona molto valida per la guida di una diocesi.
Per dirla tutta propendevo per la prima ipotesi, ma mi ricredetti quando seppi che mons. Lafranconi fu promosso vescovo di Cremona, diocesi lombarda di oltre 300mila abitanti. Evidentemente, pensai, il mio giudizio è stato affrettato, anche perché mons. Lafranconi svolse nella Cei il ruolo di presidente della commissione episcopale per la famiglia: una spinta la puoi avere, ma poi devi anche guadagnarti i gradi sul campo.
Da vescovo di Cremona mons. Lafranconi i gradi se li guadagnò con una disposizione che suscitò scalpore: in occasione della Pasqua consente a tutti i preti della sua diocesi di assolvere tutte le donne che confessano di aver abortito. Per chi non è addetto ai lavori: abortire è un peccato grave che non può essere assolto da un sacerdote comune, ma deve essere assolto o dal vescovo in persona, o dal vicario generale o dal sacerdote al quale il vescovo ha delegato poteri in tal senso che, in genere, è il Canonico Penitenziere della Cattedrale diocesana. E questa disposizione del vescovo Dante (oggi si preferisce chiamare così il vescovo diocesano e molti vescovi, adeguandosi alla moda, firmano documenti e lettere con il solo nome aggiungendo “vescovo” e anteponendo la croce) mi sembra un gesto che è manifestazione della grande misericordia di Dio. Anche in questo caso, quando appresi la notizia, apprezzai il vescovo Dante e mi ricredetti per l’opinione non eccelsa che ho avuto di lui.
Ultimamente, però, il vescovo Dante è balzato ai disonori della cronaca per un fatto grave: il tribunale di Savona ha condannato due preti della diocesi che è stato provato siano pedofili. I due presbiteri hanno ripetutamente compiuto atti osceni nei riguardi dei ragazzi e delle ragazze loro affidati. Il vescovo Dante, venuto a conoscenza della cosa, l’ha praticamente tacitata e, invece di dimettere i due presbiteri dallo stato clericale, li ha trasferiti da una parrocchia ad un’altra, dove essi hanno continuato a lordarsi ed a lordare i giovani affidati alle loro cure pastorali.
La vicenda ha assunto un’eco mediatica non solo per il fatto che i due presbiteri, finiti in tribunale, sono stati condannati, ma anche perché il vescovo Dante, intervistato dai media, è sempre stato reticente sull’argomento. Non solo: ad aggravare la sua posizione vi sono testimonianze di parroci che avevano come collaboratori i due presbiteri condannati e che dicono di aver fatto presente la cosa al vescovo Dante ed ai suoi due successori (uno di questi, mons. Calcagno, è diventato cardinale) senza che nessuno di essi abbia preso i seri provvedimenti previsti nel Diritto Canonico e sanciti nel documento papale dei “delicta graviora”.
Adesso si vuole che il papa dimetta dallo stato clericale il vescovo Dante.
Francamente la richiesta mi pare eccessiva non tanto perché vorrei guardare con occhio benevolo un vescovo che conosco da tanti anni, ma perché non capisco questo accanimento contro una persona sola. Di vescovi pedofili (e anche di cardinali pedofili) ce ne sono stati e forse ce ne sono ancora, ma non sono mai stati dimessi dallo stati clericale. Il vescovo Dante non è e non è stato un pedofilo: perché dovrebbe essere penalizzato più di suoi colleghi che invece lo sono o lo sono stati?
Di vescovi che hanno coperto casi di pedofilia nelle proprie diocesi ce ne sono stati e ce ne sono ancora (un caso per tutti: il vescovo di Como, Diego Coletti, non ha mantenuto un comportamento molto cristallino nei confronti di casi di pedofilia accaduti nella diocesi. Io stesso ho auspicato che, per decenza, si dimettesse da vescovo), ma nessuno è mai stato dimesso dallo stato clericale: perché proprio e solo il vescovo Dante?
La richiesta, infine, mi pare eccessiva proprio perché conosco un poco la persona.
Che non è un cuor di leone.
Forse, conoscendo bene come avrebbe dovuto comportarsi perché l’ha insegnato per decenni a generazioni di preti, è stato lì, lì per prendere la decisione di spretare questi preti, ma poi sono prevalse due ragioni che appartengono alla mentalità del vescovo Dante, quella della misericordia e quella della redenzione.
Quando eravamo suoi studenti ci consigliava di leggere tanti libri e, fra questi, ce n’è uno “L’uomo peccatore” di Blomm, in cui si tratta l’argomento del peccato proprio sotto l’ottica della misericordia verso il peccatore e della sempre possibile redenzione del peccatore stesso.
Mons. Lafranconi ha sbagliato, su questo non c’è alcun dubbio, come non c’è alcun dubbio che abbia contravvenuto a precise disposizioni ecclesiali che avrebbe dovuto attuare proprio in quanto vescovo. Ma non credo che abbia sbagliato solo per difendere l’immagine della chiesa di Savona. Credo, piuttosto, che abbia voluto essere per i preti incriminati un segno della misericordia di Dio e abbia pregato per la loro redenzione. Con lo stesso spirito con cui ha esteso la possibilità che tutti i preti della sua diocesi assolvano dalla scomunica chi ha abortito.
Per questo non firmerò.



Mercoledì 03 Settembre,2014 Ore: 15:33
 
 
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La questione dei preti pedofili

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