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www.ildialogo.org Per una Chiesa libera dalla paura di un Dio adirato. Un’analisi sulle cause profonde degli abusi sessuali,da Adista Documenti n. 22 del 09/06/2012

Per una Chiesa libera dalla paura di un Dio adirato. Un’analisi sulle cause profonde degli abusi sessuali

da Adista Documenti n. 22 del 09/06/2012

DOC-2445. CHICAGO-ADISTA. Se si vuole veramente che la Chiesa debelli il germe che ha dato origine allo scandalo degli abusi sessuali, occorre che alcuni elementi della cultura cattolica cambino drasticamente, a cominciare dall’immagine di un Dio adirato, responsabile del senso di colpa che è alla base di una personalità immatura, fino al celibato sacerdotale obbligatorio, che cessa di essere un dono e una vocazione nel momento in cui, appunto, diventa una condizione forzata. Così ha affermato il vescovo ausiliare emerito di Sydney, mons. Geoffrey James Robinson, teologo e canonista, nel corso di una conferenza tenuta a Chicago il 28 marzo scorso e intitolata “Changing the culture” (di mons. Robinson, che nel mese di marzo ha tenuto diverse conferenze nel corso di un tour degli Stati Uniti, Adista ha già pubblicato un testo sulla dottrina cattolica riguardante la sessualità; v. Adista Documenti n. 16/12).

Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, riportiamo ampi stralci della conferenza tenuta da mons. Robinson a Chicago. (l. e.)

CAMBIAMO LA CULTURA

di Geoffrey Robinson

La Chiesa è chiamata a svolgere tre compiti principali, se vuole sradicare l'abuso sessuale: l'identificazione e la rimozione di tutti i responsabili, l’assistenza alle vittime, e l’individuazione e il superamento delle cause fondamentali sia dell’abuso che della scarsa risposta che a questo è stata data. Il mio discorso di oggi riguarda il terzo di questi aspetti, cioè l’individuazione delle cause di fondo. Mi permetto alcune osservazioni preliminari.

In primo luogo, vi sono alcune cause comuni a tutti i trasgressori e altre specifiche di ogni singolo responsabile. Tra queste due categorie, esistono, all'interno di società o di organizzazioni particolari, fattori che possono favorire il verificarsi degli abusi, o che possono aggravare il problema, producendo una risposta inadeguata. Inutile dire che la Chiesa deve guardare ai fattori più generali, propri della società moderna, che possono aver contribuito al verificarsi degli abusi, ma senza mai escludere quelli interni alla Chiesa stessa. Infatti, essa può intervenire su questi ultimi in un modo in cui non può intervenire sulla società, è ad essi che si deve prestare particolare attenzione. In secondo luogo, è più probabile che l'abuso si verifichi quando i tre elementi di una psicologia malsana, di idee malsane e di un ambiente di vita malsano convergono. (…). È più probabile che si registri una risposta inadeguata ogni qualvolta all'interno della cultura il bene delle persone venga posto in secondo piano rispetto al bene non tanto della comunità quanto dell'istituzione.

In terzo luogo, (…) dobbiamo essere liberi, studiando gli abusi, di seguire qualunque direzione, piuttosto che imporre in anticipo delle limitazioni, affermando per esempio che il nostro studio non deve richiedere un cambiamento di insegnamenti o di leggi. Dobbiamo ammettere che ci potrebbero essere elementi della “cultura cattolica” che hanno contribuito o agli abusi o alla risposta inadeguata che è stata loro data. In questo quadro vorrei suggerire alcuni elementi di quella cultura che meritano seria considerazione.

1. IL DIO ADIRATO

In ogni religione tutto, senza eccezioni, dipende da quale Dio sia oggetto di culto. È il fatto più importante di qualsiasi sistema religioso, poiché da questo deriverà ogni aspetto del sistema. Nella Chiesa cattolica, la lunga storia di un Dio adirato, di cui l'Inquisizione ha rappresentato solo l'esempio più lampante, ha determinato, nonostante i discorsi sull’amore, una pratica basata piuttosto sulla paura (…). Di conseguenza, la spiritualità è stata vista troppo spesso nei termini negativi dell’abnegazione, dell’auto-umiliazione e del rifiuto del "mondo", e la vita cristiana è passata troppo spesso a consistere, prevalentemente, nel comportamento giusto di fronte a un Dio giudicante. Il senso di colpa ha svolto un ruolo troppo grande. Si tratta di idee malsane che hanno contribuito ad azioni malsane.

2. IMMATURITÀ MORALE

Di fronte a un Dio giudicante, e sotto la costante minaccia del fuoco dell'inferno, la considerazione fondamentale è quella di evitare di compiere azioni sbagliate. Ma, se gli esseri umani devono crescere, sono necessarie due cose: le azioni giuste e l’assunzione della responsabilità personale rispetto alle proprie azioni. Le azioni giuste sono necessarie, perché non si cresce mentendo, rubando o commettendo un omicidio. È altrettanto necessario, tuttavia, che ci si assuma la responsabilità personale delle proprie azioni. Se un uomo di 40 anni fa tutto quello che i suoi genitori gli dicono di fare e non pensa in modo autonomo, vuol dire che la sua crescita è stata gravemente compromessa. Un’insistenza unilaterale a fare la cosa giusta, a scapito del fatto di pensare autonomamente e di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, produce esseri umani immaturi. E anche questo trova il suo fondamento nella paura piuttosto che nell’amore. L’immaturità morale rende le persone incapaci a far fronte alle molte e varie tentazioni di fronte a cui si troveranno nel corso della vita, e va aggiunta alla lista dei fattori che contribuiscono al clima malsano in cui gli abusi possono prosperare. E la stessa immaturità non ha aiutato le autorità a rispondere agli abusi.

3. IL SESSO E IL DIO ADIRATO

Per secoli la Chiesa ha insegnato che ogni peccato sessuale è un peccato mortale. (…). Questo insegnamento oggi non può più essere enunciato ad alta voce come prima, ma è stato proclamato da molti papi, non è mai stato ritrattato e ha colpito un numero immenso di persone, alimentando la fede in un Dio terribilmente arrabbiato, che condannerebbe una persona per l'eternità per un solo istante di desiderio sessuale. È infatti l'insegnamento sulla morale sessuale quello che, più di qualsiasi altra cosa, ha mantenuto viva e forte all'interno della Chiesa l'idea di un Dio adirato. Un’idea che ha rappresentato il contributo più significativo alla cultura malsana che sto cercando di descrivere, alla base dell’atteggiamento morboso di una sessualità oscura, segreta e problematica. Tale insegnamento, inoltre, ha contribuito a porre l'accento sul peccato sessuale contro Dio piuttosto che sull'offesa nei confronti del minore abusato. (…). Credo che Dio non sia turbato dai desideri o dagli atti sessuali in sé e per sé, ma che lo sia molto dai danni arrecati alle persone. (…).

4. LA CHIESA MASCHILE

L'abuso sessuale dei minori è prevalentemente un problema maschile. (…). In relazione alla risposta agli abusi, la tentazione di posporre tutte le altre questioni all’importanza prioritaria del proprio buon nome e del proprio onore, con il conseguente occultamento di tutto ciò costituisce un motivo di vergogna, è anch’essa in gran parte maschile (…). L'abuso sessuale si è diffuso in una Chiesa in cui tutto il potere è nelle mani degli uomini, in cui tutti i dogmi, gli insegnamenti, le leggi, i costumi e perfino gli atteggiamenti sono maschili. (…). In effetti, i modi degli uomini di essere umani sono stati visti come normativi per tutti. Escluse dal pulpito e dall'altare, le donne non hanno avuto alcuna voce nell’articolare la dottrina, la morale o il diritto della Chiesa. Alla loro saggezza non è stato permesso di interpretare il Vangelo, né alla loro spiritualità di guidare la Chiesa in preghiera. È sicuramente ragionevole supporre che, se fosse stata data alle donne maggiore importanza, la Chiesa non avrebbe registrato lo stesso livello di abusi e avrebbe risposto in maniera molto più adeguata a questo problema prevalentemente maschile.

5. UNA CULTURA DEL CELIBATO

La cultura dominante è stata centrata non solo sui maschi, ma sui maschi celibi, poiché tutto il potere è nelle loro mani. Il celibato era considerato l'ideale, e l'unica concessione consisteva nel fatto che, come afferma Paolo, «è meglio sposarsi che ardere» (1Cor 7, 9). Non sto affermando che la preferenza per il celibato sia la causa unica o principale dell’abuso, ma credo che abbia rappresentato un contributo significativo, sia direttamente che indirettamente. Ed ha offerto sicuramente un importante contributo all’altro enorme problema che la Chiesa non ha ancora iniziato ad affrontare: l'abuso sessuale nei confronti di donne adulte. In realtà, non è il celibato in sé a costituire un problema, ma il celibato obbligatorio. Un celibato abbracciato liberamente in nome di un amore appassionato verso Dio e verso le persone non è insano. Ma un celibato che, qualche tempo dopo la professione definitiva o l'ordinazione, non venga più desiderato e accettato è tanto malsano quanto pericoloso, perché privo di amore, potendo così determinare una psicologia patologica (ad esempio la depressione), idee malsane (ad esempio la misoginia) e un ambiente malsano (ad esempio la solitudine).

La preparazione per una vita di celibato nei seminari e nei noviziati è stata formulata negativamente (non fare questo, evitare quest’altro), e c’è stata poca possibilità di costruire amicizie sane, soprattutto con le donne. L'unica risposta che è stata offerta è che Dio avrebbe fornito tutto l'amore e l'amicizia di cui uno avrebbe potuto aver bisogno. Non è sufficiente, tuttavia, che le autorità dicano che i sacerdoti e i religiosi hanno assunto liberamente l'obbligo del celibato, che l'amore divino è abbondante e che tutto ciò di cui c’è bisogno è pregare di più. Questa sottovalutazione dell'importanza dell'amore umano e dell’amicizia presenta gravi pericoli. Alcuni giovani potrebbero essere pronti ad abbracciare una vita senza sesso, ma nessun giovane sano di mente dovrebbe mai abbracciare una vita senza amore. Purtroppo, molti sacerdoti e religiosi stanno vivendo la loro vita senza dare e ricevere un livello minimo di amore. Ciò può condurre non solo all’una o all’altra forma di abuso, ma anche a problemi come l'alcolismo, la misoginia e la brama di potere.

Correttamente inteso, il celibato è un dono, e bisogna seriamente discutere se sia possibile istituzionalizzare un dono gratuito di Dio nel modo in cui lo ha fatto la Chiesa cattolica. (…). Per quanto riguarda la risposta agli abusi, sembra ovvio che maschi celibi non risponderanno dell'abuso sui bambini con la forza istintiva e la passione di chi ha figli propri (…).

6. ORTODOSSIA E ORTOPRASSI

Troppo spesso l'ortodossia (il pensare rettamente) è stata anteposta all’ortoprassi (l’agire rettamente). Se un prete è fedele a tutti gli insegnamenti papali, i suoi “errori” morali possono essere facilmente perdonati. Ma se non è fedele anche ad un solo insegnamento, nessuna azione positiva potrà riscattarlo. Può essere perdonato un prete pedofilo, ma non chi sia a favore della contraccezione o dell'ordinazione delle donne. Anche questo fa parte di una cultura malsana, riflettendo l'idea malata che fede significhi adesione intellettuale a delle proposizioni piuttosto che una risposta di tutto il proprio essere all’amore di Dio. Dobbiamo ricordare che Gesù ha detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni verso gli altri», e non «se tutti voi recitate lo stesso Credo».

7. LA MISTICA DEL SACERDOZIO

«Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio» (Eb 5, 1). Il testo greco dice solo che un essere umano come tutti gli altri viene scelto per il compito di sacerdote, ma la traduzione latina utilizzata dal tempo di San Girolamo fino a pochi anni fa usava il termine assumptus, da cui è derivata una mistica del sacerdozio (e, in misura minore, della vita religiosa) come qualcosa di superiore. Innumerevoli cattolici hanno sperimentato questo atteggiamento nei sacerdoti. È esattamente questo il tipo di idea insana che può contribuire al verificarsi di abusi, e la sessualità è solo uno dei modi in cui i sacerdoti e i religiosi possono pensare di essere speciali, differenti dagli altri esseri umani, e non soggetti alle restrizioni a cui sono legati gli altri. I privilegi di questa mistica risulteranno sempre attraenti per molte persone immature, garantendo ai sacerdoti e ai religiosi un accesso privilegiato ai minori e conferendo loro una potente autorità spirituale su di essi, rendendo più facile l’abuso. (…). Il fatto che sacerdoti e religiosi siano normali esseri umani dovrebbe risultare ovvio, ma le autorità, i sacerdoti, i religiosi e i cattolici tutti hanno molto lavoro da svolgere in questo campo. Ovunque vi siano sacerdoti o religiosi decisi a scendere dal loro piedistallo, si incontrano anche molti cattolici impegnati ad insistere perché vi risalgano. C'è una insistenza quanto mai pericolosa sul fatto che i sacerdoti e i religiosi debbano essere perfetti o, perlomeno, che così sembrino. (…).

8. PROFESSIONALITÀ

Se, nella maggior parte delle attività umane, si registra da diversi decenni una forte tendenza ad una maggiore professionalità, sacerdoti e religiosi sono invece rimasti molto indietro. L’idea di essere al di sopra degli altri esseri umani porta con sé infatti quella di non avere bisogno dell’assistenza e del controllo che sono invece comuni per gli altri. Alla luce di quanto è accaduto, esiste un disperato bisogno che i sacerdoti e i religiosi recuperino rapidamente il ritardo rispetto alla società, acquisendo un’autentica professionalità in tutto il loro operato. Tra gli elementi che necessitano una considerazione seria ed immediata, si incontrano:

- un migliore processo di selezione dei candidati da parte di una giuria che non comprenda solo membri del clero e che faccia pienamente ricorso ad una valutazione psicologica;

- una formazione permanente che sia attenta allo sviluppo umano come allo sviluppo religioso e sacerdotale, perché non può esistere un buon sacerdote che non sia innanzitutto un buon essere umano;

- una corretta valutazione professionale ogni cinque o sei anni, con la partecipazione della comunità, su tutti gli aspetti del lavoro del sacerdote o del religioso, compresi eventuali segnali di attività nocive o pericolose;

- un direttore spirituale;

- un supervisore con il quale i sacerdoti o i religiosi possano discutere del loro lavoro e di come hanno affrontato situazioni problematiche; (…)

- un codice di condotta che definisca le modalità previste e accettabili in varie circostanze;

- una forma di abbigliamento (ad esempio una cravatta distintiva) che serva ad identificare il sacerdote o il religioso, ma, in conformità con l'uso moderno, senza sottolinearne l’“alterità” rispetto alla gente comune;

- l’attenzione alle condizioni di vita, in modo da agevolare una sana vita emotiva.

Bisogna aggiungere un'ulteriore considerazione. (…). Il Codice di Diritto Canonico prevede la rimozione di un parroco qualora il suo ministero pastorale, anche senza sua colpa grave, risulti dannoso o almeno inefficace. Allo stesso modo, bisogna prevedere la rimozione dal sacerdozio o dalla vita religiosa di chi, anche senza colpa, abbia dimostrato una inidoneità radicale per quel tipo di vita. (…).

9. UN PAPA CHE NON PUÒ AMMETTERE I PROPRI ERRORI

L’infallibilità riguarda in teoria solo un numero molto ristretto di insegnamenti, proclamati solennemente dal papa. Ma in pratica il mantello dell’infallibilità copre anche molte altre questioni. Nel fenomeno noto come “infallibilità strisciante”, questa si estende a tutti gli insegnamenti, le leggi e le pratiche in cui sia stata investita una quantità significativa di energia e di prestigio papale. Un esempio è l'insegnamento sul controllo delle nascite. All'enciclica Humanae Vitae mancavano i requisiti tecnici dell’infallibilità. E tuttavia è stato prodigato uno sforzo tale in questa dottrina che per molte persone è del tutto impensabile che il papa possa essersi sbagliato, perché ammetterlo pregiudicherebbe seriamente il prestigio papale.

Ciò rende estremamente arduo che un papa o coloro la cui posizione dipende dal prestigio papale possano ammettere che è stato commesso un errore su una questione importante. In particolare, che si tratti di un dogma o di un insegnamento ordinario o semplicemente di una legge o di una pratica antica, sarebbe estremamente difficile per un papa di oggi affermare che la maggior parte dei suoi predecessori ha sbagliato. (…). Esaminando le cause della risposta inadeguata agli abusi, a questo aspetto deve essere dato un posto assai rilevante.

10. FEDELTÀ A UN PAPA CHE HA TACIUTO

Prima di essere ordinato vescovo, ogni candidato deve formulare un giuramento di fedeltà al papa: non a Dio, non alla Chiesa, ma al papa. Ogni vescovo deve essere “un uomo del papa” e i vescovi prendono molto seriamente tale giuramento. Se, nel momento in cui sono emerse le prime accuse di abuso, il papa avesse detto pubblicamente ai vescovi di rispondere senza timori e apertamente, mettendo sempre le vittime davanti al buon nome della Chiesa, credo che le conseguenze sarebbero state profonde.

Le prime accuse sono emerse agli inizi degli anni ’80, e per i vent’anni successivi il papa è stato Giovanni Paolo II. Bisogna dire, purtroppo, che la sua risposta è stata modesta. Per un cruciale periodo di vent’anni, la fedeltà ad un papa che ha taciuto ha prodotto, tra i vescovi, silenzio e occultamento. Se il papa avesse parlato, non si può ovviamente garantire che ogni vescovo avrebbe seguito il suo esempio. Ma credo di poter affermare con convinzione che la lealtà profonda al papa da parte di tutti i vescovi avrebbe giocato a favore delle vittime, mentre il suo silenzio ha fatto sì che tale fedeltà abbia lavorato contro. L'autorità va accompagnata dalla responsabilità. Giovanni Paolo, che tante volte ha rivendicato l'autorità, avrebbe dovuto accettare la responsabilità. Se il compito più importante di un papa è sicuramente quello di costituire la “roccia” che tiene insieme la Chiesa, il papa, con il suo silenzio di fronte alla più grave crisi morale della Chiesa dei nostri tempi, ha fallito in questo compito fondamentale. Io sentivo che mi veniva richiesta una «sottomissione dell'intelligenza e della volontà» al silenzio e alle parole di un papa, e in materia di abuso non ho potuto farlo. La beatificazione di questo papa reticente è stato un altro duro colpo per tutte le vittime.

11. UNA CULTURA DEL SEGRETO

(…) Per molti secoli il segreto ha rappresentato una parte importante della cultura vaticana. Le azioni sbagliate possono essere facilmente perdonate, il peccato imperdonabile è quello di renderle pubbliche. Parlo per esperienza personale, dal momento che un vescovo colpevole di abuso sessuale nei confronti di una donna adulta è stato effettivamente promosso, mentre io sono stato rimproverato per aver criticato la gestione della questione da parte del Vaticano.

Come indicano gli Atti degli Apostoli, Pietro, il primo papa, non era al di sopra delle critiche e doveva rispondere alla Chiesa delle sue azioni (11,1-18). Oggi, al contrario, il papa è ritenuto al di sopra delle critiche, non deve rispondere alla Chiesa e va protetto e difeso in ogni modo possibile.

Questa ossessiva cultura del segreto ha costituito un fattore determinante nella cattiva gestione dell’abuso. È disdicevole che, se l'intera Chiesa è stata lenta a rispondere correttamente agli abusi, la più lenta di tutte è stata la burocrazia centrale. Mettendosi sulla difensiva, dando la colpa ai mezzi di comunicazione, guardando al modo in cui la Chiesa è stata trattata, protestando che essa è migliore di altre organizzazioni che se la sono cavata con poco, difendendo il papa a tutti i costi e dissociando la Chiesa dai malfattori al suo interno, i vari esponenti della burocrazia hanno dimostrato di aver perso di vista ciò che veramente conta.

12. IL SENSO DEI FEDELI

Il Concilio Vaticano II ha parlato del sensus fidei o sensus fidelium, quella sensibilità istintiva, quel potere di discernimento che i membri della Chiesa possiedono collettivamente in materia di fede e di morale. È certo che il Popolo di Dio nel suo insieme non ci avrebbe condotto nel caos in cui ci troviamo, poiché il sensus fidei avrebbe prodotto una risposta molto più rigorosa e, oserei dire, cristiana. (…). Il papa e i vescovi hanno perso credibilità ed è solo il popolo di Dio che può loro restituirla. Se la Chiesa deve andare avanti, questa lezione deve essere appresa, perché escludere il popolo di Dio è stato un atto suicida.

Si vedrà che la maggior parte dei fattori che ho menzionato trovano in gran parte la loro origine nell’idea del Dio arrabbiato. E non sarà sufficiente un bel paragrafo in un documento pontificio sull’amore di Dio: ci vorrà uno sforzo immenso per sradicare tale idea da tutti gli aspetti della Chiesa. In definitiva, la Chiesa non può pensare a partire da un Dio arrabbiato, perché il cambiamento può venire solo dall'esperienza vissuta dell’amore di Dio.

Quanto le persone siano influenzate dai fattori citati può variare notevolmente da una persona all'altra. E nemmeno tutti i fattori considerati insieme eliminano la responsabilità individuale. Sono sempre consapevole della frase di John Henry Newman, «Non c'è nulla su questa terra di così brutto come la Chiesa cattolica, e nulla di così bello». Nonostante tutte le brutture, c'è anche grande bellezza, e io non ho mai voluto abbandonare questa bellezza. C'è ancora molta strada da fare prima di riuscire a comprendere appieno tutti i fattori causali implicati nella pedofilia dei sacerdoti e dei religiosi. Non dobbiamo aspettare che una convincente prova scientifica dimostri il ruolo di questi fattori negli abusi o nell’inadeguatezza della risposta, ma occorre rimuoverli ora, perché sono insani. Se ci fosse un attacco concertato a questi fattori, per esempio attraverso un Concilio, ci si convincerebbe che la Chiesa, finalmente, sta affrontando la questione dell’abuso.

Articolo tratto da
ADISTA
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Mercoled́ 06 Giugno,2012 Ore: 15:40
 
 
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La questione dei preti pedofili

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