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www.ildialogo.org L'ambiguità della Parola,di Mario Mariotti

L'ambiguità della Parola

di Mario Mariotti

Il povero, quando si unisce agli altri poveri, ottiene dei risultati, pone fine al proprio sfruttamento, e diventa un ex povero. L'ex povero non pensa che ci sono ancora dei poveri; è diventato senza rendersene conto ceto medio; pian piano entra nella cultura dei ricchi; continua a sentirsi povero, e, da ceto medio, si industria per entrare nell'oligarchia dei ricchi. Questo fenomeno maligno si ripete da sempre, e noi l'abbiamo sotto gli occhi anche oggi: il PCI è diventato DC, ed è alle stelle per la crescita di consenso che ha ottenuto, e non pensa assolutamente alla realtà che il consenso gli è derivato dall'avere perduto la propria identità di povero, e di essere diventato omogeneo alla cultura dei ricco, del ceto medio.
A peggiorare le cose ci si mette anche il fatto che chi ha vissuto questo tipo di evoluzione-involuzione pensa di sé stesso di essere di Sinistra, di essere ancora di sinistra. Nessuno però, pensa più alla malignità strutturale del capitalismo, del mercato e della competizione, e l'ex Sinistra che si crede di Sinistra crede ed ha l'ambizione di riuscire a cambiare le cose. Probabilmente qualche risultato riuscirà anche ad ottenerlo, perché l’ex DC si era affidata, dal 94, ad un bipede leader di una tale qualità che, a definirlo di Destra, si correrebbe il rischio di venire incriminati per calunnia da parte della vera Destra.
Questo non toglie che la perdita di identità della Sinistra, incluso quell'internazionalismo proletario che la spingeva a lavorare per il riscatto non solo di una parte, ma di tutti i poveri del Pianeta, la mette in condizione di risolvere una sola parte dei problemi, e di lasciare fuori dalla porta
sia i poveri che esistono ancora, e sia quelli che si aggiungeranno a loro, perché i nostri ex poveri devono competere sul mercato con dei veri poveri, che sono sfruttatissimi, che non hanno ancora una coscienza politica che possa arginare lo sfruttamento che subiscono, che rende i loro prodotti più competitivi e fa perdere il lavoro a quegli ex poveri che sono destinati a tornare poveri.
Tutto questo. casino complesso fa parte della realtà che abbiamo sotto gli occhi; è un meccanismo che si ripete sia a livèllo strutturale che soggettivo; è di una tale subdola malignità da rendere il .problema della giustizia per tutti quasi insolubile. Mentre una quantità enorme di capitali, di denaro, pascola per il Pianeta, specula in cerca del massimo profitto, se ne rimane tranquilla dato che nessuno mette in discussione la malignità della struttura, perché la Sinistra è diventata virtuale, e le banche e le borse sono diventate dei santuari intangibili, anche il soggettivo delle persone si è trasformato, e i poveri di oggi, agli occhi degli ex poveri, sono diventati brutti, sporchi e cattivi.
Qui forse siamo arrivati al nocciolo del problema: gli ex poveri perdono la memoria storica, non si riconoscono in coloro che vivono oggi la loro condizione di ieri, non provano a mettersi nei loro panni, non cércano gli strumenti per riuscire a creare una situazione in cui i poveri non esistano più. Forse il limite più negativo del bipede umano è proprio questa mancanza di compassione, il rifiuto a mettersi fuori da sé stessi a pensare a quello che si vorrebbe ricevere da chi sarebbe in condizione di darlo. Ed anche qui la situazione si complica ulteriormente, perché anche il povero, anche lo sfruttato, anche il sofferente, rifiuta, sfrutta e dà sofferenza a colui che è più povero e più indifeso di lui stesso. In un certo senso vittima e carnefice sono della stessa qualità; ognuno esercita il potere e impone sofferenza a chi è più debole nei propri confronti; ognuno, se cambiano le condizioni, diventa come l'altro, vedi gli Israeliani, ieri vittime e oggi carnefici dei Palestinesi.
Per non parlare poi dell'ulteriore complicazione costituita dall'esistenza anche di coloro che la sofferenza la impongono per divertimento non per necessità: mi riferisco ai cacciatori, ai pescatori per hobby, a quelli che fanno combattere i cani o i galli, al pubblico delle corride, a tutti gli indifferenti per il dolore recato che sono contemporaneamente ululanti contro il dolore subito. Tutti questi fenomeni devono venire recepiti come negativi, se si vuole entrare nella consapevolezza della necessità di superarli, ma questo passa per la testa ancora di troppo poche persone. Secondo me essi costituiscono un grosso problema anche per il Creatore: nella Bibbia Dio libera il suo popolo oppresso in Egitto, ma poi questo popolo gli fa lo scherzo di opprimere a sua volta un altro popolo, vedi Palestinesi, e allora Dio si vedrà costretto a liberare i nuovi oppressi a danno degli ex oppressi, oggi oppressori.
Questa formalizzazione del problema è provocatoria, ma il problema sussiste e persiste, e non può non essere tale anche per Colui che vuole trasformare questo nostro mondo nel Regno dell'Amore incarnato, e deve fare i conti con le precedenti realtà, con la durezza del cuore degli uomini. Esse realtà infatti, convivono, sono inf1uenzate, a volte sono causate dalla presenza continua di una lettura religiosa dell'esistente; esse sono accompagnate dalle varie religioni, che condizionano l’uomo e influiscono negativamente sulle sue scelte e sui suoi comportamenti. La Terra Santa è il paradigma di questo casino: lì si concentrano gli effetti collaterali della presenza de1le tre religioni più importanti del Pianeta; lì la pace è un oggetto sconosciuto; lì si rivela in modo esplicito la negatività delle religioni che la trasformano in Terra Dannata. Il Papa appoggia le mani sul muro di Betlemme e prega, ma lui stesso fa parte del problema, sia perché è leader di una religione che divide dalle altre religioni, sia perché chiede a Dio quello che, dipende esclusivamente dalle scelte degli uomini. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna.... Chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'Unigenito Figlio di Dio".
Questo brano del Vangèlo, per me è emblematico della negatività della lettura religiosa dell’esperienza e del messaggio di Gesù di Nazareth, vento fra noi, incarnatosi fra noi, proprio per liberarci da tale lettura e per farci entrare nella logica dell'Incarnazione, per convertirci dal Dio del credere al Dio dell'amare e condividere. Per forza Dio ama il mondo: è un Padre che ama le proprie creature. Lui non dà il Figlio perché gli venga offerto in sacrificio; il Figlio gli viene assassinato perché denuncia il: sacro e rivela che quando noi amiamo e condividiamo è Lui che opera con le nostre mani. Non è il credere, ma è l'amare che salva il mondo, che lo trasforma in modo che tutti abbiano il necessario e la gioia. Il credere sono le varie religioni, ognuna delle qual divide dalle altre, ognuna delle quali divide la stessa creatura dal proprio Creatore, ognuna delle quali deresponsabilizza l'uomo dal proprio impegno ad essere mano della Spirito per superare tutti quei problemi di cui ho parlato all'inizio, e la cui soluzione non passa per la preghiera, ma per l'incarnazione della volontà di Dio da parte degli uomini.
Purtroppo questo brano del Vangelo rivela che la comunità cristiana che e siccome noi vorremmo ricevere amore, ecco che il nostro amore salverà gli altri, e il nostro amore l'ha espresso non si era ancora liberata dalle lenti religiose che le impedivano dì cogliere il nuovo di Dio espresso da Gesù. Per uscire dall'ambiguità bisogna mettere a fuoco quello sul quale saremo giudicati dopo il nostro incontro con compagna Morte: non sarà il nostro credere, tantomeno il nostro credere di credere, ma la qualità del nostro rapporto con l'affamato e l'assetato. Non ci salverà il credere, ma la compassione, che ci spingerà a fare agli altri ciò che noi vorremmo ricevere da loro, salverà noi stessi. E in questo amare anche i minimi dovranno trovare il necessario e la gioia.
Mario Mariotti



Venerdì 29 Agosto,2014 Ore: 15:00
 
 
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