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www.ildialogo.org BEATI I POVERI IN SPIRITO,di Valdo Bertalot

BEATI I POVERI IN SPIRITO

MATTEO 5,1-12


di Valdo Bertalot

Tratto da "La Parola" ANNO XXIV / N.2/ MAGGIO—AGOSTO 2010 bollettino della
ALLEANZA BIBLICA UNIVERSALE
SOCIETÀ BIBLICA IN ITALIA
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5 1 Vedendo che c’era tanta gente Gesù salì verso il monte. Si sedette, i suoi *discepoli si avvici­narono a lui 2ed egli cominciò a istruirli con queste parole:
Le beatitudini
“Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio: Dio dona loro il suo regno.
Beati quelli che sono nella tristezza: Dio li consolerà.
Beati quelli che non sono violenti: Dio darà loro la terra promessa.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia: Dio esaudirà i loro desideri.
Beati quelli che hanno compassione degli altri: Dio avrà compassione di loro.
Beati quelli che sono puri di cuore: essi vedranno Dio.
Beati quelli che diffondono la pace: Dio li accoglierà come suoi figli.
 
10Beati quelli che sono perseguitati perché fanno la volontà di Dio: Dio dona loro il suo regno.
11Beati siete voi quando vi insultano e vi perseguitano, quando dicono falsità e calunnie contro di voi perché avete creduto in me. 12 Siate lieti e contenti, perché Dio vi ha preparato in cielo una grande ricompensa: infatti, prima di voi, anche i *profeti furono perseguitati.
Con il notissimo testo delle Beatitudini inizia qui il Discorso della Montagna, il pri­mo dei cinque discorsi di Gesù, dove Matteo riunisce gli insegnamenti di Gesù. Questi di­scorsi sono le ‘colonne’ di quel grande edificio che è il Vangelo di Matteo: esse poggiano sulla base costituita dai primi capitoli iniziali e reggono l’architrave, il tetto costituito dal racconto della Passione e della Risurrezione degli ultimi capitoli.
Il Discorso della Montagna, che ha per tema la “nuova giustizia”, è composto dai capitoli 5-7 e ruota attorno al suo punto focale che è la preghiera del ‘Padre nostro’ con le parti iniziali che richiamano quelle finali, per es. le Beatitudini con l’esortazione sull’udire e mettere in pratica al cap. 7, 13-27: “Matteo ha saputo riunire in questi tre capitoli la proclamazione dei nuovi valori evangelici (la felicità per i poveri e i perseguitati), l’invito alla fiducia nella provvidenza, l’interpretazione spirituale e non formale della vita religiosa e della Legge mo-saica, l’appello a vivere l’amore di Dio e del prossimo in tutta la sua radicalità, nei fatti e non soltanto nelle parole” (Corsani).
Nel corso della storia le Beatitudini sono state variamente interpretate: come norme morali da seguire in un cammino di perfezione, come promesse di una realtà futura, come manife­sto sociale, come carta costituzionale del cristianesimo. Esse vanno lette lungo il dispiegarsi del Vangelo dove nei primi capitoli assistiamo all’irrompere definitivo dell’azione di Dio nella storia dell’uomo: la nascita di Gesù, Giovanni il Battista, il battesimo di Gesù, le tenta­zioni con la sconfitta del tentatore e l’inizio della predicazione dell’annuncio della vicinanza del regno dei cieli con la chiamata dei discepoli. Dio, il Signore della storia ha così preso l’iniziativa per ristabilire il giusto rapporto fra il Creatore e la creatura. E Gesù ora rivolge un appello a chi lo vuole seguire nell’annunciare il regno dei cieli.
La scena che ci viene presentata è ricca di suggestione per i discepoli e per le folle che seguono Gesù. Come il Signore si incontra con Abramo (Genesi 22), con Mosè (Esodo 19) con Elia (1 Re 19) su una montagna, anche Gesù incontra questa folla, con i suoi disce­poli, su una montagna per dare loro un insegnamento. Fortissima è l’eco della figura di Mo-sè sul Monte Sinai con il dono della Legge, ma anche l’eco delle parole del profeta Isaia (2,3): ”Verranno molti popoli e diranno: ’Venite saliamo al monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri’. Poi­ché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore”.
 
Gesù si rivolge ai suoi discepoli e li chiama ‘beati’ perché hanno risposto alla sua chiamata, divenendo poveri, affamati di giustizia. Non sono la povertà o la rinunzia di per se la causa della felicità annunciata da Gesù: “solo la chiamata e la promessa, a causa delle quali quelli che vi obbediscono vivono nella povertà e nella rinunzia, sono la ragione suffi­ciente per la beatitudine” (Bonhoeffer). Ma se i discepoli che hanno obbedito alla chiamata sono dichiarati beati, anche le folle, che ne sono testimoni, in quanto popolo di Dio sono destinatari della stessa promessa di felicità se accoglieranno l’appello di Gesù.
E’ la povertà interiore con il conseguente comportamento umano la condizione necessaria per seguire il Signore, per entrare nel regno dei cieli: i poveri in spirito, coloro che attraver­so l’esperienza di prove materiali e spirituali contano unicamente su Dio, gli afflitti, coloro che sono tristi non per melanconia, ma per la falsa gioia offerta dal mondo che sanno non vera e sono in attesa della vera consolazione, i miti, coloro che rinunciano alla violenza, quelli che hanno fame e sete della giustizia, coloro che fedelmente fanno la volontà di Dio, che è superiore a qualsiasi giustizia umana, i misericordiosi, coloro che hanno misericordia degli altri, anche di quelli che li hanno offesi, condividendo la loro situazione, i puri di cuo­ri, coloro che non ricercano una purezza esteriore, anche solo quella delle buone intenzioni, ma che nel più profondo del loro essere si lasciano semplicemente guidare dalla parola di Gesù, gli operatori di pace, coloro che si impegnano a ristabilire l’armonia in tutti i rapporti, sia con Dio, sia con gli uomini, i perseguitati per causa della giustizia, coloro che soffrono persecuzione nel compiere la volontà di Gesù.
Paradossalmente gli stessi discepoli saranno beati perché saranno perseguitati proprio a cau­sa del fatto che, chiamati da Gesù, essi annunciano che il regno dei cieli è vicino, come lo furono i profeti prima di loro. La persecuzione sarà motivo di gioia perché si inserisce nella storia dell’amore di Dio per l’uomo, la stessa gioia che provano i Magi nel seguire la stella e nel trovare il bambino Gesù, la gioia che provano le donne nel correre via dal sepolcro ad annunciare ai discepoli che Gesù è risorto.
Queste promesse di felicità vanno anche lette alla luce del­la croce: Gesù con la sua vita, le sue opere, la sua morte e la sua risurrezione ha già vissuto queste beatitudini per tutti noi, ren­dendo possibile anche a noi di seguire il suo appello. Se agli oc­chi umani queste promesse si rivelano una realtà impossibile da vivere, con l’evento della croce esse divengono per noi l’unica realtà possibile da vivere.
Valdo Bertalot
Segretario Generale
Società Biblica in Italia
Direttore per l’Italia
Società Biblica Britannica
e Forestiera


 



Mercoledì 13 Ottobre,2010 Ore: 16:47
 
 
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