- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (300) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Scandalo vs. crisi; pubbliche relazioni vs. dati grezzi,di A.W. Richard Sipe

Pedofilia clericale
Scandalo vs. crisi; pubbliche relazioni vs. dati grezzi

di A.W. Richard Sipe

Traduzione di Fausto Marinetti


Scandalo vs. crisi; pubbliche relazioni vs. dati grezzi
di A.W. Richard Sipe 9 luglio 2010
 
Esame della crisi
 
Ron Westrum, docente di sociologia alla Eastern Michigan University, afferma che le organizzazioni affrontano “i resoconti anomali” attraverso una serie di tappe. In particolare:
1)     Soppressione
2)     Incapsulamento
3)     Pubbliche relazioni
4)     Correttivi locali
5)     Correttivi globali
6)     Indagini sulle cause all’origine
E’ addivenuto alle sue conclusioni attraverso lo studio della sindrome di cui le vittime minori sono affette e che molti, anche professionisti, non riescono a riconoscere come fenomeno diffuso.
Non è difficile far combaciare al modello Westrum la traiettoria della reazione ecclesiastica alle accuse di copertura dei casi di abusi sessuali clericali. E’ un ottimo paragone. Anche negli Stati Uniti la chiesa non ha raggiunto lo stadio conclusivo – il processo di risoluzione delle cause. Da quando nel 2010 sono emerse le rivelazioni sull’attività sessuale dei preti in tutta Europa, è ovvio che anche la chiesa statunitense resti sospesa tra pubbliche relazioni e “risoluzioni”.
I fedeli hanno bisogno di conoscere e valutare le attività di pubbliche relazioni rispetto al materiale grezzo presente negli archivi ecclesiastici. Questi documenti indicano ciò che i vescovi (il papa) sanno e da quanto tempo.
La chiesa degli Stati Uniti e dell’Irlanda ha faticato per la soppressione e l’incapsulamento dell’abuso sessuale tra le sue fila. Il Vaticano e l’Europa stanno affrontando ora la cosa, ma la lotta per il mantenimento dell’immagine si è accresciuta. I servi di Roma hanno cominciato a puntare il dito e a reiterare le difese che hanno riguardato gli Stati Uniti negli ultimi due decenni.  
Papa Benedetto XVI sta alzando le barriere delle pubbliche relazioni conciliando l’idea che “il peccato è dentro la chiesa” e allo stesso tempo incolpando il diavolo per lo scandalo. Ma è fermo allo scandalo e all’evitamento della crisi. Nonostante ciò, il mantenimento delle pubbliche relazioni è programmato in modo da iniziare con le accuse di “anti-clericalismo”. La sequenza successiva è organizzata e trasparente, abbastanza da essere schematizzata – “non c’è nessuna crisi; i media hanno creato lo scandalo; forse ci sono alcune ‘mele marce’ che sono un problema; se c’è, è un problema minore; esiste un problema, ma non più grande che in qualunque altro settore; gli abusi non sono collegati al celibato; gli abusi sono una piaga sociale; la causa è l’omosessualità; per combattere il problema degli abusi sessuali sui minori abbiamo fatto molto più di qualunque altra organizzazione”.
Dopo 20 anni questo schema è familiare alla gran parte degli osservatori statunitensi. Tuttavia, una nuova cerchia di vescovi sta riproponendo il vecchio schema – cominciando con l’accusare la stampa di essere non obiettiva, anti-cattolica, anti-clericale e anti-religiosa nel riportare i rapporti illeciti del clero. Un esempio recente: Timothy Dolan, arcivescovo di New York, accusato di parzialità dal New York Times: “Non è un’iperbole definire un passatempo nazionale i pregiudizi contro la chiesa cattolica”, ha scritto sul suo blog.
L’attacco era contro la strenua difesa delle suore da parte dell’editorialista cattolica Maureen Dowd  - il racconto di Laurie Goodstein’s a proposito della morte di un ventiduenne, figlio abbandonato da un prete ancora in ministero – e l’assenza di evidenze mediatiche o indignazione alla notizia di casi di pedofilia in una comunità ebraica ortodossa. Dalla sede Vaticana, il Card. William Levada ha rimproverato il Time per ciò che ha definito “attacchi contro il Santo Padre in relazione agli abusi sessuali” nella chiesa.  Li ha considerati “privi di standard ragionevoli di equità”. Le supposizioni di Dolan sono una reminiscenza di Bernard Law, Cardinale di Boston nel 1992, investito dalle accuse della stampa riguardo al caso di P. James Porter, che ha riconosciuto di aver abusato di 200 minori in cinque diocesi. Law si è irritato verso una stampa laica, parziale e anti-cattolica, sostenendo che fosse la causa dello scandalo per aver gonfiato i resoconti.
Ha aggiunto: “In tutti i modi, noi invochiamo la potenzia di Dio sui media, particolarmente su il Globe”. Ma non ha funzionato. Sono venute fuori altre storie.
Gli sforzi per salvare l’immagine, da parte della chiesa, hanno dato luogo a risvolti interessanti. Nel 2000 Suor Mary Ann Walsh, portavoce della Conferenza Episcopale Statunitense, ha dichiarato per ben due volte in TV: “Sono convinta che il 99-100% dei preti tenga fede al celibato”. Nel 2004 il Vescovo Wilton Gregory ha affermato che il problema degli abusi del clero erano “storia passata”. Nel 2010 un portavoce del John Jay, durante la preparazione del report per i vescovi, ha dichiarato che gli abusi da parte del clero cattolico sono un fenomeno storico e limitato nel tempo.
Oggi negli Stati Uniti i casi di abusi da parte del clero cattolico hanno una risonanza mediatica in calo. Ma questo significa che la crisi è finita? No. Gli investimenti per le pubbliche relazioni, sia locali che del Vaticano, sono cresciuti, fino ad ora hanno avuto l’intento di controllare gli scandali e le loro conseguenze.
Bambini e bambine cattolici hanno imparato fin dalle elementari che “lo scandalo” deve essere evitato a tutti i costi. Forse non ne abbiamo conosciuto definizioni ufficiali, ma sapevamo che era sbagliato. I bambini delle scuole pubbliche o non-cattoliche non dovrebbero avere alcuna ragione per criticare la nostra chiesa.
Uno scandalo è “un insieme di affermazioni ampiamente pubblicizzate che danneggiano la reputazione di una istituzione, di un individuo o di un credo” e noi ce l’abbiamo di fronte.
Lo scandalo si è parzialmente raffreddato – è storia vecchia. Molta parte della gente sa che alcuni preti cattolici sono sessualmente attivi, alcuni compiono abusi su minori e che i vescovi tentano di coprire tutto.
Ma la crisi cattolica resta. Una chiave per affrontarla, e per sanarla è la revisione e analisi dei documenti che riferiscono i comportamenti del clero. Questo fattore ha reso le segnalazioni del Boston Globe essenziali e preminenti nel portare alla luce “eventi nascosti”, facilitandone la riforma (Westrum definisce gli eventi nascosti come “eventi talmente poco plausibili che chi li osserva non li denuncia per paura di non essere creduto”). I vescovi fanno di tutto per mantenere segreta la verità (documenti). La chiesa finora in realtà non ha affrontato la crisi; infatti, la maggior parte dei vescovi fanno ancora resistenza e mirano al modello familiare dell’occultamento, se non addirittura dell’inganno.
I tentativi di mantenere le pubbliche relazioni puntano a limitare il danno, non a cambiare le cose. La crisi presenta punti di svolta decisivi che chiedono “una riparazione”. Due cattolici laici scelti dai vescovi per presiedere il National Review  Board, il Governatore Frank Keating e la Presidente della Corte d’Appello Anne Burke, hanno reso pubblico la loro opinione: Keating ha dichiarato che i vescovi hanno operato alla stregua di “cosa nostra”; la Burke ha sentenziato che i vescovi sono interessati prima di tutto “agli affari come sempre”.
Il reporter investigativo Jason Berry, già noto per aver portato alla luce gli abusi all’attenzione pubblica statunitense nel 1984, ha lavorato alacremente e ampiamente per dieci anni, aiutando le vittime di P. Marcial Maciel Degollado a raccontare i loro abusi, per poi assistere alla foto del 2004 che ritrae papa Giovanni Paolo II che abbraccia e benedice questo noto fondatore di un ordine religioso. Non c’è dubbio che il papa conoscesse i fatti riguardanti Maciel, ma non ne ha tenuto conto così come aveva fatto nel 1995 di fronte alle fondate accuse di abusi sessuali ai danni del Cardinal Groer. Il verdetto tardivo delle gerarchie Vaticane su Maciel nel 2010 – cioè che era stato dimesso nel 2006 per comportamenti immorali, atti criminali e evidenza di “una vita priva di scrupoli e di autentico spirito religioso” – difficilmente può compensare tutto il dolore laborioso della scoperta in aggiunta al rifiuto e all’umiliazione patiti durante la battaglia per raccontare al potere la verità che Berry e le vittime hanno dovuto sopportare per un ventennio.
Un sostenitore più intrepido e attento alle vittime di abusi sessuali del clero rispetto a P. Thomas Doyle è impossibile da trovare.  Egli infatti descrive la sua crociata di 25 anni per la giustizia, la responsabilità e la trasparenza come “guadare un pozzo nero di rifiuti tossici”. Queste tra le tante persone che lavorano sui fatti documentati e  svelano la verità che guarisce, non sono né anti-religiosi né anti-cattolici. Senza dubbio esiste la tentazione a disperare se leggiamo ciò che i vescovi hanno messo in atto per continuare a negare la verità e a distruggere le prove dietro la pia cortina di pubbliche relazioni.
Quelli tra noi che hanno visionato i documenti ecclesiastici – dati grezzi incluse le deposizioni dei vescovi – e scrivono di quel che abbiamo trovato, sanno quello che i vescovi conoscevano riguardo gli abusi e quando realmente l’avevano saputo. Ci sono i dati. Non ci interessa lo scandalo. Siamo preoccupati del benessere dei bambini. Siamo interessati ad una crisi che deforma e distrugge la vita e la speranza della gente. Ci interessa il cambiamento/riforma di un sistema corrotto e ci preoccupa l’ipocrisia della religione. Abbiamo rispetto per una chiesa che opera per il bene nonostante la propria corruzione.
Le campagne mediatiche dei vescovi e del Vaticano eludono la crisi storica e monumentale di epiche proporzioni che ci sovrasta. Questo è un ulteriore scandalo. La crisi aspetta di essere risolta.
 
Testo originale
 
Scandal vs. crisis; PR vs. raw data
 
Examining the Crisis
Ron Westrum, professor of sociology at Eastern Michigan University, suggests that organizations react in a series of stages to “anomalous reports.” They are: 1) suppression, 2) encapsulation, 3) public relations, 4) local fix, 5) global fix, and 6) investigation of root causes. He came to his formulation through the study of the battered child syndrome that many people, even professionals, found hard to admit was a widespread phenomenon.
It is not difficult to match the trajectory of church response to allegations of hidden clergy sex abuse against Westrum’s model. It’s a good fit.
Even in the United States the church is not near the final stage -- the process of resolving root causes. Since the eruption of revelations in 2010 spotlighting sexual activity by priests across Europe it is obvious that even the U.S. church is still suspended between public relations and “fixes.” People in the pews need to know and evaluate the bishops’ public relations efforts against the raw material in church files. Those documents indicate what the bishops (pope) knew and when they knew it.
The church in the United States and Ireland worked hard at the suppression and encapsulation of the sex abuse among its ranks. The Vatican and Europe are struggling with that now, but the public relations fight everywhere is reinvigorated. Roman minions have begun pointing fingers and are repeating the defenses the United States suffered throughout the past two decades.
Pope Benedict XVI is raising the PR stakes by flirting with the idea that the “sin is inside the church” at the same time that he blames the devil for the scandal. But he is still stuck on scandal and avoiding the crisis. Nonetheless, the public relations program follows a programmed pattern beginning with accusations of “anti-religion.” The PR sequence is organized and transparent enough to diagram -- “there is no crisis; the media is causing the scandal; there may be a “few bad apples” causing a problem; if any, it is only a small problem; there is a problem, but no bigger than in any other organization; abuse is not connected with celibacy; abuse is a societal problem; homosexuals cause it; we have done more than any other organization to combat with the problem of child abuse.”
After 20 years the schema is familiar to most U.S. observers. However, a new crop of bishops is recycling the old pattern -- beginning by blasting the press for reports of clergy malfeasance as unfair and anti-Catholic, anti-clergy, anti-religion. One recent example: Timothy Dolan, archbishop of New York, accused The New York Times of bias: “It is not hyperbole to call prejudice against the Catholic church a national pastime,” he wrote on his blog. The attack was against Catholic columnist Maureen Dowd’s spirited defense of nuns -- Laurie Goodstein’s reports on a dying 22-year-old abandoned son of a still active priest -- and the paper’s lack of “outrage” at reports of pedophile attacks in an ultra-Orthodox Jewish community. From the Vatican, Cardinal William Levada, also reprimanded the Time for what he termed “attacks on the Holy Father concerning sex abuse” within the church. He pronounced them “deficient by any reasonable standards of fairness.”
Dolan’s rant is reminiscent of Bernard Law, Cardinal of Boston in 1992 rankled by news reports about Fr. James Porter who admittedly abused 200 minors in five dioceses. Law riled against a biased anti-Catholic secular press he claimed was actually causing the scandal by writing an overblown account. “By all means,” he said, “we call down God’s power on the media, particularly the Globe.” That didn’t work. More stories came out.
The public relations efforts of the church have voiced interesting spins. In 2000 Sr. Mary Ann Walsh, spokesperson for the U.S. Catholic Bishops Conference, asserted twice on national TV, “I’m convinced that '99 and 44/100%' of priests keep their celibacy.” ("99 44/100% Pure" is the old Ivory soap slogan.) In 2004 Bishop Wilton Gregory proclaimed that the problem of clergy abuse was “history.” In 2010, a John Jay spokesperson preparing a report for the bishops declared that Catholic clergy abuse is a historical and time-limited phenomenon.
Catholic clergy abuse stories in the United States now generally meet a media-weary reception. Does this mean that the crisis is over? No. The public relation efforts whether from the Vatican or home grown, so far are aimed at control of a scandal and its aftermath.
Every Catholic boy and girl learned in grade school that “scandal” should be avoided at all costs. We may not have known any formal definition, but we knew it was bad. Public school kids and non-Catholics should never be given a reason to criticize our church. A scandal is “a widely publicized set of allegations that damage the reputation of an institution, individual or creed” and we have it.
The scandal has partly gone cold -- it is old news. Most people now know that some Catholic priests are sexually active, some abuse minors, and bishops try to cover up.
The Catholic crisis remains. One key to addressing the crisis, and ultimately in fixing it, is in the review, revelation, and analysis of the documents that record the behavior of the clergy. That factor made The Boston Globe’s reporting seminal and preeminent in making “hidden events” available for reform (Westrum, defines hidden events as an “occurrence so implausible that those who observe it hesitate to report it because they do not expect to be believed.”). Bishops fight to keep the truth (documents) secret.
The church has not yet addressed the crisis; in fact, most bishops are still resistive and mired in an old familiar pattern of obfuscation if not deceit. Public relations efforts are aimed at damage control, not change. Crisis presents a decisive turning point that demands a “fix.” Two lay Catholics chosen by the bishops to chair the National Review Board, Governor Frank Keating and Justice Anne Burke, rendered their opinions: Keating said bishops operate like “cosa nostra”; Burke pronounced a judgment that the bishops are primarily interested in pursuing “business as usual.”
Investigative reporter, Jason Berry already notable for forcing the crisis of abuse into U.S. public attention in 1984, labored intensively and extensively for a full decade to help victims of Fr. Marcial Maciel Degollado tell their story of abuse, only to witness a 2004 PR photo of Pope John Paul II embracing and blessing this notorious founder of a religious order. There can be no doubt that the pope heard the stories about Maciel and discounted them as he had the well-founded reports of sex abuse by Cardinal Groer in 1995. The Vatican’s belated official verdict on Maciel in 2010 -- that he was dismissed in 2006 for immoral behavior, criminal acts and demonstration of “a life devoid of scruples and authentic religious feeling” -- can hardly compensate for the laborious pain of discovery in addition to the rejection and humiliation involved in the battle to speak truth to power that Berry and the victims had to endure for two decades.
A more intrepid and dedicated advocate for victims of clergy abuse than Fr. Thomas Doyle is impossible to find. He describes his 25-year crusade for justice, accountability and transparency as “wading through a cesspool of toxic waste.” These men among others working to document facts and reveal healing truth are neither anti-religion nor anti-Catholic. Indubitably there are temptations to despair as we read what bishops have done and continue to do in their effort to deny truth and destroy evidence behind a pious PR curtain.
Those of us who have reviewed church documents -- raw data including the depositions of bishops -- and write about what we find do know what bishops knew about abuse and when they really knew it. There are records. We are not interested in scandal. We are concerned with the welfare of children. We are interested in a crisis that distorts and destroys peoples’ lives and hope. We are interested in change--reform of a corrupting system and concerned about religious hypocrisy. We are respectful of a church that does much good despite its corruption.
PR campaigns by the bishops and the Vatican evade the historic and monumental crisis of epic proportions that is upon us. That is an additional scandal. The crisis awaits a fix.
 
 


Giovedì 15 Luglio,2010 Ore: 15:22
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La questione dei preti pedofili

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info