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www.ildialogo.org CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE SU PEDOFILIA E CHIESA CATTOLICA,di PAOLO BOZZATO

Pedofilia clericale
CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE SU PEDOFILIA E CHIESA CATTOLICA

di PAOLO BOZZATO

Chiunque parla di pedofilia all’interno delle strutture della Chiesa Cattolica, dovrebbe conoscere uno spaccato di che cosa fosse negli anni sessanta un seminario. Il mio libro – IL COLLEGIO DEI PRETI – descrive l’esperienza di un adolescente (11-14 anni / dal ’63 al ‘66) all’interno di una realtà di quel tipo. Ricordo, per inciso, che si tratta di anni di grandi fermenti, all’interno della Chiesa (Giovanni e il Concilio), e quindi si tratta anche dello spaccato di  una realtà in evoluzione. Infatti, il seminario che il mio adolescente incontra quando vi entra per la prima volta nel ‘63 non è lo stesso di quello dal quale è invitato a uscire nel ’66. Eppure è quello del ’63 lo spaccato più interessante al fine di inquadrare appieno il problema.
Il seminario del ’63 è un luogo “maniacalmente chiuso” nel quale viene immesso un numero molto alto di pre-adolescenti (bambini di undici anni) perlopiù provenienti da zone di campagna che lasciano per la prima volta in vita loro l’unico posto che hanno conosciuto. Per dire quanto venga concettualmente definito estraneo, tutto ciò che rimane fuori dalle quattro mura della ex villa adibita a seminario, viene chiamato “il mondo”. Per rimarcare ai bambini che all’interno, quindi, si è “fuori dal mondo”. Già è un modo per far loro capire quanto “non-normale” debba essere l’esperienza che sono chiamati a vivere.
Questa nave che viaggia al di fuori dell’universo normale, era fatta di gerarchie e controlli ferrei: da una parte c’era chi governava la nave: rettore, vice-rettore e un prefetto per ogni classe, dall’altra chi governava i passeggeri: il padre spirituale (le anime), i professori (l’intelletto), le suore (il corpo: cibo e vestiti).  Si trattava di una realtà in cui c’erano solo maschi, per la maggior parte bambini sulla via di diventare adolescenti, una parte (i prefetti) giovani sui vent’anni, una minima parte uomini maturi. La figura della donna, non solo non era presente, ma era pervicacemente bandita, e criminalizzata.
In questa situazione, definita come abbiamo detto dalla Chiesa stessa “non-normale”, un gruppo nutrito di bambini si incammina verso l’adolescenza, un periodo nel quale, si sa, essi sono destinati a scoprire, tra gli altri, il potere di comunicazione del linguaggio dei corpi. Una comunicazione volta per la maggior parte a esplorare un universo “altro da sé”, e lì addirittura criminalizzato, l’universo femminile.
Il percorso verso l’adolescenza, e verso il corpo, proprio e degli altri, di questi bambini viene letteralmente “castrato” dalla presenza di una figura terrificante, degna del peggior medioevo inquisitorio: il padre spirituale. A quest’uomo, a questo prete, viene dato il compito di controllare giorno per giorno l’emergere delle pulsioni adolescenziali, e sommergerle sotto una spessa coltre di sensi di colpa.
E’ chiaro che, tolti alcuni casi di immaturità, o assenza di pulsioni “sensuali” (e sono quelli che probabilmente diventeranno preti), ogni adolescente in seminario è una pentola sotto pressione dalla quale emergono spifferi di sensualità resi più acuti dall’immersione in un ambiente fortemente repressivo. E dove si indirizzano queste richieste – implorazioni – sensuali? Dove possono: sui coetanei, sui ragazzi più grandi, sui giovani ventenni, sugli uomini maturi.
Ricordiamo che costoro – uomini ventenni, uomini maturi – hanno subìto a loro volta lo stesso trattamento adolescenziale.
Spero di avere spiegato perché non mi appassiona – e considero falso – il dibattito in corso sulla pedofilia. Dicono i vostri esperti che pedofilo è un uomo malato sopra i sedici anni che prova attrazione per un bambino sotto i dodici. Applicato all’ambiente che ho descritto, fa ridere.
Quello che ho descritto credo spieghi a sufficienza l’insistenza delle gerarchie cattoliche sul concetto di malattia ed eccezionalità del “caso” pedofilia. Non ho gli strumenti concettuali per discutere della pedofilia come malattia. E non mi appassiona discuterne in questi termini, perché sono convinto che, nel caso dell’istituzione “seminario”, tale discussione voglia nascondere quella che è la vera devianza, e cioè il seminario stesso. Credo che sia questo il vero obiettivo delle gerarchie cattoliche, nascondere dietro le devianze che emergono e occupano sempre più spesso le prime pagine dei giornali – e che probabilmente sono malattie -  la difficile giustificabilità delle loro istituzioni formative, quelle certamente malate.
A questo punto credo si possa introdurre quello che credo sia il vero nodo del problema. Esistono, o sono esistite, istituzioni come i seminari perché la Chiesa Cattolica porta nel suo dna questo peccato originale – che peraltro è poco originale ma ben storicizzabile – della visione del sesso come peccato, e della assoluta non compatibilità dello stesso con i suoi ministri.
Non mi voglio dilungare su questi concetti, che si spiegano da soli. Voglio però fare una digressione, che è anche la conclusione del mio intervento.
Dopo aver passato qualche anno in un seminario, e aver vissuto le speranze di cambiamento nella chiesa cattolica degli anni sessanta, negli stesi anni sessanta ho vissuto le speranze di cambiamento del sessantotto. E non posso dimenticare l’ormai quasi dimenticato Marcuse, il quale diceva una cosa che allora mi convinceva molto, e che ha continuato a convincermi anche dopo la caduta di tutte le speranze.
Marcuse, rileggendo Freud e Marx, diceva che tutte le organizzazioni fortemente gerarchizzate,e fortemente dedite al profitto (leggi potere), tendono a costringere – o richiedere con forza – ai propri adepti la rinuncia alle pulsioni sessuali, perché queste sono fortemente libertarie, e quindi pericolose.
Vedo questa come una spiegazione che spiega molte reticenze.
 
PAOLO BOZZATO


Mercoledì 12 Maggio,2010 Ore: 14:25
 
 
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La questione dei preti pedofili

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