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www.ildialogo.org   PER GIOVANNA BEMPORAD    ,di Sebastiano Saglimbeni

  PER GIOVANNA BEMPORAD    

di Sebastiano Saglimbeni

In questo inizio d’anno 2013 è scomparsa un’ immagine muliebre della poesia. Non di quella, non poca, astrusa e illeggibile ma di quella che suona e conquista, di cui abbiamo bisogno. Parlo di Giovanna Bemporad, nata a Ferrara nel 1928, da madre veneta e da padre urbinate.

Da tempo la sua estenuante fatica di autrice e di traduttrice suscitava interessi da parte di alcuni studiosi di poetiche. Tra questi, Giacinto Spagnoletti, ch’è stato prefatore della silloge Esercizi di Giovanna Bemporad (Garzanti, 1980). Il saggista Spagnoletti, fra l’altro, scriveva: “Non ci è difficile riconoscere che, mentre ad alcuni poeti basta un solo modello di poesia, alla Bemporad sembra indispensabile tutta la poesia, l’intero suo corpo sensibile, altrimenti lei, così anticonformista, rispetto alle mode correnti, non troverebbe come far vibrare la sua voce ad altezze inconsuete” .

Giovanna Bemporad, se non avesse inteso la conoscenza e la traduzione di alcuni classici greci e latini si sarebbe sentita come carente di un sostegno forte. Così ci lascia eccelse pagine, quelle delle sue traduzioni e quelle delle sue poesie. Si sentiva vicina alla mitica poetessa di Lesbo. A questa aveva dedicato un testo di nove versi, dal titolo “L’attesa”. Vale ricordarlo:

E’ quasi l’ora, e io esco all’aperto.
Dolce notte! Perché dunque mi struggo?
E come il cielo è purissimo e calmo!

Conduci al convegno quella ch’io amo
e non trapassi inconsumata l’ora
o notte.

In solitudine confusa,
dimentico tra me ch’ella è partita
e al luogo del convegno aspetto sola!

Qui un’attesa, quella della poetessa singolare, qui interrogativi ed esclamativi, qui certe dotazioni psicologiche con una chiusa di un attributo al femminile (sola), come pescato dal famosissimo frammento di Saffo. Il frammento recita, nella traduzione della stessa Bemporad: “Tramontata è la luna/ e le Pleiadi; a mezzo/ è la notte, già l’ora /trapassa; io dormo sola”.

Le poesie di Giovanna Bemporad e le traduzioni non vanno passate sotto silenzio, perché sono la fatica ed insieme la ragione di un’ esistenza di donna che visse libera ed inquieta, di una genialità che esplodeva di notte.

Si è tanto parlato della sua traduzione dei dodici libri dell’Eneide. Era allora un’adolescente. Il poema virgiliano, dalle diverse traduzioni, ad iniziare da quella classica, in endecasillabi, di Annibal Caro, l’aveva accoratamente impegnata per una resa nella nostra lingua pure con l’adozione del verso endecasillabo, senza alcun cedimento in uscite retoriche o arcaizzanti.

Si può pensare che alcune figure femminili della fervidissima fantasia virgiliana, come Didone, Amata, le due donne suicide, pure come la vergine e combattiva Camilla, l’avessero tanto appassionata.

Questo, in breve, per Giovanna Bemporad, di cui mi ha sollecitato a redigere questa nota il poeta friulano Tonuti Spagnol, alunno di Pier Paolo Pasolini nella Casarsa preindustriale dei primi anni del 1940. Giovanna tanto prediletta da Pasolini. Secondo la testimonianza di Tonuti Spagnol della classe 1930, il poeta, lo scrittore e il cineasta Pasolini ne rimaneva come disarmato dalla cultura classica della giovane Bemporad, che si era trasferita in Casarsa, dove impartiva a dei giovani bisognosi, più per amore che per profitto, lezioni di greco e latino.

Una volta, la studiosa, lontana dalla vita contadina, venne portata da Tonuti Spagnol a visitare una stalla. E alla vista delle mucche e di altre bestie si era come vista, per incanto, in un mondo pastorale antichissimo. Quel mondo virgiliano che l’aveva resa famosa.




Venerdì 18 Gennaio,2013 Ore: 17:36
 
 
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