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La morte e la resurrezione

Da quando ho iniziato a riflettere sul senso della vita, cioè da tantissimi anni, ho sempre dovuto fare i conti  anche sul senso della morte.

Da una parte la Parola la definisce “Ultimo avversario”, cioè un nemico da contrastare  col massimo impegno, in quanto avversario fortissimo e definitivo; dall’altra la nostra esperienza ce la fa conosce quale essa è, cioè strutturale alla vita stessa. L’uomo è uomo in quanto mortale, cioè esposto alla morte; ed essa ci accompagna per il fatto stesso che viviamo, e ad un certo punto noi cediamo, il miracolo della vita si esaurisce, e lei si impone come un passaggio ineludibile verso il mistero della non-esistenza, verso quel nulla che potrebbe anche essere il Tutto.

Riflettendo su di essa sempre con maggior frequenza, date le situazioni estreme con le quali cerco di stare in comunione, la mia lotta contro di lei è continua. In rapporto agli altri essa per me rimane un ultimo avversario da contrastare in ogni modo possibile; in rapporto a me stesso, quando essa busserà alla mia porta, spero di riuscire ad accoglierla non come un avversario che suscita paura e terrore, ma come un evento normale, fisiologico, strutturale alla mia condizione di persona, esposta alla morte come ogni altro essere vivente.

In questo tempo in cui la lettura di Dio in termini religiosi propone negli stessi termini religiosi propone negli stessi termini anche l’evento resurrezione del Signore, evento sul quale tale letture pone la testata d’angolo delle proprie fondamenta, una riflessione ed una rilettura dell’evento diventa molto importante, perché su di esso  si costruisce una verità che, secondo me, non è nella verità.

La Chiesa fonda se stessa su tale evento; San Paolo dice che, senza di esso, la Fede non sussisterebbe, sarebbe pura alienazione; e il messaggio che esso sarebbe la primizia della resurrezione anche di tutti coloro che credono nel Signore, e sperano nella sua salvezza, è probabilmente ciò che spinge la maggior parte della gente ad abbracciare la religione cristiana. Siccome per il sottoscritto la religione è un negativo dal quale il laico Gesù era venuto per liberarci; siccome Lui è stato assassinato per questo ed è stato usato come fondamento di una nuova religione, che poneva e pone la Sua resurrezione  come motivo aggregante per coloro che pensano alla propria personale salvezza, ora provo a dare una rilettura dell’evento nell’ottica di quella che io definisco teologia dell’Incarnazione.

Per prima cosa dirò che l’evento “resurrezione” è strutturale alla realtà, alla vita: lo Spirito non si può inchiodare; la Verità è, e quindi risorge. Si può inchiodare il corpo che ospita lo Spirito, ma non si può inchiodare Lui stesso in quanto Spirito.

Per questo la resurrezione del Signore è strutturale in quanto Spirito, e non fondamentale in quanto corpo, perché tutto quello che il Signore ha detto e fatto ha validità intrinseca in quanto Verità, e non dipende dalla resurrezione del Suo corpo. Quest’ultima serve alla religione per promettere ai credenti la vita eterna se crederanno in essa, cioè la loro resurrezione e salvezza se credenti nel Risorto.

Siccome l’eternità è nell’Amare e non nel credere, i credenti avranno delle grosse sorprese, e a loro non resterà che fare causa contro coloro che li hanno illusi, e per fortuna che troveranno gli avvocati in sciopero, organizzato dalla casta per evadere dalle proprie responsabilità. Ed ecco, allora, l’ipotesi che si propone sugli eventi morte e resurrezione. La morte la possiamo vincere, la vinciamo, dando un corpo nuovo allo Spirito che operava in quello di colui che è morto. La resurrezione di coloro che muoiono sono i corpi nuovi che danno continuità allo spirito, il quale a sua volta, se essi amavano, condividevano, servivano alla vita, era ed è incluso nell’eternità di Dio-Spirito-Amore. Poi tutti noi abbiamo a disposizione una preziosissima opportunità: possiamo trasformare la morte di uno, penso al mio scolaretto Marchino e a tanti suoi compagni, nella salvezza e quindi nella vita di tanti, che possono risorgere a nuova vita attraverso la pratica della solidarietà e dell’aiuto portato da noi a coloro che soffrono.

La resurrezione del Signore la possiamo considerare paradigma della realtà dell’eternità modello Spirito, che è, e che non muore, e sarà in eterno. Essa poi diventa, anche e soprattutto, “compito nostro”, e non miracolo. Tocca noi dare resurrezione al Signore, allo Spirito nel mondo, dandogli corpi nuovi, tralci nuovi, cioè noi stessi; e questo si realizza se e quando noi amiamo, condividiamo, serviamo la Vita, sia che ce ne rendiamo conto, e sia che no. In questo senso la resurrezione è laica, e strutturale sempre alla realtà, alla vita. La vita poi, per conto suo,  ha trovato il modo di vincere la morte: attraverso la riproduzione dei viventi si realizza la continuità della specie, che è una forma di resurrezione, una forma di eternità della vita stessa.

L’individuo, invece, è un tralcio provvisorio della Vite, e il tralcio cede, torna polvere, e lo Spirito cerca nuovi tralci che Lo rendano presente ed operativo che Lo incarnino nel modo, perché Lui possa trasformarlo secondo sé stesso, portando il necessario e la gioia a tutti i viventi. Se noi avremo impegnato la nostra vita nell’amare e condividere, pensando più agli altri che a noi stessi, la nostra preoccupazione starà nel fatto di cercare chi continui a fare ciò che la nostra morte ci impedirà di fare. In essa potremo vedere il riposo per noi; la fine della nostra sofferenza per l’altrui sofferenza; la fine della nostra indignazione per l’ingiustizia e la violenza che il Regno si trova a subire; l’eventuale serenità nel sapere che altri porteranno avanti il nostro compito; l’annullamento di una autocoscienza che sa che la Vita troverà nuovi tralci e realizzerà la continuità superando la morte, portando frutti ai viventi nella terra dei viventi.

Come nella nascita di ogni bambino noi dovremmo saper vedere la nascita di un potenziale salvatore, e mettere insieme un presepe laico per dargli il benvenuto, così in ogni persona che ama, serve, condivide e lavora onestamente e professionalmente per il bene comune noi dovremmo saper vedere il Risorto fra noi, la presenza ed operatività dello Spirito, la resurrezione laica di Colui che ha umanizzato il divino e divinizzato l’umano.

La natura ha messo a punto la continuità della vita; il nostro compito è riempire la continuità di amore e condivisione. Questo esclude il pensare a noi stessi, alla nostra personale salvezza. Il futuro dell’amore tutto compiuto in tutti non possiamo conoscerlo, ma potrà essere, potrebbe essere ancora più miracoloso del miracolo-Vita. Noi saremo atomi di questo ed in questo futuro, dove l’Amore farà in modo che niente vada perduto….

Mario Mariotti




Sabato 06 Luglio,2013 Ore: 14:03
 
 
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