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www.ildialogo.org La legge fondamentale dell'agire umano,di Eugen Drewermann

La legge fondamentale dell'agire umano

di Eugen Drewermann

C'è una leggenda della mia infanzia, di cui non conosco l'origine, che non mi vuole uscire dalla testa ogni volta che leggo il vangelo della zizzania fra il grano.
Alla mia domanda su che cosa significasse il diavolo, mia madre, un pomeriggio, mi rispose che il diavolo era stato il migliore, il più puro, il più saggio e il più potente fra tutti gli angeli di Dio. Ma perché allora è così cattivo?, le chiedo io. Forse lui non intende essere così cattivo, mi rispose la mamma, ma sono gli uomini che lo capiscono in modo sbagliato. Ma perché? E lei proseguì: è sicuro che tanti e tanti millenni fa l'angelo Lucifero era devoto a Dio e ne era il servitore più fedele. Ma un bel giorno Dio ha deciso di creare il mondo, e allora Lucifero si è ribellato. Ma come?, chiesi ancora a mia madre.
Beh, questo non lo capisci, rispose lei; dipende dal fatto che l'angelo Lucifero vide l'infinita sofferenza che inevitabilmente la creazione divina avrebbe contenuto. È contro a questo che egli si ribellò, e così decise di sradicare tutto il male nel mondo. Ma da allora non fa che cagionare altro che sventura e distruzione. Lui vorrebbe servire Dio con la stessa purezza che aveva prima dell'inizio della creazione; lui è restato il più puro fra gli angeli di Dio, ma non capisce perché Dio abbia voluto creare il mondo.
Non posso dire che questo insegnamento si trovi nel catechismo, ma più ci rifletto sopra, più mi sembra saggio e ragionevole. Nel nostro cuore umano possono esserci molti mali, piccoli e grandi, e molte di queste cose derivano da disattenzione, negligenza, ignoranza, forse anche da cattiva volontà - ma che cos'è la cattiva volontà?
Nessun male però imperversa nella storia umana in modo così demoniaco, così terribile e crudele come la fanatica volontà di fare assolutamente il bene, come questo sforzo di ripulire la storia umana e, se possibile, tutta la natura da ogni elemento negativo, da ogni ombra e da ogni difetto. È a questo atteggiamento da 'angeli caduti', da persone che a causa del mondo soffrono fino all'insopportabile, che dobbiamo le rivoluzioni, le guerre sante, le razzie, gli stermini, i tremendi ingranaggi sanguinari degli ideologi.
È nel nome della purezza che sono state e sono ancora oggi messe in piedi le inquisizioni, organizzate le epurazioni e commesse le crudeltà più efferate - con la coscienza pura.
E questo non si verifica soltanto nelle cose grosse; in ultima analisi, è ancora peggio e più tremendo vedere continuamente come si costringono le persone a comportarsi in questa maniera con se stesse; dovremmo soffocare il male, dominare noi stessi, non dovremmo lasciar passare neanche un giorno senza scendere in campo e nel campo contro la rigogliosa zizzania dell'anima.
Una delle vere, reali tragedie della vita è proprio che i moralisti del diserbamento riescano ad avere di fatto strepitosi successi in breve tempo. Basta dire a un bambino con sufficiente chiarezza che cosa è proibito, che cosa deve lasciar perdere e che cosa deve odiare, per che cosa si buscherà uno scapaccione o una sculacciata, e si è già tranquilli e a posto; in men che non si dica, si ha quello che si desidera: un bambino obbediente, buono, ammodo, perbenino.
La ricetta funziona, si dimostra pratica e di sicuro effetto, ed è sempre troppo tardi quando si arriva a riconoscere l'effetto che producono a lungo termine tutti i mezzi di estirpazione della zizzania: cioè che, oltre un certo limite, il terreno non ne vuole più sapere e diventa totalmente sterile. Alla fine, questo terreno ha raccolto dentro di sé talmente tanto veleno che niente ci può allignare. E va a finire che su un terreno del genere non c'è più niente che si muova, né di bene né di male.
Questo è il vero effetto che ottengono coloro che prescrivono la purezzadel bene immediata e diretta, razionale e coerente, come la pensano loro. Questa gente distrugge tutto. Non capirà mai, o sempre troppo tardi, che questo mondo puro, che spera, non esiste, ma che esiste soltanto questa realtà creata da Dio fatta di chiaro e di scuro con tutto lo spettro della banda colorata e colorita compresa fra il nero e il bianco, con tutto il cangiare delle sfumature e tutte le ambiguità di una luce oscillante. Quando impareremo a lasciar perdere le divisioni fra il buon seme e la zizzania e ad acquistare il coraggio di non ripudiare più niente nel mondo di Dio?
Il problema essenziale di Gesù è come si fa ad acquistare la pazienza di lasciar crescere. Fra le parabole che provengono dalle sue labbra, non ce n'è praticamente un'altra che, come questa, riponga una fiducia così incondizionata nel cuore umano, e che, per così dire, tratti in modo terapeutico la nostra paura, la nostra volontà di perfezione, i nostri sforzi morali spesso tanto inutili. Si potrebbe prendere dalla psicoterapia qualche cattivo esempio per dimostrare quanto abbia ragione Gesù quando ci esorta a non farci dominare dal terrore della zizzania. Quanto oggi chiamiamo psicoterapia non è infatti altro che un atteggiamento di paziente fiducia: lasciare che cresca quello che è riposto nell'anima di una persona.
Certo, quando guardiamo soltanto alla confusione a cui spesso sono esposti gli esseri umani, questo coraggio ci può mancare, e la pressione dell'ansia ci può costringere a compiere un'azione precipitosa. Ma a maggior ragione, pensa Gesù, dovremmo guardare a Dio e affidarci fiduciosamente a lui in tutto quanto, e credere davvero che lui non ha creato il mondo, e noi in esso, in modo sbagliato. Tutto quello che vive nel nostro cuore merita di essere vissuto. Non c'è fremito di desiderio, non c'è fantasia, non c'è inclinazione che non sia giustificata in sé, e tutta l'arte del vivere sembra consistere nel non estirpare, nel non combattere, nel non resistere al 'male', bensì nel far crescere tutto insieme (Mt 13,30).
Soprattutto nella relazione con noi stessi questa è probabilmente la regola più importante da tenere presente nella vita. C'è forse una legge fondamentale dei rapporti umani più semplice di quella di riconoscere, lodare, confermare e aiutare a crescere cento volte - almeno cento volte -tutto quello che è buono, che è vivo e che è bello nell'altro, prima di pararglisi davanti anche una sola volta per dirgli che in lui c'è questo e quest'altro di sbagliato?
Anche questa unica volta la critica sarà probabilmente sbagliata o comunque superflua. Che cosa, infatti, conosciamo davvero di un'altra persona, e che cosa ci da il diritto di demonizzare qualcosa in essa o su di essa?
Il campo di Dio, il nostro cuore umano, è così infinitamente vasto; non sopporta alcuna limitazione, non siepi, non sbarramenti. Alla fine, anzi, non c'è più il bene e il male, la zizzania e il cespuglio ornamentale, bensì soltanto un’unica, grande vita voluta da Dio, la quale aspetta di trovare un ponte per l’infinità.


Mercoledì 25 Maggio,2011 Ore: 15:21
 
 
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