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www.ildialogo.org Se Dio ci é padre,di Mario Mariotti

Se Dio ci é padre

di Mario Mariotti

Uno dei principali motivi del fallimento del cristianesimo reale, probabilmente il più determinante, è quello di prendere il Vangelo per Vangelo, di prendere il Vangelo come se fosse Gesù stesso a parlare in prima persona, mentre esso Vangelo "racconta" di Gesù, e a raccontare di Lui sono le prime comunità cristiane costituitesi sulla base dei racconti non di testimoni oculari, ma di persone cui l'evento-Gesù era stato raccontato. Per, questo, lo stesso principio logico d'identità a volte non è rispettato; per questo è accaduto e accade che la parola di Dio secondo l'uomo diventa Parola di Dio e basta, e sulla base di essa non c'è stata porcheria che non sia stata compiuta, dalle Crociate agli arrosti alla Giordano Bruno proprio per volontà ed a gloria di Lui.
Altri elementi poi aggravano la situazione: la Rivelazione viene considerata conclusa, il che significa che lo Spirito viene messo in freezer e quindi ibernato; ed inoltre i risultati della ricerca teologica vengono essi pure messi in Freezer, per non correre il rischio che essi possano arricchire ed approfondire la conoscenza della Rivelazione stessa. Ecco allora che abbiamo una lettura religiosa del Vangelo, ed essa ben si guarda dal divulgare i frutti della ricerca teologica: se lo facesse, arriverebbe come conclusione ad estinguere sé stessa, perché il Signore è laico, ed il motivo della Sua incarnazione è proprio quello di liberarci dalla lettura religiosa di Lui stesso.
Proviamo allora, a questo punto, dato che Nostro Signore è un laico, a guardare la realtà con occhi laici, partendo dall'annuncio che Gesù ci ha fatto che Dio ci é padre, che Dio è Suo e nostro padre nel momento che noi facciamo, di noi stessi, le mani del Suo amore per noi.
Se Dio ci è padre, la prima conseguenza è quella che noi non siamo sudditi o servi, ma figli. Perciò tutti i brani del Vangelo che ci qualificano come sudditi o servi non possono essere del Signore, ma gli sono stati messi in bocca da coloro che non avevano ancora chiarito a sé stessi questa differenza, ed erano ancora nella visione religiosa dell'Ant.Testamento. Altra conseguenza è quella dell'inutilità della preghiera. Il Padre dà ai propri figli tutto quello che può dare senza bisogno di essere pregato, perché lo fa per amore, perché ama, come ogni padre-madre, le proprie creature. La vera preghiera, ci dice Gesù, è l'amare ed il condividere, cioè il dare corpo alla volontà del Padre nella nostra esperienza esistenziale. Perciò tutti i brani dei Vangeli che richiamano alla necessità della preghiera non sono del Signore, ma di quello che gli Evangelisti pensano di Lui, dimenticando sia il principio logico di identità che l'annuncio della paternità di Dio. Quando poi il Signore ci dice che Lui
è venuto per servire e non per essere servito, ecco che salta la preghiera con gli occhi rivolti al cielo, ed emerge l'invito a rivolgere gli occhi alle cose non “di lassù”, come dice S.Paolo, ma a quelle di quaggiù, servendo l'uomo e le altre creature della terra dei viventi.
Anche la logica del sacrificio, dell'Uno che paga per tutti, non funziona, ed è specifica della visione religiosa e non di quella dell'Incarnazione. Quest'ultima è tutta concentrata nello “spezzare il pane”, il che significa nel condividere con gli altri viventi il necessario è la gioia.
Il “questo é il mio corpo offerto in sacrificio per voi” non viene dal Signore, ma da una concezione religiosa di Lui, che rimane nella logica dell'Ant.Testamento dalla quale il Signore sta cercando di farci uscire da circa un paio di millenni, senza però riuscirci. Rimanendo nella logica dell'Incarnazione, ecco che salta la visione magica e sacra di Gesù e saltano anche i miracoli operati da Lui.
Io non so se essi rispondono alla necessità di dare autorevolezza ad un laico, che altrimenti nessuno avrebbe ascoltato. Di fatto il miracolo demolisce la prima qualità, il primo attributo di Dio, che non per niente viene definito “Il Giusto”; ed inoltre il Signore stesso rimedia a questa prassi di sacralizzazione di Lui e delle sue opere dicendo che, se noi ci decideremo ad incarnare amore e condivisione, riusciremo a fare dei miracoli più grandi dei Suoi.
Inoltre se noi siamo, come siamo, dei laici, nostro Padre è laico anche Lui, perché ha dei figli laici. Quando noi amiamo e condividiamo, noi siamo in Lui e Lui é in noi; noi siamo Dio-laico che si incarna e modifica il creato, ancora incompiuto, secondo Sé stesso. Ecco allora che l'esistenza
ed operatività di Dio fra noi dipende da noi; ecco che la resurrezione del Signore, del Paradigma dell'Amore incarnato, diventa un compito nostro che non può e non deve essere eluso da coloro che sono il luogo ed il tempo dell'interconnessione di Dio-Spirito con la materia, col mondo interconnessione che ha lo scopo di portare a compimento la creazione nel Regno, nel mondo compiuto secondo Amore.
Altra conseguenza che deriva dal fatto che Dio ci è padre è quella della distinzione dei due piani nell'interpretazione della realtà: quello soggettivo e quello strutturale. Dio è padre di tutti nel soggettivo, e solo nel momento in cui esso soggettivo ama e condivide. Ma nello strutturale dove c'è ricchezza, dove c'è accumulo, lì saltala paternità di Dio, in quanto Lui viene negato come Amore includente strutturalmente la condivisione. Perciò il ricco come persona può essere buono e bravo, aperto alla conversione e quindi alla solidarietà ed alla condivisione, ma la ricchezza è una condizione maligna, che se noi non stiamo attenti diventa quell'idolo che è la principale causa del negativo presente nel mondo e fra di noi.
Quando poi, alla fine avremo capito che al Padre del nostro “credere”, dei nostri sacramenti, delle nostre liturgie non gliene “cale” proprio nulla, perché l'unica cosa che Gli preme in quanto padre è quella che noi ci amiamo fra noi, ecco che finalmente noi riusciremo a cogliere la dimensione laica di Dio, a superarne la visione religiosa, ad approdare a quella laicità fraterna e solidale che porterà la giustizia nel mondo ed escluderà per sempre il fenomeno tragico dei martiri della fede, che è relativo al credere e non all'amare. .
L'aprirci alla compassione, la pratica della coltura del necessario e della condivisione con amore creeranno le condizioni dell'uguaglianza e della fraternità fra gli uomini; la distinzione ricchi-poveri si estinguerà; i figli diventati strumenti della volontà del Padre, cioè soggetti che amano e condividono, facendolo vivere ed operare nel mondo come Gesù-Amore incarnato, porteranno a compimento il cantiere del Regno, ed avremo finalmente quel Paradiso terrestre che la Genesi mette all'inizio e che, invece, sarà solo il frutto finale delle nostre mani.
Mario Mariotti



Sabato 19 Settembre,2015 Ore: 10:56
 
 
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