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www.ildialogo.org Uno solo è il Maestro,di Padre Aldo Bergamaschi

Uno solo è il Maestro

di Padre Aldo Bergamaschi

5 novembre 2017
 
Pronunciata il 3 novembre 2002
Matteo (23,1-12)
La violenza - polemica - di questo passo risale a Gesù o è da attribuirsi alla prima comunità giudeo-cristiana di Matteo? Come per esempio, credo che non sia di Gesù questa frase: “Non fatevi chiamare maestri perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo”. Questa frase è dell’evangelista che riassume un pensiero espresso da Gesù. Questo lo dico perché voglio che sia moderata e calibrata anche l’interpretazione del passo. Forse Matteo l’evangelista, adatta le parole di Gesù alla sua situazione, cioè al momento in cui egli scrive. Siamo probabilmente al 70 dopo Cristo, quindi dalla morte di Gesù sono già passati più di trent’anni, teniamolo sempre ben presente, da ciò il pericolo di influenze farisaiche molto gravi e della caduta della novità di Gesù in religione.
Ecco perché questo passo lo considero fondamentale per quel principio che mi è caro, e cioè: che Gesù è venuto a chiudere l’epoca delle religioni. Mentre, come abbiamo detto, dopo trent’anni dalla Sua morte, dentro alla comunità cristiana, si comincia con i capi, capetti ecc. Questo è il dramma di tutte le istituzioni compresa quella del comunismo reale. Da qui si spiegherebbe la violenza del richiamo di Gesù che stigmatizza i primi sintomi di fariseismo all’interno della comunità cristiana. Il pericolo primo per il cristianesimo è lì, il cadere ancora dentro alla religiosità.
Cosa fanno questi signori? Si attribuiscono l’autorità di Mosè e non l’hanno; si son messi sulla cattedra dando alla cattedra un valore egualitario con chi vi si siede sopra. Vi faccio un esempio: quando Napoleone – sto parlando di un cancro all’interno della storia umana – con le sue conquiste, arrivò fino a Mosca, i suoi consiglieri gli chiedevano di proclamare che i re erano decaduti, oramai c’era la repubblica, la rivoluzione francese ecc.. I sudditi si sentirebbero sciolti dal vincolo di dipendenza dallo Zar. Napoleone risponde: No, lasciate stare, questi debbono restare convinti che la cosa suprema è l’obbedienza allo Zar, soltanto che, io mi debbo mettere al posto dello Zar.
Ecco tornando a noi - quei signori – si sono attribuiti l’autorità di Mosè, si sono mesi sulla sua cattedra abusivamente.
“Fate e osservate ciò che vi dicono, ma non regolatevi in base alla loro condotta, perché insegnano, ma non mettono in pratica”.
Questo principio è tipico del cristianesimo e vale per la comunità cristiana, dove le verità annunciate dal sacerdote sono concetti giusti e quando questi sbaglia noi diciamo che quel sacerdote sbaglia, perché abbiamo il punto di riferimento giusto.
Ma, ecco la considerazione: “Osservate ciò che vi dicono”; ma quello che dicevano erano cose giuste o no? Nel passo di Malachia – prima lettura – egli li richiama all’ordine perché insegnavano sul conto di Gesù, delle cose false. Questo principio può valere solo nel cristianesimo, come abbiamo detto, ma purtroppo anche noi abbiamo creato un sistema in cui l’autorità religiosa ha abbassato la dottrina alla sua misura. Ma Gesù condanna anche quello che dicono, (essendo sbagliato) ricordate l’attacco di Gesù?: “Vi è stato detto, ma io vi dico”, quindi era tutta sbagliata anche la dottrina su Dio. Questo è un passaggio da tenere ben presente. Non era giusto nemmeno quello che loro insegnavano.
Facciamo un piccolo rapporto con S. Francesco. Francesco che è l’anima critica del cristianesimo (credo che sia l’unico Santo che abbia fatto questo) e i riferimenti li troviamo nella sua regola, vi cito a memoria: “Io sono ossequiente al Signor Papa (sig., sta per potente, ricco e così via), sono pronto a baciare la mano a tutti i sacerdoti, perché amministrano l’Eucarestia; sono suddito di quella chiesa in cui i sacerdoti vivono secondo la forma della chiesa romana”. Francesco continua: “ma io voglio vivere secondo la regola del Vangelo” e non secondo la regola della chiesa romana. Crea un distacco, non fa la polemica, non dice di non fare quello che loro fanno.
Questa è la posizione cristiana – a mio giudizio – di contestazione all’interno della chiesa. Così si toglie l’erba sotto ai piedi del tentativo di caduta nel fariseismo e nella religiosità, salvando il Messaggio Evangelico.
Procedo con l’analisi del passo: “Caricano fardelli che loro non portano”. Faccio un riferimento storico: i vescovi predicavano la povertà ai cristiani, loro però possedevano i palazzi. Qualche anno prima della nascita di S. Francesco, in tutta la Chiesa c’era la richiesta della riforma e si facevano discorsi sulla povertà della Chiesa, discorsi che facciamo ancora oggi. Sono andato a vedere nella storia della Chiesa e con mia sorpresa trovo i documenti di un Sinodo che stabilisce: Un vescovo non può avere più di cinquanta cavalli (cercavano di regolare chi ne aveva anche molti di più). Pensate nel Medio Evo cosa significava avere più di cinquanta cavalli. Un Sinodo che mette dei limiti? Bastava leggere il Vangelo.
Poi sentite: al prete se ne concedono sei e al Diacono due. Vigeva la piramide delle ingiustizie.
Ecco come venivano distribuiti i fardelli. I filatteri, custodie di cuoio che i farisei portavano sulla fronte o al braccio sinistro per mettervi dentro le strisce di pergamena con i passi del V. T; poi, frange, nappe che dovevano ricordare simbolicamente i comandamenti. Anche tutte quelle cianfrusaglie avevano un fondamento in Dio come simboli.
“Non fatevi chiamare padre, maestro ecc”. Noi Cappuccini veniamo chiamati padri, ma questo mi da già fastidio, nella nostra deliberata ultima abbiamo deciso di chiamare tutti noi Frate, “fratello”, come S. Francesco. S. Francesco si metteva a tremare il solo sentire la parola “priore”, ora lo chiamiamo guardiano cioè colui che fa la guardia come la sentinella e quindi una fatica, un servizio, non è un comando. Per noi le cariche non costituiscono una carriera, il guardiano dopo tre anni ritorna come tutti gli altri.
Oggi c’è tutta una letteratura che denuncia le prassi ecclesiali che contrastano con la violazione dei diritti umani. In genere non si mettono in discussione la legittimità dell’autorità della Chiesa, in questione è la forma storica esclusiva della sua organizzazione e alla teologia che vi si crea sopra.
Nel 1831 Papa è Gregorio XVI, ha vissuto in un momento drammatico della storia italiana, sentite cosa dice: Nessuno può disconoscere che la Chiesa è una società di disuguali in cui Dio ha destinato gli uni come governanti e gli altri come servitori. Costoro (i servitori) sono i laici, gli altri i chierici.
Domanda: questo principio può essere avvallato dal Vangelo, alla luce di quello che abbiamo udito? Siccome siamo ridotti al rango di religione, non si fa neppure quello che si insegna. Ritorna allora l’accusa che Gesù ha fatto ai farisei.
Tra i nuovi movimenti ve ne è uno che si chiama: “Noi siamo Chiesa” e costoro avanzano in modo particolare due richieste: chiedono la moglie ai preti e il sacerdozio alle donne. Io mi sento vicino a S. Francesco e al don Primo Mazzolari degli ultimi 50 anni che ha fatto contestazione.
Per quanto riguarda la moglie ai preti, dicevo a un sacerdote: ma tu il voto di castità e di obbedienza a chi lo hai fatto? É la chiesa che te lo impone o è Gesù Cristo? Se è la Chiesa, un domani si può sciogliere l’impedimento e allora quel giorno dirò: siamo proprio appiattiti in religione. Per quanto riguarda il sacerdozio alle donne: io sono per toglierlo anche agli uomini! Se è vero che questo sacerdozio è il volersi mettere sulla cattedra di Mosè, ci si sbaglia. E voi donne, anziché voler fare le soldatesse, dovreste dire agli uomini che la parità si fa smettendo di fare il militare.



Sabato 04 Novembre,2017 Ore: 16:52
 
 
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