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www.ildialogo.org La teologia laica: il miracolo dalle nostre mani,di Mario Mariotti

La teologia laica: il miracolo dalle nostre mani

di Mario Mariotti

Secondo la teologia dell'Incarnazione è strutturale, è ineludibile la tesi che Dio abbia bisogno dell'uomo: Lui è lo Spirito, l'uomo il corpo; perché lo Spirito prenda corpo, viva ed operi, è necessario l'uomo, il corpo, la persona che Lo incarni. E d'altra parte se l'Amore non prende corpo nell'Amare, e non si traduce in opere di solidarietà, servizio e condivisione, che siano concrete e portino il necessario e la gioia alle creature di questo nostro mondo, che è ancora preda della lotta, dell'ingiustizia, della violenza che gli uomini si scambiano fra loro, Lui resta Spirito inespresso, resta concetto, resta intenzione, resta suono senza sostanza.
Siccome poi è all'interno dell'uomo che si gioca il tutto, perché l'alto dei Cieli è l'interiorità dell'uomo, che sceglie se farsi strumento d'amore amando e condividendo, o se usare gli altri per saziare sé stesso di potere, di piacere, di ricchezza, ecco che la Verità, ecco che Dio abita nel profondo dell'uomo stesso. E il profondo è tanto profondo che l’uomo neppure si accorge di questa presenza, che poi, in fondo è una potenzialità di scelta o di rifiuto ad incarnare lo Spirito. È il tipo di rapporto che lui uomo instaura con gli altri uomini e le altre creature della terra dei viventi che rivela la presenza, o l'assenza dello Spirito incarnato. Nel Vangelo il giudizio finale verte proprio su tale tipo di rapporto è Dio non ci chiederà conto di quello che noi credevamo di credere, ma di come ci siamo rapportati con l'affamato e l'assetato, con i non-garantiti di questo mondo. In questo tipo di logica, nessun problema per gli agnostici o gli atei: se hanno amato, servito e condiviso, Lui Dio-Spirito ha operato attraverso di loro, senza che lo sapessero.
Per questo la prima cosa che sarebbe necessario mettere in atto, sarebbe una pastorale che non distingua fra credenti e non-credenti, il che divide, come strutturalmente dividono le diverse religioni; ma distingua fra praticanti e non-praticanti amore e condivisione. Invece di chiedere al proprio interlocutore se lui è un credente o no, gli andrebbe chiesto quale spazio ha la solidarietà nella sua vita; se lui l'ha organizzata tenendo conto delle necessità degli altri, o se vede negli altri solo dei possibili strumenti da usare in funzione di sé stesso.
La teologia dell'Incarnazione, poi, esprime una qualità estremamente preziosa: opera la sintesi fra, non-credenti agnostici e atei: supera le divisioni, è una teologia laica. Anche se Dio non esistesse,
e anche se Lui non esiste, per cui non si incarna Dio-Amore, ma solo amore, giustizia, solidarietà, fraternità, cioè si incarnano i Valori, il fondamentale resta proprio questo: l'incarnazione dei Valori.
Anche questi ultimi hanno bisogno di passare, da concetti astratti ad azioni concrete. “Giustizia nostra che sei nei cieli”, o nei circuiti cerebrali di chi la invoca, se non si materializza in opere di giustizia, in comportamenti onesti, responsabili, solidali di coloro che la invocano, finisce con il condividere il destino del nostro "Padre nostro che sei nei cieli”: se non ci mettiamo noi a santificare il nome di Dio, a costruire il Suo regno, a fare la Sua volontà, a mettere in atto opere di giustizia e scelte di amore e di condivisione, Lui rimane Spirito dematerializzato, il mondo sperimenta l'assenza dell'amore incarnato, che coincide col silenzio di Dio, e l'assenza di amore è l'inferno di questa nostra società, schiava degli idoli maligni della ricchezza, del mercato e della competizione.
Partendo da questo punto di vista laico, o ateo o agnostico, ecco che chi incarna giustizia e amore sta costruendo quel mondo che nel Vangelo viene definito Regno; ed ecco che Dio, da Entità creduta o rifiutata, diventa Progetto, diventa quel futuro in cui nel nostro concreto mondo, l'Amore sarà tutto compiuto in tutti, la giustizia regolerà i rapporti Umani, la condivisione equalizzerà, cancellerà le divisioni fra ricchi e poveri, fra competitivi e non-competitivi, fra dotati e non-dotati, fra intelligenti e meno intelligenti, fra fortunati e meno fortunati.
In quest'ottica il Signore può venire letto sia come un laico che ci insegna ad essere solidali, ad amare e condividere, sia come Dio-Spirito che, incarnandosi ha divinizzato l'umanità, la laicità, e al tempo stesso ha umanizzato, laicizzato la Divinità con il risultato del superamento delle religioni e l'invito ad instaurare un rapporto delle creature fra loro improntato alla solidarietà, all'amore ed alla condivisione.
Il Vangelo, nell’ottica dell'Incarnazione, è un messaggio per il superamento della religione, che ci insegna a rivolgere gli occhi al cielo, e un richiamo perché il nostro sguardo ed il nostro impegno siano rivolti verso i fratelli e tutte le altre creature. Secondo me, questa teologia, che è al tempo stesso non-teologia, ma progetto politico-culturale per fare in modo che questo nostro mondo se ne esca dalla violenza, dall'alienazione, dalla sofferenza recata e subita, e diventi più accogliente e
più giusto per tutti, potrebbe essere un prezioso contributo in questa direzione. Invece di pregare, di aspettare i miracoli, di aspettare l'intervento di Dio, e in subordine gli ordini degli uomini della Provvidenza, proviamo a responsabilizzare noi stessi in rapporto alla necessità della incarnazione soggettiva o di Dio, o dei Valori!
Preghiere e miracoli hanno sotteso un concetto di Dio che non si sostiene: lo caratterizzano analogo a coloro che, nel mondo detengono la sovranità ed il potere. Quando le preghiere si rivelano inutili e i miracoli non avvengono, uno si sente anche in colpa per non aver saputo pregare come colui che riceve il miracolo. È necessario che noi purifichiamo l'immagine-concetto che abbiamo di Dio, ed io mi do da fare per contribuire a questo fine. L'unico, il vero, il più incredibile dei miracoli è la Vita.
Non c'è il peccato contro Dio, ma il male che l'uomo impone all'uomo ed gli altri viventi, ci sono i limiti di una natura imperfetta nella quale il vivere degli uni porta strutturalmente dolore agli altri.
Questo è il problema di fondo, e per cominciare a capire questo, bisogna aprire sé stessi alla compassione, mettersi nei panni dell'altro, fare a lui quello che si vorrebbe ricevere da lui se noi fossimo nella sua situazione. L'amare ed il condividere, la pratica dei valori, costruiscono il Regno; la loro porta di accesso, il loro motore, è la compassione. Essa è quella brace ardente che ci spinge a togliere sofferenza e a portare il necessario e la gioia ad ogni vivente, anche ai minimi. Se ci abbandoniamo a lei, entriamo in quella pace che é non-pace con tutto quello che nega la giustizia e l'amore.
Possiamo essere tralci della Vite, mani dell'amore di Dio, o non esserlo; saperlo o non saperlo: la sofferenza che togliamo, e l'amore che portiamo, hanno valore intrinseco, includono in sé stessi il proprio valore, sono l'ossigeno per chi li riceve, e passano per le nostre mani: sono il miracolo che serve la Vita.
Mario Mariotti



Sabato 08 Marzo,2014 Ore: 22:23
 
 
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