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www.ildialogo.org PEDOFILIA: CERCHIAMO DI CAPIRE COSÈ,di<strong> Dott.ssa Barbara Solomita</strong>

PEDOFILIA: CERCHIAMO DI CAPIRE COSÈ

di Dott.ssa Barbara Solomita

La pedofilia, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, (DSM-5), è inclusa nella categoria dei disturbi sessuali, con la dicitura di “Pedhophilic Disorder” e in particolare, nella categoria delle parafilie. Le quali riguardano pratiche sessuali considerate perversioni, deviazioni e anormalità (Stoller, 1975). Il termine parafilia fu introdotto da Stekel (1966) in relazione all’attaccamento anormale e morboso dell’istinto, per quanto riguarda la soddisfazione sessuale, a cui può corrispondere una più o meno forma di deviazione o perversione sessuale. Il DSM-5, quindi, definisce la pedofilia come: l’interesse sessuale che si incentra su bambini prepuberi (13 anni o meno) e si manifesta come fantasie, comportamenti, impulsi persistenti ed eccitanti della durata minima di 6 mesi, che comportano attività sessuale con fanciulli. La persona agisce sulla base di questi impulsi sessuali o gli impulsi o le fantasie causano considerevole disagio o difficoltà interpersonali. Il soggetto deve avere almeno 16 anni ed essere di almeno 5 anni più grande del bambino[1]. In ambito clinico le teorie più diffuse riguardanti la pedofilia sono: Teoria dell’abusato-abusatore: i reati dell’aggressore adulto possono rappresentare in parte una ripetizione ed un riflesso di una aggressione sessuale che egli ha subito da bambino, un tentativo distorto di elaborare e dare uno sbocco a traumi sessuali precoci irrisolti. Teoria dell’identificazione parentale: gli aggressori sessuali sono cresciuti con molta probabilità in famiglie devianti. Tali studi affermano che statisticamente i criminali sessuali appartengono con molta probabilità a nuclei disfunzionali. Teoria di Groth: la motivazione di base che spinge l’abusatore ad agire, non è di natura sessuale ma comporta l’espressione di bisogni non sessuali e di aspetti esistenziali non risolti. L’abuso quindi è un atto “pseudosessuale”, al servizio di bisogni non sessuali[2]. Secondo la prospettiva psicoanalitica di Sigmund Freud (1905) nelle perversioni sessuali l’Io risponde esclusivamente al desiderio sessuale trovando impedimento e censura solo a livello delle norme sociali. L’atto pedofilo è legato a regressione e fissazione verso forme di sessualità infantile. Un solo scritto di Freud è dedicato alla pedofilia, la quale viene a trovarsi inquadrata nella fase centrale del processo evolutivo del suo pensiero sulla perversione. Si tratta del saggio «Persone sessualmente immature [Geschlechtsunreife, scil.: prepuberi] e animali come oggetti sessuali», inserito in Tre saggi sulla teoria sessuale, del 1905. Si può però affermare che nel percorso di Freud sulla perversione è implicito anche il tragitto compiuto dalle sue opinioni sulla pedofilia L’approccio freudiano alla perversione ha subito tre fasi evolutive. La prima (fino al 1896) caratterizzata dalla teoria della seduzione; la seconda, dominata appunto dalla teoria della sostituzione dell’oggetto; l’ultima, inaugurata da Introduzione al narcisismo, del 1914, culminante con la teoria del dualismo pulsionale di Al di là del principio del piacere (1920). Un trauma precoce, aver vissuto la propria sessualità in maniera restrittiva; conflitti sessuali; una coscienza distorta di natura patologica, porterebbero all’ipotesi dell’arresto dello sviluppo psicosessuale. Secondo tale teoria la pedofilia è da considerarsi come una perversione originata nell’angoscia di castrazione, la quale ostacola il soggetto nel raggiungimento di una sessualità adulta e lo fa regredire ad una pulsione parziale[3]. Secondo i dati raccolti recentemente dal Telefono Azzurro e pubblicati nel Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza, quasi il 60% degli abusi su minori avviene in famiglia. Ogni volta che veniamo a conoscenza di un abuso perpetuato ai danni di un minore da parte di un adulto reagiamo con sentimenti di orrore e sconcerto. La maggior parte degli abusi avvengono nei contesti familiari e le domande che ci poniamo sono sempre le stesse; “ Come si può compiere un atto di tale atrocità?”; “ Come è possibile che un adulto che dovrebbe proteggere un bambino può causare lui tali sofferenze fisiche e psichiche?”.
Il più delle volte annulliamo tali pensieri perché inaccettabili, troppo dolorosi, pensiamo che “il mostro” non ci appartenga e che sia sempre diverso e lontano dal nostro mondo. I dati statistici, invece, indicano il contrario, ogni piccolo mondo, ogni contesto può celare delle devianze. E allora chi è un pedofilo?.................. Chi è costui? In ambito psicopatologico, vengono rilevati gli aspetti principali della personalità polimorfa del soggetto pedofilo che presenta generalmente tratti di immaturità psicosessuale, passività, infantilismo, oltre a manifestazioni compensatorie di carenze affettive (Petruccelli, 2000). E' una personalità compromessa nella sua evoluzione, in difficoltà nei rapporti e nella comunicazione con le figure adulte. Non è da escludere, comunque, lo strutturarsi di un disturbo della personalità caratterizzato da manifestazioni antisociali. Lo sdoppiamento della personalità, riconducibile a un modello simil-schizofrenico o simil-isterico, consente di presentarsi a volte come persone riservate ma rispettabili e dalle condotte irreprensibili. La pratica clinica riferisce che la storia del pedofilo è sovente segnata da sofferenze, rimosse e negate, derivanti da violenze sessuali e maltrattamenti subiti durante l'infanzia, e in ogni caso, da circostanze traumatiche di umiliazione, avvertite con profondi sentimenti di odio. Il desiderio di vendetta trasforma la perversione in una condotta che permette al pedofilo di rinnovare l'antico trauma infantile, assumendo però il ruolo del persecutore (Miller, 1999)[4]. Il passaggio all'atto sessuale con il minore sembra tendere a compensare il vuoto creato dal bisogno frustrato di dipendenza personale. Il soggetto pedofilo sembra che non riesca a stabilire rapporti adeguati con i propri pari a causa di: scarse abilità sociali, ansia connessa alla sessualità, disturbi delle relazioni oggettuali precoci, conflitti edipici[5]. Il comportamento del pedofilo è caratterizzato dall'azione molto forte esercitata sulla vita psicologica e sulle relazioni sociali del minore fino a comprometterne gravemente i processi di sviluppo della personalità e di maturazione della sessualità. L'attrazione erotica avvertita per i bambini non si traduce sempre in atti sessuali completi, come invece avviene per la pederastia.[6] Vi sono peculiarità che non sono una conditio sine qua non di questa patologia, bensì una serie di caratteristiche di personalità comuni in larga percentuale in questi soggetti. Esse sono: A) Immaturità affettiva caratterizzata da: scarsa efficienza e rapida esauribilità dei freni inibitori di fronte all’urgenza e all’imminenza degli impulsi sessuali, affettività più egocentrica che adattiva, funzioni affettive labili, bassa tolleranza alle frustrazioni, ipersensibilità alle critiche. B) Identificazione deficitaria caratterizzata da: mancato riconoscimento delle proprie componenti sessuali, processo di identificazione non adeguato, legame oggettuale primario patologico ed espresso attraverso l’indifferenziazione e l’idealizzazione dell’oggetto indifferenziato. C) Relazioni interpersonali inadeguate: la deficitaria identificazione, la mancanza quindi di un modello chiaro di comportamento, fanno si che questi soggetti stabiliscano e mantengano rapporti confusivi e indifferenziati[7]. Il rispetto e l’amore che ogni adulto dovrebbe riservare ai fanciulli, a mio parere, trova massima espressione nella frase dell’illustre pedagoga Maria Montessori (1870-1952): “Se v'è per l'umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l'uomo”. Preservare l’integrità fisica e psichica dei bambini, equivale quindi, a preservare l’intera umanità.
Dott.ssa Barbara Solomita
Psicologa
NOTE
1 www.AmericanPsychiatricAssociation.com , DSM – 5 (2013), Washington DC .
2 www.criminologia.org., Bruzzone R. (2004), IL PROFILO CRIMINOLOGICO DEL PEDOFILO, Telematic journal of clinical criminology.
3 www.terradinessuno.wordpress., Tre Re G. (2004), PEDOFILIA, PSICOANALISI E PSICOLOGIA DELLA CURA
4 Miller A. (1988) L'infanzia rimossa, Garzanti, 1990
5 www.irsses.it., Zipoli M. P. (2010), LA PRESA IN CARICO DELL’ABUSANTE
6 www.psiconline.it., Vignati R. (2003), PEDOFILIA E ABUSO SESSUALE: definizione e trattamento di un aspetto doloroso della condizione umana
7 www.criminiseriali.it., Delicato F. (2007) “LA PEDOFILIA IN RETE” Pedofilia, Pedopornografia ed aspetti di tutela del minore su internet. Centro Studi e Ricerche in Psicologia Clinica e Criminologia



Lunedì 28 Luglio,2014 Ore: 19:52
 
 
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Prostituzione, Pedofilia, Pornografia

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