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www.ildialogo.org La fede e le opere,di Mario Mariotti

La fede e le opere

di Mario Mariotti

Quando mi metto a riflettere sulla radicale differenza fra il Dio vissuto in chiave religiosa e quello vissuto nella logica dell'Incarnazione, mi accorgo, se la memoria funziona ancora, che anche l'insegnamento cattolico più tradizionale ed ortodosso diceva che la fede senza le opere non esiste. Questo enunciato, a penarci bene, includeva già in sé stesso il superamento della religione e l'obiettivo dell'Incarnazione! Quest'ultima, infatti, si traduce in opere; e senza di esse, cioè senza incarnazione, non c'è neppure fede. Come mai, allora, il Cristianesimo reale storico concreto è stato e rimane connotato di tutto quel negativo che lo ha visto complice, o per lo meno inefficace nel contrasto a tutte le porcate dei secoli dell'era cristiana, portate avanti anche dai credenti, partendo dalle Crociate, passando per gli arrosti degli eretici, per la benedizione degli uomini della Provvidenza, vedi Benito, Adolfo, Franco, Ante Pavelic ecc., per arrivare fino al determinante contributo che i credenti stessi hanno dato in rapporto alla nostra omologazione alla cultura d'oltre Oceano, prodotto delle evacuazioni di ultima generazione di sua maestà mammona?
Evidentemente chi pronunciava che senza le opere non c'è neppure fede, non credeva a ciò che stava dicendo; riusciva a tenere separate le due cose, la Lede e le opere; non le considerava interdipendenti; e poi, dimenticando che Gesù ci aveva comunicato che Lui si era incarnato non per essere servito ma per servire, aveva destinato le opere a Dio e non all'uomo stesso; e la fede era servita a lui per acquisire prestigio, ricchezza e potere. Se poi noi ci mettiamo ad esaminare come si connotava (e si connota) la fede per la Chiesa docente, ci accorgiamo che la preghiera veniva posta a fondamento di tutto; e che le virtù necessarie per la propria salvezza, e per veder esaudite le proprie preghiere, erano l'umiltà, l'ubbidienza e la rassegnazione. La prima cosa da dire, allora, è che, partendo da questi presupposti, per forza gli esiti non potevano che essere negativi ed il cristianesimo storico, reale, doveva generare strutturalmente una cultura alienata, conservatrice, ipocrita ed assurda.
La valorizzazione della preghiera infatti, dimentica che il Padre quello che può fare per i figli lo fa per amore e non perché è pregato; e dimentica che “pregare” significa “fare” la volontà del Padre stesso, diventare mani di Lui. L'umiltà poi è una virtù perfettamente funzionale a che il potere che viene sempre dall’Alto abbia sempre e comunque ragione; mentre il suddito, se osa obiettare, subito cade nel peccato di superbia. Dell'ubbidienza, proseguendo, D.Milani diceva che non era una virtù. Io dico di più, e cioè che essa rasenta la blasfemia, perché consegna una coscienza, cioè il profondo dell'uomo, nelle mani di un'altra coscienza, per cui la prima si annulla e diventa il terminale della seconda. A dire blasfemo questo meccanismo ho detto ancora poco, perché esso sta alla base dì tutto il negativo che ha violentato e contaminato la storia umana, negativo sempre deciso dai "pochi", ma sempre reso possibile solo dall'ubbidienza dei "molti".
L'esempio più significativo è quello della tragedia dell'Olocausto, generata dal "sì" dei Tedeschi alla volontà maligna e criminale di Hitler. Della rassegnazione, infine, si può dire che è, essa pure, perfettamente funzionale alla conservazione dell'esistente, con tutta l'ingiustizia e la violenza in esso contenute; per cui il “rassegnato” diventa inconsapevolmente complice di quel negativo che lui pensa essere irreversibile.
Riassumendo, allora, si può dire che partendo dai soprascritti presupposti i1 cristianesimo storico per forza non poteva generare quella trasformazione storica che l'incarnazione di Dio attraverso il signore, operata da noi, avrebbe dovuto strutturalmente generare. L'uomo non si è ancora reso conto di essere, lui stesso, la mano dell'amore di Dio per l'uomo; che le virtù necessarie per costruire il Regno sono l'indignazione per l'ingiustizia, la resistenza alla cultura del potere, l'impegno a togliere sofferenza ed a portare il necessario e la gioia ad ogni vivente.
Ecco allora che mancano le opere, e quindi anche la fede non c'è.
Dio è Verbo, il Verbo è Condividere, ci vuole l'uomo che coniughi nella concretezza storica della propria esperienza esistenziale il "Condividere".
Finché gli uomini non si metteranno ad incarnare giustizia, solidarietà, condivisione, Dio resterà lassù, nel non esistere, e quaggiù sarà l'inferno di cui già stiamo facendo esperienza, e che è destinato, se non apriremo gli occhi alla verità ed il cuore alla Compassione, a travolgerci tutti quanti.



Domenica 18 Febbraio,2018 Ore: 17:15
 
 
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