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www.ildialogo.org FETICCI QUOTIDIANI ADORATI COME DIVINITA’<br>GILLO DORFLES HA INCONTRATO LA PAROLA.,a cura di Carlo Castellini

FETICCI QUOTIDIANI ADORATI COME DIVINITA’
GILLO DORFLES HA INCONTRATO LA PAROLA.

a cura di Carlo Castellini

CHI E’ GILLO DORFLES?
E’ nato a TRIESTE nel 1910 è stato ORDINARIO DI ESTETICA NELLE UNIVERSITA’ DI TRIESTE, MILANO, CAGLIARI, E VISITING PROFESSOR, in diverse università straniere. Autore i numerosi volumi di CRITICA D’ARTE, di ESTETICA E DI SOCIOLOGIA, ha affrontato i problemi del mito, del rito e del sacro nei libri NUOVI RITI, NUOVI MITI, L’ESTETICA DEL MITO, IL FETICCIO QUOTIDIANO.
TESTO.
 Il termine IDOLO (dal greco EIDOLON), aveva già per gli antichi GRECI il significato di un’immagine falsa e gli EIDOLA erano, come ci insegna il grande mitologo KAROLY KERENYI, delle immagini fittizie che gli dei inviavano agli uomini per ingannarli. Ben diverse dunque, dalle ICONE: immagini del culto che poi, con l’avvento del cristianesimo, assumono il significato di vere e proprie raffigurazioni sacre.
Ecco perché, se ci rifacciamo a quei passi dell’ANTICO TESTAMENTO, (SAPIENZA 13,2), dove si parla di STOLTEZZA DELL’IDOLATRIA, ci accorgiamo subito come, già a quei tempi remoti, gli uomini fossero spesso caduti nell’inganno di adorare, anziché la divinità, la raffigurazione di falsi idoli, ricavati da materiali naturali : legno, creta, - e riveriti come se si identificassero con la figura umana o animalesca che riproducevano.
Fatto tanto più grave in quanto vigeva, per la RELIGIONE DEGLI EBREI –il divieto di creare figurazioni che comunque rappresentassero la divinità (ESODO, 20,4). Quella stessa posizione anti-iconica che sarebbe poi stata alla base dell’ICONOCLASTIA. Il caso più frequentemente citato , a proposito dell’idolatria nell’ANTICO TESTAMENTO, è, come si sa, quello del VITELLO D’ORO,quindi d’una vera e propria scultura, non già come quelle citate, nel libro della SAPIENZA, di legno o d’argilla, (quella ad esempio,costruita da un padre per onorare come un dio, l’immagine del figlio morto), ma quella di un animale elevato a una dignità che non gli spettava e realizzata con un metallo, di per sé prezioso, che ne accrescesse il fascino.
 Di questo fatto ci informa già l’ESODO quando ci narra di ARONNE, che fece fondere gli anelli e gli orecchini d’oro, per ricavarne un vitello da adorare (un racconto che ritroviamo descritto in 1 RE, 12,28, a proposito dei due vitelli d’oro, fatti costruire dal re GEROBOAMO. La definitiva condanna del culto idolatra è poi chiaramente espressa nelle parole che DIO dice a MOSE’, presentandogli le NUOVE TAVOLE DELLA LEGGE:”Non ti farai un dio di metallo fuso”(ESODO, 34, 17).
 Se, per altro, l’idolatria degli antichi EBREI veniva condannata perché essi si erano creati una rappresentazione falsa della divinità – o la rappresentazione di una falsa divinità – oggi dobbiamo trarne un diverso, ma non meno serio, ammonimento anche per quanto concerne le usanze dei nostri giorni. Basti infatti por mente all’accumulo di idolatria di cui abbiamo un costante esempio, per renderci conto di come, al posto del vitello d’oro, troviamo spesso idolatrati DIVE DEL CINEMA, CANTAUTORI, UOMINI POLITICI, CAMPIONI SPORTIVI, quasi fossero i destinatari di un vero e proprio culto.
Se poi al concetto di idolatria, a cui abbiamo sin qui alluso,contrapponiamo quello di ICONOCLASTIA, (ossia il rifiuto e la distruzione delle immagini cristiane di culto), credo che sia opportuno precisare subito come si debbano distinguere le due condizioni. Gli iconoclasti infatti, considerarono l’affermarsi di un’arte figurativa cristiana come alcunché di demoniaco, perché la assimilavano al culto delle immagini pagane; senza invece, tener conto, che le ICONE CRISTIANE, dovevano essere considerate come rappresentazioni puramente simboliche della divinità e che, solo in questo senso, potevano fungere da tramite per un culto sacro.
Se questo spiega perché l’ICONOCLASTIA, poté essere superata e il cristianesimo trovò nella raffigurazione di eventi ultraterreni un immenso campo di applicazione per opere d’arte eccelse, che certamente non offendevano Dio, ma anzi lo glorificavano, occorre, d’altro canto, porre la massima attenzione perché tali immagini non si convertano, anche ai nostri giorni, in veri e propri idoli ed in feticci. Esse verrebbero a perdere il loro carattere simbolico e trasformerebbero il culto della divinità nell’adorazione stolta e superstiziosa di una qualsivoglia statua di legno, di marmo, o magari di materia plastica, così da cambiare in idolo quello che in origine avrebbe dovuto essere soltanto l’Emblema d’una entità spirituale, la cui venerazione è diretta, non ad un oggetto materiale, ma alla divinità che lo stesso simboleggia. ( GILLO D O R F L E S ). (A CURA DI CARLO CASTELLLINI).
 


Domenica 21 Marzo,2010 Ore: 16:35
 
 
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