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www.ildialogo.org "Cooperazione, non competizione".,di Mario MAriotti

"Cooperazione, non competizione".

di Mario MAriotti

Questa riflessione é per coloro che dissertano, vocalizzano, pontificano, ululano e starnazzano a favore della meritocrazia. Io vorrei chiedere a costoro se hanno mai preso coscienza del fatto che noi nasciamo tutti diversi fra noi, che a qualcuno vengono dati cinque talenti e a qualcun'altro uno solo, che l'intelligenza, la memoria, il carattere, ce li ritroviamo o non ce li ritroviamo addosso certamente non per merito nostro. A dipendere da noi resta solo l'impegno, anche se esso stesso può essere favorito od ostacolato dalla presenza o assenza delle precedenti doti, dalle condizioni fisiche ed ambientali nelle quali ci troviamo a vivere, dal tipo di cultura del contesto sociale che ci circonda e condiziona. Ed allora, essendo questa la realtà, ha senso portare avanti nella cultura e nell'economia questo “valore", cioè la meritocrazia?

Ci rendiamo conto che, strutturale ad esso, c'é quello della competitività, della competizione, che inevitabilmente porta al fatto che uno vince e l'altro perde; che i punti di partenza sono diversi; che può esserci un massimo impegno individuale accompagnato da risultati modesti; che è assurdo parlare di creare le pari opportunità di partenza, perché non siamo ancora riusciti ad avere successo nelle tecniche di trapianto dell'intelligenza, della capacità di concettualizzazione, della capacità di memorizzazione, e via di seguito; e infine che chi risulta perdente nella competizione viene privato, ad esempio, di quel diritto umano fondamentale che é il posto di lavoro, che dovrebbe essere "indisponibile", in quanto, appunto, diritto umano fondamentale?

Io non credo che sia del Signore la parabola del padrone che dà ad un servo cinque talenti da far fruttare, e ad un altro servo un solo talento, anche quest'ultimo da far fruttare. Se fosse così, il padrone sarebbe ingiusto e crudele, e noi faremmo di Dio il promotore del capitalismo, del mercato, della competizione, della speculazione. Per me non può essere cosi. É vero che il creato presenta questa realtà, che uno si ritrova ad avere cinque talenti ed un altro uno solo, o anche solo dei centesimi, delle frazioni di esso; e che oggi i due destini sono radicalmente diversi. Ma io, il fenomeno, lo vedo nel contesto di una creazione non compiuta, ma ancora in atto, in divenire, nella quale la durezza della materia e la cattiveria degli uomini producono oceani di violenza, di ingiustizia, di sofferenza, mentre il progetto per il quale il non-padrone ma Padre si é speso, cioè il Regno, è quello che chi si ritrova ad avere cinque talenti coopera con quello che se ne ritrova uno solo, e cosi tutti e due insieme possono arrivare ai tre talenti, al necessario ed alla gioia per tutti i cittadini del pianeta Terra.

Io penso che il Signore si sia speso per questo Progetto, perché gli uomini non competano, ma cooperino, collaborino fra loro. Questa, infatti, è l'unica dimensione che può rendere giustizia a coloro che nascono con un talento solo, e che, a causa di questo, oggi vivono una vita non dissimile da un vero e proprio inferno; e scrivo questo pensando sia alle sterminate moltitudini dei fuori-mercato, che vivono nella miseria e nella violenza delle favele ai bordi delle più grandi metropoli del Pianeta, e sia alla sofferenza dei miei piccoli scolari poco dotati, quando si accorgevano che il compagno riusciva gia a leggere senza fatica, a risolvere velocemente i problemi proposti, ad esprimere oralmente e per iscritto i contenuti del proprio pensiero, e loro stessi non ce la facevano, pur tribolando e mettendocela tutta.

Ecco quello che mi veniva di pensare: o Dio si é sbagliato, ed ha creato un caos, o Lui stesso non ci può non proporre di costruirci come comunità, come famiglia, come un'unica famiglia, nella quale ognuno dà secondo i propri talenti e riceve seconde i propri bisogni, con gli ultimi, coi possessori di pochi centesimi di talento, come riferimento della cultura del necessario e della condivisione con amore.

Tornando alla meritocrazia, dato che la maggior parte dei talenti che ci troviamo ad avere, non é merito nostro, ma dei doni che la natura e le circostanze ci hanno appunto donato, io penso che la quantificazione del merito abbia raggiunto oggi dei livelli che sono del tutto inconcepibili, che sia blasfema.

Come fa, il lavoro di uno, valere centinaia di volte di più del lavoro di un altro, quando il lavoro di quest'ultimo é indispensabile al primo per ottenere i risultati valutati centinaia di volte di più del lavoro del proprio dipendente?

É vero, poi, che con l'aria che tira, il trovare un ricco che paga tutte le tasse costituisce già quasi un miracolo; è vero che legalmente, c’é una ricchezza “giusta” ma come potrebbe essere possibile, per uno che si ritiene cristiano, sentirsi tranquillo a fruire di un reddito di milioni di euro ogni anno, mentre milioni di propri fratelli devono fare i conti con pensioni da fame, e con quella precarietà che mette a rischio anche il poco che hanno?

La ricchezza "giusta" rientra forse nella dimensione della legalità, ma non ha niente da spartire col Vangelo, dato che il ricco epulone si ritrova condannato non perché ingiusto o cattivo, ma semplicemente perché é cieco rispetto alla sofferenza di Lazzaro.

E quelli che si trovano nella condizione di aver meritato milioni di euro di reddito devono solo sperare che il Vangelo sia una barzelletta, dato che il loro malloppo, e la contemporanea presenza dello sterminato popolo dei poveri Lazzari, che essi guardano, ma si vede che non riescono a vedere, li metteranno nella condizione di venir associati al party della Geenna per l'eternità.

Si vede che essi, come del resto io stesso, sanno che l'inferno non esiste nell’al di là, e che esiste solo nell'al di qua, e questo anche per merito loro se siamo ricchi anche se non vogliono sentirselo dire.

I privilegi anche per un cittadino laico, dovrebbero essere delle realtà di cui vergognarsi in rapporto a sé stessi, e da contrastare a livello generale.

Per un cristiano poi, che avrebbe già dovuto superare la giustizia indicata da San Giovanni Battista: Chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ne ha, ponendosi alla sequela di Gesù, paradigma della cultura del necessario e della condivisione con amore, essi privilegi dovrebbero venir giudicati come opera del Maligno.

Quello che succede, invece, nella realtà, l'abbiamo sotto gli occhi: ricchezza, privilegi, diseguaglianze blasfeme fra i primi e gli ultimi del sistema, il tutto in perfetta armonia con la fede cattolica!

E la "guardia della città", la gerarchia, a indicarci di guardare il cielo mentre lei cerca il modo di difendersi dall'IMU.

Parce nos, Domine .....

Mario Mariotti



Sabato 28 Aprile,2012 Ore: 12:32
 
 
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