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www.ildialogo.org DALLA SCUOLA DI PASOLINI LA POESIA DI TONUTI SPAGNOL,di Sebastiano Saglimbeni

DALLA SCUOLA DI PASOLINI LA POESIA DI TONUTI SPAGNOL

di Sebastiano Saglimbeni

Come premessa, a quanto segue, debbo ricordare che la scrittura poetica degli anni giovanili di Pier Paolo Pasolini si legge in dialetto friulano di Casarsa. Gli studiosi di poetiche contemporanee l’hanno più volte evidenziata come non di Pasolini, ma materna, non di Pasolini, ma parlata da coloro che il poeta amava con dolcezza e violenza. Comunque, poesia squisita della mente di un borghese colto, infelice, già in quella fresca età.

Pasolini, che andava crescendo a Casarsa in una comunità preindustriale, povera ed offesa in quegli anni Quaranta della guerra, non disdegnava di istruire, assieme alla madre Susanna Colussi, insegnante elementare, alcuni ragazzi, figli di contadini analfabeti, e di sentire da loro il suono del dialetto che egli insegnava a volgere nella nostra lingua di istituzione. Non dovevano quei ragazzi dimenticare la lingua dei padri, mentre apprendevano la lingua italiana ed altro, dovevano farla rivivere nei loro componimenti.

Tra quei ragazzi poveri, istruiti da quel giovane Pasolini laureando, Tonuti Spagnol, ora ottantenne, vivente in Verona, il quale apprese a leggere, a far di conto e, con sorpresa, a comporre poesie in lingua friulana e in lingua italiana.

Dalle sue carte edite ed inedite, tra i testi godibili “Giovinetta”, poesia dedicata ad una ragazza contadina, tutta purezza, dal viso delicato nuovo e lucente. La donna prega in una chiesa, in nome del suo futuro. Il testo è stato scritto in dialetto, dal titolo “Zovinuta”, ma si può leggere in una traduzione letterale in lingua. Segue in dialetto un testo dal titolo “Glisuta di Versuta” (Chiesetta di Versuta). Qui il suono di una campana che si espande per la campagna è – come lo definivano i contadini – la “santa voce di Dio”, che il solitario povero contadino sconosciuto errabondo intende e si scopre il capo, in segno di riverenza. Altri tempi, bisogna osservare, quando in quella civiltà preindustriale si viveva poveri, laboriosi e timorati di Dio, come quei puri personaggi della classe subalterna di memoria manzoniana. I contadini, come servi della gleba – va ricordato – si toglievano, in atto di sottomissione la “coppila” dinanzi ad un losco e tronfio proprietario terriero. Era elevazione quando se la toglievano, in nome di una fede cristiana, in chiesa. Un altro testo ancora nel dialetto friulano riguarda la sagra del vino. Qui la descrizione riguarda l’allegria degli anziani e dei giovani che gustano il succo delle uve tanto predicato da diversi autori della classicità greca, latina, italiana. Il succo delle uve è un nettare che fa obliare certe angosce e pure debilita. Il testo è breve e dai versi brevi che non ci rifà più di tanto.

Nei testi in lingua, “Domenica di primavera”, si legge privo di interpunzione, come altri di una breve silloge. Il tema riguarda una domenica di primavera, che è la primavera di una immagine muliebre, caratterizzata sotto il profilo corporale e psicologico. “Nel tuo seno tremano impeti d’amore/ così sorridi innocente/ nel piacere domenicale…”. In “ Immagini”, un altro testo in lingua, breve, pure nella versificazione alla maniera ungarettiana, Spagnol rievoca i luoghi “dove volano le rondini e dove “son rimasti gli strilli/ ed il gioire dei bambini/ sopra prati verdi”, dove “corrono le immagini/ del tuo passato”. Quel passato è quello del contadinello Spagnol quando camminava, come il Valentino del Pascoli, a piedi nudi e si rincorrevano” le lucciole/ lungo prati verdi/ ove strillano le rondini/ al gioire dei bambini”. Qui le lucciole rievocano quelle altamente e poeticamente intese nel lamento di Pier Paolo Pasolini.

Poesia, per concludere, questa di Spagnol, generica e pura, che testimonia una società unita ed allegramente povera, scomparsa. Come le lucciole.



Luned́ 16 Aprile,2012 Ore: 15:29
 
 
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