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www.ildialogo.org Il complottino anti-papa,di Franco Cardini

Il complottino anti-papa

di Franco Cardini

Da Europa 7 aprile 2010


Le regole dei media sono ferree: le notizie si moltiplicano esponenzialmente; una notizia mai data corrisponde a un fatto annullato; una notizia data più volte s’irradia a stella e lascia impressione di essersi sparsa a macchia d’olio; una notizia cui si replichi, è una notizia ripetuta tante volte quante ne sono le repliche; l’iterazione della notizia esenta dall’approfondimento, dall’articolazione e dalla critica, ma rafforza l’impressione che per suo tramite si vuol fare sul pubblico. Di conseguenza, bisogna sfrondare e ridurre all’essenziale la notizia evitando di lasciarsi travolgere dal frastuono prodotto dalla sua eco.
Tutta la tempesta delle critiche e delle accuse che si sarebbero abbattute sul papa e sulla Chiesa provocando indignate repliche e ancor più indignate controrepliche si riduce all’attacco di alcuni giornali tedeschi e statunitensi relativi a due casi i cui particolari non ci si è curati d’illustrare con il rigore analitico che sarebbe stato necessario. Il New York Times ha accusato il papa e l’attuale segretario di stato cardinal Bertone di aver “insabbiato” il caso di padre Murphy, un prete del Wisconsin, accusato di aver abusato di oltre 200 bambini audiolesi tra 1950 e 1974. L’avvio dell’inchiesta risalirebbe addirittura al 1962, ma l’allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione della dottrina della fede, non avrebbe risposto a una lettera inviatagli al riguardo nel 1996 dall’arcivescovo di Milwakee, ma il segretario Bertone avrebbe disposto un processo canonico segreto che avrebbe potuto condurre alla sospensione del sacerdote. Tutto sarebbe stato poi bloccato in seguito a una lettera del Murphy al Ratzinger, nella quale il primo, professandosi pentito, chiedeva di poter rimanere all’interno della Chiesa. Il nodo da sciogliere è l’accertamento, in quello come in altri casi, delle eventuali reticenze di alcuni prelati ad andare, in casi come quello di padre Murphy, oltre all’applicazione delle norme di diritto canonico: cioè la loro mancata denunzia all’autorità civile.
Come sempre accade questo caso, vecchio ma richiamato dall’autorevole giornale newyorkese in non casuale coincidenza con l’azione propagandistica dell’associazione americana Snap – che si occupa dell’assistenza alle vittime degli abusi sessuali commessi da religiosi, ed è evidentemente segnata da un forte carattere “laicista” –, ha determinato la memoria di molti altri ad esso più o meno analoghi. Si è detto che, su oltre 100.000 sacerdoti cattolici americani, più di 4.000 sono stati accusati di relazioni sesssuali con minorenni (nel 2002 la Conferenza episcopale americana ha nominato una commissione indipendente per indagare sul fenomeno). Intanto, è scoppiata la “grana” dell’irlandese John Magee, vescovo di Cloyne ed ex segretario personale di Paolo VI, di Giovani Paolo I e per poco tempo anche di Giovanni Paolo II.
Monsignor Magee si era autosospeso dal governo diocesano fino dal 2009: ma la recente inchiesta avviata dal governo irlandese sui preti pedofili h rinverdito anche i ricordi collegati alla sua persona, e anche in questo caso si è parlato di reticenze e di omertà delle autorità cattoliche.
Infine, l’affondo del tedesco Der Spiegel. Anche qui, stessa dinamica: riesumazione di un caso di alcuni anni or sono (quello di padre Peter Hullemann, fin dal 1979-80 riconosciuto dai suoi superiori come un soggetto patologico pericoloso ma benevolmente reintegrato nelle sue funzioni parrocchiali in una sede diversa dalla primitiva, dove avrebbe di nuovo commesso crimini a sfondo pedofilo tra 1986 e 1998) e non solo accuse, ma addirittura una richiesta ipotesi di dimissioni del papa.
In Italia, qualche riflesso della situazione si ha nel recentissimo caso di Pietro Forno, procuratore aggiunto di Milano, che in un’intervista concessa a Il Giornale ha rivelato di conoscere molti casi di pedofilia i protagonisti dei quali sono sacerdoti, giungendo ad esprimere il sospetto che qualcuno di essi abbia preso i voti sacramentali proprio perché in tal modo la sua condizione lo avrebbe facilitato nell’avvicinare dei ragazzi; e a rilevare altresì che ordinariamente i colpevoli, se scoperti dalle autorità ecclesiastiche, vengono talora trasferiti in altra diocesi e comunque non vengono mai denunziati.
Parole gravi, che andranno verificate perché se rispondono al vero disegnano una realtà allarmante.
Ma il ministro della giustizia Alfano, disponendo al riguardo un’ispezione, ha impostato la cosa come se si trattasse di verificare soltanto la correttezza di un magistrato sospetto di dichiarazioni anticlericali.
Ora, il problema non è per nulla quello: si tratta di verificare puntualmente dichiarazioni rese in una sede informale – un’inchiesta giornalistica –, ma lo scopo ultimo non può certo essere quello di comminare una sanzione a un magistrato che può aver mancato di correttezza e di discrezione.
Il punto è che il ministro Alfano, seguendo un trend non inconsueto tra i politici di oggi, ha lasciato forse un po’ da parte il suo ruolo pubblico e si è invece fin troppo ben ricordato che attualmente il Pdl è alla caccia di appoggi nel mondo cattolico. La “difesa d’ufficio” dalle accuse di pedofilia sta più o meno sullo stesso piano degli exploits di Zaia e di Cota sulla pillola abortiva. Ma insomma, che cosa sta succedendo? La Chiesa si scopre “marcia” e cade in una crisi morale, oppure (come sostengono alcuni ambienti cattolici) si sente vittima degli attentati concentrici e ben sincronizzati di ambienti laicisti che – qui come Oltreoceano – non gli perdonano la sua azione in difesa della vita e della famiglia? Recentissimamente un prelato illustre ha paragonato gli attacchi subiti dall’attuale papa a quelli che i suoi predecessori hanno ricevuto nell’ultimo secolo da parte di massoni, di modernisti e di nazisti. Ma si tratta di attacchi eterogenei tra loro, difficili quindi a usarsi come esempio: e oltretutto dipendenti tutti da ragioni politiche, ideologiche e culturali. Qui, no. Oggi siamo dinanzi a una Chiesa che viene attaccata non per ciò che è, come avveniva in tutti i casi precedenti citati, ma proprio perché non è quello che dovrebbe essere. Qui sta l’inedita gravità della cosa ed è questo che fa gridare al complotto.
Ma se c’è del marcio in Danimarca, figuratevi in Italia o in America. Vi sono cose che una parte della società statunitense non perdona alla Chiesa cattolica. Ci siamo già dimenticati dello scandalo sui veri o supposti preti pedofili già montato nell’estate del 2002 dall’amministrazione Bush, la quale stava preparando quell’aggressione all’Iraq della quale Giovanni Paolo II era praticamente l’unico oppositore autorevole a livello internazionale? Di recente, i movimenti cattolici pro life sono riusciti a evitare che l’aborto passasse tra le prestazioni gratuite: altro motivo di rancore.
Ci si è messo nel mezzo anche Soros, che è tutto dire. Che poi a ciò si aggiunga il business business delle enormi somme di risarcimento richieste dagli avvovati statunitensi è possibile, per quanto forse non decisivo.
Insomma, non esiste il Grande Complotto: ma di piccoli complotti tutta questa brutta storia è piena.
Ora, la Chiesa ha davanti solo una scelta plausibile. Se vuole uscirne a testa alta, dev’essere se stessa. Come ha indicato Giovanni Paolo II: cioè riconoscendo i suoi errori. La pedofilia è un peccato e un crimine orribile, perché attecchisce nelle società e negli ambienti di forzata promiscuità. Lo sono certi ambienti ecclesiali, come lo sono anche ambienti militari o giudiziari: scuole e seminari come caserme o penitenziari. La Chiesa non dispone più di “fòri speciali”: ha accettato il dialogo con la Modernità laica, il che comporta con le leggi che essa esprime. Se il peccato coincide con il crimine, non basta condannarlo e punirlo in quanto peccato: bisogna denunziarlo e colpirlo anche come crimine- Questo è il nucleo della questione.
Se in passato si è mancato in questo, ora si deve solo rimediare.



Mercoledì 07 Aprile,2010 Ore: 16:59
 
 
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La questione dei preti pedofili

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