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www.ildialogo.org Anche San Paolo si può sbagliare,di Mario Mariotti

Anche San Paolo si può sbagliare

di Mario Mariotti

Se Dio fosse il Padre che si placa al soave odore del sacrificio del Figlio, come dice San Paolo, allora bisognerebbe riscrivere la parabola del Figliuol prodigo. Il Padre, adirato contro il figlio sperperatore e puttaniere, non avrebbe fatto ammazzare il vitello grasso, che aveva avuto la scalogna di essersi trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato, ma, attraverso il servizio gratuito dei sacerdoti avrebbe lasciato ammazzare il figlio bravo ed onesto, e il sacrificio di quest'ultimo 1o avrebbe placato, rimesso di buon umore, e quindi disponibile ad accogliere, ed a festeggiare per il suo ritorno peraltro interessato, il figlio sperperatore e puttaniere.

E se il rapporto uomo-Dio fosse caratterizzato dalla logica meritocratica e da quella del dare-avere, cosa avrebbe fatto il padrone della vigna quando era ora di pagare gli operai, ognuno dei quali aveva prestato opera chi per tutte il giorno e chi per un'ora soltanto? Il primo avrebbe ricevuto il suo denaro, e poteva dar da mangiare alla sua famiglia, e l'ultimo, con un ottavo o un decimo del primo, avrebbe purificato se stesso e la propria famiglia con il digiuno coatto dalle circostanze.

Gesu, invece, é venuto per farci capire che Dio non é quello dell'Alleanza, del dare-avere, della meritocrazia, del sacro, della purificazione, del premio ai buoni e del castigo ai cattivi. Dio, ci dice Gesu, ci é padre, e ci ama di amore incondizionato, gratuito, ed é padre sia Suo che nostro, e Gesù ci insegna a pregare col Padre nostro, e deve dire "che sei nei cie1i" perché chi lo ascolta non é ancora ricettivo della verità che Dio-Spirito e immanente a noi stessi; e deve dire "venga il Tuo regno" per far capire che Dio-Amore deve trasformare l'al di qua e non l'al di la; e non dice "costruito da noi" perché chi ha riferito la preghiera di Gesu aveva ancora il concetto del Dio religioso, buone ed onnipotente, che interviene nella storia degli uomini operando Lui stesso in prima persona.

Se ci pensiamo, il Padre nostro é una preghiera deviante: prega Dio che faccia quello che Lui stesso vuol fare, per cui risulta contraddetto il concetto stesso di preghiera, la quale dovrebbe interferire con la volontà di colui che viene pregato; e dimentica il fondamentale, cioè che la volontà di Dio, cioè l'Amare, non va pregato, ma fatto da noi, coniugato da noi, figli di Lui, figli di Dio nel momento in cui, amando e condividendo, siamo le Sue mani che stanno costruendo il Regno.

Il Padre, poi, é della stessa natura dei figli, e il figlio Gesù è diverso da noi in quanto Paradigma perfetto di incarnazione del Padre, modello del modo di giudicare, di scegliere e di comportarsi che include la potenzialità di trasformare il nostro mondo secondo Amore; ed é uguale a noi nel momento in cui Lo incarniamo amando, servendo e condividendo i frutti dell'amore incarnato, perché, quando facciamo questo, e Lui risorto che opera attraverso di noi, Lui Spirito-Amore, noi coloro che gli danno esistenza ed operatività nella concretezza della nostra esperienza quotidiana.

E qui torniamo al "Fate questo in memoria di me", enunciato che non allude né al sacrificio-suicidio del Signore, né al miracolo della transustanziazione, che trasforma Gesù in pane e vino, ed il pane e vino in Gesù. E neppure questo comando viene impartito ad onore e gloria di chi lo impartisce. Il "Fate questo" ha noi come destinatari; e si riferisce ai giudizi, alle scelte, ai comportamenti messi in atto dal Signore come risultano nei Vangeli, mentre Lui portava avanti la sua resistenza contro la visione religiosa di Dio, e veniva braccato dagli scribi e farisei, che cercavano di metterlo a tacere, e che, alla fine, riuscirono a farlo, facendolo assassinare come un delinquente. Il beneficiario del "Fate questo in memoria di me" non é il Signore che vuol essere ricordato, ma siamo noi che, facendolo rivivere nel nostro amare e servire le altre creature, creiamo le condizioni della giustizia, della solidarietà, dell'accoglienza, della pace, del necessario e della gioia fra noi.

É la Verità a dar forza al Signore, che non é il fondatore di una nuova religione, perché Lui si potrebbe sostenere anche se lo definissimo nella sua sostanza laica come "Amore incarnato". É l'incarnazione dello Spirito-Amore la sola via per trasformare l'inferno di questo mondo nel Regno della giustizia, dell'uguaglianza, della vera libertà; e noi siamo coloro che lo devono fare, quello di incarnare amore e condivisione, perché lo possiamo fare soltanto noi, con lo Spirito immanente in noi stessi, e il corpo che può dargli esistenza ed operatività compiendo opere di giustizia, di amore, di condivisione nei rapporti coi nostri fratelli e gli altri viventi del creato.

La religione ci insegna che noi abbiamo bisogno di Dio, e, in subordine, della casta sacerdotale che ci pone in rapporto con Lui; l'oggettività strutturale della Verità ci dice invece che é Dio ad avere bisogno di noi, e questo a vantaggio nostro, non Suo, perché se noi incarniamo amore, a valle della nostra scelta le altre creature sperimentano il necessario e la gioia, mentre, se incarniamo egoismo e strumentalizzazione, ci sarà qualcuno che sperimenterà sofferenza, ingiustizia, umiliazione, dolore. Davanti ai nostri occhi c'é una sedimentazione plurimillenaria di una lettura religiosa della realtà, e ci vorranno secoli e forse millenni per liberarcene.

Ma la Paternità di Dio interconnette il sacro con il profano, il divino con l'umano, il chierico con il laico, e allora ci ritroviamo noti, con la nostra libertà di scegliere, e con la nostra potenzialità di incarnare lo Spirito-Amore, nei nostri rapporti fra noi e con tutti gli altri viventi del creato, i minimi inclusi.

Gesù denuncia la religione, viene assassinato per questo, ha la possibilità di ritornare presente e operativo fra noi attraverso di noi. Ci chiama a convertirci, ad uscire dall'uomo vecchio, che é religioso e che ha partorito, o non é riuscito ad impedire, Auschwitz e l'olocausto della grande favela del Sud, e tutto il resto; e a dare vita all'uomo nuovo, che vive la laicità etica che si determina facendo agli altri ciò che si vorrebbe ricevere da loro, e che ha come traguardo la cultura del necessario ed il comunismo con amore.

Ci vorranno secoli, millenni, chi lo sa.... Ma il futuro sarà questo, o non avremo futuro. La trinità maligna, capitalismo, mercato e competizione, e l'alienazione religiosa che non prende le distanze da mammona, coprendolo e benedicendolo in nome di Dio, continueranno ad alimentare l'inferno che é gia presente in mezzo a noi, e farà collassare l'inferno stesso.

Dopo lo Spirito dovrà ripartire, alitare sulle acque dopo che la loro radioattività si sarà azzerata, dare vita questa volta all'alga non più azzurra ma rossa, più disponibile e ricettiva alla socialità ed all'amore. ....

Mario Mariotti

 



Sabato 11 Giugno,2011 Ore: 12:39
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 11/6/2011 17.55
Titolo:PAOLO - E "LA DONAZIONE DI PIETRO" ...
PAOLO DI TARSO, L’ASTUTO APOSTOLO DELLA GRAZIA ("CHARIS") E DELL’ AMORE ("CHARITAS"), E LA NASCITA DEL CATTOLICESIMO-ROMANO! UNA NOTA

di Federico La Sala *

(...) non equivochiamo! Qui non siamo sulla via di Damasco, nel senso e nella direzione di Paolo di Tarso, del Papa, e della Gerarchia Cattolico-Romana: “[... ] noi non siamo più sotto un pedagogo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati: 3, 25-28).

Nella presa di distanza, nel porsi sopra tutti e tutte, e nell’arrogarsi il potere di tutoraggio da parte di Paolo, in questo passaggio dal noi siamo al voi siete, l’inizio di una storia di sterminate conseguenze, che ha toccato tutti e tutte. Il persecutore accanito dei cristiani, “conquistato da Gesù Cristo”, si pente - a modo suo - e si mette a “correre per conquistarlo” (Filippesi: 3, 12): come Platone (con tutto il carico di positivo e di negativo storico dell’operazione, come ho detto), afferra l’anima della vita evangelica degli apostoli, delle cristiane e dei cristiani, approfittando delle incertezze e dei tentennamenti di Pietro, si fa apostolo (la ‘donazione’ di Pietro) dei pagani e, da cittadino romano, la porta e consegna nelle mani di Roma. Nasce la Chiesa ... dell’Impero Romano d’Occidente (la ‘donazione’ di Costantino). La persecuzione dei cristiani, prima e degli stessi ebrei dopo deve essere portata fino ai confini della terra e fino alla fine del mondo: tutti e tutte, nella polvere, nel deserto, sotto l’occhio del Paolo di Tarso che ha conquistato l’anima di Gesù Cristo, e la sventola contro il vento come segno della sua vittoria... Tutti e tutte sulla romana croce della morte.

Egli, il vicario di Gesù Cristo, ha vinto: è Cristo stesso, è Dio, è il Dio del deserto... Un cristo-foro dell’imbroglio e della vergogna - con la ‘croce’ in pugno (e non piantata nella roccia del proprio cuore, come indicava Gesù) - comincia a portare la pace cattolico-romana nel mondo.

Iniziano le Crociate e la Conquista. Il Dio lo vuole: tutti i popoli della Terra vanno portati nel gelo eterno - questo è il comando dei Papi e dei Concili, cioè delle massime espressioni dell’intelligenza astuta (quella del Dio di Ulisse e della vergine Atena, non del Dio di Giuseppe e di Maria) del Magistero della Chiesa, alle proprie forze armate... fino a Giovanni Paolo II, al suo cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e alla Commissione teologica internazionale, che ha preparato il documento “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato”.

Uno spirito e un proposito lontano mille miglia, e mille anni prima di Cristo, da quello della “Commissione per la verità e la riconciliazione”, istituita in Sudafrica nel 1995 da Nelson Mandela, per curare e guarire le ferite del suo popolo. Il motto della Commissione bello, coraggioso, e significativo è stato ed è: “Guariamo la nostra terra”!

*

Si cfr.: Federico La Sala, L’enigma della Sfinge e il segreto della Piramide, Ripostes, Roma-Salerno 2001, pp.23-25.

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