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www.ildialogo.org Tutti debitori davanti a Dio,di Padre Aldo Bergamaschi

Tutti debitori davanti a Dio

di Padre Aldo Bergamaschi

10 settembre 2017
Pronunciata il 16 settembre 1984
Matteo 18,21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù rispose: Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu avere pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello.
 
Gesù, a questo problema posto da Pietro, risponde, almeno apparentemente, in termini quantitativi, perché in termini quantitativi era stato posto, non solo, ma in termini quantitativi l'uomo ha posto questo problema. Tanto è vero che i rabbini più colti dell'epoca a questa domanda, o a questo problema, rispondevano così: l'uomo giusto perdona tre volte, dopo la terza non perdona più.

Allora saremmo tutti in ordine con questa bella teoria, Gesù invece dice: - ma lo vedo con un poco di ironia nella voce - ma sì Pietro facciamo settanta volte sette. Risponde a tono è tanto come dire settecentomila volte sette, settecento milioni di volte sette e così via. Tanto è vero che se si vuol discutere di numeri mi pare che nella cosiddetta “Bibbia dei settanta” ci sia settantasette volte sette, ma la cosa non cambia per quanto attiene al pensiero che vi sta sotto. Per Gesù il settanta volte sette è simbolo di perfezione qualitativa, ecco il punto. Ma i discepoli l'avranno veramente capito questo, oppure penseranno che dopo quattrocentonovanta volte, non dovremmo più perdonare?
Allora ecco il motivo della parabola, si tratta di perdonare di cuore, non tante volte, e questo é un discorso di qualità non più di quantità, nella qualità non si bada più al numero. Ma nessuno deve sfruttare questo principio, e dire che il Vangelo dice che devi perdonare quattrocentonovanta volte. Sarebbe un discorso diabolico. Il discorso riguarda l'intersoggettività e lì deve restare, ma nessuno di noi, appunto per questo principio, deve pensare che sia l'altro ad applicare il principio come se lui debba restarne fuori. Ammesso che confessarsi possa risolvere questi casi, discorso anche questo assai difficile. Ecco allora perché Gesù in rapporto a questo problema fa il blocco del processo all'infinito.

Gesù ci dice che per chi non perdona nell'ordine dell'assolutezza non c'è perdono. Lo so questo é uno degli aspetti più difficile della rivelazione cristiana, ma è uno degli aspetti più consolanti per chi abbia un minimo di cervello. Se voi ammettete il processo all'infinito, ed è questa la bontà di Dio, il dircelo, sulla questione del perdono, senza che ci sia mai la giustizia, voi accettate il concetto della metempsicosi. Ora se c'è un concetto ostile alla rivelazione di Gesù è esattamente la metempsicosi. No, rimandi infiniti non ce ne sono.
Gesù dice dunque che per chi non perdona non c'è perdono, nell’ordine dell’assolutezza. Denunciare la non misericordia non è non rimettere ai propri debitori, ma è un usare misericordia a chi è colpito e a chi colpisce. Direi che questa natura umana è profondamente scassata, almeno ci sia questa buona volontà di riconoscersi colpevoli.

Padre Cristoforo, tanto per fare una esemplificazione, denuncia, sia pure sul piano soggettivo, ricordate nel colloquio con don Rodrigo? Sì certo, il cardinale avrebbe anche chiamato don Abbondio, ma sono sicuro e certo che quel matrimonio non si sarebbe fatto mai. Forse questa é anche l'opinione del Manzoni. Dunque padre Cristoforo che affronta, che denuncia, sia pure sul piano personale, le malefatte di don Rodrigo, usa misericordia verso Lucia e verso don Rodrigo. Padre Cristoforo va per le vie diritte, affronta la situazione, diversamente si sarebbero mosse chissà quante diplomazie.

E poi c'é l'aspetto drammatico della parabola, il ricordarci che davanti a Dio siamo tutti debitori, aspetto pesante anche questo, in quanto abbiamo ricevuto somme infinite, é duro ammetterlo, ma è così, infinite volte dobbiamo fare ricorso alla sua misericordia per potere restituire. Siamo carichi di debiti con Dio e se per caso ci capita di essere creditori di pochi centesimi, allora riveliamo subito l'animo del padrone. Detestiamo il padrone sopra di noi, perché lo vogliamo essere noi per qualcuno sotto di noi.

Nel 1902, Leone Tolstoi, otto anni prima di morire ha scritto una lettera agli operai. Notate 1905 prime avvisaglie della rivoluzione 1917, ognuno di voi sa ciò che accadde. Sentite come riassume i punti essenziali che egli ha voluto dire agli operai prima di morire.
Punto primo, a voi non bisogna che una sola cosa: la terra libera, in cui possiate vivere e nutrirvi. Non v'è bisogno che io vi ricordi come erano congegnate le cose a quell'epoca, latifondismo, padroni governanti e così via. Tolstoi ha chiara la situazione, chiara come l'avevano i rivoluzionari.

Secondo punto: voi acquisterete la terra che vi è necessaria, non con le dimostrazioni, non con gli scioperi, non con i deputati socialisti ai parlamenti, ma solo non partecipando a ciò che voi stessi trovate cattivo.
Terzo punto, io vi consiglio di riflettere anticipatamente al modo di disporre della terra, quando essa diverrà libera: non fate quello che hanno fatto gli altri.
Quarto punto: vi consiglio per acquistare tutto ciò che vi serve di applicare le vostre forze, non alla lotta contro le classi governanti con le rivolte e le rivoluzioni, ma per il proprio vostro miglioramento vi consiglio di vivere una vita migliore tra di voi.

É Tolstoi che parla, quindi dovranno levarsi il cappello anche quelli che sono della sinistra più avanzata. Allora, perché dunque questo piccolo gruppo di uomini deboli, oziosi, che non sanno, né vogliono far nulla, dominano essi milioni di lavoratori? Bene non vi è che una risposta, voi credete che Tolstoi non conoscesse la ideologia marxista? Certo la conosceva, per quanto fosse già anziano, e qui siamo alla via opposta. Egli non dice operai unitevi, dice che gli operai si guidino nella vita con le stesse regole e leggi che guidano i loro oppressori.

Tremenda osservazione. Se gli operai lavorano e non profittano tanto dei lavori dei poveri e dei deboli, quanto i governanti e i ricchi che non lavorano, non è perché trovano ciò cattivo, ma perché essi non possono e non sanno farlo come lo fanno i governanti e i ricchi, più abituati e più scaltri degli altri. I governanti e i ricchi dominano gli operai soltanto perché questi ultimi desiderano pure e nella stessa maniera dominare i loro fratelli lavoratori. Eccolo qui il servo, il conservo che prende per il collo il suo fratello per la stessa ragione, la stessa maniera di comprendere la vita gli operai non possono ribellarsi come bisognerebbe contro i loro oppressori.

Per quanto penoso sia per un operaio l'oppressione che soffre dai governanti e dai ricchi, sa nella sua anima, che egli pure agirebbe nella stessa maniera e forse agisce così in una debole misura verso i suoi fratelli. Gli operai si uniscono per il desiderio di asservirsi l'un l'altro, ed é per questo che é facile agli uomini abituati, che hanno accaparrato la forza e il potere di dominarli come degli stupidi. Se gli operai non fossero oppressori come i governanti e i ricchi che non si curano che di profittare delle miserie del prossimo per stabilire il loro benessere, ma se vivessero fraternamente pensando di aiutarsi scambievolmente, nessuno mai al mondo potrebbe asservirli. Questo é il pensiero di Leone Tolstoi.
 
Siamo al culmine della rivoluzione, introducete il concetto di ecclesia e poi abbiamo recuperato in pieno tutto il discorso di Gesù.



Sabato 09 Settembre,2017 Ore: 17:48
 
 
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