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www.ildialogo.org Gesų artigiano nella bottega di suo padre Giuseppe,di Beppe Manni

Gesų artigiano nella bottega di suo padre Giuseppe

di Beppe Manni

A Modena, negli anni 50 fu costruita una una chiesetta in periferia, dedicata a San Giuseppe Artigiano. Oggi è stata abbattuta e sostituita da un condominio. Quasi a sancire la scomparsa pressochè totale, dei numerosi artigiani modenesi che tanto lustro avevano dato alla nostra città.
Quando il giovane rabbi Gesù cominciò a predicare, la gente diceva: “Non è lui il figlio di Giuseppe il falegname di Nazareth?”. Come se essere figlio di un artigiano significasse ignoranza e incapacità di ben parlare.
Gesù non era un sacerdote nè uno scriba (un 'laureato'), ma un artigiano, aveva lavorato nella bottega di suo padre almeno fino a 30 anni, costruendo cassapanche, finestre, attrezzi di lavoro, carriole, scale e qualche 'armatura' per muratori. Per i suoi paesani e per i romani. Il lavoro manuale era profondamente penetrato in lui.
Gesù nella sua predicazione parla di seminatori che distribuiscono una buona semente su un terreno arso. Di operai che vanno a falciare e a raccogliere uva. Di vignaioli che piantano e potano la vite. Di muratori che costruiscono una torre e una casa, di un mercante che commercia pietre preziose, di un venditore d’olio, di un cambiavalute, della casalinga e della prostituta. E specialmente di pastori e di pescatori. Molti dei suoi discepoli venivano dal mondo del lavoro
Ma nella sua predicazione Gesù non fa mai riferimento al lavoro di suo padre e suo.
Come mai? Certamente la sua prolungata attività manuale gli aveva fornito un linguaggio diretto, plastico, legato alla realtà. Ma il suo spirito di libero cercatore di Dio, lo portava lontano dalla bottega di Giuseppe a studiare in sinagoga la bibbia, nel deserto a meditare, tra i saggi del tempio a discutere.
Il suo distacco dalla famiglia fu totale. Abbandonò la casa, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e il suo mestiere. Visse vagabondo nutrito come gli uccelli del cielo e vestito come i gigli del campo ospite di amici e amiche.
Quando la sua famiglia, sua madre e i suoi fratelli, informati dagli amici, seppero della sua vita di ‘sbandato’ e delle parole che diceva, andarono a cercarlo per riportarlo alla normalità, nel suo paese, nella sua casa e al suo mestiere. Ma Gesù non tornò, seguì la sua strada verso Gerusalemme.
Giuseppe deve essere morto di crepacuore con un figlio così: si sentì fallito sia come artigiano che come padre. Giuseppe nei giorni bui della passione e nell’alba luminosa di Pasqua, non c’è più.
Ma il destino del rabbi di Galilea era quello dei profeti e degli eroi. Di coloro che non amano una famiglia e una casa sola, ma sognano una grande comunità di fratelli.
Forse si riconciliò con il mestiere di suo padre, quando un altro Giuseppe, nativo di Arimatea, lostaccò dalla croce, un manufatto costruito da un falegname e pagato dall’imperatore. 
Beppe Manni
19 marzo 2011
Pubblicato sulla Gazzetta di Modena  il  18 marzo 2011


Lunedė 21 Marzo,2011 Ore: 15:18
 
 
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