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www.ildialogo.org SE IL DIVINO SOPRAVANZA L’UMANO. Intervista a Josè Maria Castillo,di manifesto4ottobre

SE IL DIVINO SOPRAVANZA L’UMANO. Intervista a Josè Maria Castillo

di manifesto4ottobre

Riprendiamo questo articolo, su segnalazione di manifesto4ottobre che ringraziamo, dal sito  manifesto4ottobre.
Josè Maria Castillo “Gesù viveva con la gente: quella è la cristologia che appresero i discepoli”. “Nella chiesa è stato più difficile accettare l’umanità di Gesù che la sua divinità”
Intervista condotta da Jesús Bastante, pubblicata il 21 maggio 2016 sul sito “Religion Digital”
(Jesús Bastante).- E’ uno dei maggiori teologi spagnoli . Tanto che papa Francesco ha preso in prestito alcuni dei suoi concetti legati alla Teologia popolare. Ardente difensore dalla libertà , Josè Maria Castillo presenta il suo ultimo libro “La Humanidad de Jesus” (In Italia tradotto da Lorenzo Tommmaselli per Merdiana col titolo “La laicità del Vangelo”) dove difende la fede nel confronto con coloro che oggi come ieri preferiscono l’artificioso e il ritualistico, “Ci basta la religione e non ci manca l’umanità”
Cosa vuoi dire con questa frase?
Quando si studia in teologia la figura di Gesù risulta che storicamente nella chiesa è stato più difficile accettare la umanità di Gesù che la sua divinità.  Il che equivale a dire che se intendiamo per divino tutto ciò che si incarna nel sacro, nella chiesa conta più il sacro che il profano. Che tradotto nel problema che tratto qui, vuol dire che il sacro conta più dell’umano e si sovrappone all’umano.
Ci scontriamo con la difficoltà che stiamo sperimentando con tanta frequenza e su argomenti enormemente importanti . Per esempio come in nome di un presunto diritto divino si limitano o semplicemente si eliminano i diritti umani.
In nome del divino o del sacro si limita la libertà, di pensare, scrivere, parlare… Cose così elementari come amare. E approfitto per ricordare un articolo che mi colpi molto di Karl Rahner nel quale si domandava perché  per amare di più Dio dobbiamo amare meno un essere umano. O dobbiamo rinunciare all’amore umano.
Ciò é molto strano. Perché una delle cose che più attraggono del Cristianesimo é precisamente che Dio si fa uomo per assumere tutto il peccato della umanità  e offrire una nuova porta di salvezza. E tuttavia la figura di Gesù  che dovrebbe essere il più umano degli uomini, si é tradotta in una eccessiva divinizzazione della sua figura come tratti nel libro. Come se non fosse importante che Dio si fosse fatto uomo che é il nucleo del Cristianesimo. Senza questo fatto é impossibile che accada la salvezza.
É la chiave. Non possiamo dimenticare che non siamo di condizione divina. Piuttosto siamo esseri umani. E dall’umano dobbiamo comprendere il trascendente, il divino. E non ci é possibile perché Dio non é alla nostra portata. Se lo fosse sarebbe un essere onnipotente ma non Dio. Neppure il concetto di infinito perchè questo significa l’umano peró senza limiti. E Dio non é neppure questo, è una realtà  che sta in un ambito al quale non abbiamo accesso. É incomunicabile in questo senso.
Il cristianesimo che soluzione ha dato a questo problema?
Semplicemente il Mistero della Incarnazione dove il trascendente si é fatto visibile, tangibile e vicino umanizzandosi. E si umanizzò in Gesù  che, senza cessare di essere divino,  si fece pienamente umano. in tal modo che nella misura in cui conosciamo l’umanità di Gesù é l’unica via che abbiamo per conoscere che é Dio, come é e come ama.
E tuttavia durante i secoli é stata sepolta questa figura umana in una serie di norme, riti, giudizi, misteri, dogmi di fede ecc che hanno 
trasformato la figura di Gesù in qualcosa di diverso. Fino al punto in cui la chiesa di oggi non assomiglia a ciò che Gesù voleva o assomiglia a ciò che altri andarono promuovendo.  Tu ti concentri molto sulla figura di Paolo.  
Qui ci sono diverse cose.
La prima. Gesù fu pienamente umano e il fatto é che i vangeli, come sono giunti a noi, lo presentano così . La prima cosa con cui si doveva confrontare fu il religioso ed il sacro come si intendeva a quel tempo. E per questo Gesù si confrontò nel tempio, con i sacerdoti, i rituali e le norme religione. E il confronto fu così duro che arrivò un momento in cui la istituzione religiosa si rese conto che o finivano lui o lui finiva loro. Il finale del capitolo XI del Vangelo di San Giovanni, dopo la resurrezione di Lazzaro é cruciale. Il Sinedrio si riunì d urgenza e decisero: o lui o noi.
E’ interessante quel che dici perchè Lazzaro è una figura molto rilevante e molto dimenticata.
Inoltre ogni giorno va guadagnando terreno mettere in relazione il Lazzaro di Giovanni, fratello di Marta e Maria, con il Lazzaro del quale parla Luca nella parabola, l’epulone, il mangione. Quello morì e andò in Paradiso e questo riccastro morì senza importarsene della gente che moriva di fame davanti a lui. Esattamente quello che sta conoscendo e vedendo proprio ora la Spagna. Riccastri che si gonfiano di denaro e siccome non cacciano nelle banche spagnole lo conservano nei paradisi fiscali del mondo.
Si vedrà se uscirà qualche vescovo dalle famose carte di Panama
Io sto temendo che possa succedere.
E mentre stiamo vedendo famiglie senza lavoro, bambini senza scuola, malati senza rimedi nè cura… il disastro. Questo è il Lazzaro del vangelo di Luca. Anche il ricco muore, come tutti questi che hanno i paradisi fiscali ai loro piedi moriranno. L’epulone vestiva di porpora e oro e banchettava tutti giorni. Chiese dall’Ade che Lazzaro tornasse dai morti ad avvisare i suoi fratelli che dovevano essere tanto sfrontati come lui. Ma Abramo gli disse “Hanno Mosè e i Profeti, che ascoltino loro” E questo è quel che prende il vangelo di Giovanni e lo collega con la resurrezione di Lazzaro. Qui sta il morto che resuscita. Che dissero i sommi sacerdoti? Ammazzare di nuovo Lazzaro. Lo dice il vangelo di Giovanni e certamente ammazzare Gesù. Si riunì il sinedrio d’urgenza e lì si resero conto che il progetto di Gesù era impossibile da conciliare. E noi ci siamo aggiustati per renderlo conciliabile, cosa che non fece nè il tempio di Gerusalemme nè Gesù. Noi li abbiamo conciliati e così abbiamo questa Chiesa. Che è successo? Che tra la morte di Gesù e i vangeli appare nel nuovo testamento la figura di Paolo.
Però se Gesù viene a modificare quel sistema, dopo il sistema lo uccide e alla fine col passar del tempo, conciliando, è quel sistema che sta vincendo nella istituzione, non stiamo tradendo la nuova alleanza che Gesù venne a contrarre tra Dio e gli uomini?
La stiamo tradendo e da qui il conflitto, la tensione e i problemi che sta soffrendo Papa Francesco. Perchè il papa è un uomo la cui formazione ed educazione gesuitica deve essere molto ben conservatrice. Però la sua umanità è profonda, tanto sensibile a tutto ciò che è dolore umano, l’ingiustizia contro i deboli, i bambini, i malati…. che non può tacersi, nè sopporta lo stare sopra gli altri, nè vuole ottenere privilegi. Ci sono teologi che si chiedono perchè non assume decisioni più determinate. Io metterei lì quei teologi a prendere decisioni.
Inoltre io ritengo che se questo Papa o un altro volesse cambiare le cose con un colpo sul tavolo, darebbe ragione a chi pensa che la chiesa non ha un cammino sinodale, di dialogo. Penso che stia tentando di far ripartire il gioco e che tutti noi ci sentiamo responsabili. E i cambiamenti che si stanno verificando sono dovuti alla pressione del popolo. Il concetto del pontificato di Francesco e quello della teologia di Josè Maria del Castillo sono molto simili.
Certo, ogni giorno lo vedo con più chiarezza, la cosa deve procedere così. Perchè non si tratta di cambiare incarichi nè di prendere decisioni su questo o su altro. L’importante è cambiare il modo di fare teologia, il modo di governare, il modo di vivere vicino alla gente. Sapere cosa chiede il popolo.
Conversando ieri con Reyes Mate, grande pensatore su questo argomento, egli diceva una grande verità: le due grandi teste pensanti che ha avuto il cristianesimo nel secolo passato furono primo Bonheffer che fu ucciso dal nazismo alla fine della II guerra mondiale. E l’altro è Juan Bautista Metz che dice una cosa impressionante: la cristologia cioè il sapere sopra Gesù ed il poter parlare su di Lui richiede la sua sequela. Gli apostoli non appresero la cristologia leggendo libri sul tema nè ascoltando conferenze nè Gesù si dedicò a fare chiacchierate di Teologia. Si dedicò a vivere in un certo modo . E seguirlo era vivere in quel modo per quanto possibile. Gesù viveva con la gente. Stava vicino agli infermi ed ai bambini, ai poveri ed agli esclusi. E quella è la cristologia che appresero.
La novità di questo libro è spiegare che tra Gesù e la sua morte e tra la sua nascita e i vangeli, che sono posteriori all’anno 70, ci sono le lettere di Paolo. Che non ha conosciuto il Gesù terreno della storia nè diede segni di molto interesse per conoscerlo.
Ed ebbe i suoi conflitti con Pietro e con gli altri.
E soprattutto senza conoscere Gesù e la sua morte nè i Vangeli si mise ad organizzare le prime chiese. Le prime comunità erano chiese domestiche. Poichè aveva la formazione di buon giudeo e la sua esperienza era quella del Gesù resuscitato, quello fu ciò che trasmise.
Più spirituale.
Più spirituale, più religioso. Più ritualistico e più normativo. E’ vero che Paolo spiegò che tutti siamo uguali per la salvezza, che non è la legge che ci salva. però tutto guardando al trascendente. E nell’immanente, quel che fece fu organizzare chiese domestiche. E se erano domestiche dovevano essere in casa. E se si riunivano in case, dovevano essere gente danarosa. Allora quel che accadeva era che i capi della chiesa erano gente danarosa.
Per fare giustizia a Paolo, se non si fosse avvicinato a questi convertiti ricchi, la chiesa non avrebbe potuto fare tutto il processo di evangelizzazione e tutta la creazione di una cultura e di una società nuova nel corso di tutto questo tempo.
Effettivamente. Sono del tutto d’accordo e mi fa piacere che esca l’argomento. Perchè Paolo, come ben notò Hans Kung, diede due grandissimi e geniali apporti. Il primo: estese il cristianesimo a tutto l’Impero. Pertanto convertì il piccolo movimento di Gesù in un movimento universale in quello che allora era il mondo conosciuto. In secondo luogo socializzò quel movimento nei costumi della società. Però quello comportò un prezzo e quello lo spiego nel mio libro.
Ci sono quattro problemi con cui Paolo si impantanò. Leggendo Paolo saltano all’occhio quattro questioni che sono in relazione molto diretta con la morale che oggi ci preoccupa e ci interessa.
Primo il tema del sesso. Perché il sesso maschile deve essere dominate con più diritti e potere di quello femminile. In definitiva la diseguaglianza. La gente con tiene conto di questo. Non è lo stesso parlare di diseguaglianza e di differenza. Perché la differenza è un fatto, ma la eguaglianza è un diritto.
Secondo: il modello di famiglia. Il modello patriarcale. Per me la cosa più geniale che ha scritto l’attuale Papa, è dire che l’amore coniugale è un amore di amicizia. E lo argomenta e lo ripete. Dire questo è rivoluzionare la famiglia.
Capisco
Chiaro. La terza questione è quella della schiavitù. La schiavitù è la chiave dell’economia. Comprendo che questa è una lettura marxista. Però in questo Marx toccò il cuore del problema. E questo spiega perché i ricchi hanno potuto accumulare la ricchezza che posseggono: a costo di migliaia di milioni di schiavi che hanno lavorato per loro. E continua anche oggi. Però quel che accade è che oggi avviene senza lo stigma della schiavitù. A prima vista siamo tutti uguali in dignità e diritti, quando in realtà non lo siamo. Inoltre, a parte altri aspetti, anticamente ciò che comportava avere uno schiavo era il dovergli dare da mangiare. Oggi chi tiene uno schiavo che lavora per lui gli da quel che vuole. E già. Loro si arrangino e io tengo un conto a Panama.
E la quarta. E’ la sottomissione all’autorità costituita. Non dimentichiamo che quando Paolo scrisse era il tempo di Nerone. Che non era precisamente un modello esemplare di governante. All’inizio del capitolo XIII della lettera ai romani Paolo dice che l’autorità la stabilisce Dio. E per tanto, ciò che comanda l’autorità è volontà di Dio. E devi sottometterti a Dio sottomettendoti all’autorità. Se lo predico io oggi in un qualche angolo del Venezuela o della Russia o della Francia mi corrono dietro ed a ragione.
Gesù non si mise in questo pasticcio, piuttosto visse semplicemente
In realtà disse di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Sta dicendo che siamo cittadini e buoni credenti. Pone ciascuno al suo posto.
Che immagine di Gesù tu hai oggi? Dopo tanti anni in cui lo hai studiato e lo hai vissuto.
Prima ti dirò come non me lo immagino. No me lo immagino come un prete. Non sarebbe vescovo, certamente. Non avrebbe nessun incarico. Sarebbe un profeta itinerante con una vita inappuntabile e potrebbe andare dicendo: “se non credete in ciò che dico, per lo meno guardate a ciò che faccio” che è ciò che Gesù non cessava di dire. O con altra immagine: “l’albero si conosce dai frutti che produce”. Sarebbe un profeta itinerante, vicino a tutto ciò che è sofferenza, dolore, miseria umana. Non perchè avesse fatto un voto di povertà, perché il voto che fanno oggi i religiosi di povertà è una delle fonti di sicurezza più grande che ci sia. Sicurezza economica.
Non capisco
Chi appartiene ad una comunità religiosa tiene la vita assicurata. Non gli manca nulla mai. Questo lo prova chi ha posseduto e un giorno si ritrova per la strada. E’ il mio caso. L’insicurezza ti pone molte domande che quelli che fanno voto di povertà non si fanno.
Gesù sarebbe occupato e preoccupato per i poveri ma non per un voto di povertà.
Chiaro, sarebbe una persona che condivide con questa gente la abilità, la condizione, la fortuna e sarebbe un uomo enormemente libero, di parlare e di agire, non andrebbe a mischiarsi in partiti politici, piuttosto andrebbe preoccupandosi della necessità della gente.
Dobbiamo terminare. Quel Gesù assomiglierebbe un po’ a te.
Assolutamente no. Se vuoi un altro giorno dedichiamo del tempo a questo tema. Però non mi interesserebbe. Non ho niente da nascondere. Inoltre se arriva il giorno di dire delle cose, le dirò.
No assomiglierebbe a molte persone buone e sconosciute. Gesù quando si mise a riunire un gruppo e disse che era di Nazareth… io sono di Puebla de don Fadrique, un villaggio sperduto nell’ultimo angolo della provincia di Granada. Sono un povero che tenta, cerca, vuole però arriva dove arriva. Che non è molto lontano.
Arriva molto e arriva bene. Un piacere. Lo è sempre quando vieni a presentarci libri come questo.
(nostra traduzione)
l’intervista in spagnolo a questo indirizzo:



Sabato 03 Settembre,2016 Ore: 19:48
 
 
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