- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (395) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Il Ciclostile,di Giovanni Sarubbi

I racconti nel cassetto
Il Ciclostile

di Giovanni Sarubbi

Dalla stanza veniva un rumore di ferraglia. Si sentiva anche qualcuno ansimare come se stesse facendo uno sforzo fisico notevole. "Piano, fai piano", diceva una voce femminile. Bussai ed entrai. Era la prima volta che vedevo un ciclostile in vita mia. Oggi non ne esistono più così. Rigorosamente manuale, massiccio e pesantissimo, almeno così pareva a prima vista. Un ragazzo, quello che ansimava, lo manovrava con perizia, mentre la ragazza raccoglieva i foglietti che man mano uscivano dalla macchina. Tutt’intorno le pareti sembravano malate di un morbillo multicolore. Schizzi di inchiostro rosso e nero si vedevano dappertutto, fra un manifesto scritto a mano (quelli allora si chiamavano con terminologia cinese, Tazebao) ed una scritta direttamente sul muro. "Facciamo l’amore, non facciamo la guerra", diceva una di queste scritte.
"Ciao, sono Giovanni - dissi ai due al ciclostile - che cosa è questo aggeggio?".
Mi guardarono come se fossi appena giunto da Marte, come a dire "come fai a non conoscere il ciclostile?".
Ma non potevo farci nulla. Fino ad allora, avevo poco più di 17 anni, non ne avevo mai visto uno. Ma ciò non mi impedì di familiarizzare immediatamente con il nuovo strumento anche perché i due mi misero subito al lavoro. Quello che sbruffava e girava la manovella del ciclostile si fermò. "Vieni - mi disse - sostituiscimi per un po’". La ragazza dal canto suo mi fece un sorriso che mi fece desistere da qualsiasi protesta. Rimasi li per circa due ore a girare quella manovella. Alla fine della serata sapevo tutto sul ciclostile, sull’inchiostro, sulle matrici, sulle risme di carta. Teoria e pratica si fusero insieme in modo mirabile.
La ragazza era espertissima in una operazione che ancora oggi non riesco a chiamare diversamente: “smazzare”. L’operazione è facile a farsi ma difficile da descrivere. Si tratta in sostanza di fare in modo che i vari fogli costituenti la risma di carta formato ciclostile, in genere 500 fogli uno sull’altro, si separassero facilmente gli uni dagli altri. Provai anch’io quella sera il piacere di una “smazzata” soprattutto quando ad insegnarmela fu la ragazza, occhi neri, capelli altrettanto neri e lunghi che sembrava Maria Maddalena. Ed il suo nome era proprio Maria.
La stamperia dove ci trovavamo era la sede di un gruppuscolo di estrema sinistra, uno dei tanti del 1967-68. Ma chiamarla sede era un eufemismo. Si trattava di uno scantinato messo a disposizione dal padre di uno dei membri del gruppo che avevo conosciuto qualche giorno prima.
Fino a quel momento avevo fatto lo scout nell’allora ASCI. Ero stato “capo branco”, il cosiddetto Akela, colui che curava i ragazzini fino ai 10 anni. Sapevo tutto di nodi, tende da campeggio, sacchi a pelo e zaini. Sapevo arrampicarmi su un albero come una scimmia, costruire un ponte fatto di travi di legno per attraversare un fossato, cucinare un’ottima pasta e fagioli, ma non avevo mai visto un ciclostile. A dire il vero ce n’era uno nella parrocchia dove aveva sede il gruppo scout, ma il parroco non lo faceva usare a nessuno perché, così diceva, si poteva rompere.
Quella sera le ore volarono via quasi senza accorgercene. La curiosità di apprendere tutto su quel nuovo strumento mi fece mettere in secondo piano anche gli occhi di Maria. Lo so, oggi anche a me sembra incredibile, perché Maria era veramente bella. Ma quella sera, anche grazie a Maria, imparai un mucchio di cose che poi avrei usato spesso negli anni a venire. Io conoscevo il segreto della riproduzione dei testi in migliaia di copie. Come imparai a mie spese successivamente, questa conoscenza non comune mi procurò molto lavoro manuale. Divenni “l’uomo del ciclostile”, delle matrici, dei liquidi correttori. Quando riuscii a mettere le mani su un ciclostile elettrico ed un produttore di matrici elettroniche mi sembrò di essere entrato in paradiso. Ma noi, ragazzi del ’68 e dintorni, ci accontentavamo di poco.
Giovanni Sarubbi



Domenica 13 Aprile,2014 Ore: 09:29
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Poesia

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info