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www.ildialogo.org "La brace ardente",di Mario Mariotti

"La brace ardente"

di Mario Mariotti

Io non so come gli altri vivono in loro stessi la compassione. In me essa è un sentimento complesso,che include, o accompagna, o vede compresenti. O in sequenza, indignazione, scandalo, ribellione, resistenza, rifiuto ad accettare la realtà come irreversibile. Facendo il punto sulla mia esperienza esistenziale, a rifletterci bene, mi accorgo che essa ha avuto come primo motore proprio la compassione. Quella per Marchino, un mio scolaretto morto a nove anni per distrofia muscolare, è stata la motivazione che mi ha portato a capire lo scopo del dolore innocente: quello di essere noi stessi a dargli uno scopo, ed esso è quello di spendere la nostra vita per costruire un mondo senza dolore.
 
Questo fuoco interno, questa brace ardente, è riuscita a materializzare quella pedagogia della solidarietà sulla quale negli anni ho basato il mio lavoro di insegnante. Pratica della solidarietà nella continuità per arrivare a definire la cultura del necessario; la solidarietà come strutturale alla prassi educativa.
 
La compassione per Renata, una persona essa pure vittima della distrofia muscolare cui è successo di perdere madre con la quale viveva quasi in simbiosi, mi ha aperto gli occhi sull'ingiustizia del creato, sulle differenze blasfeme esistenti fra il destino di qualcuno e quello di qualcun'altro; e mi sono trovato determinato a voler contrastare questa tragica realtà rendendomi presente al posto di chi non poteva più esserlo, con tutti i limiti miei personali eccetto quello della continuità.
 
La compassione per Maurizio, vittima di spina bifida, la cui esistenza è un miracolo in sé stessa perché ha già più che raddoppiato il tempo della propria permanenza nella terra dei viventi, è stata poi quella che ha prodotto la mia conversione dalla teologia dell'alienazione a quella dell'Incarnazione.
 
Anche l'esistenza di Lupetto, e la sua morte a 17 anni e 13 chili di peso, ha lavorato in questa direzione. Dio non può reggere il dolore innocente; bontà ed onnipotenza non possono coesistere; l'amore di Dio per noi ha bisogno di noi per arrivare a noi.
 
Ed ecco la conferma della pedagogia della solidarietà: noi riceviamo dalle precedenti generazioni tutto il positivo di cui stiamo godendo; noi dobbiamo arricchire questo positivo per consegnarlo alle generazioni che verranno. In questo processo l'uomo diventa uomo, e sta costruendo Dio, che è laico come noi, che siamo le sue mani. La compassione mescolata all'orrore per Auschwitz invece è stata la prima che mi ha coinvolto e che sta accompagnando tutta la mia esistenza. Vidi che non avevo ancora dieci anni i cinegiornali del processo di Norimberga, ed anche questa è una brace ardente dalla forza inestinguibile. Attraverso di essa mi si è chiarita la micidiale alienazione delle religioni; il non-senso della preghiera; la non-onnipotenza di Dio; l'enorme responsabilità dell'uomo in rapporto alla presenza del positivo o del negativo nella storia umana. Anche la compassione per le bestioline io l'ho vissuta precocemente e continua a far parte della mia giornata. Quali frutti essa ha prodotto nella mia evoluzione teologica che è anche filosofica in quanto è la laicità la dimensione evangelica della ricerca della Verità?
 
La presa di coscienza dei peccati originali del Dio religioso, che ha creato la morte strutturale alla vita, ed il dolore strutturale all'esistere, perché noi, per vivere, dobbiamo dare sofferenza e dare la morte ad altri viventi. Poi la presa di coscienza della necessità del rispetto di ogni vita, anche di quella dei minimi; infine quella della necessità di educare anche gli ultimi a non usare violenza sui viventi più ultimi di loro, e quindi al rispetto di ogni vita.
 
 
Tornando al tema della compassione, mi sto accorgendo che da quando mondo è mondo la sua assenza è stata ed è determinante in rapporto al negativo che è stato ed è anche ora, in
tempo reale, fra noi. Questa assenza è stata e rimane il terreno di cultura della trinità maligna: ricchezza, mercato, competizione non sanno dove essa stia di casa; se si incontrassero con lei, andrebbero in crisi ed estinguerebbero sé stesse nella solidarietà e nella condivisione.
 
Per questo il mondo è da sempre un inferno, un casino, ed anche per questo la serenità dei preti è un atteggiamento alienato, se non addirittura blasfemo. Sempre per questo io non voglio, io non me la sento di imputare a Dio la creazione dell'inferno, del mondo-casino, all'interno del quale scorre la nostra vita. Ecco perché propendo a pensare che Dio non possa esistere. La storia però non finisce, ma inizia da qui. Dato che Dio non c'é, perché sarebbe il Creatore di un casino, ma dato che la nostra esperienza ci dice che il mondo si può migliorare, ecco che esce la tesi del Dio da costruire, del Dio da far esistere nel mondo vivendo noi la solidarietà, la giustizia, la fratellanza, la condivisione, cioè l'amore. In questo modo noi ci ameremmo fra noi come Lui ci ama (è questo il testamento del laico Gesù).
 
Ultima riflessione, quella sulla mia morte, che mi ha fatto aprire gli occhi sul significato della Parola: "Fate questo in memoria di me". Noi non ci dobbiamo determinare come antropofagi che divorano il corpo ed il sangue del Signore per salvare l'animaccia nostra! Il "Fate questo" allude al fare di sé stessi pane e vino, cioè il necessario e la gioia, per gli altri, ed al condividere con loro (spezzare uguale a condividere) proprio il necessario e la gioia.
 
Il "in memoria di me" non ha come destinatario il Signore, ma coloro che Lui ama, e che lo fanno esistere, gli danno memoria e vita, quando amano e spezzano il pane con le altre creature della terra dei viventi. Questo, allora, apre a me un grande interrogativo: chi si farà carico della compassione che ha abitato nella mia casa nella mia casa quando la casa non ci sarà più?
 
Chi si prenderà il compito di ospitare la mia brace ardente, che non è da me e non é per me, ma per il Regno che subisce violenza? Sicuramente ci sono già altri che lo stanno facendo, altri che si saranno fatti ancora più trasparenti a lei di quanto sia capitato a me.
È grazie a loro che si può costruire la speranza. Ma la messe è tanta, e gli operai tragicamente pochi...


Venerdì 03 Giugno,2016 Ore: 19:24
 
 
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