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www.ildialogo.org IL FUTURO ECOLOGICO DELLA TEOLOGIA CRISTIANA,di Jürgen Moltmann

IL FUTURO ECOLOGICO DELLA TEOLOGIA CRISTIANA

di Jürgen Moltmann

da Adista Documenti n. 24 del 23/06/2012


Ci troviamo oggi alla fine dell’epoca moderna e all’inizio del futuro ecologico del nostro mondo, se il nostro mondo dovrà sopravvivere. Con ciò si intende un nuovo paradigma, che lega tra loro cultura umana e natura in maniera diversa da come è avvenuto nel paradigma dell’età moderna. L’età moderna è stata determinata dalla presa di potere dell’essere umano sulla natura e sulle sue forze. Ma questa presa di possesso della natura è oggi giunta al suo limite. Tutti gli indizi mostrano che il clima della terra si va alterando drasticamente a causa dei comportamenti umani. (…).

Abbiamo bisogno di una nuova comprensione della natura e di una nuova immagine di essere umano, e perciò di una nuova esperienza di Dio nella nostra cultura. Una nuova teologia ecologica ci può venire in aiuto. (…).

C’è una vecchia barzelletta che dice: due pianeti si incontrano nell’universo. Il primo chiede: «Come stai?». L’altro risponde: «Abbastanza male. Sono ammalato. Ho l’homo sapiens». Il primo replica: «Mi spiace. È una brutta cosa. Anch’io l’ho avuto. Però consolati, passa!».

Ecco la prospettiva nuova per l’umanità: questa malattia umana planetaria passa perché il genere umano si autodistruggerà, oppure perché il genere umano saprà diventare saggio e curare le ferite finora inflitte al pianeta Terra?

1. LA NUOVA IMMAGINE DELL’ESSERE UMANO: DALL’ARROGANZA DEL DOMINIO SUL MONDO ALL’UMILTÀ COSMICA

Prima che noi esseri umani «coltiviamo e custodiamo la Terra» e assumiamo una qualche signoria sul mondo o una responsabilità nei confronti della creazione, la Terra provvede a noi, creando e garantendo fino ad oggi le condizioni favorevoli alla vita per il genere umano. Non è la Terra che è stata affidata a noi, siamo noi che siamo stati affidati alla Terra. La Terra può vivere senza gli esseri umani e lo ha fatto per milioni di anni, noi invece non possiamo vivere senza di essa. (…).

a) Secondo la lettura moderna, l’essere umano è la «corona della creazione». Soltanto l’essere umano è creato ad immagine di Dio e destinato ad esercitare la signoria sulla terra e su tutte le creature terrestri: «riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni creatura vivente che striscia sulla terra» (Gen 1, 28). (…). In base a ciò, l’essere umano deve «soggiogare», come un faraone, la terra e tutte le sue co-creature. Stando al secondo racconto della creazione, egli deve piuttosto «coltivare e custodire», come un giardiniere, l’Eden, il giardino di Dio. Ciò suona in maniera più mite ed esprime un maggiore senso della cura, ma, in entrambi i racconti della creazione, l’essere umano è il soggetto e la Terra, con tutti i suoi abitanti, il suo oggetto. Questa è la famosa «posizione speciale dell’essere umano nel cosmo», secondo le parole di Max Scheler. (…).

Nell’epoca del Rinascimento, questa immagine biblica è stata potenziata: l’essere umano è al centro del mondo. Il testo lo ha fornito Pico della Mirandola nel 1486, nel suo scritto Discorso sulla dignità dell’uomo (…). «La natura limitata degli altri [esseri] è contenuta entro leggi da me [Dio] prescritte. Tu, non costretto da nessuna barriera, la determinerai secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo… perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto» (ed. it., 5s.). (…).

Il mondo è costretto sotto la legge della necessità, mentre l’essere umano è il suo libero signore. Egli fa di se stesso la «misura di tutte le cose», l’inventore di se stesso e il dominatore del proprio mondo.

Dall’inglese Francis Bacon è venuto l’appello che fino a tutta la mia giovinezza ha caratterizzato il sistema educativo tedesco: «Sapere è potere». All’acquisto del potere scientifico-tecnico sulla natura egli ha legato un sogno di redenzione: l’essere umano, in quanto immagine di Dio, è stato creato per esercitare una signoria sulla natura. (…). Come Dio è il signore dell’universo, così l’essere umano, quale sua immagine, deve diventare il signore della Terra. Di tutte le proprietà di Dio, in questa analogia è rimasta soltanto l’onnipotenza.

Il filosofo francese René Descartes, nel suo discorso Sul metodo, del 1692, ha fatto un passo avanti. Attraverso la scienza e la tecnica l’essere umano deve diventare «il signore e il padrone della natura». (…). La riduzione della conoscenza della natura a grandezze misurabili diviene la base della scienza naturale moderna. In questo consiste la reductio scientiae ad mathematicam. Egli ha ridotto in tal modo il corpo umano a «localizzazione» misurabile dell’anima umana. Il suo discepolo, il medico La Mettrie, ne ha tratto le conseguenze: L’Homme machine (1748).

b) Secondo il nuovo modo ecologico di leggere gli stessi racconti biblici della creazione, l’essere umano è l’ultima creatura di Dio e quindi la creatura più dipendente. Per la sua vita sulla Terra l’essere umano dipende dall’esistenza degli animali e delle piante, dall’aria e dall’acqua, dalla luce e dall’alternarsi del giorno e della notte, dal sole, dalla luna e dalle stelle, e senza di loro non può vivere. (…). Tutte le creature possono esistere senza l’essere umano, mentre l’umanità non può esistere senza di loro. Perciò non ci si può immaginare l’essere umano come sovrano divino o come giardiniere solitario rispetto alla natura. Qualunque siano la sua “posizione speciale” e i suoi compiti, l’essere umano è una creatura nella grande comunità degli esseri creati (…).

Secondo le tradizioni bibliche, Dio non ha infuso il proprio spirito divino soltanto nell’essere umano, ma in tutte le sue creature (...). Si può dedurne che, se l’immagine e somiglianza divina dell’essere umano dipende dallo Spirito divino che lo abita, allora tutte le creature, nelle quali abita lo Spirito di Dio, sono immagini di Dio e devono essere rispettate. In ogni caso, gli esseri umani fanno così strettamente parte della natura da trovarsi nella stessa situazione irredenta e nella comune speranza della redenzione. L’umanità non sarà salvata “da” questa Terra, ma “con” questa Terra dalla caducità e dalla morte. Paolo (…) era convinto che è lo stesso Spirito di Dio a far gemere noi e tutta la creazione in attesa della redenzione dal destino di morte. (…). La teologia ortodossa ha espresso ciò con la speranza non solo nella divinizzazione degli esseri umani, bensì anche nella divinizzazione del cosmo (…).

Gli esseri umani, nella loro singolarità, nel loro destino e nella loro speranza di vita, sono parte della natura. Dunque non sono al centro del mondo, ma devono integrarsi, per sopravvivere, nella natura e nella comunità delle creature con cui vivono. (…). Solo quando saremo consapevoli della nostra dipendenza dalla vita della Terra e dall’esistenza degli altri esseri viventi, diventeremo da «divinità superbe e infelici» (Lutero) a esseri realmente umani. Il vero sapere non è il potere, ma la sapienza.

2. DA UN MONDO SENZA DIO AL MONDO IN DIO E A DIO NEL MONDO

a) La teologia moderna ha attribuito alla fede biblica nella creazione la distinzione fondamentale tra Dio e il mondo. Il mondo non è uscito dall’essere eterno di Dio, bensì dalla sua libera volontà. Se fosse scaturito dall’essere eterno di Dio, sarebbe anch’esso di natura divina. Sarebbe allora autosufficiente come Dio, fondato in se stesso e perfetto. (…).

L’interpretazione moderna sottolinea che la fede israelitica nella creazione avrebbe privato il mondo del carattere divino, lo avrebbe “secolarizzato” nel senso moderno. Profana illis omnia quae apud nos sacra, affermavano, seguendo Cicerone, i romani devoti al mondo a proposito degli atei ebrei. (…). Per questo, moderni scienziati come sir Isaac Newton si sono richiamati alla Bibbia quando hanno espulso dalla loro Weltanschauung l’«anima del mondo», di matrice aristotelica, e hanno compreso il mondo come un meccanismo privo di anima. (…). Il rigido teismo dell’età moderna ha cacciato Dio nel cosiddetto mistero della trascendenza, per avere il mondo per l’essere umano, in una immanenza priva di trascendenza. Come conseguenza ultima, nella teologia dell’età moderna, Dio è stato pensato senza il mondo, per dominare il mondo privo di Dio e per vivere in esso senza Dio. Se Dio è soltanto nell’aldilà, allora si può conquistare l’aldiqua liberato da Dio e plasmarlo a proprio piacere. (…).

Ciò che è più spaventoso in questa visione è il fatto che, tra il Dio trascendente e il mondo delle macchine, l’essere umano, come noi lo conosciamo, non compare più: è diventato una macchina, non Dio.

Come si può, considerando questi presupposti negativi, comprendere il mondo come «creazione di Dio»? (…).

Le moderne scienze della natura hanno a che fare soltanto con la questione del come: come funziona una data cosa? Non hanno a che fare con questioni che riguardano il fondamento e il senso di questa cosa. Non rispondono alla prima domanda della metafisica: perché esiste qualcosa e non piuttosto il nulla? La questione della contingenza del mondo resta senza risposta. La teologia risponde a tale questione con l’idea della creazione del mondo ad opera della libera volontà di Dio. Dio poteva non creare il mondo, il quale dunque non deve necessariamente esistere, però ha voluto chiamare all’esistenza una realtà che non è divina, ma che corrisponde alla sua bontà. (…). Il mondo e i suoi ordinamenti sono un’eco della parola creatrice di Dio; sono risonanze del suo eterno canto; corrispondono, nella loro bontà, al Bene sommo. Il mondo però esiste al di fuori di Dio e l’agire di Dio nei suoi confronti è un agire esterno.

b. 1) C’è tuttavia una comprensione ecologica più profonda della creazione: il Creatore non è soltanto esterno alla sua creazione, ma è anche internamente legato ad essa: la creazione è in Dio e Dio è nella creazione. Secondo la dottrina cristiana originaria, l’atto creatore è un evento trinitario: Dio Padre crea il mondo attraverso la sua Parola eterna nella forza dello Spirito santo. Il mondo non è una realtà divina, ma una realtà permeata da Dio. (…).

Se consideriamo l’atto creatore come un processo trinitario di tal genere, allora esso non può essere attribuito soltanto a “Dio Padre onnipotente”, ma anche al Figlio e allo Spirito. (…). Poiché lo Spirito, mediante le sue energie, opera, stimola e vive in tutte le creature, Dio è presente nella sua creazione e la sua creazione ha esistenza in lui. Se, come afferma Basilio, è lo Spirito a portare a compimento, allora tutte le creature sono orientate, attraverso le energie dello Spirito, alla loro pienezza futura e a questa vengono sollecitate. (…).

b. 2) Da questa visione trinitaria della creazione segue l’idea di un mondo nel quale è all’opera lo Spirito. Nelle energie del suo Spirito, Dio è in tutte le cose e tutte le cose sono in Dio. Ci si può immaginare lo Spirito di Dio nel mondo anche come un campo di forze, che dà energia a tutte le cose.

(…) Nella dottrina trinitaria della creazione l’opera del Padre trascendente viene collegata con la divinità dello Spirito Santo che fluisce nell’immanenza, con il risultato che il mondo creato va considerato divino in quanto sostenuto e mosso da forze divine. (…).

3. «SOGGIOGATE LA TERRA» CHE È «MADRE DI NOI TUTTI»?

La teologia moderna ha sempre visto nella Terra soltanto ciò che l’essere umano, secondo il primo racconto della creazione, deve «soggiogare» a sé. Nel libro del Siracide 40, 1, però, la Terra viene chiamata «la madre di noi tutti». È possibile soggiogare la propria madre? Si può sfruttarla, distruggerla e venderla?

La nuova teologia ecologica parte dal fatto che la Terra è la nostra «casa»: «L’umanità è parte di un universo continuamente in evoluzione. La nostra casa, la Terra, offre lo spazio vitale per una comunità di esseri viventi unica nel suo genere e multiforme… Proteggere la capacità di vita, la varietà e la bellezza della terra è un dovere sacro» (“Carta della Terra”, 2000).

a) Per «soggiogare» la Terra, essa deve essere degradata dall’essere umano a oggetto che può essere indagato scientificamente e dominato tecnicamente. Deve essere derubata della sua soggettività e perdere la sua «anima del mondo», rispettata fin dall’età antica. Ciò è accaduto con l’immagine meccanicistica del mondo, che le scienze della natura hanno diffuso da 400 anni a questa parte. Robert Boyle, al quale risale la chimica moderna, invece che di natura voleva parlare solamente di «meccanismo». Isaac Newton ha delineato l’immagine del mondo come macchina cosmica, funzionante come un orologio, così perfetta che il suo tempo può correre indietro e in avanti. Il presupposto metafisico dell’immagine meccanicistica del mondo è quello del mondo creato una volta per tutte, già pronto e perfetto. L’idea di Dio è data dal deismo, secondo il quale Dio, quale architetto, ha creato il mondo in modo così perfetto che questo non ha bisogno di ulteriori interventi divini. Dio contraddirebbe la sua propria perfezione se dovesse correggere in un secondo momento la sua opera con dei miracoli. Non desta meraviglia che il fisico francese Laplace, alla domanda di Napoleone su Dio, abbia risposto: «Sire, io non ho avuto bisogno di questa ipotesi». Il meccanismo del mondo, se è perfetto, si può spiegare da sé.

Se però il mondo non è perfetto e non è ancora finito, allora l’immagine meccanicistica non funziona, perché essa descrive soltanto la realtà del mondo, non la sua potenzialità. (…).

Le nuove astroscienze hanno dimostrato le interazioni tra gli ambiti inanimati e quelli animati del nostro pianeta. Da ciò deriva l’idea che la biosfera della Terra forma con l’atmosfera, gli oceani e le pianure un sistema complesso, unico nel suo genere, che possiede la capacità di produrre vita e di creare spazi vitali. È la pluridiscussa teoria di Gaia, di James Lovelock. Nonostante il nome poetico della dea greca della Terra, non si intende con ciò operare una divinizzazione del pianeta. La Terra viene però concepita come un organismo vivente che produce vita e crea spazi vitali.

Se si intende la vita in senso puramente biologico, allora la Terra non è “vivente”, perché non si riproduce. Tuttavia, è più che vivente, perché produce vita. Non è neppure un “organismo”, nel senso in cui noi conosciamo gli organismi biologici. È più che un organismo, poiché produce organismi. La Terra è un soggetto di tipo particolare, incomparabile e unico. Non è un agglomerato a caso di materia ed energia, non è né cieca né muta. È intelligente, poiché produce intelligenze. Ad un preciso momento della sua evoluzione, la Terra ha incominciato a sentire, a pensare, a prendere coscienza di se stessa e a meritare rispetto (Leonardo Boff). Noi esseri umani siamo creature della Terra. Dunque (…) nella nostra dignità di esseri umani siamo parte dI essa e membri della comunità terrena delle creature. (…). Questo sentimento cosmico di comunione è più ampio di tutti gli ambiti della natura che noi possiamo conoscere e dominare. Perciò oggi è tempo di mettere al centro la santità della Terra e di integrarci consapevolmente nella comunità del pianeta.

b) La teoria di Gaia corrisponde assolutamente alle ricche tradizioni bibliche in materia. La Terra, secondo il primo racconto della creazione, non è un suddito degli esseri umani, ma una grande creatura, un grande frutto della creazione, e in questo è unica. Produce vita, «produce esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici» (Gen 1, 24). L’evoluzione della vita e la storia della Terra sono intrecciate l’una all’altra. La Terra non fornisce solo spazio vitale per una molteplicità di esseri viventi, ma è anche il loro grembo vitale.

La Terra trova posto nell’alleanza di Dio (…): «Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra» (Gen 9, 13). Questa alleanza pone la Terra in un legame diretto con Dio. Questo vincolo è il mistero divino della Terra.

I diritti della Terra, nella sua alleanza con Dio, vengono riconosciuti nella legislazione sabbatica: «il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore» (Lev 25, 4). La terra ha diritto al riposo sabbatico, affinché essa possa rigenerare la sua fecondità. Chi disprezza il sabato della terra, trasforma il paese in un deserto e dovrà abbandonarlo (Lev 26, 33).

Lo Spirito di Dio è forza creatrice di vita: Spiritus vivificans. Viene «effuso sopra ogni carne» (Gl 3, 1), vale a dire su tutti gli esseri viventi. Se in noi «sarà infuso uno spirito dall’alto», come si dice in Is 32, 15.16, «allora il deserto diventerà un giardino… nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace».

Non da ultimo la Terra cela in sé il mistero della salvezza: «si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia» (Is 45, 8). Il profeta Isaia chiama perfino il Messia di Israele «un frutto della terra» (Is 4,2).

Secondo la dottrina cristiana della riconciliazione, Dio, mediante Gesù Cristo, ha «riconciliato a sé il cosmo» (2Cor 5,17). Dio ha «riconciliato» l’universo per il fatto che ha voluto «ricondurre al Cristo… tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1, 10; Col 1, 20). Il Cristo risorto è il Cristo cosmico e il Cristo cosmico è il «mistero del mondo», presente in tutte le cose. Il Cristo cosmico è infine il Cristo che viene, che redimerà il mondo e riempirà cielo e terra con la sua giustizia. Secondo il vangelo apocrifo di Tommaso, Cristo dice: «Io sono la luce, che è su tutti. / Io sono il tutto, il tutto è uscito da me / e il tutto ritorna a me. / Spacca un pezzo di legno: io sono lì. / Sollevate una pietra e mi troverete» (Logion 77).

4. TEOLOGIA NATURALE: PRESUPPOSTO O FUTURO DELLA TEOLOGIA DELLA RIVELAZIONE?

(…) Le crisi ecologiche distruggono le condizioni vitali del pianeta. Per conservarlo malgrado le forze distruttive, abbiamo bisogno (…) di un invincibile amore per la Terra. C’è forse un riconoscimento maggiore e un amore più forte della fede nella presenza di Dio nella Terra e nelle sue condizioni di vita? Abbiamo bisogno di una teologia della Terra e di una nuova spiritualità della creazione.

a) Le tradizioni cristiane hanno compreso la “teologia naturale” come una conoscenza dell’esistenza e dell’essenza di Dio a partire dal “Libro della natura”, con l’aiuto della ragione innata degli esseri umani. Questa naturale, razionale conoscenza di Dio non è ancora cristiana, ma è al suo servizio come il suo presupposto universale: «Dio, il principio e la fine di tutte le cose, può essere conosciuto con sicurezza, mediante la luce della ragione umana, a partire dalle cose create», dichiara il Concilio Vaticano I. (…).

Anche il protestantesimo premoderno ha inteso così la teologia naturale: c’è una conoscenza di Dio a partire dal “Libro della natura” e una conoscenza soprannaturale di Dio a partire dal “Libro dei libri”. La conoscenza naturale di Dio è innata nell’essere umano, nella sua coscienza, e viene ottenuta attraverso la conoscenza dell’agire di Dio nella natura. (…). Attraverso tale conoscenza, però, non si diventa beati, ma solamente saggi. La beatitudine è data soltanto dall’autocomunicazione di Dio nella sua rivelazione attraverso Gesù Cristo. (…). La conoscenza della rivelazione non distrugge o non sostituisce la teologia naturale, ma la completa. (…).

b) Già nel 1946 il mio maestro Hans-Joachim Iwand ha sostenuto la tesi in base a cui «la rivelazione naturale non è ciò da cui noi proveniamo, ma la luce verso la quale andiamo (…)».

Le tradizioni profetiche dell’Antico Testamento gli danno ragione: «Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore… Non dovranno più istruirsi l’un l’altro dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande: oracolo del Signore» (Ger 31, 33.34).

(…) Se questo nuovo giorno di Dio avrà inizio, la teologia cristiana si eclisserà, poiché avrà trovato compimento.

Se questa teologia è la vera “teologia naturale” nel regno della gloria di Dio, allora la “religione naturale” e la “teologia naturale” che sono ora possibili all’essere umano sono qui soltanto un anticipo e una promessa del loro futuro. Questo però significa che:

- (…) Una teologia realistica della natura esprime il “gemito della creatura” e il suo desiderio di liberazione dalla caducità. Questa terra non è un paradiso, ma va compresa in una storia di ordine e caos. La teologia naturale è una visione del suo futuro buono nell’avvento di Dio. (…). Tutte le creature, che sono con noi in cammino, soffrono e sperano. L’armonia di cultura umana e natura è una comunità in cammino. Al “cuore inquieto” degli esseri umani corrisponde un mondo inquieto.

- La teologia naturale così descritta è una teologia dello Spirito Santo e della Sapienza di Dio. Lo Spirito di Dio è il ponte attuale tra la creazione all’inizio e il regno della gloria. Per questo è importante riconoscere, nel presente, in tutte le cose e in tutte le condizioni di vita, le energie dello Spirito divino e sentire nel proprio cuore il desiderio dello Spirito che spinge verso la vita eterna del mondo futuro.

5. SPIRITUALITÀ DEI SENSI – MISTICA DELLA VITA VISSUTA

(…) Nella spiritualità noi ci volgiamo là dove sperimentiamo lo Spirito di Dio. (…) Il poeta mistico evangelico Gerhard Tersteegen ha scritto: «Chiudi le porte dei tuoi sensi / e cerca Dio dentro, in profondità».

Essa, però, può anche diventare una spiritualità dei sensi, se lo Spirito Santo viene sperimentato nella natura come avviene nella mistica cosmica di Ildegarda di Bingen e nel Canto delle creature di Francesco d’Assisi. Allora non si deve “rientrare” nel proprio intimo, ma, viceversa, uscire da se stessi e sperimentare con tutti i sensi il mondo esteriore. Ci si deve gettare tra le braccia della vita. Questa mistica cosmica si muove invero, da Agostino in poi, in senso contrario alla spiritualità occidentale, ma essa è oggi interpellata per un futuro ecologico degli esseri umani e della Terra.

I sensi del nostro corpo ci uniscono al mondo. Non si deve usarli solo per poter vivere e lavorare, si deve anche averne cura, plasmarli e coltivarli nel rispetto della vita e della presenza del Dio vivente.

In realtà con i nostri occhi vediamo le cose del mondo, ma non abbiamo imparato a guardare. (…). Ascoltiamo con le nostre orecchie i rumori del mondo esterno, udiamo il chiasso, le voci, la musica. Ma abbiamo forse imparato ad ascoltare, ad ascoltare disinteressatamente l’altro, il nuovo? L’ebraismo e il cristianesimo sono religioni dell’ascolto: «Ascolta, Israele…», così inizia lo She’ma Israel, e Maria «ascoltava» la voce dell’angelo prendendo a cuore le sue parole. Non c’è solo un ascolto con le orecchie, ma anche un «ascoltare col cuore». (…).

(…) Per contrastare il cinismo dell’annientamento della vita, oggi diffuso nel nostro mondo, dobbiamo superare la crescente indifferenza del cuore. La nuova mistica della vita dissolve questi stordimenti interiori, le aridità dei sentimenti nei confronti della sofferenza altrui e l’abitudine a trascurare la sofferenza della natura. Chi incomincia ad amare la vita, la vita comune, si opporrà all’uccisione di esseri umani e allo sfruttamento della terra, e lotterà per un futuro comune. Pregherà con occhi aperti e ascolterà il gemito della creatura oppressa. (…).

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Mercoledì 20 Giugno,2012 Ore: 16:00
 
 
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