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www.ildialogo.org Collirio per il Cardinale: apra gli occhi.,di don Paolo Farinella

Collirio per il Cardinale: apra gli occhi.

di don Paolo Farinella

[pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro di Genova di domenica 22 maggio 2011, p. XIX con il titolo: «Se il coraggio dei milanesi fa da apripista per tutti noi»]
La notizia più eclatante e più bella che emerge in questa settimana è la sconfitta di Berlusconi e della Lega, preludio di una Italia più onesta e più decente. A 151 anni dalla breccia di Porta Pia, celebriamo con letizia «la breccia di Pisapia» che con gentilezza da galantuomo ha sgonfiato i palloni gonfiati di Berlusconi e Bossi, vuoti di onestà, ma pieni di malaffare, di illegalità spudorata e di indecenza etica. Merito anche dei cattolici milanesi ravveduti che hanno cominciato a restituire alla città di Sant’Ambrogio, di Martini e di Tettamanzi quell’onore e dignità che le appartengono. Il vento del nord veleggia verso il sud e a Napoli un magistrato onesto, tutore della legalità s’impone su uomini di apparato e di camorra. Da Pisapia a De Magistris, un’Italia migliore è possibile, sperando che il Pd impari la lezione e torni al suo popolo di origine e non lo tradisca mai più. Un altro segnale di speranza concreta è il successo del movimento a Cinque Stelle, l’esercito pacifico di Grillo, il vero destabilizzatore di queste elezioni e io credo delle prossime venture. E’ bello ricominciare a sperare e dopo il tunnel berlusconista vedere la luce in prospettiva. Anche in Italia:  «Yes, We can! – Possiamo/dobbiamo farcela!».
Purtroppo, però, devo ritornare di nuovo sulla squallida vicenda di pedofilia e droga, delitti orrendi consumati all’ombra di una chiesa, la tenda del convegno, che avrebbe dovuto tutelare i piccoli, gli indifesi, la credibilità di Dio e della istituzione Chiesa. Vi sono costretto, anche dopo il mio intervento di giovedì scorso, perché ho riletto con attenzione due valutazioni. La psicanalisi definisce don Riccardo Seppia «narcisista sadico», dunque affetto da una patologia irreversibile che può essere contenuta e guardata a vista, ma non curata. Dall’altra parte il cardinale arcivescovo che si dichiara sinceramente sgomento perché «sconvolto dal dolore in quanto nulla faceva presagire» quanto è successo. Il cardinale, forse ancora sotto choc, non si rende conto della gravità della sua affermazione perché il messaggio che trasmette è tragico: «da noi i preti diventano preti anche a nostra insaputa». Esattamente come Scajola che acquista un immobile con vista sul Colosseo «a sua insaputa». Se non ci fosse la tragedia di minori coinvolti e mamme tossicodipendenti costrette a vendere i figli all’orco vestito di sacri paramenti, ci sarebbe da ridere, ma ridere non si può: ci troviamo nell’abisso dell’inferno che non può essere liquidato con una battuta.
  Se il cardinale non sapeva, vuol dire che la logica che presiede il reclutamento dei preti è una sola: in tempi di vacche magre, pur di avere qualche chilo di preti in più, si accettano «oves et boves» purché garantiscano l’ossequio formale. Il numero contro la qualità. Eppure il cardinale dovrebbe conoscere la realtà del clero più intimamente e lui sa che non parlo a vanvera. Di fronte a questi fatti, qualunque istituzione seria avrebbe messo in discussione contestualmente la funzione del direttore spirituale, del confessore e del rettore del seminario che non mi pare abbiano competenze specifiche, oltre quelle di essere uomini di ordine e di sistema e qualcuno affetto anche dal demone della carriera. No, don Riccardo Seppia non è un incidente di percorso, ma un risultato logico di un sistema clericale che perpetua se stesso con gli stessi metodi del secolo scorso. Nell’anno sacerdotale indetto da Benedetto XVI non si trovò di meglio che offrire come modello il santo curato d’Ars, degna figura, ma figlia del suo tempo, l’800. Possibile che nel III millennio bisogna ancora e sempre guardare al passato? Sant’Oscar Romero, vescovo e martire delle Americhe non era forse più adeguato a suscitare preti innamorati di Dio e dei loro popoli? Spero che il cardinale Bagnasco voglia aprire gli occhi e, se vuole, posso prestargli un po’ di collirio detergente.


Mercoledì 01 Giugno,2011 Ore: 11:08
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Ernesto Miragoli Como 13/6/2011 07.24
Titolo:Solo collirio?
L'articolo di don Paolo centra il problema del clero e del suo "reclutamento": si guarda al passato. Sì, siamo una chiesa che vive di ricordi e di nostalgie per un mondo che non c'è più.
E meno male che non c'è più!
Era un mondo fondato sul sacro come potere e non sulla sacralità come proposta. Era un mondo in cui - come si dice in Lombardia - "pret e re: o parlan ben o tasè (preti e re: o parlarne bene o tacere)". Era un mondo che aveva dei valori che tuttora sono validi, ma che erano fondati più sul perbenismo che sull'autenticità.
Paolo stimola il suo Pastore (Bagnasco è vescovo della sua chiesa) e, bonariamente, lo invita ad aprire gli occhi prestandosi metaforicamente a fornirgli del collirio (di cui Paolo, reduce da intervento agli occhi, conosce certamente i benefici). Credo che il collirio non basti, a meno che uno dei principi attivi del preparato sia il Ginseng, radice di pianta orientale celebre anche in occidente.
Oltre al collirio serve anche la "voglia di vedere".
Di questa voglia di vedere non trovo che siano dotati molti vescovi i quali, secondo i canoni classici ai quali fa riferimento Paolo nel suo articolo, sono modellati su uno schema di episcopato che è ancora "onore e promozione" e non "servizio e dedizione". Stanno fra la gente, ma non s'accorgono che la gente li onora senza accoglierli perchè non sono testimoni di un Messaggio, ma solo proclamatori di verità codificate e stantie.
Ernesto Miragoli

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La questione dei preti pedofili

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