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www.ildialogo.org Quando il Vangelo incontra Aristotele,di Mario Mariotti

Quando il Vangelo incontra Aristotele

di Mario Mariotti

Quando mi vien fatto di pensare, ogni tanto, alla storia della mia vita, mi capita di mettere a fuoco degli eventi che, più di altri, hanno inciso nella storia della vita stessa. Ero ancora giovane quando ho avuto la scalogna di accostare la mia formazione cattolica alla logica aristotelica del principio di identità.

Il Vangelo mi diceva che Dio è Amore, l’Amore quando diventa Amare si traduce strutturalmente in condividere; il condividere è l’opposto dell’accumulare; da questa sequenza deriva la condanna assoluta del Capitalismo, della ricchezza privata, e la proposta dell’utopia della fratellanza, del socialismo, che è la traduzione in termini economici e politici del meccanismo dell’incarnazione del condividere. A me non era stato necessario leggere il testo di Girardi “Marxismo e Cristianesimo” per arrivare alla precedente conclusione. Essa era ed è la logica come due più due fa quattro.

Il rapporto Cristianesimo-Marxismo non aveva bisogno di studi per trovarne le analogie o le differenze: il secondo era il parto strutturale dell’incarnazione del primo, dell’amare-condividere. Questa evidenza logica, che avrebbe dovuto essere tale per tutti, non era, purtroppo tale, cioè evidente, per tutti. Anzi, nel popolo cattolico che mi circondava, e di cui facevo parte, essa veniva considerata una bestemmia, ed io una pecora deviata, non nera ma rossa del gregge dei fedeli.

Questo evento ha avuto molti riflessi in rapporto alla mia vita futura: a parte che quando i vescovi, per le elezioni, mi dicevano di votare Democrazia Cristiana, io li prendevo come riferimento negativo, e votavo l’opposto, la Falce e Martello, tuttavia, siccome facevo parte, e davo il mio contributo pedagogico ad una associazione di volontariato che si occupava della lotta alla lebbra e a tutte le lebbre, e siccome in tale organismo il vertice e la base erano quasi totalmente formati da cattolici, all’interno di esso ho sempre trovato delle difficoltà, delle incomprensioni, e per anni ed anni ho dovuto subire, nei miei scritti, delle censure e degli aggiustamenti per attutire quelle che per me erano delle verità e per gli altri delle eresie.

Il secondo evento fondamentale per il mio futuro è stato prima la morte di un mio scolaretto di nove anni, per distrofia, e poi la morte della madre di un’altra persona diversamente abile, essa pure distrofica, che io, frequentavo saltuariamente per fare quelle che, in termini cattolici, sono le buone azioni. Da quel momento il mio rapporto di solidarietà nella continuità con gli ultimi del Sud del mondo si è completato con quello verso i viventi in difficoltà, esposti al dolore innocente, che si trovano fra noi, ed esso ha segnato e segna tutto il resto della mio vivere.

La ricerca del perché del dolore innocente, del perché di Auschwitz, del perché è in atto l’olocausto della grande favela del Sud, e la solidarietà nella continuità con gli ultimi, che io presi allora come ospiti dentro me stesso, e che ivi abitano ancora, sono stati, si sono rivelati dei maestri che pian piano mi hanno convertito dalla teologia dell’alienazione, che stavo vivendo senza accorgermene, a quella dell’Incarnazione, che apriva davanti ai miei occhi un mondo nuovo: Dio che ci rivela, attraverso Gesù, l’interconnessione divino-umano che si realizza nell’uomo quando egli decide di amare e condividere; la fine delle divisioni divino-umano, sacro-profano, credente-laico incluse nell’evento Incarnazione noi come mani dell’amore di Dio per noi; la fine dell’intermediazione della casta sacerdotale; la religione come fattore di alienazione che ci devia dal vero obiettivo dell’amare, che non è Dio, ma sono l’affamato e l’assetato, le creature di Dio che hanno sete del Suo amore per loro, amore che passa per le nostre mani.

Da qui anche l’elaborazione della cultura del necessario, e la pratica del condividere quanto eccede con chi manca del necessario stesso, che mi indicavano e indicano che l’utopia della fratellanza era ed è possibile, e mi rivelavano la chiave per realizzarla nella concretezza storica: piantarla di perseguire crescita e sviluppo, definire il necessario, condividere quello che eccede, scegliere il “vivere bene” rifiutando di accumulare, di competere, di ridursi a vivere un rapporto di mercato con i propri fratelli, tutti concittadini di questo pianeta-Terra che ha bisogno di rispetto e di riconoscenza, e non di essere ridotto ad oggetto di rapina per permettere a pochi di diventare dei veri cancri dell’umanità, arricchendosi in modo spropositato e recando dolore allo sterminato popolo dei non-garantiti della Terra.

Quali le prevedibili conseguenze di questi due eventi, che mi hanno portato a capire la complementarietà fra cristianesimo e marxismo, e portato al superamento della concezione religiosa di Dio, per approdare al laico Gesù, che ha sacralizzato l’umano e laicizzato il divino, e si pone quale Paradigma di quella cultura del necessario e della condivisione con amore che devono, nel progetto di Dio che passa per le nostre mani, trasformare questo nostro mondo in Regno? Che oggi mi trovo praticamente quasi solo, salvo pochi amici che mi sopportano; isolato, censurato sia per l’equalizzazione fra cristianesimo e marxismo, e sia per il mio sputtanamento della religione, che in pochissimi mi perdonano, dato che capiscono che questo va a gloria di Dio, perché Dio è la Verità, e la Verità non è religione, ma prassi laica di incarnazione dello Spirito Amore.

Facendo il punto al declinare della vita, mi ritrovo quasi solo, e a volte mi chiedo se, per caso, io stia dando i numeri: possibile che miliardi di persone, credenti nelle varie religioni, si sbaglino, e pochi altri, ed io con loro, abbiamo avuto il privilegio, che privilegio non è, ma è responsabilità, di attingere alla Verità? Non starò per caso vivendo un’esperienza analoga, (pur con le sostanziali differenze negli effetti), a quella di Galileo, che credeva nella sua verità contro tutto e contro tutti?

Non è così. Per prima cosa va detto che il giudizio non va sul credere, ma sul fare, sul nostro rapporto con l’affamato e l’assetato. Ecco allora, che esiste un popolo non di credenti, ma di praticanti amore e condivisione nei propri rapporti col prossimo, e quindi non sono affatto solo, e c’è, in questo, chi mi sovranza e di molto.

Poi il capire che, quando noi amiamo e condividiamo, è il Risorto che vive ed opera con le nostre mani, potrà venire in seguito, o anche non venire. L’importante è che sussista e cresca il popolo di coloro che fanno agli altri ciò che vorrebbero ricevere da loro.

Poi i due capisaldi della mia ricerca: per non avere altre Auschwitz ci vuole il socialismo, scelto in libertà e praticato con amore; e poi: noi siamo le mani, gli occhi, l’intelligenza dell’Amore di Dio per noi, sono due ipotesi già verificate che non sono da buttare…

Il “ben vivere” e la ricerca degli strumenti per rendere possibile ed efficace l’amore potrebbero costruire un bellissimo futuro.

Cosa ne pensate, cari lettori, sempre che ci siate?

Mario Mariotti



Domenica 05 Agosto,2012 Ore: 21:29
 
 
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