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www.ildialogo.org Credere,di Padre Aldo Bergamaschi

Credere

di Padre Aldo Bergamaschi

23 aprile 2017
 
Pronunciata il 26 aprile 1981
Giovanni 20, 19-31


Rare volte capita di riscontrare nella liturgia della parola una scansione tematica perfetta come quella di questa domenica; il passo evangelico narra i fatti che hanno originato la fede, non ci può essere una fede senza un riferimento alla obbiettività. Diversamente abbiamo il fanatismo o abbiamo l'esplosione religiosa. Ripeto: il passo evangelico narra i fatti che hanno originato la fede e la struttura che sorregge questa fede nel tempo. Ciò che è vero, è vero eternamente. Se è vero eternamente sarà vero a maggior ragione fra un secolo o venti secoli. Ma ciò che è falsificabile è già stato falsificato. Se è già stato falsificato può ancora essere falsificato.

Il dramma del cristianesimo, di noi cristiani, è esattamente questo: da un lato abbiamo il Messaggio che è e sarà eternamente vero, appunto sarà, perché è eternamente vero, dall'altro lato la sua attuazione storica e la gestione storica da parte di una istituzione “voluta da Gesù”. Voi sapete che vi sono teologi che sostengono che la Chiesa è certo una istituzione, ma non sarebbe stata fondata da Gesù. Alla Sua morte e anche dopo la Sua risurrezione, il capitolo si sarebbe chiuso, e adesso - dicono - un gruppo di persone che noi chiamiamo Chiesa, dà origine all’interpretazione di quel messaggio.

Io non accetto questa tesi - e in questo caso credo di essere cattolico - sono del parere che sia stato Gesù a fondarla. Ma detto questo, resto del parere che: il messaggio sia una cosa, la interpretazione storica del messaggio sia un'altra cosa, di cui, io, voi, e tutti i cristiani dovranno rispondere, e la gestione di questo messaggio o di questa interpretazione da parte di una istituzione, che io ritengo istituita da Gesù Cristo, è un'altra cosa ancora. Ci siamo pacificati, abbiamo salvato la verità e la critica? Il messaggio allora non impazzisce mai, sarebbe un po' come la realtà. Quello non impazzisce mai, la sua attuazione invece o la sua interpretazione o la sua gestione possono impazzire. Per evitare questa pazzia o per farla rientrare o rinsavire, nell'ipotesi che fossimo impazziti, dico, dal Papa fino a me ultimo cristiano, dobbiamo sempre prendere contatto con il Messaggio.

Il Vangelo narra gli eventi che hanno dato origine alla fede e alla ecclesia, quando era ancora con loro, e camminava sulle sue gambe in Palestina come messaggio definitivo, e non come un florilegio della più alta saggezza umana. Gli eventi sono lo sforzo e l’iniziativa presa da Cristo risorto, per dimostrare che Lui di adesso è il Lui di prima, e che tra i due stati, Lui di prima e Lui di adesso, c’è di mezzo un evento che ha creato separazione: e questo evento si chiama risurrezione. Se questi insegnamenti evangelici sono opera, espressione di un risorto, hanno un peso, se sono opera di un saggio, fosse anche il più illuminato apparso sotto la cappa del cielo, hanno un altro peso.

Ecco allora la importanza della risurrezione. Direi che in una catechetica valida, bisognerebbe cominciare allora da qui e solo da qui, perché è solo questo evento che dà significato e che recupera tutto ciò che Gesù ha detto o fatto. Se la risurrezione non ci fosse stata, tutto l'insegnamento di Gesù, quello che noi chiamiamo il "Messaggio", messaggio non sarebbe, ma rimarrebbe un capitolo della morale universale, alla quale morale universale, hanno partecipato grandi saggi come Socrate e ultimamente Ghandi. Ma se c'è di mezzo la risurrezione allora le cose cambiano. Ecco perché ho tenuta ferma quella distinzione fra il Messaggio, la interpretazione e la gestione, per questo motivo.

Adesso prendiamo uno di questi eventi narrati nel passo evangelico: Beati quelli che pure non avendo visto crederanno. Qui “credere” non è solo riferito alla sede storica, ma a ciò che essa comporta. Se Svetonio Tranquillo e gli altri storici romani, ci dicono che Cesare fu ucciso il 15 di marzo, le idi di Marzo famose, dell'anno tale prima di Cristo, io credo che in quel giorno fu ucciso Cesare anche se io non ho visto brillare i pugnali dei congiurati.

Ciò vincola la mia fede al fatto, a null'altro. Il credere invece, nel discorso che stiamo facendo, si riferisce non solo all'accettazione del fatto da me udito e non visto, perché nessuno di noi ha visto brillare il pugnale dei congiurati, come nessuno di noi ha mai visto morire Gesù Cristo sulla croce e presentarsi risorto ai discepoli. Noi dobbiamo credere a questo fatto così come crediamo a quegli storici che ci raccontano quegli altri fatti, quello poniamo di Cesare. Ma la fede, il credere qui, non si riferisce al fatto ma a ciò che il fatto comporta. Se è vero, come mi dicono i testimoni, che Gesù è risorto, ritorno al discorso di prima e lo recupero in modo definitivo, non è un semplice saggio, ma tutto ciò che Egli ha insegnato diventa progetto vincolante di vita.

Allora voi vedete che credere qui significa andare al di là del fatto, perché nei fatti noi crediamo anche senza averli visti. Ma dietro a questo retroterra del fatto c'è qualche cosa che in nessun altro fatto al mondo, che noi riceviamo per fede storica, c'è. Questo è il recupero del Suo insegnamento come vincolante per tutta la mia vita. Allora, credere nella risurrezione è una scelta esistenziale, non è un atto di fede storico. Ecco perché noi diciamo che è opera di grazia.

Il cristiano, si guarda dal sollecitare la fede dopo avere insegnato il messaggio che comprende anche il racconto della risurrezione, ma solo quando un'altra creatura, dopo avere udito il racconto del messaggio, o dopo averlo fatto di sua iniziativa, cioè letto di sua iniziativa, alza la mano e dice "io credo", allora - e solo allora -
nasce la Chiesa. Gesù infatti fonda la Chiesa, sulla fede libera dei discepoli. É la fede nel Cristo risorto, e perciò nel recupero del Cristo storico, che origina la Chiesa e non viceversa, anche se oggi si accede al Vangelo attraverso la Chiesa.

Noi invece, partiamo dal presupposto che questa sia la vera Chiesa, e lo insegniamo in modo vincolante al bambino o a colui che vuole accedere, e da qui, per fare poi tutta una interpretazione del messaggio. Mi dispiace doverlo dire a tutti gli educatori, ma dovrebbe essere il rovescio. Siccome nel messaggio c'è anche la Chiesa, allora andiamo in giro con il lanternino, e vediamo se riusciamo a trovare ciò che Gesù ha fondato, giacché ha detto che continuerà nei secoli.

Se questa Chiesa è talmente luminosa per cui, dubbi non ce ne sono circa l'appartenenza a quella radice lontana, allora tutto è pacifico. Ma se questo non c’è - come è nel caso nostro -, allora non resta che un catechismo di quell'altra specie.

Ora, uno dei segni riconoscibili da parte di questo eventuale credente, bambino che sia nato da genitori cristiani, o ateo che si converta, dovrebbe essere la verifica di un evento narrato ancora da s. Giovanni nel vangelo di oggi: il potere di rimettere i peccati. Giovanni dice: A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi. L'interpretazione sembra semplice; bene, io ne avrei una da presentare, perché da come si interpreta questo enunciato, ne derivano poi delle grosse conseguenze circa l'attuazione pratica. Guardate la forma di disperazione in cui viene a trovarsi s. Pietro, dico il primo Papa. Dunque, la prima lettura narra la caduta, il franamento di una comunità, di un gruppo di cristiani che volevano tentare un'attuazione.

Ecco la caduta dell'ecclesia che doveva sanare mediante quello strumento dato da Gesù: A chi rimetterete..., doveva sanare tutto l'assetto anche temporale dei membri della Chiesa, doveva dunque raggiungere tutto l'assetto umano e invece, non avendolo raggiunto, per forza di cose, ha dovuto ripiegare verso la perfezione personale. Per cui, la perfezione personale è predicata da tutte le religioni. Non c'è bisogno di diventare cristiani, anzi, il cristianesimo vi dice che se il problema è tutto quello di andare in paradiso e di salvarvi l'anima, lo potete fare anche se siete musulmani in buona fede.

Allora la salvezza, la ecclesia fondata da Gesù voleva dire: la salvezza totale dell' uomo qui nella storia. Ma essendo fallita la prima comunità, Pietro è il primo a prendere il largo e presenta un primo esempio di passaggio della fede, dal cristianesimo, alla religione. E allora ecco qui la prima disgrazia del discorso del primo Papa, dobbiamo ripiegare sulla salvezza delle anime.

 

 



Sabato 22 Aprile,2017 Ore: 19:27
 
 
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