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www.ildialogo.org Ahmad Shamlu (1925 – 2000),di Javad Daneshpour

Ahmad Shamlu (1925 – 2000)

di Javad Daneshpour

Poeta, saggista, ricercatore, traduttore e giornalista


Nasce a Tehran, il 12 dicembre del 1925.
Trascorre l’infanzia spostandosi da una città all’altra: suo padre è ufficiale dell’esercito.
Dal 1932, frequenta le scuole elementari a Khash, Zahedan e Mashad.
Dal 1939, prosegue gli studi superiori a Birjand, Mashhad e Tehran.
Intrapresa l’attività politica a Gorgan, viene arrestato a Tehran e ricondotto a Rasht dalle truppe di occupazione sovietica.
È arrestato, una seconda volta, insieme al padre a Rezayeh dal gruppo separatista del
Fronte Democratico dell’Azerbaijan e, prima di essere liberato, attende due ore davanti al plotone di esecuzione.
Influenzato da Nimayuoshij, caposcuola della poesia moderna persiana, diviene uno dei massimi poeti persiani del secolo XX.
Nel 1947, a 22 anni, si sposa per la prima volta, dal matrimonio nascono quattro figli. Lo stesso anno, pubblica la sua prima raccolta di poesie I canti dimenticati e inizia a collaborare con alcune riviste letterarie.
Nel 1953, dopo il colpo di Stato di agosto contro il governo di Mosaddeq e a causa dell’inasprimento della repressione politica, la sua raccolta di poesie I metalli e il senso è bruciata dalla polizia nella tipografia.
Vanno distrutti, anche, altri scritti, traduzioni e tutte le schede del suo lavoro, Ketabe kuche, un dizionario enciclopedico sulla cultura popolare, durante una perquisizione domiciliare.
In un'altro intervento della polizia nell’abitazione di un suo amico, sono requisiti alcuni suoi racconti che non saranno mai più ritrovati.
Riesce a fuggire, ma dopo alcuni giorni viene arrestato e ricondotto in prigione, dove scrive una grammatica della lingua persiana e un racconto, anche questi andati perduti durante il trasferimento in un altro carcere.
È scarcerato tredici mesi dopo.
Nel 1957, si sposa, per la seconda volta, ma anche questo matrimonio è destinato a fallire dopo quattro anni. Dopo il divorzio abbandona il lavoro svolto per la raccolta Ketabe kuche.
Nell’aprile del 1962, incontra la terza e ultima moglie, Aida Sarkisian, una ragazza di origine armena che sposa nel 1964.
Aida ha un ruolo importantissimo per tutto il resto della vita di Shamlu.
Vivono e lavorano insieme per quaranta anni, fino alla morte del poeta.
Dopo questo incontro inizia una nuova era artistica nella sua vita. Due delle raccolte poetiche avranno nel loro titolo il suo nome: Aida allo specchio e Aida, l’albero, il pugnale e la memoria.
Shamlu riprende, per la terza volta, il lavoro del dizionario enciclopedico popolare e Aida collabora con lui.
“Tutto ciò che scrivo è per lei e grazie a lei. Io in Aida ho trovato la persona che non avevo mai trovato nella mia vita.”
La sua morte sopraggiunge dopo una lunga malattia, il 24 luglio del 2000.
Nella sua vita Shamlu, il più grande poeta iraniano contemporaneo, dirige e collabora con decine di riviste letterarie. Lascia diciotto raccolte di poesie, decine di traduzioni di poesie, romanzi, sceneggiature e racconti, oltre all’opera immensa del suo dizionario enciclopedico, del quale fino alla sua morte sono stati pubblicati quindici volumi.
Aida continua il suo lavoro di sistemazione dei manoscritti inediti da pubblicare. I volumi finora pubblicati, rappresentano soli il 15% dell’intera sua opera.
 
AIDA ALLO SPECCHIO
 
 
Le tue labbra,
Soavi come la poesia
Mutano il più sensuale dei baci
In tale pudore
Che un cavernicolo
Ne giova per divenire uomo.
 
E le tue guance,
Con due solchi obliqui
Che tracciano il tuo orgoglio
E il mio destino.
Io che sopportai la notte
Senza essere armato dell’attesa del mattino
 
E dai postriboli della compravendita
Riportai integra, una superba verginità.
Mai nessuno con tanta spietatezza
Si levò a uccidersi
Come io mi abbassai a vivere.
 
Il tuoi occhi, il segreto del fuoco
Il tuo amore,
Il trionfo dell’uomo
Quando si affretta a contrastare il destino.
 
Le tue braccia,
Un angolo dove vivere,
Un angolo dove morire,
Una fuga dalla città
Che con mille dita
Insulta volgarmente
Il candore del cielo.
 
La montagna nasce dalle prime pietre
E l’uomo dai primi dolori.
 
In me c’era un prigioniero tiranno
Che non si abituava al canto delle sue catene.
Io sono nato con il tuo primo sguardo.
 
Nelle tue maestose movenze
Le tempeste
Risuonano
Con la magnificenza di un flauto.
 
E la melodia delle tue vene
Fa sorgere il sole dell’eternità.
 
Lasciami ridestare dal sonno,
Che tutti i vicoli della città
Sappiano della mia presenza.
 
Le tue mani, la riconciliazione,
Compagne che aiutano
A cancellare l’ostilità dalla memoria.
 
La tua fronte, un grande specchio
Alta e radiosa
Dove le Pleiadi si riflettono
Per scoprire la loro bellezza.
 
Nel tuo petto due uccelli cantano inquieti.
Da quale via giungerà l’estate
Perché la sete renda più gradevole l’acqua?
 
Prima che tu apparissi nello specchio
Guardai dentro una lunga vita
Piansi paludi e mari.
 
Fata con sembianze umane
Il tuo corpo non brucia, se non nel vuoto dell’inganno!
 
La tua presenza è un paradiso
Che spiega la fuga dall’inferno,
Un mare che mi inghiotte
Fino a purificarmi di tutti i peccati e di tutte le menzogne.
 
E l’aurora si risveglia con le tue mani.


Luned́ 08 Marzo,2010 Ore: 12:32
 
 
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