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Pedofilia clericale
Per tre anni un prete abusò di me

"Mi diceva: ti faccio da papà. Poi mi abbassava gli slip e metteva le mani dappertutto, per molto tempo".
"Due volte ne ho parlato alla Chiesa, due volte mi hanno imposto il silenzio. Mi sono serviti anni di analisi per uscirne".
Salvatore Domolo Ex sacerdote, 45 anni, fu abusato da un prete dagli 8 agli 11 anni. E fu costretto al silenzio dai suoi padri spirituali. Ora denuncia l’orrore.


Dal quotidiano City di giovedì 14 ottobre 2010 pa. 19
Quale la sua storia?             
Fui abusato dagli 8 agli 11 anni dal prete della mia parrocchia. La mia famiglia era povera e molto religiosa. I miei erano separati, mia ma­dre seguiva da sola 7 figli. Quel prete iniziò a dirmi: "rifaccio io da papà...".
Cioè?
Mi faceva fare lavoretti in casa, o in giardino. Quando avevo finito mi faceva entrare in casa, mi dava da bere liquori, e poi mi tirava giù i pantaloni. Con la scusa che avevo buchi negli slip me li sfilava e mi metteva le mani dappertut­to, per molto tempo. E per parecchie volte.
Come reagiva?
All'inizio, dato che non ne avevo avuto uno, pensavo che un papà facesse questo ai figli. Ma percepivo il fa­stidio, e cominciai a stare male. A volte andavo in cantina a piangere, prima di andare a messa, dove dovevo fargli da chieri­chetto. Provai anche a cu­cirmi gli slip da solo. Mi dicevo: se non ci sono buchi non me li toglierà. Ma lui mi diceva: "Chi ha cucito così male?", e rico­minciava...
Come faceva a farla tacere?
Diceva che quello che faceva era per il mio bene, per farmi sentire la presenza di un papà. Un inganno semplice da fare a un bambino di 8 anni con carenze affettive.
Come fece a farlo smettere?
Decisi di entrare in seminario. Per due motivi: volevo fuggire dalla situazione ed essere diverso da lui: un prete dalla parte della gente, davvero evangelico.
In seminario si confidò con qualcuno?
Dopo qualche mese cominciai a fidarmi di un padre spirituale, e gli raccontai tutto. Mi fece inginocchiare e mi disse: "Questo è un peccato, va confessato". Capisce? Il peccato era mio! E alla mia richiesta: "Ma che facciamo col prete, che è ancora in parrocchia?", rispose: "Bisogna affidarlo alla misericordia di Dio e non parlarne con nessuno". Così feci. Stando malissimo: buli­mia, sensi di colpa..
E poi?
Presi consapevolezza di essere omosessuale, e da prete iniziai a vivere la sessualità in modo attivo. Tra difficoltà enormi, sen­so di colpa e di "sporcizia". Così ne parlai con un altro padre spirituale, che mi incoraggiò a fare un lavo­ro psicologico, pretenden­do però di essere presente alle sedute. Quando, dopo anni, la psicologa – una sua amica - riuscì a farmi parlare degli abusi, lui mi disse: "Quel prete va affidato a Dio, non devi parlarne con nessuno". Ripresi a star male, an­dai in crisi. Il mio vescovo di allora sapeva degli abusi, perché mi aveva chiesto di poter parlare con i padri spirituali e la psicologa, anche se non avrebbe potuto farlo. Feci un'esperienza a Mila­no come prete operaio, poi andai a Roma. li cercai una psicologa al di fuori dalla Chiesa. Ne trovai una, e la prima domanda che le feci - da prete! -fu: "Lei è credente?". "No", disse. "Bene", risposi, "allora possiamo lavorare insieme".
Quando arrivò la svolta?
Nel 2001. Dopo altri due anni e mezzo di lavoro psicologico.
Denunciò il sacerdote?
All'epoca aveva 86 anni. Il reato penale era pre­scritto, avrei potuto fare una causa civile. Ma non lo denunciai. Mi dissi: lui non ha rispettato il mio essere bimbo, io voglio rispettare il suo essere vecchio. Lo ha perdonato?
Sì. E sono arrivato anche a considerarlo una vittima della Chiesa. Il Vangelo parla di un Dio che vuole servire l'uomo così com'è: un messaggio che continua ad affa­scinare. La Chiesa l'ha ca­povolto, dicendo che l'uo­mo deve servire Dio sotto­mettendosi a lui, in tutti i modi, se vuole salvarsi. Co­sì la gente, per paura e sen­so di colpa, è costretta a sottomettersi alla gerar­chia. Di qui nascono gli abusi.
Lei ha scelto di non essere più prete, e si è anche sbattezzato. Crede ancora?
La mia esperienza spirituale è una continua ri­cerca di Dio nell'uomo, in me e nelle altre perso­ne. Chi va servito è l'uomo: Dio non ha bisogno di esser difeso né servito!
Riesce a vivere la sessualità in modo sereno?
Sì. Ora ho un compagno, e ho rielaborato una visione positiva della sessualità. L'esperienza fi­sica, psichica, affettiva della dimensione sessua­le, vissuta in una relazione, rende la persona consapevole di se stessa, e permette di vivere la pienezza dell'esistenza.
Che cosa prova per la Chiesa?
Né odio né rancore. Chiedo verità: non c'è giusti­zia senza verità, non c'è perdono senza giusti­zia.
Lei ha aperto un sito per denunciare gli abusi (www.lacolpa.it) Quanti casi avete raccolto?
Circa cento. Un numero che però è appunto "so­lo" un numero, vista la forza che ancora oggi la Chiesa ha in Italia. Anche per questo occorre parlare del problema: più se ne parla, più le vitti­me si sentono protette e capite, e trovano il co­raggio di farsi avanti.
Se incontrasse il Papa, che gli direbbe?
Ora non lo vorrei incontrare. Lo farei solo se dicesse in modo chiaro che la Chiesa è stata complice: nascondendo casi, spostando preti, facendo finta di niente. In nome deU'immagine si sono sacrificate vittime bambine. Senza que­st'ammissione ogni "dialogo" sarebbe un tenta­tivo di usare gli abusati per rafforzare l'immagi­ne della Chiesa. E io non voglio più essere usato.
Che pensa della risposta della Chiesa allo scan­dalo?
Non sta facendo nulla, non c'è stato pentimento reale. Eppure a compiere quei gesti sono coloro che per la Chiesa sono uo­mini di Dio, di cui famiglie e bambini si fidano. Que­sto rende la pedofilia cleri­cale un eccidio. Le vittime, i sopravvissuti, vivono con una ferita che resta per sempre. La Chiesa questo finge di non capirlo...


Mercoledì 03 Novembre,2010 Ore: 15:07
 
 
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La questione dei preti pedofili

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