- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (385) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Anche se non esiste, facciamolo esistere!,di Mario Mariotti

Anche se non esiste, facciamolo esistere!

di Mario Mariotti

I filosofi dicono che, di Dio, non si può dimostrare né l'esistenza, né la non esistenza. In un certo senso io sono su questa posizione, ma in modo probabilmente atipico, con conseguenze anch'esse atipiche. Spesso in me prevale la convinzione della non esistenza; però sempre spesso, mi trovo a parlare con Colui che non esisterebbe. Forse, se esistesse, mi sarebbe vicino, tanto vicino da essere la parte più profonda di me stesso. Comunque, a me piace pensarlo così, anche se questo atteggiamento rompe la logica, perché io parlerei con Colui che non esiste. E perché poi io penso che non esista, che non possa esistere? Perché non mi sembra possibile che esista un Creatore che riesca a reggere la miseria, la sofferenza, il male, il dolore del mondo, dell'opera delle Sue mani. Io sono una creatura, non sono creatore di tutte le creature, di tutti i viventi.
Ho un figlio, e questo mi ha esposto all'enorme responsabilità di educarlo ad essere fra coloro che tolgono, non fra coloro che portano sofferenza, mi sono proposto anche l'impegno a coprire le sue eventuali omissioni di solidarietà. Avendo un figlio fortunatamente sano,io provo a pensarmi nella condizione esistenziale di coloro che hanno un piccino nel reparto di oncologia pediatrica di qualche ospedale. Poi provo a pensarmi nella condizione di coloro che sono esposti all'ingiustizia, alla miseria, alla fame, alla sofferenza provocata dalle malattie genetiche, da quelle incurabili, dalla guerra, dalle catastrofi naturali.
Mi pongo anche dalla parte delle bestioline, e mi sembra, ed è così, che noi le trattiamo come i nazisti trattavano gli Ebrei ad Auschvwitz. C'è perfino chi porta sofferenza non per mangiare, ma per divertimento, come i cacciatori, i pescatori, quelli che conducono le corride, o le lotte dei cani o dei galli, che finiscono con lo strazio e la morte terribile del perdente, di quello che soccombe. Se io mi metto in questo atteggiamento, in certi momenti mi sento che rischio di essere travolto, tale e tanta è la sofferenza che vedo nel mondo, tanto il male che gli uni impongono agli altri, tanto il male che praticano anche coloro che, al tempo stesso, lo stanno subendo!
Ed ecco allora che arrivo alla spiegazione del perché io propendo per la non esistenza di Dio. Se io, da creatura, facendomi carico della sofferenza delle creature per la piccola parte alla quale mi espongo, anzi, alla quale mi trovo esposto perché vivo il sentimento della compassione; se io trovo quasi insostenibile assistere al dolore di una creatura che soffre, senza avere la possibilità di togliere, di alleviare quel dolore alla creatura, come sarà possibile, per il Creatore di tutto, reggere, sostenere, sopportare tutto questo negativo universale, dei quale si trova ad essere, quale Creatore, anche la causa prima, e quindi responsabile?
Se un atomo di compassione mi fa sentire all'inferno, il Creatore di tutto, che il Signore mi dice essere anche Padre, come fa, da padre, a sopportare tutta la sofferenza ontologica, quella dovuta ai limiti della Sua creazione, e quella che gli uomini procurano gli uni agli altri a causa della loro alienazione, cattiveria, malignità, egoismo aggravato e continuato? La situazione del mio spirito è questa, ma non si esaurisce qui; direi quasi che essa parte da qui, e procede. Intanto io penso che,
se Dio esistesse, del fatto che io possa pensare che Lui non esista non gliene calerebbe nulla. Siccome io mi do da fare per soccorrere l'affamato e l'assetato in modo strutturale, avendo organizzato la mia vita secondo la cultura del necessario, e destinando ciò che eccede non al risparmio, che è la base del cancro speculativo, ma alla solidarietà ed alla condivisione con chi manca del necessario, Lui, se esiste, si preoccupa di questo, e non del fatto che io abbia dei dubbi sulla sua esistenza: allora sarebbe contento di me. Poi, se Dio esistesse, e siccome mi è stato detto che Lui si preoccupa non del credere ma del condividere, io non Lo concepirei come onnipotente, ma solo buono, e il fatto che la compassione mi spinge alla solidarietà con l'affamato e l'assetato può rendere plausibile l'ipotesi che io sia il Suo strumento per portare il Suo amore a tutte le creature.
Forse la mia compassione, è un atomo del Suo amore; ed io faccio parte del Suo disegno del portare a compimento la creazione in modo che il necessario e la gioia possano essere accessibili a tutti i viventi. Proseguendo su questa ipotesi ci si imbatte però in qualcosa che ipotesi non é: tutto quello che uno può pensare, tutti i dubbi che uno può avere, finisce che incontrano una realtà che è impossibile mettere in discussione: se io faccio agli altri ciò che vorrei ricevere da loro; se io, desiderando ricevere amore e condivisione mi metto a praticarli nel mio rapporto con gli altri, a valle delle mie scelte, dei miei comportamenti viene alleviata la sofferenza, cresce la giustizia, la serenità, quel positivo cui tutti i viventi anelano per il fatto stesso di essere dei viventi, e le cose si mettono ad andare nel verso giusto.
Se prendo questo come testata d'angolo per interpretare il motivo della nostra esistenza, anche se mi sembra impossibile un Dio che non rimanga soffocato dalla sofferenza ontologica e da quella provocata dall'egoismo e dall'alienazione delle proprie creature, posso però iniziare a pensare a un Dio come progetto. Se io pratico la giustizia, materializzo Lui. Se io amo e condivido Lo faccio esistere e Lo rendo operativo nella concretezza della vita mia e di chi riceve i frutti della mia solidarietà e amore. Se io sazio l'affamato e l'assetato, loro sperimentano l'amore del Padre che passa per le mie mani.
Ecco che anche se Dio non esiste, noi Lo possiamo fare esistere incarnandolo; e questo passa per il comandamento laico universale del fare agli altri ciò che noi vorremmo ricevere da loro. Qui il credere o il non credere nell'esistenza di Dio perde il suo senso, e Lui diventa un progetto da costruire, che può anche essere letto come una creazione da portare a compimento. Qui quello che il credente crede di credere è irrilevante: per costruire quello in cui si crede bisogna praticare solidarietà, amore e condivisione. In questa logica tutta la visione religiosa viene rovesciata: la nostra esistenza non dipende da Dio, ma la Sua esistenza, nella concretezza storica, nell'immanenza, dipende da noi; non siamo noi ad avere bisogno di Dio, ma Lui di noi; il fine dell’uomo è quello di liberarsi dalla logica religiosa che lo rende cieco e lo deresponsabilizza, e di entrare in quella dell'Incarnazione.
Qui si può risalire fino alle origini, alla Genesi, e vedere in essa la radice dell'alienazione: il creato sarebbe un'opera conclusa, e Dio si starebbe riposando essendo soddisfatto della propria opera. Basta il piccino nato difettoso, che viene buttato fuori dal nido a mettere in discussione questo Dio. Non parliamo, poi, del dolore innocente, dei piccini in oncologia pediatrica, fatto risalire al peccato di Adamo ed Eva, per trovare i colpevoli di una creazione piena di sofferenza, di dolore recato e subito, di una vita che per sussistere, deve soffocare altra vita. Questa visione della Genesi, anche se è stata ed è fatta propria da sterminate moltitudini di persone in tutto il Pianeta, che però, con la Bibbia in mano, non c'è porcata che non abbiano compiuto, io credo che vada superata. È l'uomo che deve dare esistenza a Dio nel mondo materializzando i Valori; è l'uomo che deve costruire il Regno, che non è altro che il creato tutto compiuto secondo Amore.
Millenni di religione ci hanno portato fin qui, col cancro della ricchezza mai combattuto, cancro che lascia morire migliaia di piccini ogni giorno per mancanza di un nulla. Proviamo, ed è possibile, ad incamminarci verso il Dio-progetto, praticando quell’amore e quella condivisione che Lo faranno vivere fra noi?
Mario Mariotti



Lunedì 21 Aprile,2014 Ore: 08:48
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La parola ci interpella

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info